In cerca di opportunità per crescere in senso letterario, esplorando nuovi
generi in cui mai mi sono sperimentata come scrittrice (giallo
e fantascienza), leggendo autori emergenti, (se ne salva
uno su dieci ad essere ottimisti - ma anche è vero che si impara
soprattutto dagli errori, come scrivo nei Forforismi Pastorology), e scrivendone
recensioni, il mio agente letterario ed io ci siamo recati a una
manifestazione libresca fiorentina che ha inaugurato ‘un borsino degli
inediti’. Auguro all’organizzazione di migliorare sempre più,
idea fantastica da promuovere meglio, soprattutto fra gli editori
stessi: presenti in numero di tre, occupavano un decimo degli scranni
a disposizione. Nel tour degli stand, abbiamo
scoperto che alcuni di loro manco erano stati avvisati
dell’opportunità di scoprire il nuovo Walt Withman. Gli autori,
no, da sempre animati dalla convinzione di essere pari a Shakespeare, alla ricerca di opportunità per essere riconosciuti
tali, appena colgono un’informazione che li possa aiutare, vi ci si
fiondano. Erano presenti in file ordinate quanto rassegnate davanti
ai tre soli banchetti presidiati. Una nostra stima d’acchito ne ha contati tra
i cinquanta e cento per ogni editore presente: infatti in Italia ci
sono più scrittori che lettori.
A questo punto, abbiamo fatto il giro
dei banchetti presenti per capire se le proposte editoriali degli
unici tre fossero aderenti al mio sentire letterario. Ne abbiamo dedotto
che forse sarebbe stato meglio girovagare tra gli stands, contattando
direttamente gli editori più promettenti dal punto di vista
qualitativo. Tra questi c’era un certo ABEditore di Milano.
Provenendo da diciassette anni di esperienza nel mondo della grafica
(svolto parallelamente al mio lavoro di scrittrice, perché in Italia
la cultura appaga, ma non paga, altro mio forforisma), sono persuasa
che, in una grossa libreria di quelle caratterizzate da enormi
bancali zeppi di libri, saltano all’occhio solo i titoli più
originali e le copertine meglio realizzate dal punto di vista della
seduzione. Pertanto, sono stata piacevolmente sorpresa da quelle
attuate da ABEditore, il cui grafico, presente, ha ricevuto le mie
motivate felicitazioni. Il dr. Baldacchini, direttore editoriale
della stessa, mi ha richiesto la recensione di un paio di libri a suo
dire interessanti. Ho iniziato a leggere quello che sulle prime mi è
sembrato più stuzzicante, almeno dal titolo, ed è LA COMPAGNIA DEI
VIAGGIATORI DEL TEMPO, di Massimo Acciai Baggiani, una raccolta di
racconti di fantascienza, strutturata sul meta racconto in cui un
gruppo di giovani si trovano periodicamente per raccontarsi le loro
novità in fatto di narrativa, ognuno con la sua voce (ottimo pretesto narrativo per dare continuità alla successione dei racconti). Ma senza
infarcirlo di teorie pseudo-scientifiche, di simil-tecnologia, che,
dopo aver letto tutto l'insuperabile Asimov, sono le componenti più
noiose in chi cerca di imitarlo, non riuscendoci. Questo libro non ne
ha, pur essendo scritto con cognizione di causa. Evviva. A mero
esempio nel Il primo racconto di Gianmaria LA VITA DI UN UOMO: “Era un torrido pomeriggio d'Agosto
in città. Maurizio percorreva viale Ariosto a velocità sostenuta,
sicuramente superiore al limite, quando perse il controllo della
motocicletta su cui andava essenza neanche il tempo di accorgersene
si ritrovò sull'asfalto. Un forte dolore alla tempia e poi il buio”.
È un incipit che inizia quasi in
sordina - il Baggiani ci abitua subito a questo approccio - motivandoci
il successivo sfasamento temporale con un banale incidente in moto
del protagonista. Progressivamente, dal suo risveglio, assiste al
fenomeno di asincronicità crescente tra lui e le persone che gli
parlano, fino ad arrivare ad una disparità generazionale o di
perfino di eoni temporali. Cerco di approcciare un testo senza
preconcetti, solo in un secondo tempo, aggiungendo l'autore agli
amici di Facebook, scopro che è autore consumato con tanta
bibliografia alle spalle. Non è un emergente.
In generale, gli incipit si suddividono
essenzialmente in due tipologie: una, quella in cui l'autore accosta
lentamente il lettore al cuore della narrazione, promettendogli un
futuro narrativo attrattivo, facendo una scommessa con il suo
interesse. L'altra, quella in cui invece l'autore catapulta il
lettore nell'azione, catturandolo e tenendolo inchiodato alle pagine
del suo libro. (Vedi leggolibrifacciocose AMORE OBLIQUO di Maria
Teresa Casella).
Questa raccolta di racconti appartiene alla prima tipologia, l'Acciai
Baggiani creando un climax costruttivo a piccoli avvicinamenti
graduali, disparati di per sé, però unendoli tutti in un flusso
univoco con quel pretesto narrativo di cui sopra. Il Baggiani, pur dichiarando di aver cercato di distinguere
lo stile narrativo di un narratore dall’altro, non ci riesce. Si
avverte lo stesso stile (e la stessa filosofia di fondo, il buddismo)
che attraversano come una corrente sommersa tutti i racconti.
Fattori che si rivelano subito in uno dei primi, ovvero Il primo
racconto di Annetta FIRENZE NEL XXII SECOLO: “Un bel giorno fui trasportata nel
futuro, oltre i miei anni, fino all'inizio del XXII secolo. Non so
bene come ci arrivai...” (qui ricevo ulteriore conferma che al
Baggiani non piace scimmiottare chi prima di lui ha fatto meglio, lo
stimo già per questo)
“«Tu sei la zia Rosalba.» mi disse,
come a trovare conferma di quanto già sapeva.
«Tu sei Emilio.» gli feci eco «Sono
molto contenta di vederti. Come va?»
«Tutto bene, e tu? Che ci fai qui? Sei
morta già da...»
«Non dire nulla» lo bloccai appena in
tempo «non voglio saperlo.»
Lui rimase pensieroso per un po',
domandandosi cosa avesse detto di male, poi ci arrivò e si scusò.
«Neanch'io vorrei sapere la data della mia morte, anche se suppongo
dal tuo punto di vista sia solo uno degli infiniti futuri possibili.»
«Già. Dal mio punto di vista il
futuro non esiste ancora se non come possibilità molteplice.»
«Non sei mai stata una determinista.»
«No, non lo sono mai stata. Il tempo è
un grande mistero, un'immensa equazione dalle infinite variabili che
neanche un dio, seppur esistesse, potrebbe risolvere.» Dio
minuscolo, in aderenza alle idee buddiste, fondamentalmente atee, in
quanto il Budda fu un essere umano qualunque che non volle mai
essere divinizzato.
«Non sei mai stata neanche una
credente» mi disse a mo' di rimprovero.
«Al contrario, ho creduto a molte cose
fino ai miei attuali trentotto anni, ma certamente mai a una
divinità. Sono anche buddista, sai? Il buddismo richiede fede, così
come credere che la vita abbia un senso.»” Ecco, il buddismo richiede
fede, ma non nel senso delle religioni monoteiste che siamo abituati
a riconoscere noi occidentali, riposta in un essere superiore - o
inferiore - che ci giudica e ci spedisce in Paradiso o all’Inferno
a seconda dei nostri meriti/demeriti. Ma fede in se stessi, nel senso
di fiducia in senso lato: non solo di autostima, in cui è forte la
componente dell’ego, ma di accettazione anche dei difetti per
poterli mettere al servizio del bene dell’intera umanità.
Riprendendo l’effetto di
asincronicità crescente de Il primo racconto di Gianmaria LA VITA DI UN UOMO, il Baggiani ci
spiega meglio come avviene: “Siccome il fenomeno di sfasamento
temporale cresceva di giorno in giorno, di ora in ora, di minuto in
minuto a ritmo esponenziale, ben presto non sarebbe stato più in
grado di sostenere una conversazione, di comunicare con nessuno. Si
sarebbe ritrovato solo. (...) Maurizio da molti anni si è ritirato a
vivere in solitudine, in un luogo sconosciuto. (…) Chissà cosa
vede adesso, o tanti anni, se vede qualcosa. La morte di questo
pianeta? La fine del Cosmo? Una passeggiata di qualche divinità tra
le stelle?
Già, le stelle... non le vediamo forse
anche noi, comuni mortali, in modo ‘asincronico’, ma nel passato?
La luce che vediamo, non è quella di migliaia, milioni, miliardi di
anni fa? La vita di un uomo, che vive in un angolino di una delle
molte galassie, non abbraccia forse con la vista e con la mente tutto
il Tempo?”. Il Baggiani conferma la sua sapiente tecnica narrativa
con finali svelati in modo crescente e sorprendente.
Il racconto in cui gli riesce meglio
tale tecnica è Il primo racconto di Chiara MARTE, il cui sorprendete incipit suona
così: “Quando gli astronauti tornarono
sulla Terra fu chiaro a tutte che essi non avessero la minima idea
della situazione che avrebbero trovato a casa. (...) La gioia per
essere tornati incolumi sulla Terra gli si leggeva in faccia, ma a me
parve che ci fosse qualcos'altro. Ormai dovevano essere stati
informati di aver rimesso piede su un pianeta cui quattro miliardi di
abitanti era composto esclusivamente da donne.”
Per una femminista come me, (CORPIRIBELLI, resilienza tra maltrattamenti e stalking) è un espediente straordinario, foriero di situazioni inaspettate,
come il mutamento di modi dire: “Il corteo d'auto procedeva a passo
lento – prima si diceva a passo d'uomo e c'è chi lo dice ancora,
ma è un modo di dire che sta ormai scomparendo –”.
Un virus terribile annienta la
popolazione maschile “C'era stato l'ECL (...) nel giro di un paio
di mesi non era rimasto un solo uomo vivo sulla Terra.” Nemmeno la
clonazione di cellule maschili può garantirne la ricomparsa, perché
nei tessuti si conservava il virus, annichilendo qualsiasi speranza
di “rivedere un uomo”. Poi il colpo di scena dell’attentato,
“all'improvviso una donna, scavalcata la recinzione, era corsa
verso gli astronauti. Era giovane, praticamente una ragazzina, non
più di vent'anni in ogni caso a giudicare dalle immagini, capelli
neri legati in una coda, pelle abbronzata, vita snella, molto carina
secondo i canoni maschili (...) Con una freddezza incredibile aveva
piantato una lama da quindici centimetri nel cuore di Moroboshi.
L'uomo era morto sul colpo. Mentre stava affondando il coltello ebbe
il tempo di pronunciare due parole, udite distintamente anche dai
compagni (...) “‘bastardi maschilisti’ ”, una definizione di
cui si era persa memoria. L’inopinato finale è magistralmente
costruito dalla seguente affermazione, ma non ve lo spoilero: “Per
capire i nostri battibecchi, bisogna sapere che già da tempo
frullava nella testa di mia sorella di adottare una figlia o, se non
fosse stato possibile, almeno di farsi clonare.”
Un altro sconcertante racconto è Il
secondo racconto di Ademio IMMORTALITÀ che ci anticipa i progressi
della clonazione. L’incipit è contenuto in un paio di pagine, non
ci svela subito chi sia Pitagora. “Pitagora era il miglior amico di
Sebastiano, il mio bisnipote. Passavano la maggior parte del giorno
insieme, giocando a rincorrersi nei giardini e nei corridoi della mia
villa a Pantelleria durante le vacanze estive. Il lungo e delicato
autunno della mia vita era stato allietato dalle risate fresche e
infantili del mio nipotino, che udivo dal mio letto di infermo nelle
ore solitarie in cui – tra un sonnellino e l'altro – stavo seduto
in mezzo ai cuscini (...) spingeva la mia carrozzella sul balcone,
felice di quel nuovo gioco, e guardavamo insieme il mare che ripeteva
il suo saggio monito da molti eoni: vivi! La vita è un ciclo senza
fine!” (ancora il buddismo e le sue rinascite). Dopo due pagine
scopriremo chi è mai Pitagora. Per chi conosce la teoria della
metempsicosi sviluppata dal famoso matematico dell'antichità, già
il nome, sembrerebbe una telefonata che anticipa il finale a
sorpresa. Pitagora fu clonato alla sua morte, apposta per restituire
la felicità al bisnipote, e questo è il primo colpo di scena. Ma è
quello finale che ci lascia basiti - e che non svelerò per non spoilerare - ,
se non riportando la frase conclusiva, che prende pieno significato
solo da una lettura integrale del racconto: “Guardo il mio
bisnipote e so che non è proprio il mio bisnipote, anche se lui non
lo sa. E mentre lo guardo ripenso a quando, quasi diciassette anni
fa, ebbi quel colloquio confidenziale con il direttore del centro
sperimentale di ricerche genetiche, e ho le stesse perplessità di
allora.”
L'Acciai Baggiani realizza un buon
prodotto editoriale, senza quegli errori acerrimi nemici di un autore
in cerca di qualità (e dell’editore! Vedi leggolibrifacciocose
MENO DUE di Delia Deliu). Bravo. La copertina purtroppo gli fa perdere una delle stelline
GoodReads meritorie in caso di efficacia: pur apprezzando la scelta
cromatica* attinente all’invecchiamento della carta, la deprime a
tal punto da impedire la cattura dello sguardo. Personalmente, non mi
sarei lasciata tentare dall’acquisto d’impulso.
Consigliato a quei lettori che non
amano la fantascienza fantasy rutilante in stile Guerre Stellari e a quelli con una discreta dose di conoscenze scientifiche, bisognosi di
tornare a fare fungere le sinapsi.
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