venerdì 29 dicembre 2023

L’ANTIDOTO AL MORSO DEI POETI - cinemalinconie delle periferie di Daniele Cargnino

“A Stefy (“no, porca paletta, non y ma i! Italiana e fiera di esserlo, nonostante” pensò d’emblé Gloss alla lettura della dedica) A Stefy, con la speranza che queste piccole poesie d’amore e rabbia possano piacerti.” Dani.

Iniziamo male, anzi, malissimo. Nella volontà di recensire LUNGOMARE NOSTALGIA di Andrea Malabaila, Gloss aveva acconsentito di recarsi nella novella libreria LA CIURMA dietro invito del Malabaila stesso, (trovate la recensione sulla pagina Facebook Recensioni Libresche e sul blog leggolibrifacciocose) L’insegna della libreria è a forma di banderuola, con l'effigie di un pirata. All’interno, su muro e soffitto a botte, campeggia un polpo viola di dimensioni fantastiche. Gloss pensò immediatamente a uno dei suoi primi amori letterari, VENTIMILA LEGHE SOTTO I MARI. Il proprietario si rivelò Daniele Cargnino tatuato come un pirata, che in seguito Gloss andrà a trovare per organizzare una Lectio Magistralis su Artemisia Gentileschi, prima femminista e prima millantatrice. La Lectio non si terrà, tuttavia il Cargnino si palesò innamorato dei libri quale scrittore: vi fu uno scambio. L’ANTIDOTO AL MORSO DEI POETI è la raccolta di poesie che Cargnino dedica a un passato amore e al suo amore per la zona di Santa Rita, dov’è ubicata la libreria. Nel leggere e appuntarsi osservazioni sulle riflessioni poetiche del Cargnino, Gloss non colse riferimenti alle “cinemalinconie” del sottotitolo, se non nella mancata realizzazione del sogno professionale del poeta stesso, la cui ambizione cinematografica è rimasta appesa al diploma DAMS. Tuttavia, è colpita dall’incisività dolente di certe immagini, ma anche gaudente delle stesse e di altre. Perché la poesia deve essere sempre e soltanto sofferente per sentirsi ed essere riconosciuta tale? Ben venga la gioia, provata per sé e per altre persone!


“Sono quasi due anni che lei se n’è andata / ha iniziato un’altra esistenza / ma è ancora così presente / più viva che mai / mi immagino che sia diventata una grafica professionista / a passeggio con il suo compagno e una vita in grembo / abitanti di un’altra città / dalle luci incerte e dai palcoscenici fosforescenti.”


“Ho letto un annuncio di lavoro che suonava esattamente così / “chiunque può lavorare da noi tranne i depressi.”


“L’obiettivo è far parlare la poesia dicendo il meno possibile.”


Chiedendosi cosa fosse l’ANTIDOTO, (come se i poeti fossero vipere) Gloss lo ha percepito nell’ironizzare anche sui dolori del giovane poeta.

Chissà cosa aveva in mente il Cargnino riferendosi a Pirandello nell’aprire il PRIMO TEMPO? Una risposta che Gloss invita a cercare nascosta tra i versi, ascoltando la playlist suggerita in chiusura dallo stesso Cargnino, bassista. È proprio vero che poesia e musica sono un binomio imprescrittibile.

martedì 12 dicembre 2023

LUNGOMARE NOSTALGIA di Andrea Malabaila

Conosciuto di persona come moderatore di altra presentazione in altra libreria indipendente torinese, Gloss si è avventurata in questa novella libreria indie appena aperta pur di seguire la presentazione del suo libro, LUNGOMARE NOSTALGIA.

Trattasi di un gioco proustiano alla ricerca del tempo perduto dell’autore con il proprio nonno Natale, per tutti divenuto “nonno Ata” grazie alla lallazione di un così giovane “Andy” da non saper ancora pronunciare la R. Per l’intera durata della presentazione, Gloss ha avuto in mente Proust, chissà perché. Poi leggendo il romanzo, ha capito. Pur avendo uno stile di scrittura più scarno, diretto, dai periodi brevi e concisi, Malabaila compie una serie di recuperi del tempo perduto, ritrovandolo in fotografie, in ricordi propri e altrui, in oggetti, in narrazioni del nonno stesso impresse nella sua memoria di bimbo, adolescente, adulto, nel percorso di accompagnamento alla latenza di “nonno Ata”. Faticoso, anzi, lacerante percorso per “lasciarlo andare”, finalmente. Nel complesso, è un buon libro, godibile, a tratti simpatico, persino divertente negli aneddoti di vita di nonno Ata, a tratti invece quasi ammorbante nella sottolineatura dell’attaccamento al nonno da parte di Andy, interpretato  (forse erroneamente) da Gloss come morboso perché questo nonno viene dipinto in una sorta di personaggio egocentrato che autogiustifica la propria cialtroneria e azioni non proprio dalla specchiata moralità, dipingendo una “vita imperfetta”; tuttavia, ad Andy, tale imperfezione appare l’essenza della vita stessa, sebbene non vi si ispiri. Anzi, il Malabaila adulto sembra dominato nella vita reale dalla ricerca della perfezione, nei modi di vestire, di pettinarsi, di restare composto, di esprimersi. Forse a causa del paragone del nonno a un certo Biagi, similitudine ben poco calzante, ma che deve aver condizionato l’autore a frenarsi. LUNGOMARE NOSTALGIA non è “il libro” che ogni grande autore scrive almeno una volta nella vita. Eppure, il carattere per diventare un eccelso autore Malabaila lo possiede, Gloss gli augura di essersi liberato da questa figura ingombrante - e in fondo - opprimente del nonno al fine di scatenare infine il proprio talento letterario. Tra i meriti del romanzo “amarcord”, quello di rappresentare gli spiritosi avvicendamenti di nonno Ata sullo sfondo di momenti che hanno fatto grande la storia dell’Italia. 

giovedì 9 novembre 2023

IL RAP SPIEGATO AI BIANCHI di David Foster Wallace e Mark Costello

Estimatrice di DFW fin dalla lettura di una delle sue opere minori,

http://leggolibrifacciocose.blogspot.com/2016/03/verso-occidente-limpero-dirige-il-suo.html


Gloss si ritrova tra le mani questo volumetto in una delle librerie della sua catena preferita, IL LIBRACCIO, occasione al 50% che non si lascia sfuggire, fosse anche per il mero piacere di una lettura gradevole e non solo perché musicofila. Il rap è un genere musicale che, specie ai suoi primordi, apparteneva al mondo Black e faceva paura ai Bianchi, per sonorità in loop, quindi per mancanza di originalità, ma anche e soprattutto per il senso di minaccia incombente. Ma DFW scardina questa convinzione basandosi su un'ineccepibile sequenza sillogistica che parte proprio dalla campionatura. Gloss non intende spoilerare e vi invita a seguire i suoi ragionamenti. Che peraltro, nel brillare di lucida analisi, le violentano le sinapsi con tali orgasmi letterari da obbligarla a copiare interi passaggi, ammanuense dello stile altrui. Proprio come fanno gli studenti dell'Accademia d'Arte per imparare dai Maestri. 

 

mercoledì 30 agosto 2023

DIARIO ITALIANO figure del nostro tempo di Pier Franco Quaglieni

Un ritrattista dalla pennellata puntuta si rivela il Quaglieni, storico magistrale e osannato Direttore del Centro Studi Pannunzio di Torino, docente mai in pensione, ispirato da intenti liberali. L'approfondita cultura storica e l'arguta penna sanno dipingere con salienti tratti personaggi passati in latenza non senza aver inciso nella nostra società regionale ma anche nazionale: dal controverso avvocato Agnelli ammazzato dalla lamiera, al tollerante giornalista Walter Tobagi, ucciso dal terrorismo,
scorrendo imprese magari dimesse o sottovoce di ventinove esponenti della cultura italiana, conosciuti dal professore di persona. Quaglieni è capace di rappresentarli anche attraverso elementi che uno sguardo semplicistico prenderebbe come minuzie, ma che svelano la profondità dei loro caratteri. Di Tobagi illustra la cravatta come "elemento piccolo piccolo" che però manifestava uno stile perso in quegli anni. Di Agnelli dice quanto fosse nel contempo "semplice e sofisticato", in fondo poco capito. Il Quaglieni chiude il libro con due rilevanti riflessioni storiche circa la liberazione del 25 aprile e il fascismo in Italia. Una cosa può solo Gloss imputare al Quaglieni, quella cioè di proporre ai contemporanei e ai posteri figure definite "del nostro tempo" quando in realtà avrebbero meritato di essere esaltate nel LORO tempo, finché cioè in vita e non in morte. Lodevole iniziativa sarebbe quella di portare il libro tra gli adolescenti, negli istituti scolastici di secondo grado, con lo scopo di tornare a valorizzare quella cultura civica del rispetto di persone autorevoli da cui prendere esempio. Sosteniamo la cultura perché ci renda liberi.

venerdì 28 luglio 2023

DIECI TAZZE A COLAZIONE di Irene Renei

Gloss da oltre una decina d'anni è attenta alle problematiche di genere e alle discriminazioni. Si imbatté ella stessa nel famigerato "glass ceiling". E nelle violenze perpetrate alle donne in quanto donne, fino alla loro soppressione. Leggasi femminicidio. Perciò, avendo conosciuto il soggetto di DIECI TAZZE A COLAZIONE dalla medesima Renei via Social, si è concessa il privilegio di leggerlo.

Fermo restando che purtroppo si viene a conoscenza del fenomeno delle discriminazioni e della violenza domestica solo vivendoli, è bene che siffatti prodotti editoriali conoscano massima attenzione e diffusione, affinché le coscienze delle persone si risveglino. Narrato in prima persona, quello appena descritto è proprio l'obiettivo della protagonista nei confronti di figli e familiari. Intenti lodevolissimi, però sporcati da un buonismo radicato che fa dimenticare alla protagonista di dedicare la necessaria attenzione a sé stessa e alla famiglia, almeno nella prima parte del romanzo. Che romanzo non è, ma quasi un diario esperienziale, a testimonianza del male (e del bene) che può fare l'uomo verso i propri simili. Homo hominis lupus, massima che, fuori dall'ambito strettamente filosofico, sottolinea la malvagità e la malizia dell'uomo come stato di natura descritto dal filosofo inglese Thomas Hobbes. Buonismo a parte, la Renei  incoraggia a uscire da tale stato di natura, offrendo l'esempio della protagonista a supporto. Gloss sa che l'ego di una letterata potrebbe sentirsi vilipeso dall'osservazione critica che la protagonista, in un'eventuale futura riedizione, meriterebbe un arricchimento con l'espansione delle sue attenzioni affettive includendo figli e familiari nelle attenzioni dedicate al prossimo, ma Gloss sa anche che un'autrice autocritica come la Renei sarà capace di accettare il suo modesto suggerimento. 

Consigliato a coloro che volessero trovare completezza nella propria vita dedicandosi a quelle altrui. 

martedì 4 luglio 2023

FRAGILE di Bruno Giovetti

Gloss lo seguiva da anni, fin dai tempi in cui doveva scendere dalle Alpi in città nei Poetry Slam torinesi. Lo invitò più volte a rendere pubbliche le sue poesie per ricevere quella omologazione meritoria che arrivasse non solo da una stretta cerchia di amici Poetanti da Social, che si confortano a vicenda di non essere capiti, ma anche da un pubblico più largo. Ci vuole coraggio e apertura mentale per accogliere le critiche dei lettori, unici ad aver voce quando trattasi di opera letteraria. Bruno ha aspettato il suo sessantasettesimo compleanno selezionando sessantasette poesie.

Nel complesso, un'ottima operazione artistica come Gloss si sarebbe aspettata dal Giovetti. Ha scelto in modo accurato tra la sua immensa produzione, le poesie a suo avviso più ficcanti, le ha chiuse con l'anno di creazione, le ha raggruppate tra loro per senso, anche se a distanza di anni. Così leggendo e appuntando qua e là, Gloss si accorge di due temi centrali: il contado e il padre. Il Giovetti trova nel lavoro del mondo contadino, fatto di fatica, sudore, zolle dure, messi, il senso della vita, a lui però lontano. Quindi, quasi un rimpianto. E trova anche nella figura paterna il riflesso del contado, durezza, anaffettività, mancanza di abbracci e di consolazione, che però infine frutta in un amore mai molle, mai scontato. E a tratti, rimpianto. Lucido e sincero con sé stesso, mai indulgente verso la poesia, il Giovetti con FRAGILE (aggettivo nelle prime intenzioni attribuito forse a sé, ma poi a padre e natura) compie un'opera poetica raramente consolatoria. Qui risiede il suo pregio. Bravo. 

venerdì 30 giugno 2023

PSICOTRASCENDENZA di Stefano Bovero

Albert Einstein non accettò l'impossibilità per la meccanica quantistica di identificare la posizione di una particella con un livello di precisione classico. Per questo motivo coniò la famosa affermazione "Dio non gioca a dadi con l'universo", dimostrando di non averla capita.

Se non la capì Einstein, forse il prof. Bovero, giocando nelle prime pagine del suo manuale di autoaiuto psicologico con affermazioni quantistiche a giustificazione del proprio metodo, potrebbe ammettere di non averla capita nemmeno lui. Gloss intravede però del merito nella psicotrascendenza e supera le perplessità iniziali. E ha fatto bene, perché il cammino, così come l'ha configurato il Bovero, sembra valido perché porta a rapide soluzioni di problemi psicologici, attraverso un percorso pratico specificato persino da tabelle. Dati alla mano, l'utente è guidato da remoto verso la risoluzione di conflitti interiori che bloccano il suo percorso di auto miglioramento e quindi di crescita. 

Fatta la tara quantistica, è un ottimo manuale pratico di autoguarigione. 

martedì 27 giugno 2023

CARA MAMMA, TI PROMETTO CHE TORNERÒ PRESTO di Carlo Bosso e Liaqat Kasemi

Nelle sue scorribande libresche, che sono essenzialmente APERILIBRI IN CROCETTA o nuove conoscenze da sviluppare ai fini di conferenze sulle tematiche a lei care, la Gloss conosce altri autori interessati come lei alla divulgazione della cultura. Se in un paese come il nostro, l'Italia, vige un linguaggio affetto da tronismo acuto, si perde vocabolario. Con la perdita di vocabolario, si perde cultura. Con la perdita di cultura, si perdono diritti. Con la perdita di diritti, si perde umanità
Con perdita di umanità, si arriva alla violenza e alla guerra.
L'invito di Gloss è "Sosteniamo la Cultura perché ci renda liberi, sosteniamo la Cultura perché fare video di letteratura o recensioni costa" si traduce nel cercare il suo canale tipeee per contribuire con piccoli tips alla Creazione di Valore. 

https://it.tipeee.com/glossparla/news

CARA MAMMA, TI PROMETTO CHE TORNERÒ PRESTO di Carlo Bosso e Liaqat Kasemi appartiene proprio a questa categoria di libri che vuole Creare Valore e divulgare cultura perché siano preservati i diritti fondamentali dell'umanità intera. 
Carlo Bosso aveva affermato di averlo "scritto di pancia" e di aver lasciato in larga misura che apparisse come scritto in origine dal Liaqat, afgano, con tutti i suoi "errori" e problemi di punteggiatura. E si percepisce. Forse, ipotizza Gloss, nemmeno poi tanto così "di pancia", le sembra persino edulcorato dallo splatter di quelle drammatiche avventure. Poi si ricorda di quel che aveva vissuto in altri paesi, come India e Togo, dove il valore della vita di ciascun essere era legato alla difficoltà di arrivare all'età adulta attraversando l'infanzia indenni da malattie endemiche, come tifo, febbre gialla, malaria e dissenteria, da noi di fatto estinte. Le famiglie di quelle regioni figliano tantissimo, consapevoli che su una decina di figli, solo uno o due sopravviveranno. In tale precarietà, la vita personale è tenuta in bassa considerazione. Quindi, perché perdersi in descrizioni splatter? 
Il Bosso, nella prefazione, dà sfoggio alla sua cultura grammaticale, dimostrando di aver compiuto nel resto del libro un'operazione di umiltà, ritirandosi dietro le vicende di Liaqat, non correggendo tempi verbali errati e punteggiatura mancante. Un appunto circa le regole grammaticali. Udite udite, contrariamente a quanto ci hanno insegnato alle elementari, le regole grammaticali sono mere consuetudini: sentieri linguistici fotografati dagli studiosi, non strade asfaltate e imposte dal sovrano. A chiunque piace correggere gli errori  altrui: fa sentire dotti. In particolare esiste quella dozzina di regole grammaticali, sempre sulla cresta dell’onda, che le persone vagamente istruite conoscono, notate come cifre spicciole del buon parlare e del buono scrivere. Anche queste norme, il più delle volte, sono recepite acriticamente. La grammatica tradizionale va padroneggiata per discernere i diversi valori delle sue prescrizioni, che è necessario saper mettere in dubbio. La conoscenza non è ricapitolazione, così come la cultura non è nozionismo. E Gloss è cavaliera in difesa di questo principio, difendendo il diritto esercitato dal Bosso e soprattutto di Liaqat di lasciare la loro opera così com'è, "di pancia" e persino senza regole. E se qualcuno si ergesse a paladino grammaticale, lo si spedisca in Afganistan dai Talebani. In poche parole, proprio Gloss che esercitava il diritto di abbandonare il libro a sé stesso se sgrammaticato, con questo romanzo del Liaqat e Bosso è stata travolta dalla lettura arrivando fino all'ultima, agognata parola di speranza.

giovedì 27 aprile 2023

ANTROPOMORTI di Maria Teresa Casella






Gloss conobbe anni fa Maria Teresa Casella con lo pseudonimo di Theresa Melville, recensendo il romanzo "Amore Obliquo" 

La Casella offre a Gloss la lettura di un racconto di genere "horror" che la recensora non ama particolarmente. Però conoscendo l'opera dell'autrice come valida, accetta e ne resta piacevolmente sorpresa. A parte un errore iniziale di valutazione nella scelta del vocabolo più corretto, la storia scorre veloce, ma senza dimenticare di dipingere a tocchi sicuri i personaggi che vi appaiono, pur essendo breve. La Casella rispetta tutti i topòs del genere draculiano, eppure introduce piccole novità che la rendono invitante anche per chi preferisce letteratura altra. Conferma la sua tecnica letteraria ineccepibile, rendendo persino simpatici personaggi che dell'empatia nulla posseggono.


giovedì 9 marzo 2023

SPARE di Prince Harry

A gennaio sui Social, sembrava che ogni Poetante da Social (o sedicente tale) parlasse (male) “Spare”. Gloss dichiarò di cedere anch’ella e di leggerlo, come fosse d’obbligo. Gloss avrebbe voluto però trasformare questo obbligo in opportunità. Intanto, sapeva che è scritto dal più grande ghost-writer al mondo, il sig. Moehringer, oggi cinquantottenne come lei, famoso non solo per aver vinto a trentasei un premio Pulitzer, ma anche perché esperto di biografie maschili in cui risaltano rapporti conflittuali con le figure paterne in famiglie disfunzionali. Nel 1998 sfiorò il Pulitzer grazie al ritratto di un clochard di San Francisco che diceva di essere l’ex leggenda della boxe Bob Satterfield. Due anni dopo vinse l'ambito premio raccontando - attraverso la vita di una residente - la comunità di discendenti di schiavi di Gee’s Bend in Alabama. Non c’è miglior opportunità di crescita che imparare dai grandi.
E Gloss, con questa affermazione, non si riferisce al Principe Harry, ma al sig. Moehringer, che scrive la propria biografia, ne “Il bar delle grandi speranze”, poi diventata film di George Clooney con Ben Affleck, tutt’altro che agiografica o autocelebrativa. Era ciò di cui avevano bisogno Andre Agassi in “Open” e il Principe Harry in “Spare”, la terza biografia che Moehringer ha «aiutato a scrivere» (preferisce questa dicitura al termine ghost-writer), essendo la seconda quella del fondatore di Nike Phil Knight nel 2016 (L’arte della vittoria). Evidentemente, non contando la propria, rivela la propria modestia. Dev’essere dolorosissimo “Vivere la vita” (cit. Mannarino, ascoltarne il testo e poi leggere “Spare” può portare lontano) con la consapevolezza di essere ‘pezzo di ricambio’ - inteso proprio come fornitore di fegato, di polmoni o di cornee adatte al trapianto, per una persona che abbia un ego spropositato come Gloss. A maggior ragione se fosse cresciuta in seno a una famiglia reale, costretta a seguire protocolli rigidi e a nascondere la vera sé stessa nella propria interiorità, nell’ombra dell’Eletto, il Principe Willy, passando per un drogato, alcolizzato sui tabloid, o, nel migliore dei casi, un idiota incapace di studiare - com’era considerato in famiglia, tanto da aver davanti a sé solo la prospettiva di una carriera da miliare. Quindi Gloss si mise nei panni di Prince Harry e la sua faccia fu esattamente quella “faccia lì” che Harry ha in copertina. Una foto che parla di rabbia sotterranea, di dolore antico, ma anche di determinazione. Gloss ricorda che al principe ragazzo fu strappata una madre dea. Ma quel volto barbuto rivela anche di qualcos’altro che solo una lettura approfondita può svelare. “Controllai il sito web della BBC. La nonna non c’era più. Papà era re.” R minuscola non seguito dal nome. “Buttò giù alcuni pensieri in una sorta di diario che poi condivise con me. Li lessi come una poesia d’amore. Li lessi come una dichiarazione, un rinnovamento dei nostri voti nuziali. Li lessi come una proclamazione, una celebrazione, un encomio. Li lessi come un sigillo. Diceva: “Quello è un uomo.” Amore mio. Diceva: «Quello non è una Riserva»”. Harry adora la propria moglie Meg, come l’unica donna, dopo la madre, ad averlo amato per sé stesso, per com’è nella vita di persona comune, non dal sangue blu. Però, la scena della presentazione di Meg alla nonna reale rivela la sua ingenuità o il suo estremo innamoramento, tanto da essere obnubilato: Meg chiede chi fosse l’attendente della nonna. Era suo figlio Andrea. Secondo Harry, questo dettaglio garantirebbe che Meg non avesse preso informazioni sui reali. Gloss invece non riesce a dimenticare che la preparazione in quanto attrice la sostenesse in ogni momento “di difficoltà”, chiamiamola così. Per contro, Harry spara a raffica contro tutto e contro tutti: a distanza di ormai due mesi dall’uscita, il popolo dei Social lo invita a stare zitto; #harryshutup è un hashtag tuttora molto attivo, forse però facendo il gioco del Principe, cioè parlare. Parlare, parlare, parlare, parlare. E se non del Principe, di certo dell’editore, che ha investito venti milioni di euro nel compenso al sig. Moehringer, a fronte di un incasso pari a ventitré nel primo mese. Con “Spare” se il sig. Moehringer ha fatto come con “Open”, trasferendosi dalla California dove abita a Las Vegas, dove vive Agassi, per due anni, intervistandolo quasi ogni mattina a colazione per un paio d’ore e non dormendo più di due ore per notte, sbobinando dodicimila pagine, studiando Freud e Jung per una base rudimentale di psicoterapia, ottenendo di scrivere come fosse proprio Harry, con la sua mente istruita solo alla guerra, tutto sommato senza una grande cultura, allora ci è riuscito alla perfezione, meritandosi i venti milioni di compenso. In “Spare” il principe Harry racconta il dolore che torna sempre per la madre dea, la progressione dell’amara rottura con il fratello William e consorte, l’acredine causata dalla delusione del mancato sostegno da parte della famiglia contro il gossip dei periodici scandalistici, che avrebbe “dato il la” all’allontanamento suo, di Meg, dei figli. Parla delle proprie difficoltà a farsi accettare come persona dai suoi stessi familiari. Del figlio primogenito, Archie, di come i tabloid si chiedessero quanto potesse essere scura la sua pelle alla nascita. Della perdita della bambina a causa dello stress da paparazzi. Della mancanza di libertà per Meg, che si vide togliere passaporto e patente. Dell’accusa di razzismo della casa reale che spinse Meg al sudicio. Del sentirsi intrappolato. Soprattutto, del sentimento di mancanza della madre che, a trent’anni, pare sia rimasto ancora a livello del tredicenne che fu. Insomma, a Gloss appare che Harry abbia la sindrome dell’offeso che non ha mai elaborato il suo vissuto, incapace di reggere alle frustrazioni - se non sono di guerra. Sembra abbia segnato tutti gli sgarri subiti fin dall’infanzia. Orsù Harry, anche se sei principe, è ora di crescere. Gloss invece si inchina al sig. Moehringer, che ha ottenuto - a ragione - un compenso principesco per aver vestito i panni di un bamboccione.