venerdì 23 dicembre 2022

NEGLI OCCHI BAMBINI poesie e voci per ritrovare il mondo dell’infanzia di AAVV

Un altro libro delle Scrivere Poesia Edizioni, gestita dal Pietro Fratta, arriva tra le mani di Gloss colpendola per la copertina, essendo stata Art Director negli anni della Milano da Bere: le sagome di due bimbi, una femmina e un maschio, guardano verso l’alto (verso gli adulti? Verso l’Universo? Verso un dio?) come ritagliate in un cartoncino nero per fare da cornice ai loro pastrocchi creativi fatti coi pastelli a cera. Come a dire che i bimbi, per loro stessa natura, per la propria crescita devono necessariamente relazionarsi con qualcuno di più autorevole (non autoritario!), ma nello stesso tempo sono già perfettamente dotati di caratteristiche che li rendono unici e potenzialmente autonomi, perché ingegnosi.
È una lezione che traspare da tutti gli scritti, anche se provenienti da voci diverse, Blanco, Botti, Caricchio, Cattaneo, Fiscaletti, Fratta, Gambini, Gorini, Mannino, Paladini, Pascasi, Piersanti, Verrillo. L’ottima Emanuela Botti, in arte BoEm, conferma le sue capacità esclamative: Gloss ne ha già scritto qui. Le preme invece parlare di un brano che la colpì subito in prima lettura, per la profondità di pensiero scaturita dalle semplici azioni quotidiane degli infanti. Riporta un breve estratto della parte conclusiva: “Nel bambino assistiamo all’alba di un piccolo e infinito mondo (...) Dobbiamo aspettarci dai bambini degli obiettivi seri che consentano loro un margine di successo personale in questa società, o che i loro sogni vengano inseguiti da una creatività inarrestabile che non capiamo e che anzi ci preoccupa?” Una filosofa umanista come Gloss, madre di tre figli acquisiti o no, può solo cercare di afferrare la ridda di riflessioni scaturite da queste parole per riportarle qui in onore della condivisione. I bimbi sono un universo compresso in pochi centimetri, rispetto alla vastità dell’immensamente grande, piccolo universo completo e perfettamente dotato in potenzialità: l’adulto può solo provare a riconoscere i talenti più o meno evidenti e dare loro risalto affinché fiorisca l’adulto lì presente in nuce, in modo da accompagnare i fanciulli e le fanciulle a scoprire la missione nella vita. A ciascuno e ciascuna il proprio ministero, altra traduzione di karma. “Accettare l’idea del karma non significa vivere oppressi dalla colpa e con l’incertezza di non conoscere le cause passate della propria infelicità, ma al contrario significa avere fiducia che il destino è nelle nostre mani e che abbiamo il potere di trasformarlo al meglio in ogni momento.” (Fonte: Il Karma - Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai - sgi-italia.org) Gloss solo alla fine scopre che l’autore delle riflessioni ultime è proprio Pietro Fratta. E non è paraculismo, ma riconoscimento di un Valore Reale. Una nota di colore: per tutto il tempo impiegato nella lettura del libro e della scrittura della recensione, Gloss è stata convinta che il titolo fosse NEGLI OCCHI DEI BAMBINI. Poi, scattando la foto della copertina, capisce che la preposizione articolata era presente SOLO nella sua testa. NEGLI OCCHI BAMBINI ha tutt’altro significato e coinvolge l’universo degli adulti, quando sanno conservare occhi innocenti e senza filtri nell’esplorazione del mondo. Consigliato a chi cerca la verità con animo puro, alimenta il proprio spirito di ricerca restando scevro da pregiudizi, con occhi bambini, appunto.

martedì 13 dicembre 2022

FemmeoB - una donna in poesia - di Emanuela Botti

La casa editrice Scrivere Poesia Edizioni, diretta da Pietro Fratta, a sua volta autore, ha inaugurato la collana Poetica, perno di SPE, con la seduzione dell'arte poetica di Emanuela Botti, in arte BoEm. L'operazione estetica che ha portato alla veste grafica, decollata dalla scelta del font, processata attraverso l’impostazione della gabbia della copertina, passata dal codice colore primario, il magenta del testo, più riconducibile
ai contenuti, suggerisce la basilare importanza della silloge, nata col nome di FemmeoB - una donna in poesia - la cui grafia non rende giustizia all’originale, perché Boem è stampato da destra verso sinistra, in un ribaltamento grafico prodromo di quello emotivo che avverrà durante la lettura, capacità di rendere visivamente il pensiero laterale necessario alla creattività (sì sì con due T). La forma grafica dello spicilegio della Botti, assieme all'utilizzo puntuale della lingua italiana e alla creazione di immagini poetiche mai scontate, conquistano la Gloss che è filosofa umanista e scrittrice impegnata nella sensibilizzazione circa la violenza sulle donne e la prevenzione, a partire dall'uso corretto degli stereotipi. In Guardati donna, BoEm riassume l’incoraggiamento a non subire dal patriarcale maschilismo (di cui è impregnata la nostra società a tal punto da rendere le donne peggior nemiche delle stesse, come sostiene da anni la stessa Gloss). Il componimento è imperniato sul concetto di solidità femminile, verrebbe da dire atavico, appartenente alle precedenti generazioni, quelle di donne cioè sopravvissute alla Seconda Guerra Mondiale, agli stenti e alle sue fatiche, irrobustite da dolori e sofferenze oggi inesistenti e la cui assenza impedisce alle ragazze odierne di crescere. “Hanno radici nelle tempeste” “fanno giacigli di terra/a evitare la guerra» ci ricorda BoEm, sottolineando, in controtendenza, che quelle donne non sono anoressiche ma “hanno pance che son delle culle”. Un'immagine di potente efficacia, che lascia tremebonde noi ragazze di oggi, immobilizzate nel benessere di bambagia e nella visione estetizzante delle proprie vite. Dalle osservazioni che la stessa BoEm fa della sua filosofia di scrittura, Gloss legge che il vivere è un ossimoro, essendo una “una poeta di seta e acciaio” migliore definizione che le abbiano regalato, donna che si denuda in poesia, consapevole della propria forza a impudico scudo di sé, togliendosi “strati di pelle, anzi direi di carne viva”, che si erano accumulati e che le pesavano. Non è dunque un caso che la sua voce poetica sia partecipe alle operazioni di sensibilizzazione circa la violenza sulle donne e, perciò dedicata alla onlus Bossy che fronteggia ogni forma di discriminazione. “Credo che le donne debbano essere portatrici di complicità non di rivalità: spesso aspre e sensibili oltre la sensibilità, siamo un universo di intelligenza e rivoluzione, gioia e dolore, peccato e santità.” Doti che dovrebbero non solo appartenere, ma riconosciute e sviluppate in ogni donna per una vita felice e piena. “Come essere umano, ho compiuto tre miracoli: Elisa, Pietro e Luca. Grazie dell’attenzione. Sono BoEm!” Meravigliosa consapevolezza, quel punto esclamativo, necessario a ogni donna (e Gloss aggiungerebbe anche a ogni uomo) al raggiungimento della consapevolezza di sé. Una donna esclamativa, Emanuela Botti, BoEm, così sicura della propria identità da voler scomparire dietro la propria arte.

martedì 15 novembre 2022

NELLA CITTÀ di Pietro Fratta

“La vita è un perenne ostacolo alla lettura” Daniel Pennac. Aforisma che Gloss si permette di riscrivere con NELLA CITTÀ di Pietro Fratta è un perpetuo ostacolo alla lettura. Sua opinione personalissima, evidentemente, dato che, non rassegnandosi a esercitare il n. 3 dei dieci imprescrittibili diritti del lettore (quello di non finire il libro) nello scavare in Rete notizie e informazioni e recensioni sul Fratta, reperisce solo sperticate parole di lode. Per tutta la prima metà del romanzo, Gloss legge parole incantate su un meraviglioso mondo voluto e dominato da un Dio che somiglia tantissimo a quello della comunità cattolica, ma persino più idealizzato e, per noi poveri mortali, ancor più irraggiungibile. Talvolta viene indotta a supporre si tratti di un romanzo distopico, dove tutto è roseo, illuminato dalle più tenere intenzioni, cosparso di personalità rilucenti di luce propria e altre fatte di tenerezza, rettitudine e altruismo; dove le relazioni sono improntate sull’aiuto e sostegno reciproco, fino a far insorgere nel lettore l’idea della prostituzione come gesto sacrificale. Solo la speranza che sia un romanzo di distopia permette a Gloss di continuare fin oltre la metà. Ma quando capisce che non c’è proprio plot, non contrasti di sorta, non prosecuzione su altri binari magari paralleli, magari no, non cambiamento, migliorativo o peggiorativo, del protagonista, a Gloss scatta la repulsione e chiude le pagine del romanzo, pur sapendo che non esercitando lecchinaggio nei confronti di Pietro Fratta, ormai diventato editore di poesia, non sarà più propenso a pubblicare il suo nuovo spicilegio poetico. Pazienza. Nel frattempo, Gloss riporta i dieci diritti di cui sopra, forse un tentativo di auto condiscendenza.
1. Il diritto di non leggere Leggere deve sottostare al principio della scelta: il lettore non può subire costrizione di sorta, pena l’abbandono dell’esercizio nobilissimo della lettura. 2. Il diritto di saltare le pagine Un libro sembra tendere all’infinito perché noioso? Il lettore può saltare di capitolo in capitolo, di frase in frase, alla ricerca della parte più interessante, pur di non annoiarsi. 3. Il diritto di non finire il libro Se il libro non fa identificare il lettore nei suoi personaggi, compie il più grave dei peccati. Non si senta allora il lettore dalla parte sbagliata e lo abbandoni al suo tristo destino. 4. Il diritto di rileggere Gloss fino a pochi anni fa si vantava di non aver mai letto un libro due volte. La maturità l’ha fatta ricredere, ci sono libri bellissimi che meritano la rilettura più e più volte e ogni volta parlano d’altro. Non sono cambiati i libri, è cambiato chi li legge. 5. Il diritto di leggere qualsiasi cosa Chi legge tantissimo, legge perfino i bugiardini delle medicine. Come c’è da imparare anche dalle persone sbagliate, c’è da imparare anche dai pessimi scrittori. Persino da quelli che scrivono i bugiardini. 6. Il diritto al bovarismo Madame Bovary di Gustave Flaubert viveva sul confine tra realtà e fantasia con tale trasporto emotivo da nemmeno distinguerli più. Un libro a volte è meglio di un film, perché non offre immagini preconfezionate, ma suggerisce la creazione di mondi immaginari nella mente del lettore. Più sono vividi, più suscitano emozioni e identificazione. Da qui il termine bovarismo. 7. Il diritto di leggere ovunque A Gloss da bimba fu negato il diritto di leggere a tavola e nella vasca da bagno. Due buoni motivi per leggere ovunque durante il resto della sua vita. Due sono i momenti della giornata che più frequentemente accomunano i lettori: quello in cui si siedono sul trono bianco, e quello si sdraiano sul talamo serale. Data la peculiarità dei due luoghi, un buon libro deve poter essere letto con l’agio di ultimare il capitolo per tempo prima di addormentarsi o entro l’espletamento della funzione quotidiana della pulizia dei filtri. Possibilmente di peso tale da non ammaccare il naso del lettore addormentato e di interesse tale da non poter essere utilizzato come carta igienica. 8. Il diritto di spizzicare Il lettore deve poter aprire qua e là un libro e leggere a casaccio ciò che trova e riporlo, chiudendolo anche all’improvviso, senza dover per forza sentirsi in colpa per la propria incostanza. 9. Il diritto di leggere ad alta voce Prima dell’inizio di una messa in scena teatrale, gli attori si riuniscono e fanno una lettura collettiva ad alta voce del copione: è un buon metodo per permettere ai personaggi di prendere vita propria. Lo stesso deve poter avvenire per un lettore e il romanzo che sta leggendo. 10. Il diritto di tacere Ecco, Gloss ha come l’impressione che stavolta avrebbe fatto meglio a far tacere la propria tastiera. “L’uomo costruisce case perché è vivo e scrive libri perché è mortale”, scrive enigmaticamente Daniel Pennac alla fine del suo decalogo. Un buon silenzio non fu mai scritto. Pietro Fratta la perdoni, se può.

mercoledì 2 novembre 2022

LEGGENDA di Sylvain Prudhomme

C’è una libreria indipendente di Torino che Gloss preferisce non nominare per non enfiare l’ego dei proprietari e soprattutto per non fare torto a nessuno. Chissà che una di queste smetta di invitarla a presentare i propri libri causa la sua manifesta preferenza. E comunque, le librerie indipendenti, anche quelle sprovviste di mailing list o di newsletter per i propri clienti affezionati, vanno sostenute per quella che ormai è diventata un'opera coraggiosa di divulgazione della cultura. Se questa libreria specifica propone una presentazione, Gloss sa che ne vale la pena per l’accuratezza della selezione letteraria, per la professionalità dei librai presenti in negozio, per la loro dedizione alle letture più disparate, per la determinazione che mettono nel promuovere i libri interessanti, con tanto di comitato di lettura che si riunisce in compagnia di un calice di quello buono e che decide cosa e chi presentare. Il romanzo LEGGENDA di Sylvain Prudhomme, con tali premesse dunque, prometteva bene. Narra essenzialmente di come siano passati in latenza due cugini, tra loro tanto dissimili, eppure fratelli, anche nella morte, avvenuta in contemporanea a quarant’anni causa la piaga del secolo scorso. E di un periodo storico, quello degli anni Ottanta e Novanta, che vide protagonista tra i giovani la trasgressione.
"Perché sono io a testimoniare della vita folgorante di questi due cugini?" si chiese Prudhomme alla presentazione. Perché proprio io? Una domanda fondante che ogni autore si fa. È il passaggio nodale del romanzo, suppone Gloss, riportandone un estratto allo scopo di invogliare alla lettura. “Che cosa cerchiamo tutti in questa vicenda. È la loro vita o la loro morte che ci impressiona? Chissà se la loro esistenza ci avrebbe affascinato altrettanto se si fossero spenti tranquillamente da ottant'anni. (...) Non è forse sempre un po’ la propria morte che ci si prepara rileggendo la vita degli altri?” Se Gloss dovesse individuare il plot del romanzo, inteso come filo conduttore di una trama che porta da A a Z, passando attraverso i famigerati colpi di scena, un vero e proprio schemino insegnato ai corsi di scrittura creativa che va tanto di moda, non lo troverebbe. Perché è Grande Letteratura, quella di Prudhomme, non quella che si impara andando a lezione, fosse anche del Baricco di turno. Se Gloss avesse dovuto comprare il libro dalla copertina, non l’avrebbe fatto. Anonima, quasi perfino stinta nei colori, non attrattiva, non narrante del contenuto come lo stesso titolo. Consigliato ai cercatori di un’epoca ormai scomparsa, ai giovani di oggi che non hanno più voglia di trasgredire, ai creatori di moda per intravedere nel romanzo la figura di Christian Lacroix o Yves Saint Laurent, ai lettori accaniti di Grande Letteratura.

martedì 2 agosto 2022

CANDIDO di Sciascia CANDIDO di Voltaire

Finito un trasloco, a Gloss arriva in mano un volume particolare appartenente al suo partner. Il volume comprende entrambi i due CANDIDI, uno di Voltaire, l’altro di Sciascia, accomunati dal titolo. Se di entrambi conosciamo tematiche, incipit e finali, sorprendenti in quanto inusitati (a conferma che, a fare di un libro, un buon libro occorrono incipit fulminanti e finali da ricordare), forse non si conosce cosa emerge dal confronto di due opere che curiosamente hanno il medesimo titolo. In buona sostanza, il filosofo settecentesco, attraverso le disavventure bibliche modello
Giobbe del protagonista, tratta di quell’ottimismo inutile alla crescita personale dell’individuo, se non come riconoscimento della opportunità di “coltivare il proprio giardino”, ovvero, di farsi gli affari propri. Mentre il nostro contemporaneo, tratta di pessimismo come formulazione per prevenire le sfortune, adottando opportune strategie a propria tutela. Sciascia, per la verità, cita il Voltaire, per inciso con la nonchalance dell’intellighenzia di sinistra, cui inneggia a piè sospinto. Ciò permette due considerazioni a Gloss: la prima, imparare a lasciare andare la propria pedanteria, un costrutto tipico del suo tronfio ego. La seconda, iscriversi a un qualsiasi partito di sinistra per vedersi finalmente intellettuale apprezzata. Altra considerazione, imparare ad apprezzare la conclamata dipendenza intellettuale di un autore: tutto risulta più facile e diretto, non si deve apprendere a farne la tara, perché c’è già. L’immarcescibile considerazione sull’efficacia della copertina: essenziale nei colori e nella scelta dei caratteri, Helvetica su blu cobalto per Sciascia - da perfetto pessimista, a Times su verde speranza per Voltaire: crasi azzeccata. La recensione potrebbe già finire qui, ma, per Creare Valore, a Gloss preme parlare di stereotipi. Ha cominciato la lettura da Voltaire, perché ha scelto proprio in contemporanea una sua citazione come esergo della sua opera sull’uso improprio degli stereotipi, che tanta parte hanno nel radicare nella gente la (falsa) convinzione che le donne siano inferiori agli uomini. Perciò, invece di citare Voltaire per primo, come la più parte degli autori farebbe, cita la sua partner, la Marchesa Émilie du Châtelet. “L’uomo più felice è colui che non vuole cambiare il proprio stato.” Durante il Settecento, fu figura notevole; frequentava la corte ma non trascurava mai di immergersi nei suoi studi scientifici. Travestita da uomo, partecipava alle riunioni di scienziati che si svolgevano nei caffè parigini e a cui non erano ammesse le donne. La relazione con Voltaire, un legame intellettuale più che sentimentale, la indusse a trasferire la sua biblioteca e installare un vero laboratorio nella loro casa comune, che divenne ben presto il centro di promozione della fisica newtoniana in Francia, frequentata dai più grandi scienziati. La Marchesa suggerì a Voltaire di scrivere un compendio divulgativo delle teorie di Newton per il pubblico francese: sono i celebri “Elementi della filosofia di Newton”, la cui compilazione è però attribuita al solo Voltaire. A lei va il merito di aver introdotto Newton in Francia e di averlo inserito nel patrimonio di idee dell’Illuminismo. Eppure nessuna menzione. Per contrappasso, il doppio esergo di questo libro, citando Voltaire come suo partner e non il contrario, come invece è stereotipata consuetudine, vorrebbe renderle la giustizia storica che merita. “Il dubbio non è piacevole, ma la certezza è ridicola. Solo gl’imbecilli sono sicuri di ciò che dicono.” François Marie Arouet Voltaire, detto solo Voltaire, partner della Marchesa Émilie du Châtelet. Consigliati, i due CANDIDI, a chi volesse apprendere qualcosa sulla giustapposizione tra pessimismo e ottimismo, strumentali alla fatica del vivere.

venerdì 29 luglio 2022

UNA STORIA DI QUARTIERE di Antonio Infuso

Gloss aveva in precedenza recensito un giallo di Antonio Infuso, IL COMMISSARIO VEGA - indagine di sola andata, arrivando a identificare il protagonista, commissario Vega, con il suo stesso autore. Qui la recensione, positiva . Quindi aveva già un'idea precisa dello stile autoriale, preciso, di ricerca, dunque serio, ma al contempo simpatico, perché sa catturare il lettore facendolo immergere nella vicenda. Come sempre, prima di approcciare un romanzo nuovo, nulla vuole sapere. E infatti rimane sorpresa, non è un giallo ma un "amarcord" che si svolge a Torino negli anni dell’immigrazione siciliana, in particolare catanese. Forse autobiografico, forse no, percepisce il forte e meritevole intento morale ed etico dell'autore (Gloss non svela nulla per non spoilerare). Meritevole perché la nostra società, quasi sopraffatta da attentati, rossi o neri che fossero, e da nefandezze di matrice mafiosa, sembrava (e sembra) aver dimenticato i valori etici cui ci avevano educato le famiglie. Oltre all'insegnamento etico e morale, rilevante è l'amore che l'autore prova per la sua città di elezione, la Torino degli anni Sessanta, descritta con quell'efficacia e accuratezza che solo una ricerca dettagliata può conferire. L’Infuso rende vitali quartieri, case, androni di palazzi storici, negozi, financo i loro proprietari, descritti persino nei personali caratteri psicologici, confermandosi un bravo autore, che dà spessore ai personaggi, vividamente fotografati in Polaroid fresche e vivaci, suscitando simpatia e attaccamento nel lettore, dote rara nella narrativa italiana emergente. Anche la copertina è efficace e riprende, in un unico scatto fotografico, le principali situazioni che danno vita al romanzo. Consigliato agli amanti della città torinese, come Gloss, ai nostalgici degli anni del Boom economico, ai "terroni" migrati al Nord che troveranno identificazione e sostegno.

martedì 28 giugno 2022

IL PRIMO DIO di Emanuel Carnevali

Stavolta Gloss, nell’acquistare il libro, si è lasciata convincere dal titolo in quanto le richiamava in un qualche modo la filosofia buddista.Per il buddismo di Nichiren Daishonin,che individua dieci stati dell’umanità, non quattro come Carnevali, l’unico dio presente nell’umanità risiede nei cuori determinati alla felicità, nostra e altrui. In effetti, il Carnevali racconta attraverso la voce in prima persona del protagonista (sé stesso,
forse) di aver trascorso “le ore che mancavano all’alba gridando che aveva trovato la formula della divinità e che questa è la formula: SÌ-NO, e SÌ e NO. Questa è la formula dell’accettazione e del diniego, allo stesso tempo e in tempi diversi, e se si fosse potuta raggiungere la simultaneità dell’accettazione e del diniego, allora la divinità sarebbe stata a portata di mano.(...) Avevo trovato la soluzione della vita nella formula: Dio è o Dio non è Dio né è, né non è Dio è assolutamente Dio non è assolutamente (...) Io ero il centro della terra; l’intero universo ruotava intorno a me. I quattro stati della mia mente si dovevano esprimere, ed erano in realtà espressi, da una sola frase: «Sì e no. Né sì né no. Sì o no».” Nel nome dei flussi di coscienza alla James Joyce, questo Emanuel Carnevali è un precursore della contemporaneità, della scomposizione della struttura letteraria, dell’esaltazione dell’animo nero alla Baudelaire.Scoperta piacevole che proseguirà nel tempo. Parola di Gloss.

lunedì 27 giugno 2022

ROL IL PRODIGIOSO di Nico Ivaldi

Gloss vorrebbe scrivere una recensione prodigiosa causa la simpatia dell’Ivaldi, astro emanatore di lucentezza giornalistica. Lo conobbe
editorialmente parlando raccogliendo da una bancarella di libri il suo «Manicomi torinesi. Dal ’700 alla legge Basaglia» la cui umanità la colpì favorevolmente, avendo ella stessa una figliola disabile. Il libro ROL IL PRODIGIOSO, un sensitivo italiano, le cui dimostrazioni, avvenute sempre in presenza di ospiti da lui selezionati, vennero interpretate variabilmente sia come autentici fenomeni paranormali sia come proprie di un prestidigitatore, proposto come romanzo, ha più della biografia, anzi, dell’agiografia: non spicca per verità storica e nemmeno per l’apporto di novità - spirituali o scientifiche che siano - al personaggio Rol. Gloss, che non giudica il Rol se non tramite l’azione dell’essersi parato dietro al pretesto divino per i suoi prodigi, forse si sarebbe aspettata una luce, oltre al già saputo. Se Ivaldi non fosse stato l’editorialista de La Stampa, se non fosse tuttora il direttore di “Piemonte Mese”, a Gloss verrebbe ispirazione di scrivere che ROL IL PRODIGIOSO altro non sia che mero puzzle di tanti altri libri - o pezzi da periodici - scritti negli anni sul personaggio Rol, di cui la bibliografia puntigliosamente riportata in chiusura del libro suggerirebbe quasi che Ivaldi si sia lasciato trascinare dal D’Annunzio nella tecnica della contaminatio. Se tuttavia Gloss ambisce di apparire tra le simpatie editoriali dell’Ivaldi, invece, scriverà che questo ROL IL PRODIGIOSO è un testo prodigiosamente imprescindibile dalla libreria di chiunque voglia garantirsi mente lucida e distaccata circa la conoscenza del fenomeno Rol. Curioso ma non troppo, testo consigliato ai curiosi ma non troppo.

mercoledì 22 giugno 2022

LA SETE di Giovanni Lucchese

Se si vuole leggere un romanzo erotico consolatorio, non si scelga questo, che è sì impregnato di sessualità, ma delle più bieche. Cioè, di quell’erotismo che è castigo, che è punizione, senza gioia, con tanta, troppa cattiveria umana. Narrato con splendida lucidità, crudele e
primordiale, Giovanni Lucchese sembra procedere su un percorso di scoperta personale che scava dentro sé stesso. Dal suo romanzo più rinomato, L’UCCELLO PADULO, a LA SETE, il suo linguaggio ha conosciuto una evoluzione (o involuzione, dipende da che punto lo si guardi, se con l’occhio dello scrittore o quello del lettore) verso la crudezza, la durezza, la primitività, la grossolanità, come per adattarsi ai due personaggi, protagonisti, un lui e una lei che sembrano vivere esistenze parallele, con pochi sconti verso la bellezza, l’estetica, il godimento, l'autocompiacimento. “La sete è quel bisogno spasmodico di qualcosa che non sai neanche tu cosa sia, né da dove provenga. L’unica cosa che sai è che, se non la soddisfi, finirà con l’ucciderti.” Da autrice con la presunzione precipua di trasmettere alle altre persone esperienze e soluzioni alle sofferenze della vita, Gloss suppone si debba assoggettare la narrazione alla propria voce, non l’esatto contrario, come accade invece a Lucchese, che ha una scuola di scrittura creativa come tutti gli scrittori che non riescono a vivere della propria scrittura. Durezza di linguaggio, senza sconti nemmeno allo stesso autore, che si percepisce presente, nonostante la narrazione sia in prima persona, in forma di diario doppio. Fin dalle prime pagine, Gloss coglie un legame tra i due, non palesato, ma profondo. Entrambe le persone hanno gusti sessuali precisi e diretti verso l'auto condanna. Per non spoilerare, Gloss si arresta ad affermare che la narrazione infine, perdendosi nelle minuziose quanto splatter descrizioni delle loro pratiche sessuali, appare fine a se stessa, quindi noiosa, soprattutto a una come lei che seleziona romanzi erotici per la propria casa editrice e che diede un nuovo titolo alle famose cinquanta sfumature di… noia. Il finale, un po’ scarno rispetto alla quantità e alla qualità delle pagine che lo precede, è tuttavia sorprendente come nei migliori noir. Tutto sommato, Gloss sente che l’urgenza del Lucchese nello scrivere questo romanzo risieda nella spettacolarizzazione delle consuetudini rituali di certa sessualità sperimentale. Copertina strepitosa: è proprio lei che ha convinto la Gloss a comprare il libro.

mercoledì 11 maggio 2022

ROSA, LA COSA, L’ANARCHIA DEL VERSO di Antonietta Fragnito

Gloss riceve la silloge poetica della Fragnito come compenso per aver vinto una gara letteraria in un gruppo di Facebook. Per gratitudine, sente di doverne la recensione. Non conosce l’autrice, che nel frattempo le invia una intervista relativa alla sua opera, pubblicata a seguito di un premio letterario creato dalla casa editrice che l’ha pubblicata. Gloss evita di leggere sia le seppur brevi note in fondo all’opera che l’intervista per
conservare intonsa la propria lucidità critica. Ciò che emerge dal libro è l’urgenza poetica della Fragnito, elemento già di per sé meritevole. Tuttavia, dalla lettura critica della Gloss emerge anche una sorprendente cesura tra una prima e una seconda parte, quasi la difficoltà, da parte della Fragnito o dell'editore, di selezionare poesie e appropriatezza del titolo, come se le due parti fossero state scritte in tempi diversi. Nella prima, si evidenziano poesie il cui sottotesto è l’amore rivolto al padre da poco mancato. Nella seconda, invece, la risolutezza di esprimere al meglio la propria interiorità, nella cerca di conferme espressive forti. Ci riesce in modo efficace. A testimonianza di questa affermazione, sta un titolo incerto, come omnicomprensivo, ma inefficace. La Fragnito le confessa che, in un primo tempo, il titolo avrebbe dovuto essere "Lievito Padre", titolo invece efficacissimo proprio perché dal passaggio in latenza del padre, è riuscita a far nascere poesie che risuonano nei cuori altrui. È qualcosa di grande, forse la definizione stessa di Arte. Se mai dovesse farne una ristampa, le suggerirei di tornare al titolo originario e di mescolare le poesie, non dare loro l’ordine cronologico che invece si avverte pesante. Solo così la silloge potrà muovere tutte le corde interiori dei lettori. Brava Fragnito,che ha saputo cogliere il problema (la morte del papà) e trasformarlo in opportunità, come la parola Lievito suggerisce. Riporto uno dei componimenti più attrattivi e che impegna l'attenzione, provocando la partecipazione, anche affettiva, in chi legge. Istanti Pur oggi trovo un cielo svagato / verde d’acqua / con alberi che sfiorano la crosta / fatta di grotte d’alito soffuse / è un mattino dolce e perverso / da starsene in pace della carne / ad accarezzare di nascosto / un mondo che non esiste più / sì, è un mattino così / che alla fine la vita è solo un tiro al bersaglio / è questa l’illusoria terra di luce / il falso paradiso / del minuscolo mio sogno / è qui che mi sono ritagliata un angolo / dove poter sorseggiare parole / mentre l’occhio che ho dentro varca la soglia.// Solo in seguito Gloss legge la biografia di un’autrice che è stata da sempre impegnata nell’istruzione pubblica, confermando la missione della Fragnito di sostenere le menti nella formazione. Consigliato ai neo poeti, per l’apprendimento nel saper costruire immagini non scontate, inusitate, fresche e leggere, dove però la leggerezza non è superficialità, la lezione letteraria di Italo Calvino.

mercoledì 13 aprile 2022

ANNIENTARE di Michel Houellebecq

Da appassionata lettrice di una rinnovata dose di cinismo sociale, Gloss attendeva con ansia il nuovo libro di Houellebecq, ANNIENTARE. Più si attende qualcosa, più si rischia di rimanere delusi. In questo caso, nemmeno annientati. L’annientamento trascina con sé dolore, paura, o
comunque emozioni forti che si spengono solo nell’annichilimento, ma con una fiammata di proporzioni gigantesche. In questo romanzo, invece no. Scatta, Gloss non sa individuare precisamente il punto, ma scatta l’indifferenza. Nella dialettica virata al proustiano, stavolta sorprendente in Houellebecq, è difficile localizzare con esattezza il momento, tra protagonisti che cambiano senza giustificazione, tematiche toste come eutanasia, politica nazionale francese, rapporti familiari, cura dell’anziano e cancro, tutte egualmente meritevoli di svisceramento, ma mai davvero approfondite. Tranne forse il tumore alla gola, cui Houellebecq si avvicina in sordina per poi esplodere in una ricerca forse karmica o forse wiccan, forse sentimentale più che amorosa, ma certamente medicale, con un finale, quello sì, finalmente da urlo. Però, per fare di un libro, un libro da leggere imprescindibile per la propria cultura, o per approfondire i propri interessi, o anche solo per apprendere qualcosa di nuovo, occorrono un incipit fulminante e uno sviluppo coerente, oltre alla chiusura da urlo. E qui non ci sono. Sconsigliato.

lunedì 14 febbraio 2022

GABBA GABBA HEY RAMONES di Nicholas Rombes

Nella sua ignoranza musicale, Gloss mai avrebbe pensato di attribuire l'etichetta di "punk" a un gruppo come i Ramones. Ma l'autore di questo libro lo fa, sullo sfondo del ribellissmo dettato dall'amore per i B Movies, per il rifiuto di tutto ciò che è mainstream, per il nutrimento a base di cibo spazzatura, per la ricusa di tutto ciò che di bello ci lasciò la cultura Hippy, per la proposta di brani molto brevi (un minuto, un minuto e mezzo) ma incisivi, per l'opposizione all'impegno civile di sinistra, nel promulgare una cultura considerata di destra, ma che è inneggiare al razzismo e alla violenza, in realtà posizioni ignoranti e anti umaniste. Gloss non è d'accordo. Per lei, il punk è sì rigettare il già detto, il già fatto, le cose scontate. È sì ambire ad andare contro corrente. Ma piuttosto che essere fascista, il punk è un ribelle anarchico, senza la violenza. Gloss non conosce così a fondo i testi delle canzoni dei Ramones per dire che sono punk, ma le capigliature figlie dei fiori da una parte e dall'altra, i giubbotti di pelle nera, li identificano come appartenenti alla contro cultura, all'impossibilità di allineamento alla società e ai suoi stilemi. In poche parole, i Ramones incarnano la contraddizione del loro tempo. E il contraddirsi è sintomo di intelligenza. Cit. Forforismi Pastorology. "Per quanto si possa dire che il punk ha lottato a lungo e duramente contro la rispettabilità, non si può negare che il giro newyorkese di inizio e metà anni Settanta da cui è emerso fosse una miscela inebriante di artisti, registi, giornalisti e attori. È quasi inconcepibile oggi immaginare un giro della nostra epoca popolato da artisti, scrittori e registi come il movimento punk degli inizi, con gente come Andy Warhol, William S. Burroughs, Patti Smith, Mary Harrong (...)". Da studiosa d'arte, Gloss condivide il pensiero dell'autore, un po' meno è d'accordo sull'inserimento di Patti Smith nel movimento punk. Degni di nota per una recensora letteraria appassionata di musica i parallelismi tra punk e letteratura." (...) il commento quasi annoiato (...) con le battute «second verse, same as the first» (...)" autoriflessive come certi esperimenti di metanarrativa, tendenze culturali affini a Kurt Vonnegut, Thomas Pynchon, Hubert Selby, Charles Bukowski, William Gaddis e altri : “romanzi che rompevano la cornice diegetica." Alla fine, anche Gloss resta convinta che il punk funzionasse meglio quando era sfuggente, non catalogato dai critici musicali, destinato al fallimento, all'autonichilismo assieme ai suoi gruppi più noise (Sex Pistols, Dead Boys). In conclusione, per dirla alla Rotten, il punk non è "anarchia politica. È anarchia musicale". Consigliato agli amanti del genere punk, mai veramente nato, mai del tutto morto.