venerdì 28 luglio 2023

DIECI TAZZE A COLAZIONE di Irene Renei

Gloss da oltre una decina d'anni è attenta alle problematiche di genere e alle discriminazioni. Si imbatté ella stessa nel famigerato "glass ceiling". E nelle violenze perpetrate alle donne in quanto donne, fino alla loro soppressione. Leggasi femminicidio. Perciò, avendo conosciuto il soggetto di DIECI TAZZE A COLAZIONE dalla medesima Renei via Social, si è concessa il privilegio di leggerlo.

Fermo restando che purtroppo si viene a conoscenza del fenomeno delle discriminazioni e della violenza domestica solo vivendoli, è bene che siffatti prodotti editoriali conoscano massima attenzione e diffusione, affinché le coscienze delle persone si risveglino. Narrato in prima persona, quello appena descritto è proprio l'obiettivo della protagonista nei confronti di figli e familiari. Intenti lodevolissimi, però sporcati da un buonismo radicato che fa dimenticare alla protagonista di dedicare la necessaria attenzione a sé stessa e alla famiglia, almeno nella prima parte del romanzo. Che romanzo non è, ma quasi un diario esperienziale, a testimonianza del male (e del bene) che può fare l'uomo verso i propri simili. Homo hominis lupus, massima che, fuori dall'ambito strettamente filosofico, sottolinea la malvagità e la malizia dell'uomo come stato di natura descritto dal filosofo inglese Thomas Hobbes. Buonismo a parte, la Renei  incoraggia a uscire da tale stato di natura, offrendo l'esempio della protagonista a supporto. Gloss sa che l'ego di una letterata potrebbe sentirsi vilipeso dall'osservazione critica che la protagonista, in un'eventuale futura riedizione, meriterebbe un arricchimento con l'espansione delle sue attenzioni affettive includendo figli e familiari nelle attenzioni dedicate al prossimo, ma Gloss sa anche che un'autrice autocritica come la Renei sarà capace di accettare il suo modesto suggerimento. 

Consigliato a coloro che volessero trovare completezza nella propria vita dedicandosi a quelle altrui. 

martedì 4 luglio 2023

FRAGILE di Bruno Giovetti

Gloss lo seguiva da anni, fin dai tempi in cui doveva scendere dalle Alpi in città nei Poetry Slam torinesi. Lo invitò più volte a rendere pubbliche le sue poesie per ricevere quella omologazione meritoria che arrivasse non solo da una stretta cerchia di amici Poetanti da Social, che si confortano a vicenda di non essere capiti, ma anche da un pubblico più largo. Ci vuole coraggio e apertura mentale per accogliere le critiche dei lettori, unici ad aver voce quando trattasi di opera letteraria. Bruno ha aspettato il suo sessantasettesimo compleanno selezionando sessantasette poesie.

Nel complesso, un'ottima operazione artistica come Gloss si sarebbe aspettata dal Giovetti. Ha scelto in modo accurato tra la sua immensa produzione, le poesie a suo avviso più ficcanti, le ha chiuse con l'anno di creazione, le ha raggruppate tra loro per senso, anche se a distanza di anni. Così leggendo e appuntando qua e là, Gloss si accorge di due temi centrali: il contado e il padre. Il Giovetti trova nel lavoro del mondo contadino, fatto di fatica, sudore, zolle dure, messi, il senso della vita, a lui però lontano. Quindi, quasi un rimpianto. E trova anche nella figura paterna il riflesso del contado, durezza, anaffettività, mancanza di abbracci e di consolazione, che però infine frutta in un amore mai molle, mai scontato. E a tratti, rimpianto. Lucido e sincero con sé stesso, mai indulgente verso la poesia, il Giovetti con FRAGILE (aggettivo nelle prime intenzioni attribuito forse a sé, ma poi a padre e natura) compie un'opera poetica raramente consolatoria. Qui risiede il suo pregio. Bravo.