giovedì 13 dicembre 2018

IL SUONO DELLA SOLITUDINE Piccole storie da raccontare a te stesso


Un monologo interiore che qua e là produce brillanti piccolezze da far quasi pensare ad un testamento letterario. In IL SUONO DELLA SOLITUDINE Piccole storie da raccontare a te stesso di Michele Marziani si reperiscono tante pepite meditative che costruiscono un cammino spirituale. Ritengo sia questa la motivazione per la quale l'opera del Marziani sia stata inserita nella collana Piccola Filosofia di Viaggio di Ediciclo.

“Ti aiuta incredibilmente la lingua che ti ospita: solitude è la solitudine buona, quella su cui stai scrivendo; loneliness è quella cattiva, che non augureresti mai a nessuno.” In questa sentenza è racchiuso tutto il libro e il sentire dell'autore che ci parla di sé, in un immenso soliloquio che vorrebbe essere modesto, ma non lo è. La modestia è madre di ipocrisia, cit. Forforismi Pastorology. Infatti Marziani è tutto tranne che ipocrita.

“Allora fai quello che veramente hai pensato: prendi un vecchio cappello a falde tese, nero, infili nella fascia di raso una piuma azzurra che strappi dall’acchiappasogni appeso allo stipite della porta, lo metti in testa, sbirci di nuovo lo specchio, respiri forte e cominci a scrivere. Questo è uno dei tanti vantaggi della solitudine: non dover rendere conto a nessuno di cosa indossi.”, “Ragioni con la tua testa che è, appunto, l’unica che hai. E sei grato allora a quella ricerca che ti mette in piedi, anzi ti rimette al mondo, prima con un’anca in titanio e poi, molto più avanti, con un ginocchio dello stesso materiale. Suoni agli aeroporti. Ti aiuta a imparare le lingue: sai dire delle tue protesi in un’infinità di idiomi.” Anche il Marziani, come me, deve sapere che l'ironia salverà il mondo. Questo è un elemento nuovo nella sua letteratura, forse solo talvolta sfiorato nel suo melodrammatico UMBERTO DEI.

Del calcio “comprendi anche che a te di quel mondo non interessa nulla. Solo di una cosa ti innamori per sempre: di una scrittura che svetta beffarda e caparbia sulle altre, quella di Gianni Brera.” E qui salta all'occhio il risultato delle nostre epistole contemporanee: da tempo sto lavorando su cose di Gianni Brera per farle mie nel sentire e nello scrivere. Ringrazio Marziani per essersi avvicinato.

“Hai un curriculum fatto di lavori, intesi come mestieri, di cui di solito non ci si vanta: il manovale, lo spazzino, il boscaiolo, l’operaio; alcuni più creativi come il costruttore di borse di cuoio e orecchini in pietre dure, più altre cose talmente occasionali da non meritare citazioni. Devi chiantarti una notte in moto a centoquaranta all’ora per cominciare a vivere di scrittura. Tutti rotti si campa di poche altre cose.” Mi sono sempre chiesta quale tipo di lavori avesse fatto il Marziani prima di diventare scrittore a tempo pieno. Mi pare che qui abbia risposto, perfettamente allineato al personaggio che ha sapientemente costruito di sé.

“... senti il fiato sul collo degli aspiranti scrittori, degli amici, dei conoscenti, ognuno con un libro da leggere, un manoscritto imperdibile da valutare, la paura di essere dimenticati, la richiesta di performance letterarie impossibili. Hai imparato a obbligarti a fare con calma. È la tua disciplina. Poco importa se ormai il tempo di lettura di un libro sulla tua scrivania supera i sei mesi.” L'hai fatto anche con me, maldetto bastardo. Ma con affetto. Anche perché la tua casa editrice di allora accettò di mettermi sotto contratto per una raccolta di racconti contro l'uso improprio degli stereotipi (STEREOTIPI A BAGNOMARIA). Ora però in cerca di editore, perché il primo non pubblicherà nulla più per sopravvenute difficoltà.

“... tutto quel riempire gli armadi, non è poi molto lontano da quando gli indiani d’America si facevano irretire dagli europei con qualche specchietto e un po’ di perline colorate. C’è un mondo là fuori che ha a cuore solo di riempirti i cassetti, si chiama consumismo.”, “Ecco che impari una (...) cosa: che meno oggetti hai intorno, più c’è spazio per te. Che meno soldi ti servono, meno, forse, puoi lavorare. Non solo. Aumenta anche la qualità di quello che fai.” Una tematica proposta in tante opere del Marziani, condivisibile dai più.

“Ma tante cose sono difficili da amare nella malattia. E probabilmente anche nella vecchiaia. Anziani e malati stanno sempre più spesso nel popolo dei soli, non in quello dei solitari.” Ecco, sì, si direbbe proprio un testamento.

Il lago alpino “È incastonato nella bellezza del nulla e tu sei lì, da solo, a scrivere queste righe. A pensare alla vita che è l’unica cosa che hai.”, “Non sei avaro e neppure altezzoso, semplicemente coltivi e a volte difendi l’unica cosa che davvero possiedi: te stesso. Non hai altro. Nessuno ha altro. Tutto quel prodigarsi per il prossimo nasconde sempre un’insidia, un desiderio che renderebbe tutto più facile se venisse confessato. Sei buono perché vuoi il regno dei cieli? Perché ti gratifica vedere il sorriso nella persona che aiuti? Perché hai scoperto nell’altro lo specchio di te? Perché desideri un riconoscimento pubblico?”,“Sei seduto sui rami di un immenso cedro del libano, quando scrivi di Dio e dintorni. Non dici che sei attratto da sempre dalle solennità delle religioni e dalle regole monastiche. Nascondi che se dovessi mai convertirti lo faresti al druidismo. O al taoismo. Fai bene a non dirlo. Disegni un Budda, una casa sull’albero e san Brendano che naviga verso Ovest.” Una serie di sentire buddisti, fiera di averglieli trasmessi anch'io.

“Trovare un po’ di silenzio nel quale ricomporre le idee, riordinare il presente, immaginare il futuro. Un posto magico, specie se sei da solo.” Il futuro? Quale futuro, per un nichilismo cosmico come il suo? La contraddizione regna sovrana. Ma anche vero che... “... grazie alla solitudine sei stato sempre in fin troppa compagnia. Hai amici, non moltissimi, ma forti, intensi, veri, importanti.”,“ E sei felice, perché sei dentro a un’altra contraddizione, vorresti la solitudine delle tue giornate e la notorietà dei riflettori.” … che contraddirsi è segno di intelligenza. E il Marziani ne è ricolmo.

“«Ogni viaggio è il più bel viaggio del mondo. Non fanno il viaggio né la lunghezza né la durata,
né le così dette meraviglie, i capolavori che ci può permettere di vedere. Il viaggio è fatto in primo luogo di se stesso.” Il Marziani cita Giorgio Manganelli, ma a me par di sentire parlare il poeta greco di Itaca. Kostantinos Kavafis. “Sul taccuino quella frase di Lao Tzu che senti tanto tua: «Un buon viaggiatore non ha piani precisi e il suo scopo non è arrivare.»”

Lezioni grandi di vita piccola: “Nell’aver avuto in regalo dalla vita la capacità di guardarti da fuori. Di essere altro a te stesso. Un altro che sa prenderti in giro se serve, smascherarti se stai mentendo, rimarcare con un sospiro la gravità della situazione.”, “Pensi che ognuno debba trovare la propria strada e possa trovarla da solo. Proprio per questo stare appartati, acquattati, in silenzio, in disparte, aiuta a riflettere, a capire dove si vuole andare. Dove il tuo tempo ti chiama, qual è la tua inclinazione, il tuo desiderio, il motivo per cui stai al mondo. Tu stai qui per i libri. Per tutti quelli che leggi, che ogni giorno ti raccontano di te cose che non sai, ti portano nei mondi degli altri, ti fanno compagnia, ti permettono di capire la vita e quindi di affrontarla. Nulla come un romanzo ti consente di conoscere e di capire, di avventurarti nei meandri della realtà senza doverti mettere quella corazza di cinismo necessaria per affrontare l’attualità.”.

E anche grandi lezioni di letteratura, che soprendentemente fanno un ritratto:“Una grande manciata di lettori affezionati, vicini, persino indignati perché non vinci anche tu il Premio Strega. Sorridi felice a questa comunità temporanea che ti accompagna con affetto e ti sostiene. Da sempre credi che sia bello scrivere per loro perché loro sono i tuoi lettori. Non i compratori di libri, i lettori, quelli che ti raccontano che non sono riusciti a spegnere la luce prima della parola fine.” Fanno un ritratto. Il mio. DA SOLA.

“... leggere, camminare e cucinare sono i pilastri di una solitudine che incanta.” a parte, che già mi sembra una chiusura efficace, il finale sconfessa l'aria di testamento, ma non spoilero. Dovete leggerlo per commuovervi come è accaduto a me. Bravo, sempre più bravo il Marziani. Un vero miracolo della solitudine.

Le solite immancabili considerazioni sulla vendibilità dell'opera tramite la copertina da ex Art Director pubblicitaria della Milano da Bere: personalmente, da uno di quegli immensi bancali che popolano le librerie, l'avrei prelevato. Copertina che, curiosamente, pur essendo uno scrittore d'alta montagna, presenta il mare. Altra contraddizione. La quinta stellina su GoodReads è sua.

Consigliato ai sostenitori che via dalla pazza folla ma anche a quelli che non potrebbero resistere senza le loro smoggate città, ad aspiranti scrittori che nel percorso narrativo del Marziani (dal CAVIALE DEL PO alla FIGLIA DEL PARTIGIANO O'CONNOR, passando per FOTOGRAMMI IN 6X6 ) possono recuperare inenarrabili lezioni di scrittura – e di vita.

mercoledì 12 dicembre 2018

IL SOGNO DEL RAGNO


Il genere della cosidetta 'Fantascienza ucronica' mi ronza in testa da parecchio tempo, ma non ne avevo ancora trovato da leggere e da recensire a livello de LA SVASTICA SUL SOLE in cui Philip K. Dick si è chiesto cosa sarebbe succcesso se a vincere la II Guerra Mondiale non fossero stati gli alleati ma i nazisti. FirenzeLibroAperto è stata foriera di tante cose, tra cui anche il contatto di un contatto (vedi LA COMPAGNIA DEI VIAGGIATORI DEL TEMPO di Massimo Acciai Baggiani) che si è tradotto in un'opporunità per studiare tale genere. L'ucronìa si realizza quando, dato un personaggio o periodo storico noto ai più, l'autore ne utilizza le principali istanze, scavalcando a piè pari gli spiegoni, per poi sceglierne uno sviluppo alternativo, idealizzato e di fantasia. Per usare una definizione del Mezinger stesso: “... ciascuno di noi può modificare la Storia. Almeno in un racconto. L’ucronia è la Storia sognata da noi.”


IL SOGNO DEL RAGNO di Carlo Menzinger di Preussenthal, facente parte della serie VIA DA SPARTA, è uno del crogiuolo di romanzi che ha come base il sistema distopico di Sparta, dove: “... i vestiti erano un ostacolo a questo diritto (di prendere gli schiavi a proprio piacimento e soddisfazione sessuale - ndr) e quindi un’offesa a Sparta oltre che un segno di mollezza. (…) Ogni bella ragazza sapeva che difficilmente di sera avrebbe potuto percorrere una via per intero senza dover cedere ad almeno un rapporto sessuale. Era diritto di ogni uomo o ragazzo prendere ogni donna volesse, purche fosse un’ilota.” Dove 'Riti della Catarsi' al cinquantacinquesimo anno di vita ogni uomo o donna spartiate impediscono l'invecchiamento della popolazione, severamente suddivisa tra uomini e donne, perché, in una delirante stereotipata ripartizione di ruoli - delirante se non fosse attualissima - “gli uomini sono forti e coraggiosi, le donne sono deboli e codarde; gli uomini capiscono le cose essenziali della vita, le donne si perdono in frivolezze; gli uomini sono fatti per combattere, le donne per allevare bambini; gli uomini parlano poco e dicono cose importanti, le donne si perdono in chiacchiere inutili; gli uomini amano la natura e le cose vere, le donne amano i ninnoli e i trucchi e sono ingannatrici. Gli uomini disdegnano il lavoro e amano la guerra, anche se e grazie a questa che spesso muoiono, le donne perdono tempo in lavori inutili e odiano la guerra, anche se e grazie a questa che vivono. ”

Aracne, ilota incinta, e Lucius, vitelliano* che si occupa di storia e ci permette di approfondire il 'sistema Sparta', vi si ribellano. Infatti a più riprese in diversi dialoghi, Lucius ne spiega a Aracne (e a noi) vantaggi e svantaggi: “«Pensi fosse cosi male la vita comune? Ti sembra che qui uomini e donne si scannino a vicenda?» «Non saprei, Aracne. Per Sparta è male, perché gli sparitati pensano che la vicinanza della donna renda l’uomo fiacco e meno coraggioso. Se ha una moglie da cui tornare o dei figli da proteggere, diviene meno disposto a combattere e a rischiare la propria vita. Se deve combattere per tutte le donne e per tutti i bambini di Sparta, la cosa è diversa. La sua vita è meno importante e può anche rischiarla. Se muore, non lascia vedove e orfani. Contano l’onore, il desiderio di mostrare il proprio coraggio, l’amore per Sparta, la difesa dei compagni. Un guerriero spartiate non si ritira mai davanti al nemico, a costo della morte. Nessuno soffrirà per la sua scomparsa. Donne e bambini saranno nelle mani di Sparta. Che un marito o un padre muoia non sarà mai una tragedia per le mogli o i figli. Sparta non tollera il matrimonio per gli iloti, ma per un altro motivo. Teme che questo aumenti la quantità dei figli, mentre il numero degli iloti è sempre tenuto sotto controllo. Le donne poi devono essere sempre a disposizione di tutti gli uomini, affinché non perdano tempo con corteggiamenti, un’usanza orientale assai deprecata. Le ilote e gli iloti devono essere sempre a disposizione dei desideri sessuali degli spartiati. I maschi sono subito fatti entrare nell’esercito, in modo che, inseriti in una gerarchia rigida, non pensino a ribellarsi. (…) Anche noi (iloti) in fondo, beneficiamo di un mondo più ricco. In città ci sono strade lastricate, ordine assicurato dai militari, medicine per curare ogni malattia, ospedali, cibi che un tempo non esistevano, in parte creati con l’ingegneria genetica, in parte provenienti da terre lontane. Sparta ha assicurato pace e tranquillità al mondo intero e benessere ai suoi sudditi… anche a noi, sì, nonostante le caccie agli iloti, nonostante si lavori per loro, nonostante abbiano cancellato le memorie degli altri popoli dai loro libri… (…) Con il matrimonio si crea un sodalizio tra una donna e un uomo. L’uomo s’impegna a combattere per Sparta e Sparta lo premia affidando alla sua donna, finché vive, terre e averi. La donna s’impegna ad amministrare le ricchezze cedute dall’Impero, facendone fonte di sostentamento per se stessa, per lui e per i figli e facendole crescere e fruttare in modo che quando Sparta ne riprenderà possesso valgano di più. Da quelle ricchezze il militare prendeva le risorse per acquistare armi e mezzi per combattere e perpetuare l’arricchimento proprio, della propria famiglia e di Sparta, cui tutto appartiene e cui tutto torna. Questo volevano le donne dai loro uomini. Cos’altro? Le donne però, oltre ad amministrare le terre, potevano fare altri mestieri. Alcune erano ingegnere, altri guaritrici, altre consulenti, altre imprenditrici, traduttrici, interpreti, insegnanti… Gli uomini no. Gli uomini giovani erano guerrieri. Solo da vecchi, i pochi che riuscivano a superare i cinquant’anni, negli anni che gli restavano prima dei Riti della Catarsi, potevano diventare politici o affiancare le loro donne nella gestione del patrimonio. Era un meccanismo grazie al quale, passo dopo passo, secolo dopo secolo, Sparta si era trovata a dominare il mondo, ma nel quale gli uomini non avevano scelta. Il loro destino era segnato sin dalla nascita: combattere!»” In un siffatto regime, non avevano posto disabili e inetti, solo destino loro riservato era il Monte Taigeto, l'equivalente della romana rupe Tarpea.

Eppure “L’uomo non può togliere la vita a un altro uomo, neppure se ritiene che questi abbia una vita che sia indegna di essere vissuta.” Ecco un'istanza nuova: è quella di Isacco, e con lui tutti i Gesuisti**. Il suo socio Samuele alla domanda: “«E non li portate al gineceo e al ginnasio per farli educare?» «Educare alle atrocità di Sparta? No di certo. Studiano con noi il Tanakh, il resto della Bibbia e gli insegnamenti di Gesù. L’agoghé non fa per loro. Non li educhiamo alla guerra.» (…) «Gesù ci ha insegnato ad amarci l’un l’altro» ” (…) “È l’uomo l’animale più infido. Siamo noi ad aver costruito il nostro mondo sulla menzogna e il complotto. Siamo noi a uccidere senza motivo, per gioco o malvagità.” Trattasi di una sorta di anteposizione di Homo hominis lupus di Thomas Hobbes. “L’uomo regna con la debolezza, aggiogando quella altrui alla propria, rendendo debole il suo avversario per dominarlo.”

Il Mezinger attualizza ulteriormente la sua opera con alcune affermazioni auliche, ad esempio: “La cultura e la conoscenza sono un pericolo per il potere.” oppure parlando di “sovrani giustiziati per colpe che un normale spartiate avrebbe espiato con l’esilio o anche solo la carcerazione” ci ricorda ironicamente un nostro sovrano contemporaneo, il quale fu giustiziato “... appena il popolo si rese conto che controllava la circolazione delle informazioni e voleva porsi persino al di sopra gli efori***” Il nome attribuitogli è preclaro esempio di satira.

In APPENDICE trovo le risposte a tutte le mie curiosità e la conferma alla cultura classicista del Menzinger, più alcune sue invenzioni, per sua stessa ammissione, come: “Nel romanzo, inoltre, ho inventato la figura del Gran Polemarco, posto a capo della Gran Mora, ovvero di 6 Mora, cioe 2.400 uomini e del Polemarco Generale (detto anche Generale), che era a capo dell’Esercito, ovvero di 10 Gran More, cioe 24.000 uomini.” e ancora: “L’Impero di Sparta, come da antica tradizione e comandato da due re, ma ho immaginato che, col tempo, il ruolo sia evoluto e che, in considerazione della vastità dell’impero, ciascun re abbia assunto competenze territoriali, abbiamo così un Re d’Oriente e un Re d’Occidente, a capo il primo di Asia e America e il secondo di Europa e Africa. L’Australia è invece interamente controllata da Nippon-Koku, che controlla anche gran parte dell’Asia e parti di Africa e America. Africa e Europa hanno mantenuto i loro nomi ma gli altri continenti nel romanzo sono definiti con termini diversi (Asia: Chitrinodermia, Americhe: Eurotrodermia, Australia: Arrernte).”

Ma anche di neologismi, non senza la ormai nota dose di ironia che salverà il mondo e che fa grande un'opera letteraria, tra i quali ritrovo alcuni appuntati in attesa di mia ricerca. Ne riporto solo una parte, quella più ad alto tasso di divertimento:

Biobarca: barca trainata da delfini mutanti
Brutia: Abruzzi
Cemo (cellulosa modificata): una sorta di plastica ricavata dalla cellulosa geneticamente modificata
Centiode o Periodo Centesimo: periodo di tempo in cui è diviso il giorno, pari a un centesimo del tempo tra un’alba e la successiva
Coge: codificazione genetica, sistema di codificazione delle informazioni mediante il CO.GE., sostitutivo dell’informatica.
Discensore: ascensore, in quanto la città di Sparta in questa ucronìa è costruita sottoterra
Euantropogenetica: studi di genetica volti al miglioramento dell’uomo
Galloceltici: francesi
Jenisseia: Siberia, dal nome degli jenisseiani, antichi abitanti della regione.
Lacedemone: la città di Sparta, capitale dell’Impero
Lacentiode: centiode lacedemone, calcolato dall’alba della capitale dell’Impero
Lamilliode: milliode lacedemone, calcolato dall’alba della capitale dell’Impero
Luciferai: addetti all’accensione dei lampioni stradali.
Maestro di memorie: storico, insegnante di storia.
Megarpie: gigantesche cavalcature alate, simili a aquile, prodotte dalla genetica nipponica
Menta catsica: latte di capra alla menta
Mutante: guerriero spartano nato tramite manipolazione genetica
Omogamici: uomini che si sposano tra loro
Periodatore a polvere: orologio a polvere di marmo, simile a una clessidra
Persianata: cosa frivola ed effeminata, da Persiano.
Portocalada: spremuta d’arancio aromatizzata
Poteria: bar, locale per bere
Psicosofe: filosofe che si occupano di psicologia, ovvero di Psicosofia, studio dei ragionamenti della mente umana
Saltadune: velocissimo e altissimo cammello mutante.
Scuri o Sudati: abitanti del sud, termine dispregiativo usato dagli scandinavi nei confronti di migranti venuti dal sud
Thalassiano: Mutante anfibio
Thule: territorio comprendente Groenlandia, Canada Settentrionale e Alaska. Il nome deriva da un’antica popolazione di quei luoghi e dalla città omonima della Groenlandia
Vladina: stampante a caratteri mobili.

A parte qualche imprecisione di stile di stampa (mi riferisco all'apposito manuale edito da ogni casa editrice alle cui regole tutti gli autori debbono sottostare,  vedi DALL'INTERNO DELLA SPECIE di Andrea De Alberti, come il tipo di virgolette da usare per un discorso diretto, il tutto scorre abbastanza liscio. Se ne deduce che la casa editrice è fornita o di apposito Editor, o di grafici che sanno fare il loro mestiere. O semplicemente, che il Menzinger è un ottimo scrittore che non teme il congiuntivo. Data la qualità dello scritto e degli studi storici che lo sottendono, propenderei per l'ultima ipotesi.

Essendo stata per tanti anni Art Director nella Milano da bere, non posso esimermi dal commentare anche la copertina, che per cromatismi complementari è azzeccata, ma per efficacia comunicativa, no. Una stellina in meno su GoodReads.

Consigliato a storiografi per la precisione delle ricerche, a fantascientifici ucronici per la fantasia, alle attuali femministe per farle arrabbiare un po' (se non fossi stata costretta ad abbracciare anche l'altra metà del cielo con STANDING OVULATION le donne sono superiori agli uomini - anche nella violenza, sarei una di quelle), ai maschilisti per gratificarli.

*Italiano
** Seguaci di Gesù
*** Giudici

venerdì 7 dicembre 2018

BLU NOTTE di Luisa Martucci


Ettore Giussardi padre, il morto. Marcello Giussardi figlio, scapestrato scultore, il sospettato. Adele Giussardi, la drogata vagabonda, l'altra figlia sospettata. La madre Manuela, MILF per usare un a cronimo ben poco elegante, ma efficace, un'altra sospettata ancora. In mezzo i due milioni di euro di un'assicurazione sulla vita. Tra balordi, drogati e spacciatori. E Fulvio Rangoni, detective privato amico di Marcello.

E ancora improbabili Girasole, inconsapevoli star del porno, guru pedofili, grossolani gangster tatuati, albanesi disadattati. Un mix esplosivo per un giallo nella tradizione Scerbanenco. Molto bene, per questo BLU NOTTE di Luisa Martucci.

“Al centro della pista gruppi di ragazzi e ragazze si dimenavano furiosamente, mentre negli angoli oscuri altri si dedicavano ad attività disparate. Vidi coppie avvinghiate in effusioni spinte e dei singoli stravaccati, persi nel sonno o in un altro tipo di incoscienza.”

“«Non lo so. Era al centro di disintossicazione con lei, quando andai a trovarla e poi li ho incontrati insieme alle Gru, una domenica pomeriggio prima di Natale scorso. Sembrava che si conoscessero bene... - un po' di sale e qualche briciola le era rimasta impigliata nei baffi - sai, no? Lui le teneva il braccio intorno alle spalle, ridevano…»” Se non si è di Torino, non si sa cosa siano le Gru, anche perché la Martucci difetta di spiegazioni.

“Al banco della reception, mi presentai alla bionda ossigenata dall'aria un po' annoiata dicendo nome e cognome e «mi manda Manuela Giussardi.» «La responsabile la riceverà tra un minuto», mi disse, valutando con lo sguardo il mio giubbotto, il resto dell'abbigliamento e infine la mia faccia.” Se fosse una fiction (e alla Martucci le auguro che lo diventi) si percepisce nettamente il movimento di Macchina (da presa). Fui sceneggiatrice a metà dei Novanta, da qui il riferimento morettiano del nome di questo blog.

“Era un tipico pomeriggio d'inverno padano: freddo, brumoso, crepuscolare e deprimente in mezzo alla campagna brulla e secca e inospitale che pareva dovesse restare così per sempre e mai più risvegliarsi a primavera. Persino le cascine apparivano morte o addormentate, …” Molto bella e poetica descrizione della Martucci, che conferma la sua perizia narrativa.

“«Lo sai che il fumo rovina la salute», mi ammonì. «Tanto non è la mia unica vita.»” C'è del buddismo qua e là.

“Mi accompagnò alle camionette e puntò una torcia elettrica sui visi di un capannello di persone. Arrabbiati, abbattuti, insonnoliti, fumati, fatti, occhi sbarrati, occhi cerchiati, pallidi, scarmigliati, alcuni addormentati. Lo Smilzo non c'era.” Brava nel descrivere un altro tipico movimento di Macchina: qui saremmo in presenza della cosiddetta carrellata.

“E lo feci, e lei sospirò compiaciuta. Agii subito e agii in fretta, per fortuna, perché ben presto mi accorsi che le sue carni non erano sode ed elastiche al tatto come quelle di Monica e nemmeno come quelle dell'ispettore Tedeschi o delle altre ragazze che mi era capitato di palpeggiare, ma assai più flosce e costellate di rigonfiamenti e inaspettate cunette. Vigliaccamente, alla fine, le negai la consolazione dei baci e delle coccole e finsi di ricadere in un sonno profondo. Non me la sentivo di simulare una passione che non provavo e temevo che la mia delusione per un mito infranto sarebbe trapelata. Per fortuna, quando lei si convinse che stavo dormendo, si alzò di soppiatto e tornò nella sua stanza.” Una vera e propria Ms. Robinson, che riappare poco più avanti, questa volta impietosamente descritta: “Questa mattina indossava la pelliccia di visone, che la invecchiava, era truccata, ben pettinata e portava i tacchi alti, ma il trucco non nascondeva le rughe intorno agli occhi, le pieghe profonde che scendevano dal naso alla bocca e gli accenni di bargigli che pendevano ai lati del mento: il pedaggio di quel periodo difficile era stato pesante. Pur sentendomi uno stronzo, sperai che non si fosse fatta viva con l'intento di ripetere il fuggevole rapporto intercorso la notte del ritorno di Adele. L'atto era stato tanto breve e fugace da poter essere scambiato per un episodio di sonnambulismo e avrei mostrato di non conservarne memoria.” E ancora qui, in versione meno Milf, per questo più reale: “«Ciao, Fulvio». Manuela era in vestaglia e aveva i capelli avvolti in bigodini di spugna e la faccia ancora unta di crema, una mise che credevo fosse riservata alle protagoniste dei cartoni animati. Ai piedi aveva un paio di pianelle vezzose con i tacchetti e i pon pon.” Fa quasi tenerezza.

“Davanti a un piatto di ravioli del plin commentammo gli avvenimenti della giornata e la parte migliore per me fu che riuscii in parte a liberarmi, sublimandoli, dei vaffanculo e dei figlio di mignotta che avevo represso per tutto il giorno in presenza dell'ispettore Doriani e avevano formato una specie di grumo di collera alla base del gargarozzo.” Ironia nella efficace descrizione del cosiddetto 'nodo alla gola'. Come amo parafrasare qualcuno più grande di me, che dice: la bellezza salverà il mondo, io dico che sarà l'ironia a farlo.

A parte una virgola fuori posto, e un “E Manuela Giussrdi ti ha incaricato di cercare Adele” mancante di una A, alla Martucci non è sfuggito nulla. Poi arriva un: “uma pianta di pungitopo e un abete.” Uma? Ma comunque, tutta la prima parte è scevra da errori di qualsivoglia natura. Purtroppo, tutta la seconda invece incappa in una rutilante serie di, chiamiamoli, 'refusi', per essere accondiscendenti: “«Comunque sia, capirai anche tu che il tuo affitto ridicolo non mi ripaga di tutto questo trambusto di giornalisti e bloggisti»”. Bloggisti? Blogger, mi risulta, essendola io stessa. Ma magari mi sbaglio. “Il risultato del sopraluogo eseguito” Sopralluogo, qui non c'è verso, la seconda L manca. “Si strinse nelle spalle per farmi capire che era mia la scelta e continuò a fumare con le sopracciglia socchiuse.” O forse ciglia? “Penso che, in definitiva, a salvarmi la pelle, in senso metaforico, fu soprattutto l'amicizia di vecchia data tra il commissario Tarditi e il mio ex datore di lavoro e forse, ma soltanto forse, il fatto che, in definitiva, avevo offerto loro la soluzione del caso su un piatto d‟argento.” Tarditi appare per la prima volta, ma in una frase che ci lascia intuire fosse già stato precedentemente introdotto. Si tratterà forse del Turati in versione trasformista? Insomma, dopo una inizialmente accurata correzione, l'Editor o chi per ess*, doveva essersi stancat*.

“Come tutti sappiamo, il Dhamma indica la via di mezzo come la strada per uscire dalla sofferenza, la via maestra della perfezione, ma purtroppo su questa terra imperfetta raramente si riesce ad imboccarla.” Dhamma o Dharma, eccolo il buddismo, di nuovo. Non so bene perché, ma apprezzo che se ne parli.

“«No! – gridò Clitennestra – I miei figli non sanno nulla.» (...) «Assassina!» gridò Adele.” Clitennestra, Mezeri, dall'arabo, e la citazione di un certo Edward Cullen, vampiresco personaggio di stranota saga, mi confermano la cultura di questa autrice, trapelata fin dalle prime righe.

“Io fui messo sotto torchio per diversi giorni e di nuovo rischiai di perdere la licenza perché avevo indagato per conto mio, avevo fatto di testa mia, avevo rischiato la pelle mia, ma anche quella di Adele, senza avvisare la polizia, arrivando al punto di travestirmi e complottare con un assassino mettendo a repentaglio anche la sicurezza del fisico nucleare al mio soldo (ma non legalmente a libro).” Un passaggio che ho diligentemente ricopiato per imparare.

“Quanto poi ai maneggi di Marina per diventare qualcosa di diverso da una segretaria, e alla mia intenzione o meno di accontentarla, racconterò un'altra volta.” Una chiusa che lascia intravvedere la possibilità che l'efficace protagonista diventi un personaggio seriale.

Le mie consuete considerazioni sulla copertina, sulla vendibilità del libro a causa sua, mi fanno propedere per un bel sì. Mi sento molto maionchi, quando sfoggio le mie competenze da Art Director Pubblicitaria.

Consigliato agli estimatori di Scerbanenco in versione torinese, ai giallisti hard boiled, agli amanti di Torino, città molto presente nella narrazione che non ha niente di meno della Milano Noir.

ORME DI LUNA


Un incipit curioso: “«Eccole di nuovo!» Amir si chinò per osservare meglio. Sulla sabbia umida erano impresse le orme dei piedi piccoli e magri di una ragazza o di un bambino. Si intersecavano con quelle degli scarsi villeggianti, che avevano scelto quella mattina per una passeggiata in riva al mare. Fra tutte risaltavano per una particolarità: si aprivano in un ventaglietto di sei dita. Sei dita il piede destro, sei dita il sinistro… e poi daccapo.”

ORME DI LUNA di Angela Chirone è una bella favola moderna, con due protagonisti, Amir, giovanotto migrante, e un'anziana vedova, sulle prime trasandata come la sua vita, Lucia. In alcune settimane la loro amicizia, “semplice e discreta, continuava ogni giorno all'ora di pranzo.” Ma arrivano tempi di Servizi Sociali e di controlli migrazione. Che però, stavolta non mettono i bastoni tra le ruote, grazie alla saggezza di Lucia. Non voglio anticipare nulla per non togliere la sorpresa.

“«Io mi chiamo Amir e tu?» «Luna…» «Bello! Per i tuoi capelli come fili di luna?»”, “«La chiameremo Aria,» continuò Amir «perché l'aria è libera, va dove vuole e nessuna frontiera la può fermare.»” brevi tratti di leggiadra poesia in prosa. Brava la Chirone.

“«Se il nonno li scopre, li ammazza con le sue mani! Già ci è passato con la figlia… Per di più questo è nero! Beh, marrone, comunque troppo scuro! Minorenne pure lei, se no che gusto ci sarebbe? E poi strana strana! Ma forse, se non fosse un po' strana, non si sarebbero piaciuti…»” Da questo e altri passaggi trapela l'imbarazzo per una xenofobia razzista nemmeno tanto celata. Altri sottolineano il razzismo ancora latente nella nostra sedicente 'avanzata' società contemporanea, dal pestaggio di tre bulli alle parole del nonno di Luna: “«Allora quel tipo le vuole bene! E vuole il bambino! È vero: è scuro, ma neanche tantissimo…»” Purtroppo, o per fortuna, il ragazzo mette incinta la ragazza: “Luna sbottò: «Esattamente come mia madre! Dev'essere un tratto genetico!» A questo punto non sapeva più se ridere o piangere.” Dicesi Karma. O anche stupidità, leggerezza, incosienza, irresponsabilità. Ma senza quella, non avremmo più bambini.

“... vi esorto a percorrere ogni strada e a produrre al più presto domande e documenti in modo da avviare le procedure, perché possa restare in Italia alla luce del sole o come rifugiato o adottato o sposato o come lavoratore con regolare permesso. (…) Mi raccomando, lavora e bada alla famiglia, che di gente te ne sei accollata! In una botta sola madre, moglie, figlio e nonno!” (...) “... il Brigadiere osservava in lontananza il mare azzurro, che si univa al cielo, e pensava a quanto fosse stato fortunato a nascere sulla sponda giusta del Mediterraneo.” Qualche volta le FFOO riscattano la loro pessima immagine di castigatori dei costumi sociali, interpretando con compassione i reali bisogni degli individui reali.



“«Sì, ne sono sicura… i piedini della bimba hanno sei dita!» Amir e Luna tirarono un sospiro di sollievo. Poi Amir cercò di spiegare: «È il segno del clan!» Luna intervenne: «Vuol dire che è il nostro marchio di famiglia!» Dopo tolse un piede da sotto il lenzuolo e ridendo lo fece vedere all’operatrice: «La nostra piccolina è fortunata! Nessuno la potrà scambiare con un’altra bambina e non avrà mai dubbi su chi è la sua mamma!»”

Il finale è  lieto, dove tutti vissero felici e contenti, come il lettore si aspetta da una bella fiaba. Dal canto mio, ne avrei rpeferito uno più sofferto, più contrastato. Ma è solo il mio sentire.
Se un libro ti insegna qualcosa, allora è un “buon libro”: fino a ieri non sapevo cosa fossero le teredini, ora lo so grazie a Madre Wiki. Ve ne affido la ricerca.

Copertina sobria ed elegante, direi persino sullo stile della Einaudi, quasi la Chirone voglia alimentare la giusta speranza. Ebbene, la incoraggio ad approfondire un tantino il plot, senza allungarlo come si fa con il brodo, ma a ispessirlo, forse a renderlo più melodrammatico: perché così facendo potrebbe essere accettabile per la grande casa editrice.

Consigliato a persone anziane senza più speranza per capire che invece ce n'è sempre una per vivere, a giovani migranti africani che trovano in Italia un buon futuro grazie alla compassione e alle ragazze madri, per capire che si può essere ancora mamme in una sociatà bistrattata come la nostra.

LE AVVENTURE DEL TOPOLINO SAM


Federica Bertone è la seconda scrittrice del Circolo degli Autori della Libreria IL CAMMELLO della prima cintura torinese che si affida a me e le sono grata. E' una maestra elementare, il suo target di lettori sono i bimbi. Infatti, trattasi di raccolta di mini-racconti moraleggianti rivolti ai ragazzini tra i sei e i dieci anni, ma anche per le loro mamme e i loro papà. Infatti, il primo, Topolino Giramondo, ci insegna che è certamente possibile scoprire il Mondo attraverso il linguaggio e di conseguenza la lettura di libri, sperimentando di volta in volta, usci, costumi e tradizioni dei Paesi, a partire dall'Italia, senza nemmeno uscire dalla biblioteca, “vivendo con la fantasia e la creatività l'emozione di viaggiare con la mente. Che splendida avventura la lettura!!!”

Topolino Sam e lo spazio
“... con l'aiuto di Anna, scotch, colla, colori e qualche pezzo di carta d'alluminio presto Sam presentò al mondo intero il… GROVIERATTHLE!!!” Un film cult recita che “i sogni son desideri”, ebbene il Topolino Sam di Federica Bertone ce lo dimostra, viaggiando questa volta nello spazio, alla scoperta dei pianeti del Sistema Solare. “A volte i sogni ci portano lontano, così lontano da farci vivere fantastiche avventure. Per questo non dobbiamo mai smettere di “SOGNARE”!”

Sam e il mare
Sempre la fantasia a farla da padrone: il nostro topolino (eh sì, nostro perché la Bertone è brava a farcelo amare), approfitta della piscina vuota del papà della sua piccola amica Anna per realizzare un sogno: decorarla come fosse un mare, pur sapendo che l'indomani, con il riempimento della vasca, tutto sarebbe andato perduto. Ma il papà ha la luminosa idea di acquistare grandi lastre dalla vicina vetreria, per rivestire pareti e fondale, preservando così il lavoro ingengnoso del topolino Sam. “A volte da piccole idee nascono GRANDI cose !”

Pasticci con amore
La mamma della piccola Anna preparava manicaretti specialissimi ogni Natale, purtoppo quella tradizione si era persa con lei (l'autrice ci lascia solo indovinare che cosa le sia accaduto). Allora il topolino Sam si incarica di ricreare la sua magia natalizia, ritrovando il suo antico libro di ricette. Non svelo che accade, ma riporto solo la frase moraleggiante conclusiva: “Così finisce questo racconto incantato di Natale. Ricordate bambini, la notte della vigilia dormite profondamente e lasciate che la magia entri nelle vostre case, non sappiamo se anche per noi è in arrivo un piccolo aiutante speciale.”

L'arrivo di un amico speciale
Anna, compagna di giochi e maestra di Sam, si accorge che il topolino è triste e solo. Cerca di procuragli un amico o amica che sia, però del sua stessa specie. Quando lo trova, Sam a sua volta riesce a trasmettere al suo nuovo amico gli stessi insegnamenti di Anna. “Sam capì che l’amicizia, quella vera, è fondamentale. Senza di essa nella vita non si può essere completamente felici, perché la felicità è vera solo quando è condivisa. (…) L’amico vero è quello che fa parte della tua vita come una Ciurma fa parte della Nave”

Prima o poi si cresce
L'ultimo racconto si direbbe sia quello meno accurato dal punto di vista e della forma e della grammatica, peccato. Fino a qui, la Bertone si era dimostrata capace.
Qualche refuso – accenti non corretti, maiuscole mancanti, virgolette ribaltate, in generale piccolezze trascurabili (suppongo dovuto a problemi di conversione file, visto che la grammatica in generale è corretta), a parte un “emozionantissima” con una N di troppo o “Paolo rispose con uno splendido sorriso che le girava tutta la faccia” che forse, essendo uomo, avrebbe chiamato un GLI al posto di LE o anche “l’ho protetta, cresciuta e amata nel modo migliore che potevo farlo” forse sarebbe stato più opportuno scrivere FARE anziché FARLO, conclude con una bella massima condivisibile da tutti: “la famiglia così come l’aveva lei è il bene più prezioso al mondo e l’avrebbe difesa per sempre.”

Illustrato a mano dai suoi stessi allievi, internamente come pure la copertina, devo ammettere che la scelta è felice e vende facilmente. Brava la Bertone!

Consigliato ai genitori stufi di fiabe stereotipate di genere che vogliono crescere ragazzi consapevoli dei loro altissimi potenziali.

IL GIOCO DEL RE


Tramite una compagna di fede, ho ricevuto alcuni contatti utili allo scopo di sviluppare la mia attività per Kosen Rufu*, che, nella fattispecie, si propone di incrementare e favorire l'avvicinamento alla Cultura in modo democratico e open mind. Dopo alcuni mesi di intenso lavorìo, finalmente ricevo risposta dalla Libreria IL CAMMELLO sita nella periferia torinese, che ha il merito di aver avviato il Club degli Autori. Il quale organizza eventi letterari, invitando scrittori noti sull'intero territorio italiano, ma dà anche spazio ai cosiddetti “autori a Km 0”. Tra questi, vi è Flavio Passi, non solo scrittore, ma anche editore. È il primo a farsi avanti nel recepire una mia rece. Voi che mi seguite da ormai quasi due anni, sapete quanto sia pistina nel recensire, badando persino a piccolezze come la punteggiatura. Nonché al contenuto, allo sviluppo del plot e all'approfondimento dei personaggi, cercando di vestire i panni di un editore che è, prima di ogni altra cosa, imprenditore e guarda al libro come mero prodotto per guadagnare. Colgo infatti subito fin dalle prime pagine del suo IL GIOCO DEL RE il valore tecnico e letterario del Passi, che mi cattura alla lettura, risuonandomi nell'interiorità con passaggi che ricordano opere mie, come il seguente: “Un’altra estate è andata, pensai. Un altro anno è passato e non mi è rimasto niente: serate con amici, feste, avventure, donne… E poi? Cosa è rimasto?” Questo in particolare mi rimanda ad una delle mie POESIE SPOLLICIATE, in cerca di editore, scritta in quel di Bologna, in occasione di un workshop di Editoria ai tempi del Digitale, che della temporanea amicizia tra quattro donne aspiranti scrittrici, recita così:
“Ma Valentina la osserva e la incalza/con domande (giuste? Non sapremo)/Ed io la snobbo. Roberta si fa i suoi./Un bicchiere di vino condiviso/Alimenta l'amicizia di una sera./Cosa resta?”

“«Se c’è un problema, esiste la soluzione» diceva. «E se non esiste soluzione, allora non può esserci alcun problema.»” Circa l'ottimismo sempre, un mio Forforisma Pastorology afferma che “i problemi sono fatti per essere risolti”.  Senza ottimismo, non si va da nessuna parte. Evidentemente, il Passi lo sa bene. Deve aver sofferto molto nella vita, ma soprattutto essersene arricchito. Si chiama resilienza.

“«... ci tengo a mettere in chiaro che con me bisogna esser cauti. Non ho problemi a conoscere uomini, anzi direi che mi piace, ma preferisco il loro cervello al loro cazzo.»” E qui il Passi mirabilmente introduce al tema principale, ovvero l'erotismo, il cui principale organo è il cervello. Ovviamente profferito da una donna., che viene definita ninfomane. In realtà, è solo un'allegra porcellona, in quanto la ninfomania non lascia possibilità di scelta, è una malattia gravissima, mentre la protagonista femminile sceglie oculatamente i suoi amanti. Molti sono i passaggi letterari che si riferiscono al cervello come organo erotico, sempre con eleganza e mai volgari, tra questi: “Davanti al mio sguardo una mano si muoveva sinuosa in cerca di profondità, l’altra sfiorava veloce il pistillo di quel magnifico fiore che sembrava esplodere per quanto era grande. Non resistevo, provavo ad avvicinarmi con la bocca per assaporare quello spettacolo che si apriva davanti ai miei occhi, ma non ci riuscivo. (…) Era terribile ed eccitante allo stesso tempo.”,“Una donna capace di trascinarti negli inferi dell’anima, nel baratro della perdizione, in quel luogo in cui ogni emozione risultava amplificata, moltiplicata all’infinito. (…) Era un’avventura pericolosa, è vero, ma sarei stato disposto a qualsiasi conseguenza pur di non rinunciare a quel brivido.”,“Sapevo cosa avrei visto varcando quella soglia (…) Barbara era da sola sul letto, vestita soltanto di lingerie provocante, che si muoveva sinuosa come una pantera davanti agli spettatori increduli. Il grande materasso era circondato da sbarre, e Barbara aveva lasciato tutti fuori dalla gabbia. Non potevano toccarla, non potevano fare niente se non guardarla e provare ad avvicinarsi sperando di essere sbranati.”,“«Cambio molti uomini, ma lui è l’unico che resiste. (…) Ecco chi è il Re. Ma con te mi è successa una cosa strana: per la prima volta ho trovato una persona che lo ha messo in discussione»”,“Quell’abbandono, così violento e inaspettato, era stato come una terapia per me: poco alla volta, superare un dolore del genere, mi aveva fatto capire che, nonostante tutto, si sopravvive. E si vive.”

“«Un sottofondo musicale è quello che ci vuole» Pensai. E quella era la serata giusta: non potevo che mettere “The dark side of the moon”. Poi, dopo essermi seduto a fianco a lei, le offrii da
bere.” La musica attraversa anche l'opera del Passi, a conferma della necessità di trovarvi ispirazione. Conosco autori e poeti che, per raggiungere l'ispirazione, si fanno di erba, di crack, di sesso, di coca, di pere. Io mi faccio di musica. Ogni cosa che scrivo, sia essa prosa, poesia o saggistica, è dopata da una qualche sonorità musicale. Evidentemente, anche il Passi ne avverte il bisogno.

“«E… Qual è il gioco che più ti dà adrenalina?» Chiesi curioso. «Quello dove è più facile vincere.» Rispose ridacchiando. «E tu vivendo a Sanremo dovresti saperlo: chi gioca al casinò, se è intelligente, può giocare soltanto alla roulette, l’unico gioco più o meno onesto. Ma probabilmente non frequenti l’ambiente.»” In realtà, da amici sanremesi addetti ai tavoli da gioco, so per loro stessa ammissione che anche la roulette è giostrata sapientemente dalle loro stesse mani e da appositi congegni che pilotano le vincite.

“Mi vedevo per un attimo felice ma subito dopo pensavo alla mia condizione di infelicità: un’esistenza banale, senza amore e con pochi affetti. Una vita alla deriva, senza una meta, senza un obiettivo. Ma in fondo, mi chiedevo, la vita ha davvero un obiettivo?”,“Già, perché è così che funziona: viviamo cercando la felicità ma quando la troviamo non sappiamo riconoscerla e, dopo troppo tempo, alcuni posti, profumi, visioni ci ricordano momenti felici. E allora ci troviamo increduli a constatare come la felicità ci sia stata, ormai lontana e inutile, mimetizzata nella vita.”,“Fabio, sai qual è la triste verità? Che esistono persone con una vita talmente noiosa e monotona, che per sopravvivere hanno bisogno di vivere la vita altrui.”, ma anche: “«... quando il sipario sarà sceso su di noi, allora non ci sarà davvero più tempo, questo devi ricordarlo. Non buttare via la cosa più preziosa per la paura della fine. Ed è proprio per questo, perché il tempo corre troppo, che non devi sprecarlo. Quando arriverà il tuo momento non dovrai avere rimpianti, (…) nulla è eterno.»”,“Piansi. Guardai verso il cielo e piansi senza freni, senza controllo. Non era un pianto isterico, ma nemmeno un pianto di dolore o gioia. Era un pianto di trascendenza, un pianto che mi fece sentire una piccola parte del cosmo.”, “... l’innamoramento dovrebbe essere altruismo, ma in realtà è puro egoismo. (…) Difficilmente ci innamoriamo di chi ha bisogno di noi e, soprattutto, se stiamo con qualcuno e percepiamo che questa persona dipende da noi, cosa facciamo? Solitamente lo scarichiamo, perché non vogliamo accanto persone che dipendono da noi, vogliamo persone forti, utili a noi e a quello che cerchiamo, non vogliamo essere noi a soddisfare i bisogni altrui.” L'aspetto fisico del protagonista è un po' troppo 'reaganian godfereccio' per produrre simili pensieri. Mi verrebe allora da attribuirli direttamente al Passi, che deve essere un filosofo della vita.

A proposito di edonismo reaganiano, lo ritroviamo simboleggiato da auto di lusso: “Avrei potuto prendere la Smart, (…) ma qualcosa mi spinse verso le chiavi dell’Ammiraglia: così avevo ribattezzato la mia nuova Mercedes SL 500.”, da ristoranti di lusso: “Oltrepassammo il confine con la Svizzera e mi diede indicazioni per il ristorante, sul lago di Lugano.”, aperitivi di lusso: “«Oggi sono euforico e ho voglia di divertirmi! Ci vediamo alle sette qui sotto per l’aperitivo. Pensi tu ad avvisare gli altri?» «Okay, ci penso io. Alle sette al Sottovento.» Il Sottovento era proprio sotto casa mia, in Piazza Bresca, l’antica piazza in cui un tempo vivevano i pescatori di Sanremo perché situata proprio a ridosso del porto.”, abitazioni di lusso: “La piazza (Bresca) era diventata, col tempo, il ritrovo della movida sanremese. (…) Era una fortuna abitare lì.” ma anche: “Quando Barbara, dall’esterno, schiacciò un pulsante (...) restai a bocca aperta. Quella casa sembrava un’astronave galleggiante nel buio. All’interno si aveva la sensazione di volare: era stata costruita sul bordo della strada, verso valle e, avvicinandosi a una delle vetrate perimetrali, sembrava di essere divorati dalla gola di rocce che inghiottiva la vallata.”, night club un po' più alla mano, ma con ragazze di lusso,: “Quel giovedì si era deciso che saremmo andati al Porky’s (…) dove le ragazze si esibivano in spettacoli di lap dance e striptease. Un posto divertente e goliardico (…) senza per questo essere alleggeriti nel portafogli, come accadeva nei comuni night-club.”, tanti casinò, il lusso per antonomasia: “Le emozioni della sera prima mi avevano fatto ritornare ragazzo, al periodo in cui i miei amici e io avevamo iniziato a frequentare i vari Casinò della Costa Azzurra.” e club privé in Costiera: “Da quando Barbara mi aveva prospettato l’idea di andare in un club privé della Costa Azzurra ero diventato un’anima in pena.”.

“Al ristorante – lo stesso della volta precedente, come vuole la cabala – sentii che era arrivato il momento di dirle la verità.”,“Il Re è nudo.”: Cabala e determinati riferimenti fiabeschi svelano la raffinata formazione del Passi, ma anche il gioco della Regina, che, senza svelarvi niente, è un improvviso ribaltamento di ruoli. In linguaggio sessual erotico potremmo definire switch.

Del Passi, mi sorprendo a ricopiarne interi passaggi, perché ritengo da sempre che una buona scrittura meriti di insegnarmi qualcosa. Bravo. Ma in fondo, proprio il Passi (ed io con lui) ha scoperto la capacità terapeutica dello scrivere: “Ricordo ancora il mio sorriso quando premetti il tasto Invia: i pensieri negativi svanirono, Monica divenne uno sbiadito ricordo, e una curiosa ondata di benessere mi prese la schiena.” Evidentemente, è confermata la prima impressione ricevuta circa la sua resilienza.

Le consuete considerazioni sull'efficacia di vendita copertina, da Art Drector Pubblicitaria attiva negli Anni della Milano da Bere, mi portano a valutare ancora meglio l'opera del Passi: giocata su te colori, bianco, nero e rosso, che simboleggiano essenzialità e erotismo, mette in scena un Re (rosso, quindi dominante sessaulmente parlando) e un alfiere (bianco, neutro). L'ombra della pedina del Re però si diparte da entrambi.

Consigliato agli amanti del genere erotico che, da una punta di giallo, può solo trarre beneficio.

*https://www.sgi-italia.org/la-realizzazione-della-pace-kosen-rufu/
Poiché, secondo la visione buddista, la Legge mistica è la Legge della vita che permette alle persone di diventare felici consentendo di manifestare il loro più grande potenziale, la Buddità, ed è quindi il motore del progresso degli esseri umani e della società, agire per realizzare kosen-rufu significa impegnarsi nella costruzione di una società pacifica e felice.