MATTINA è un composizione di Giuseppe
Ungaretti composta di due soli versi: “M'illumino d'immenso”.
Roberto Marzano si è divertito a trasformarla. Un Poeta
Maiuscolo deve partire dai Grandi, parafrasandoli. Un Poeta Maiuscolo
e Ironico, anzi, Auto-Ironico deve creare poesia giocando e
divertendo i suoi lettori. Giocate allora a riconoscere l'ispirazione
parafrasata di questi versi:
Dove si sta
come d'estate
le uova strapazzate
Provare ai denti quanto sia “dolce
il naufragar”
L'azione del divertire va intesa
secondo il suo stesso etimo: dal latino divertĕre ‘volgere
altrove, deviare’, non solo fisicamente, nel senso dello spazio, da
un'altra parte, in luoghi altri dal solito, ma anche mentalmente,
allontanarsi dall'abitudine del quotidiano, dal già detto, dal già
fatto. A tale scopo, se la tradizione poetica del romanticismo
utilizzava un linguaggio aulico, quella dei moderni cercava di
scardinare l'aulico con accostamenti inusuali (l'immenso che
illumina), quella dei contemporanei gioca con le parole grazie a
ironia e auto-ironia. In questo atteggiamento, si inserisce il
Marzano, già dal titolo della silloge, lo stesso del componimento
d'apertura che riporto integralmente:
M'ILLUMINO DI MENSOLE
M'illumino di mensole
- il sole non mi basta -
degli scaffali densi
di tomi tosti esposti
a polvere di occhi
che li hanno divorati
in ore di abbandono
a cuore palpitante
di mensole m'illumino
dei dorsi rossi e gialli
affastellati in file
dall'equilibrio incerto
e nell'angolo più bello
lampeggiano i più amati...
Confesso di aver minuziosamente passato
al setaccio della mia libresca cultura i tomi rappresentati nella
foto che accompagna questa poesia per scoprire quali siano “i più
amati” dal Poeta ma, oltre ad un Thomas Pinchton ed un Pirandello,
non sono riuscita a trovare l' “angolo più bello”. Il Marzano
applica la regola del divertĕre: superata la metà della
poesia, il titolo si ribalta, diventando “di mensole m'illumino”
ribadendo il concetto che per un letterato, più che l'immenso, conta
la materialità dei libri, opportunamente supportati da scaffali,
mensole appunto.
In un'altra poesia, CLONAZIONE DA
TIFFANY, il Marzano ancora gioca sulle assonanze, parafrasando un
noto film di successo, allo scopo di attuare una sferzante critica
sulla contemporaneità, che ci vuole tutti omologati negli affrettati
consumi di tutto, cultura compresa:
“per tuttologi emergenti
dall'etere fognario”
“se hai, sei, se non hai, che vivi
a fare”.
Critica sociale feroce che torna in
altri componimenti, come RAGGI X contro bavosi baciapile o LA MIA
GENOVA che denuncia le manganellate della polizia, o CASE IMPOPOLARI
contro il degrado strutturale, LISABETH che contrasta razzismi e
violenza,
Lasciatevi sorprendere da LA PRESA
DELLA PASTIGLIA (sì, Pastiglia, non Bastiglia) che non vi riporto
qui, perché è un concentrato del sistema a divertĕre, con
continui ribaltamenti di significato, fonetici rimandi inaspettati,
perfino citazioni televisive.
E qua e là, l'autoironia la fa da
regina, come in A CHIEDERMI IL PERCHE', in cui, dopo aver elencato
diverse azioni amorose e romantiche che avrebbe dovuto compiere, ci
riporta la sua amara scoperta:
“ma, non avrei dovuto dimenticare
l'ombrello
e trovarti avvinghiata a quello del
piano di sopra
sul pavimento nudo della cucina,
no, non avrei dovuto...”
O ancora auto ironia, in IL CONGUAGLIO,
dove una coppia, a causa di subitanei licenziamenti in tronco, si
dibatte tra bollette impagabili e pensieri suicidi:
“A nulla è servito barcamenarci
tra gli sconti e le offerte sempre
più audaci
(...)
ora siam qui di fronte alla finestra
indecisi se aprirla e buttarci nel
vuoto
o chiuderla bene e aprire il
fornello
trovando nel gas un qualche rimedio
ma facciamolo subito,
prima che taglino anche quello...”
E ancora giochi di parole attualizzati
in DOWNLOVE – l'amore ai tempi di Facebook e in COSCE DI POLLOK,
oppure in CATETI INCERTI, dove il Marzano alterna a bella posta
conoscenze matematiche artistiche o informatiche.
In PRAMA IAGA prova con la
metasemantica alla Fosco Maraini, sebbene debba ammettere non con lo
stesso risultato. Meglio ne IL BLAMIO SINTO.
E tra “brivido etilico” de
UN UOMO CORRETTO (verrebbe a dirsi come il caffè), lezioni di
punteggiatura ormai dimenticata da tutti ne IL TUTTO, “tagliando
ben sottil l'indivia amara/distratto lì m'affetto un polpastrello”
ne L'INSALATA CON DITA, “le stazioni sono purgatori di
silenzio/macchiati dal gracchiare degli altoparlanti” per
introdurci alla visione dantesca della strage di Bologna in NE AVREI
AVUTO IL TEMPO, alcune monovocaliche, o monoconsonantiche, esercizi
cari al Marzano, lezioni di grammatica e lessico in PROTESO
ALL'INFINITO, un altro titolo fallace SCEMI DI ZUCCA, una A TUA
SORELLA che voglio riportare per evidenziare il gioco (che il
Marzano adora spesso fare) dei concatenamenti illogici:
E se un'ombra di logica perVersa
un po' di sangue freddo polaRe di
picChe
hai combiNato sotto il segno dei
pEsci subito da questa stanza da
letto
a due piazze d'armi da fuoco e
fiamMe
lo aspettavo il treno in riTardo
MedioEvo/lution-Turbo la quiete
pubblica
il tuo roManzo allevato a terra dei
caChi
tace acconSente/nza definiTiVa bene
che non se n'è acCorto circuito
chiuso
per ferie al mare e Monti a cavallo
di Troia lo dici a tua sorella!
mi accorgo che, tranne nell'ultimo
esempio, un'imprevista quantità di poesie termina con tre puntini di
sospensione … come se non fosse finita, forse a significare
l'estrema prolificità del Marzano.
Fino a SON'ETTO dove l'autore si
sperimenta col sonetto endecasillabico appunto, ma stravolgendo
quello dantesco. Conclude con una poesia in sorta di epitaffio, a
conferma della propria auto-ironia, ma non ve la riporto. Leggetela
con la gioiosa mestizia di chi ha compreso l'animo del Poeta.
Consigliato a chi ama mettersi in
gioco, a chi ama scoprire l'animo umano celato tra le pieghe
dell'ironia, a chi ama rinverdire i rimandi poetici che fanno della
Poesia, STORIA.