martedì 15 novembre 2022

NELLA CITTÀ di Pietro Fratta

“La vita è un perenne ostacolo alla lettura” Daniel Pennac. Aforisma che Gloss si permette di riscrivere con NELLA CITTÀ di Pietro Fratta è un perpetuo ostacolo alla lettura. Sua opinione personalissima, evidentemente, dato che, non rassegnandosi a esercitare il n. 3 dei dieci imprescrittibili diritti del lettore (quello di non finire il libro) nello scavare in Rete notizie e informazioni e recensioni sul Fratta, reperisce solo sperticate parole di lode. Per tutta la prima metà del romanzo, Gloss legge parole incantate su un meraviglioso mondo voluto e dominato da un Dio che somiglia tantissimo a quello della comunità cattolica, ma persino più idealizzato e, per noi poveri mortali, ancor più irraggiungibile. Talvolta viene indotta a supporre si tratti di un romanzo distopico, dove tutto è roseo, illuminato dalle più tenere intenzioni, cosparso di personalità rilucenti di luce propria e altre fatte di tenerezza, rettitudine e altruismo; dove le relazioni sono improntate sull’aiuto e sostegno reciproco, fino a far insorgere nel lettore l’idea della prostituzione come gesto sacrificale. Solo la speranza che sia un romanzo di distopia permette a Gloss di continuare fin oltre la metà. Ma quando capisce che non c’è proprio plot, non contrasti di sorta, non prosecuzione su altri binari magari paralleli, magari no, non cambiamento, migliorativo o peggiorativo, del protagonista, a Gloss scatta la repulsione e chiude le pagine del romanzo, pur sapendo che non esercitando lecchinaggio nei confronti di Pietro Fratta, ormai diventato editore di poesia, non sarà più propenso a pubblicare il suo nuovo spicilegio poetico. Pazienza. Nel frattempo, Gloss riporta i dieci diritti di cui sopra, forse un tentativo di auto condiscendenza.
1. Il diritto di non leggere Leggere deve sottostare al principio della scelta: il lettore non può subire costrizione di sorta, pena l’abbandono dell’esercizio nobilissimo della lettura. 2. Il diritto di saltare le pagine Un libro sembra tendere all’infinito perché noioso? Il lettore può saltare di capitolo in capitolo, di frase in frase, alla ricerca della parte più interessante, pur di non annoiarsi. 3. Il diritto di non finire il libro Se il libro non fa identificare il lettore nei suoi personaggi, compie il più grave dei peccati. Non si senta allora il lettore dalla parte sbagliata e lo abbandoni al suo tristo destino. 4. Il diritto di rileggere Gloss fino a pochi anni fa si vantava di non aver mai letto un libro due volte. La maturità l’ha fatta ricredere, ci sono libri bellissimi che meritano la rilettura più e più volte e ogni volta parlano d’altro. Non sono cambiati i libri, è cambiato chi li legge. 5. Il diritto di leggere qualsiasi cosa Chi legge tantissimo, legge perfino i bugiardini delle medicine. Come c’è da imparare anche dalle persone sbagliate, c’è da imparare anche dai pessimi scrittori. Persino da quelli che scrivono i bugiardini. 6. Il diritto al bovarismo Madame Bovary di Gustave Flaubert viveva sul confine tra realtà e fantasia con tale trasporto emotivo da nemmeno distinguerli più. Un libro a volte è meglio di un film, perché non offre immagini preconfezionate, ma suggerisce la creazione di mondi immaginari nella mente del lettore. Più sono vividi, più suscitano emozioni e identificazione. Da qui il termine bovarismo. 7. Il diritto di leggere ovunque A Gloss da bimba fu negato il diritto di leggere a tavola e nella vasca da bagno. Due buoni motivi per leggere ovunque durante il resto della sua vita. Due sono i momenti della giornata che più frequentemente accomunano i lettori: quello in cui si siedono sul trono bianco, e quello si sdraiano sul talamo serale. Data la peculiarità dei due luoghi, un buon libro deve poter essere letto con l’agio di ultimare il capitolo per tempo prima di addormentarsi o entro l’espletamento della funzione quotidiana della pulizia dei filtri. Possibilmente di peso tale da non ammaccare il naso del lettore addormentato e di interesse tale da non poter essere utilizzato come carta igienica. 8. Il diritto di spizzicare Il lettore deve poter aprire qua e là un libro e leggere a casaccio ciò che trova e riporlo, chiudendolo anche all’improvviso, senza dover per forza sentirsi in colpa per la propria incostanza. 9. Il diritto di leggere ad alta voce Prima dell’inizio di una messa in scena teatrale, gli attori si riuniscono e fanno una lettura collettiva ad alta voce del copione: è un buon metodo per permettere ai personaggi di prendere vita propria. Lo stesso deve poter avvenire per un lettore e il romanzo che sta leggendo. 10. Il diritto di tacere Ecco, Gloss ha come l’impressione che stavolta avrebbe fatto meglio a far tacere la propria tastiera. “L’uomo costruisce case perché è vivo e scrive libri perché è mortale”, scrive enigmaticamente Daniel Pennac alla fine del suo decalogo. Un buon silenzio non fu mai scritto. Pietro Fratta la perdoni, se può.

mercoledì 2 novembre 2022

LEGGENDA di Sylvain Prudhomme

C’è una libreria indipendente di Torino che Gloss preferisce non nominare per non enfiare l’ego dei proprietari e soprattutto per non fare torto a nessuno. Chissà che una di queste smetta di invitarla a presentare i propri libri causa la sua manifesta preferenza. E comunque, le librerie indipendenti, anche quelle sprovviste di mailing list o di newsletter per i propri clienti affezionati, vanno sostenute per quella che ormai è diventata un'opera coraggiosa di divulgazione della cultura. Se questa libreria specifica propone una presentazione, Gloss sa che ne vale la pena per l’accuratezza della selezione letteraria, per la professionalità dei librai presenti in negozio, per la loro dedizione alle letture più disparate, per la determinazione che mettono nel promuovere i libri interessanti, con tanto di comitato di lettura che si riunisce in compagnia di un calice di quello buono e che decide cosa e chi presentare. Il romanzo LEGGENDA di Sylvain Prudhomme, con tali premesse dunque, prometteva bene. Narra essenzialmente di come siano passati in latenza due cugini, tra loro tanto dissimili, eppure fratelli, anche nella morte, avvenuta in contemporanea a quarant’anni causa la piaga del secolo scorso. E di un periodo storico, quello degli anni Ottanta e Novanta, che vide protagonista tra i giovani la trasgressione.
"Perché sono io a testimoniare della vita folgorante di questi due cugini?" si chiese Prudhomme alla presentazione. Perché proprio io? Una domanda fondante che ogni autore si fa. È il passaggio nodale del romanzo, suppone Gloss, riportandone un estratto allo scopo di invogliare alla lettura. “Che cosa cerchiamo tutti in questa vicenda. È la loro vita o la loro morte che ci impressiona? Chissà se la loro esistenza ci avrebbe affascinato altrettanto se si fossero spenti tranquillamente da ottant'anni. (...) Non è forse sempre un po’ la propria morte che ci si prepara rileggendo la vita degli altri?” Se Gloss dovesse individuare il plot del romanzo, inteso come filo conduttore di una trama che porta da A a Z, passando attraverso i famigerati colpi di scena, un vero e proprio schemino insegnato ai corsi di scrittura creativa che va tanto di moda, non lo troverebbe. Perché è Grande Letteratura, quella di Prudhomme, non quella che si impara andando a lezione, fosse anche del Baricco di turno. Se Gloss avesse dovuto comprare il libro dalla copertina, non l’avrebbe fatto. Anonima, quasi perfino stinta nei colori, non attrattiva, non narrante del contenuto come lo stesso titolo. Consigliato ai cercatori di un’epoca ormai scomparsa, ai giovani di oggi che non hanno più voglia di trasgredire, ai creatori di moda per intravedere nel romanzo la figura di Christian Lacroix o Yves Saint Laurent, ai lettori accaniti di Grande Letteratura.