martedì 2 agosto 2022

CANDIDO di Sciascia CANDIDO di Voltaire

Finito un trasloco, a Gloss arriva in mano un volume particolare appartenente al suo partner. Il volume comprende entrambi i due CANDIDI, uno di Voltaire, l’altro di Sciascia, accomunati dal titolo. Se di entrambi conosciamo tematiche, incipit e finali, sorprendenti in quanto inusitati (a conferma che, a fare di un libro, un buon libro occorrono incipit fulminanti e finali da ricordare), forse non si conosce cosa emerge dal confronto di due opere che curiosamente hanno il medesimo titolo. In buona sostanza, il filosofo settecentesco, attraverso le disavventure bibliche modello
Giobbe del protagonista, tratta di quell’ottimismo inutile alla crescita personale dell’individuo, se non come riconoscimento della opportunità di “coltivare il proprio giardino”, ovvero, di farsi gli affari propri. Mentre il nostro contemporaneo, tratta di pessimismo come formulazione per prevenire le sfortune, adottando opportune strategie a propria tutela. Sciascia, per la verità, cita il Voltaire, per inciso con la nonchalance dell’intellighenzia di sinistra, cui inneggia a piè sospinto. Ciò permette due considerazioni a Gloss: la prima, imparare a lasciare andare la propria pedanteria, un costrutto tipico del suo tronfio ego. La seconda, iscriversi a un qualsiasi partito di sinistra per vedersi finalmente intellettuale apprezzata. Altra considerazione, imparare ad apprezzare la conclamata dipendenza intellettuale di un autore: tutto risulta più facile e diretto, non si deve apprendere a farne la tara, perché c’è già. L’immarcescibile considerazione sull’efficacia della copertina: essenziale nei colori e nella scelta dei caratteri, Helvetica su blu cobalto per Sciascia - da perfetto pessimista, a Times su verde speranza per Voltaire: crasi azzeccata. La recensione potrebbe già finire qui, ma, per Creare Valore, a Gloss preme parlare di stereotipi. Ha cominciato la lettura da Voltaire, perché ha scelto proprio in contemporanea una sua citazione come esergo della sua opera sull’uso improprio degli stereotipi, che tanta parte hanno nel radicare nella gente la (falsa) convinzione che le donne siano inferiori agli uomini. Perciò, invece di citare Voltaire per primo, come la più parte degli autori farebbe, cita la sua partner, la Marchesa Émilie du Châtelet. “L’uomo più felice è colui che non vuole cambiare il proprio stato.” Durante il Settecento, fu figura notevole; frequentava la corte ma non trascurava mai di immergersi nei suoi studi scientifici. Travestita da uomo, partecipava alle riunioni di scienziati che si svolgevano nei caffè parigini e a cui non erano ammesse le donne. La relazione con Voltaire, un legame intellettuale più che sentimentale, la indusse a trasferire la sua biblioteca e installare un vero laboratorio nella loro casa comune, che divenne ben presto il centro di promozione della fisica newtoniana in Francia, frequentata dai più grandi scienziati. La Marchesa suggerì a Voltaire di scrivere un compendio divulgativo delle teorie di Newton per il pubblico francese: sono i celebri “Elementi della filosofia di Newton”, la cui compilazione è però attribuita al solo Voltaire. A lei va il merito di aver introdotto Newton in Francia e di averlo inserito nel patrimonio di idee dell’Illuminismo. Eppure nessuna menzione. Per contrappasso, il doppio esergo di questo libro, citando Voltaire come suo partner e non il contrario, come invece è stereotipata consuetudine, vorrebbe renderle la giustizia storica che merita. “Il dubbio non è piacevole, ma la certezza è ridicola. Solo gl’imbecilli sono sicuri di ciò che dicono.” François Marie Arouet Voltaire, detto solo Voltaire, partner della Marchesa Émilie du Châtelet. Consigliati, i due CANDIDI, a chi volesse apprendere qualcosa sulla giustapposizione tra pessimismo e ottimismo, strumentali alla fatica del vivere.

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