venerdì 30 dicembre 2016

ELOGIO DELLE DONNE MATURE

Per caso ho adocchiato questo libro di Stephen Vizinczey nella libreria di un amico, dall'orrida copertina. Ho superato la titubanza dettata proprio dalla sua mancanza di attrattiva, per me che per 17 anni fui grafica. Mostra un'occhieggiante donna di mezza età dall'improbabile seno ritto. Se solo non si trattasse di una foto della Belle Epoque, si direbbero innaturali risultati di poco accurati chirurghi plastici contemporanei. Il colore di fondo della copertina appare sbiadito, facendo sembrare il libro stesso vecchiotto e dimenticato. Insomma, a far fede dalla copertina, non l'avrei manco preso in mano. Invece ero in preda alla noia, questa grande e insostituibile maestra, ispiratrice di creatività inusitate, per fortuna allungai le mani e lo presi dallo scaffale. Perché fin dalle prime pagine mi conquista la leggerezza di linguaggio dell'autore, seppur d'inizio secolo scorso, ironico nel trattare ciò che ho sempre sostenuto, ovvero: il sesso è uno strumento per conoscere il vasto mondo degli umani.

Visto che mi accingo a scrivere le mie esperienze, vorrei rassicurare il lettore che non intendo sopraffarlo con la mia storia personale. Spero, al contrario, di riuscire a risvegliare in lui la curiosità verso se stesso.”
Dando per scontato che tutti mi amassero, trovavo naturale amare e ammirare tutti quelli che incontravo.”
Se nel profondo del cuore le odiate (le donne) se sognate di umiliarle, se vi piace dar loro ordini, allora probabilmente verrete ripagati con la stessa moneta. Vi desidereranno e vi ameranno nella stessa misura in cui voi le desidererete e amerete - e sia lode alla loro generosità.”

Sono solo alcune estrapolazioni prese a casaccio qua e là, la cui fresca amenità agevola la mia lettura fino in fondo. Come sempre sostengo, il finale, se riesco ad arrivarci quando non impedita dalla mancanza di filo logico / plot / riconoscimento del genere, fa la validità di uno scritto. Questo ELOGIO DELLE DONNE MATURE, percorso per tutta la sua lunghezza da una sottile vena di ironica praticità, conclude controbilanciandola con l'amarezza della ormai sopraggiunta età matura. All'affermazione di una partner che constata la sua prima cilecca: “Un orgasmo in più o in meno non fa differenza, non credi?”, l'autore conclude dichiarando: “ La verità di quell'istante e l'umiliazione che provai, penso, segnarono, anche se in ritardo, la fine della mia gioventù. (…) Ma le avventure di un uomo di mezza età sono un'altra storia.”


Consigliato a imberbi ragazzetti in procinto di spiccare uno dei voli più belli della loro vita e a adulti nostalgici per aver perso la memoria di antiche generosità adolescenziali.

martedì 20 dicembre 2016

DOVE SCORRE IL MALE

Come ho già scritto in precedenza, non amo il genere giallo/poliziesco/noir, tranne rari casi, come quello di Scerbanenco o di Angelo Ricci, in cui la fluidità di scrittura - completamente differente l'una dall'altra, in uno, Scerbanenco, classicheggiante direi quasi proustiana, nell'altro, Ricci, a scatti, secca, per polaroid - si declina ammirabilmente in plot sorprendenti attraverso personaggi approfonditi nelle loro intimità più recondite.

Ho accettato di leggere questo romanzo di Fabio Mundadori per farne poi una recensione, solo perché non parto mai da una posizione aprioristica, ma perché mi piace farmi sorprendere, come è stato per L'ODORE DEL RISO del già citato Ricci. Così comincio a leggerne l'incipit: l'ottimo stile letterario, incisivo e di qualità mi incoraggia a proseguire. La narrazione di alcuni fatti iniziali, però, che vorrebbe essere scioccante, alla fine la rilevo soltanto come leziosa, anzi, la parola giusta è artificiosa e mi porta a insospettirmi sulla qualità del narrato.

Arriva poi il capitolo IL CIELO CADUTO, una scena da baratro, terremoto, sepoltura, fatica, stupore che stravolge la trama. Un disastro immobiliare colposo si intreccia con l'attività di un immobiliarista, che è il primo dei personaggi ad essere introdotto così, senza spiegazione. Da qui in poi purtroppo fatico a seguire il plot, frammentato in una miriade di personaggi e di accadimenti, scollegati tra loro e non solo in apparenza.
Come già accaduto in precedenza, esercito il diritto del lettore di abbandonare la lettura se non avvincente.


Consigliato a chi vuole imparare per controtendenza a scrivere gialli.

LA BAMBINA CELESTE

Non ho mai provato invidia. Invidia per le mie compagne di scuola, invidia d'amore perché sono stata amata come poche, invidia per i figli, nessuna ne ha di talentosi come i miei. A proposito della parola talentoso, vorrei prevenire le obiezioni con un piccolo inciso. Tutti scrivono talentuoso. Ma lascio la parola a chi ne sa di più di me. “C’è unanimità, comunque, nell’indicare come forma prevalente talentoso (…) Tutti i dizionari che menzionano la forma talentuoso la fanno risalire all’influsso del francese talentueux.” Cit. ACCADEMIADELLA CRUSCA.

Invidia. Una parola che non mi appartiene. Meglio, che non mi apparteneva fino alla lettura di questo romanzo di Francesco Borrasso. Oggi so che vorrei scrivere attorno al dolore come fa lui quando riporta l'esperienza di un padre che si trova di fronte alla morte della figlioletta. A scopo esplicativo, non esaustivo, riporto qui a sprazzi alcuni passaggi.

Non c'era terrore, era disapprovazione.
Mi cadono le parole di bocca.
Se c'è un errore del quale non voglio espiazione, è questo.
Cercando di non mischiare i piedi e cadere.
Mi sentivo potente. Avevo il controllo della cosa. Quanto m'illudevo.
Arrangiamento di mosse.
È questo che fanno i padri. I padri salvano. È questo che avrei dovuto fare con mia figlia. Solo che io non ci sono riuscito.
Da bambino ero convinto che si potesse fare l'amore restando con le mutande.
La sera passa sulle strade.
Nascere è un atto violento.
I pochi denti schierati.
Il primo passo: paura. Il secondo: incertezza. Il terzo: decisione.

Mi ha ispirata a tal punto da aver scritto l'incipit del mio prossimo romanzo. Ma con una differenza sostanziale. Il mio sarà fiducioso nel futuro, colmo di speme. Il romanzo di Borrasso è disperante anche in chi legge, non porta soluzione, si scioglie nel totale abbattimento, nello sconforto senza condizioni. È questa la sola critica che gli faccio, pur non sapendo quale soluzione alternativa offrirgli. Perché forse va bene così.

Consigliato a chi vuole buttarsi dal ponte, a chi non nutre più speranze nella vita, a chi crede che l'esistenza sia solo un miraggio.