lunedì 22 ottobre 2018

LA COMPAGNIA DEI VIAGGIATORI DEL TEMPO


In cerca di opportunità per crescere in senso letterario, esplorando nuovi generi in cui mai mi sono sperimentata come scrittrice  (giallo e fantascienza), leggendo autori emergenti, (se ne salva uno su dieci ad essere ottimisti - ma anche è vero che si impara soprattutto dagli errori, come scrivo nei Forforismi Pastorology), e scrivendone recensioni, il mio agente letterario ed io ci siamo recati a una manifestazione libresca fiorentina che ha inaugurato ‘un borsino degli inediti’. Auguro all’organizzazione di migliorare sempre più, idea fantastica da promuovere meglio, soprattutto fra gli editori stessi: presenti in numero di tre, occupavano un decimo degli scranni a disposizione. Nel tour degli stand, abbiamo scoperto che alcuni di loro manco erano stati avvisati dell’opportunità di scoprire il nuovo Walt Withman. Gli autori, no, da sempre animati dalla convinzione di essere pari a Shakespeare, alla ricerca di opportunità per essere riconosciuti tali, appena colgono un’informazione che li possa aiutare, vi ci si fiondano. Erano presenti in file ordinate quanto rassegnate davanti ai tre soli banchetti presidiati. Una nostra stima d’acchito ne ha contati tra i cinquanta e cento per ogni editore presente: infatti in Italia ci sono più scrittori che lettori.

A questo punto, abbiamo fatto il giro dei banchetti presenti per capire se le proposte editoriali degli unici tre fossero aderenti al mio sentire letterario. Ne abbiamo dedotto che forse sarebbe stato meglio girovagare tra gli stands, contattando direttamente gli editori più promettenti dal punto di vista qualitativo. Tra questi c’era un certo ABEditore di Milano. Provenendo da diciassette anni di esperienza nel mondo della grafica (svolto parallelamente al mio lavoro di scrittrice, perché in Italia la cultura appaga, ma non paga, altro mio forforisma), sono persuasa che, in una grossa libreria di quelle caratterizzate da enormi bancali zeppi di libri, saltano all’occhio solo i titoli più originali e le copertine meglio realizzate dal punto di vista della seduzione. Pertanto, sono stata piacevolmente sorpresa da quelle attuate da ABEditore, il cui grafico, presente, ha ricevuto le mie motivate felicitazioni. Il dr. Baldacchini, direttore editoriale della stessa, mi ha richiesto la recensione di un paio di libri a suo dire interessanti. Ho iniziato a leggere quello che sulle prime mi è sembrato più stuzzicante, almeno dal titolo, ed è LA COMPAGNIA DEI VIAGGIATORI DEL TEMPO, di Massimo Acciai Baggiani, una raccolta di racconti di fantascienza, strutturata sul meta racconto in cui un gruppo di giovani si trovano periodicamente per raccontarsi le loro novità in fatto di narrativa, ognuno con la sua voce (ottimo pretesto narrativo per dare continuità alla successione dei racconti). Ma senza infarcirlo di teorie pseudo-scientifiche, di simil-tecnologia, che, dopo aver letto tutto l'insuperabile Asimov, sono le componenti più noiose in chi cerca di imitarlo, non riuscendoci. Questo libro non ne ha, pur essendo scritto con cognizione di causa. Evviva. A mero esempio nel Il primo racconto di Gianmaria LA VITA DI UN UOMO: “Era un torrido pomeriggio d'Agosto in città. Maurizio percorreva viale Ariosto a velocità sostenuta, sicuramente superiore al limite, quando perse il controllo della motocicletta su cui andava essenza neanche il tempo di accorgersene si ritrovò sull'asfalto. Un forte dolore alla tempia e poi il buio”.
È un incipit che inizia quasi in sordina - il Baggiani ci abitua subito a questo approccio - motivandoci il successivo sfasamento temporale con un banale incidente in moto del protagonista. Progressivamente, dal suo risveglio, assiste al fenomeno di asincronicità crescente tra lui e le persone che gli parlano, fino ad arrivare ad una disparità generazionale o di perfino di eoni temporali. Cerco di approcciare un testo senza preconcetti, solo in un secondo tempo, aggiungendo l'autore  agli amici di Facebook, scopro che è autore consumato con tanta bibliografia alle spalle. Non è un emergente.

In generale, gli incipit si suddividono essenzialmente in due tipologie: una, quella in cui l'autore accosta lentamente il lettore al cuore della narrazione, promettendogli un futuro narrativo attrattivo, facendo una scommessa con il suo interesse. L'altra, quella in cui invece l'autore catapulta il lettore nell'azione, catturandolo e tenendolo inchiodato alle pagine del suo libro. (Vedi leggolibrifacciocose AMORE OBLIQUO di Maria Teresa Casella). Questa raccolta di racconti appartiene alla prima tipologia, l'Acciai Baggiani creando un climax costruttivo a piccoli avvicinamenti graduali, disparati di per sé, però unendoli tutti in un flusso univoco con quel pretesto narrativo di cui sopra. Il Baggiani, pur dichiarando di aver cercato di distinguere lo stile narrativo di un narratore dall’altro, non ci riesce. Si avverte lo stesso stile (e la stessa filosofia di fondo, il buddismo) che attraversano  come una corrente sommersa tutti i racconti. Fattori che si rivelano subito in uno dei primi, ovvero Il primo racconto di Annetta FIRENZE NEL XXII SECOLO: “Un bel giorno fui trasportata nel futuro, oltre i miei anni, fino all'inizio del XXII secolo. Non so bene come ci arrivai...” (qui ricevo ulteriore conferma che al Baggiani non piace scimmiottare chi prima di lui ha fatto meglio, lo stimo già per questo)
“«Tu sei la zia Rosalba.» mi disse, come a trovare conferma di quanto già sapeva.
«Tu sei Emilio.» gli feci eco «Sono molto contenta di vederti. Come va?»
«Tutto bene, e tu? Che ci fai qui? Sei morta già da...»
«Non dire nulla» lo bloccai appena in tempo «non voglio saperlo.»
Lui rimase pensieroso per un po', domandandosi cosa avesse detto di male, poi ci arrivò e si scusò. «Neanch'io vorrei sapere la data della mia morte, anche se suppongo dal tuo punto di vista sia solo uno degli infiniti futuri possibili.»
«Già. Dal mio punto di vista il futuro non esiste ancora se non come possibilità molteplice.»
«Non sei mai stata una determinista.»
«No, non lo sono mai stata. Il tempo è un grande mistero, un'immensa equazione dalle infinite variabili che neanche un dio, seppur esistesse, potrebbe risolvere.» Dio minuscolo, in aderenza alle idee buddiste, fondamentalmente atee, in quanto il Budda fu un essere umano qualunque che non volle mai essere divinizzato.
«Non sei mai stata neanche una credente» mi disse a mo' di rimprovero.
«Al contrario, ho creduto a molte cose fino ai miei attuali trentotto anni, ma certamente mai a una divinità. Sono anche buddista, sai? Il buddismo richiede fede, così come credere che la vita abbia un senso.»” Ecco, il buddismo richiede fede, ma non nel senso delle religioni monoteiste che siamo abituati a riconoscere noi occidentali, riposta in un essere superiore - o inferiore - che ci giudica e ci spedisce in Paradiso o all’Inferno a seconda dei nostri meriti/demeriti. Ma fede in se stessi, nel senso di fiducia in senso lato: non solo di autostima, in cui è forte la componente dell’ego, ma di accettazione anche dei difetti per poterli mettere al servizio del bene dell’intera umanità.

Riprendendo l’effetto di asincronicità crescente de Il primo racconto di Gianmaria LA VITA DI UN UOMO, il Baggiani ci spiega meglio come avviene: “Siccome il fenomeno di sfasamento temporale cresceva di giorno in giorno, di ora in ora, di minuto in minuto a ritmo esponenziale, ben presto non sarebbe stato più in grado di sostenere una conversazione, di comunicare con nessuno. Si sarebbe ritrovato solo. (...) Maurizio da molti anni si è ritirato a vivere in solitudine, in un luogo sconosciuto. (…) Chissà cosa vede adesso, o tanti anni, se vede qualcosa. La morte di questo pianeta? La fine del Cosmo? Una passeggiata di qualche divinità tra le stelle?
Già, le stelle... non le vediamo forse anche noi, comuni mortali, in modo ‘asincronico’, ma nel passato? La luce che vediamo, non è quella di migliaia, milioni, miliardi di anni fa? La vita di un uomo, che vive in un angolino di una delle molte galassie, non abbraccia forse con la vista e con la mente tutto il Tempo?”. Il Baggiani conferma la sua sapiente tecnica narrativa con finali svelati in modo crescente e sorprendente.
Il racconto in cui gli riesce meglio tale tecnica è Il primo racconto di Chiara MARTE, il cui sorprendete incipit suona così: “Quando gli astronauti tornarono sulla Terra fu chiaro a tutte che essi non avessero la minima idea della situazione che avrebbero trovato a casa. (...) La gioia per essere tornati incolumi sulla Terra gli si leggeva in faccia, ma a me parve che ci fosse qualcos'altro. Ormai dovevano essere stati informati di aver rimesso piede su un pianeta cui quattro miliardi di abitanti era composto esclusivamente da donne.”
Per una femminista come me, (CORPIRIBELLI, resilienza tra maltrattamenti e stalking) è un espediente straordinario, foriero di situazioni inaspettate, come il mutamento di modi dire: “Il corteo d'auto procedeva a passo lento – prima si diceva a passo d'uomo e c'è chi lo dice ancora, ma è un modo di dire che sta ormai scomparendo –”.
Un virus terribile annienta la popolazione maschile “C'era stato l'ECL (...) nel giro di un paio di mesi non era rimasto un solo uomo vivo sulla Terra.” Nemmeno la clonazione di cellule maschili può garantirne la ricomparsa, perché nei tessuti si conservava il virus, annichilendo qualsiasi speranza di “rivedere un uomo”. Poi il colpo di scena dell’attentato, “all'improvviso una donna, scavalcata la recinzione, era corsa verso gli astronauti. Era giovane, praticamente una ragazzina, non più di vent'anni in ogni caso a giudicare dalle immagini, capelli neri legati in una coda, pelle abbronzata, vita snella, molto carina secondo i canoni maschili (...) Con una freddezza incredibile aveva piantato una lama da quindici centimetri nel cuore di Moroboshi. L'uomo era morto sul colpo. Mentre stava affondando il coltello ebbe il tempo di pronunciare due parole, udite distintamente anche dai compagni (...) “‘bastardi maschilisti’ ”, una definizione di cui si era persa memoria. L’inopinato finale è magistralmente costruito dalla seguente affermazione, ma non ve lo spoilero: “Per capire i nostri battibecchi, bisogna sapere che già da tempo frullava nella testa di mia sorella di adottare una figlia o, se non fosse stato possibile, almeno di farsi clonare.”

Un altro sconcertante racconto è Il secondo racconto di Ademio IMMORTALITÀ che ci anticipa i progressi della clonazione. L’incipit è contenuto in un paio di pagine, non ci svela subito chi sia Pitagora. “Pitagora era il miglior amico di Sebastiano, il mio bisnipote. Passavano la maggior parte del giorno insieme, giocando a rincorrersi nei giardini e nei corridoi della mia villa a Pantelleria durante le vacanze estive. Il lungo e delicato autunno della mia vita era stato allietato dalle risate fresche e infantili del mio nipotino, che udivo dal mio letto di infermo nelle ore solitarie in cui – tra un sonnellino e l'altro – stavo seduto in mezzo ai cuscini (...) spingeva la mia carrozzella sul balcone, felice di quel nuovo gioco, e guardavamo insieme il mare che ripeteva il suo saggio monito da molti eoni: vivi! La vita è un ciclo senza fine!” (ancora il buddismo e le sue rinascite). Dopo due pagine scopriremo chi è mai Pitagora. Per chi conosce la teoria della metempsicosi sviluppata dal famoso matematico dell'antichità, già il nome, sembrerebbe una telefonata che anticipa il finale a sorpresa. Pitagora fu clonato alla sua morte, apposta per restituire la felicità al bisnipote, e questo è il primo colpo di scena. Ma è quello finale che ci lascia basiti - e che non svelerò per non spoilerare - , se non riportando la frase conclusiva, che prende pieno significato solo da una lettura integrale del racconto: “Guardo il mio bisnipote e so che non è proprio il mio bisnipote, anche se lui non lo sa. E mentre lo guardo ripenso a quando, quasi diciassette anni fa, ebbi quel colloquio confidenziale con il direttore del centro sperimentale di ricerche genetiche, e ho le stesse perplessità di allora.”

L'Acciai Baggiani realizza un buon prodotto editoriale, senza quegli errori acerrimi nemici di un autore in cerca di qualità (e dell’editore! Vedi leggolibrifacciocose MENO DUE di Delia Deliu). Bravo. La copertina purtroppo gli fa perdere una delle stelline GoodReads meritorie in caso di efficacia: pur apprezzando la scelta cromatica* attinente all’invecchiamento della carta, la deprime a tal punto da impedire la cattura dello sguardo. Personalmente, non mi sarei lasciata tentare dall’acquisto d’impulso.

Consigliato a quei lettori che non amano la fantascienza fantasy rutilante in stile Guerre Stellari e a quelli con una discreta dose di conoscenze scientifiche, bisognosi di tornare a fare fungere le sinapsi.

* fui Art Director nella Milano anni Ottanta/Novanta

Nessun commento:

Posta un commento