domenica 31 dicembre 2017

LA CAREZZA DEL CAVALIERE

Nelle prime sessanta pagine, il romanzo breve LA CAREZZA DEL CAVALIERE destabilizza leggermente la mia fede nella razionalità. L'autore Paolo Gambi gioca di salti temporali compresi tra il tempo delle crociate e quello contemporaneo. Nel primo, assistiamo alle nobili gesta di un ventenne ospitaliero in missione in Terra Santa, Bertrand che arriva dalla Languedoc, come nelle migliori tradizioni delle Crociate. Nel secondo, a farla da protagonista è Bertrando eccetera eccetera, dal
lunghissimo elenco di titoli e nomi condensato però in un semplice Nanà, settantottenne nobile signore a Roma, cavaliere di Malta, professo in povertà, castità e obbedienza. I due personaggi, accomunati dal nome e dal ruolo, se non fossero distanziati tra di loro da un migliaio di anni di storia, si direbbero la stessa persona. E a lettura conclusa, ne ho capito il motivo. Un applauso all'autore per essere riuscito a farci sentire quanto passato presente e futuro siano collegati in un unico continuum.

Nanà è tormentato dall'amore mai corrisposto per una duchessa romana, impedito dal suo molteplice voto, ma afferma: “L'amore è come uno specchio che ti ritorna l'immagine di ciò che sai di dover essere.” Sarà infatti proprio l'amore a condizionare le sue più recenti scelte etiche di vita, che gli costeranno un'operazione di diffamazione a suo danno, ignobile perché perpetrata dai suoi stessi confratelli. “Che ne avrebbero detto i nostri predecessori che hanno dato il sangue in Terra Santa a Rodi e a Malta? Possiamo ridurci così? Possiamo diventare una lavanderia per gli appetiti più avidi di una manica di Farisei? (…) Ma che ne è, Fra Bertrando, dello spirito cristiano?” medita l'autore, mettendo in bocca ad un venerabile fratello queste osservazioni che potrebbero in realtà appartenere a chiunque abbia avuto a che fare con la chiesa. La mia intuizione, avendo affrontato la lettura delle note bio dell'autore a libro finito, risulta confermata: il Gambi si è spesso rapportato a istituzioni cattoliche. Infatti, con un dottorato in diritto canonico ed ecclesiastico, è stato assistente alla facoltà di Giurisprudenza di Bologna e ottiene per due anni la cattedra a contratto in Teorie e Tecniche di Comunicazione presso l'Istituto Superiore di Scienze Religiose “Sant'Apollinare”. Tanto mi basta per capire la sua velata critica alla chiesa cattolica.

Cresciuto in Romagna, dove si laurea, sceglie giornalismo e finisce al Financial Times di Londra, quindi contributing editor del Catholic Herald. Tornato in Italia, si divide fra stampa locale e quella nazionale, curando rubriche per riviste che non voglio nominare per evitare pubblicità a entità già famose per il pettegolezzo, e lavorando per media cartacei e televisivi locali, vince il Premio Guidarello per il giornalismo d’autore nel 2012 e il premio “Rimini Europa” nel 2016: il suo curriculum mi conferma il sospetto che avesse cognizione di causa quando, attraverso le parole dei suoi protagonisti e riferendosi a giornalismo e Social, il Gambi affermava che oggi:“la verità è semplicemente quella che viene raccontata”. Il nostro Bertrando/Nanà odierno, sapendo che omnia munda mundis, opera in modo tale che l'azione diffamatoria nei suoi confronti non solo si fermi ma si trasformi in qualcosa di meritevole. Allo scopo di rendere ancor più meritoria l'azione di Nanà, il Gambi ci ricorda che, dalla nascita della Repubblica a tutto il XX secolo, nella storia del giornalismo italiano, soltanto un giornalista subì condanna per aver scritto diffamazioni su personaggi in vista: trattasi del Guareschi, primo e unico giornalista italiano a scontare interamente una pena detentiva in carcere per il reato di diffamazione a mezzo stampa (fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Giovannino_Guareschi). Il mai dimenticato autore di Don Camillo e Peppone, pur avendo raggiunto notorietà internazionale, non venne risparmiato. Eppure, in quanto direttore di un giornale satirico come CANDIDO dal candore intellettualmente onesto, dichiarava palesemente: «Qualcuno si ostinerà a voler trovare che Candido ha vaghe tendenze destrorse, il che non è vero per niente in quanto Candido è di destra nel modo più deciso e inequivocabile.»

“E quando finalmente fu davanti alla pietra, a quella pietra su cui il corpo di Gesù era passato dalla morte alla vita, sentì il cuore battere particolarmente forte. Lo sentì come connesso con i misteri che regolano gli astri e le stelle, la vita e la morte, il visibile e l'invisibile. Capì che quello che aveva fatto risrogere Gesù era l'Amore, lo stesso mistero che ora lo legava ad Halima.” Qui, la svolta per il protagonista ospitaliero medievale, che non vi posso anticipare.

Uno dei vincitori di Lucca Comics e Comicon, nonché disegnatore di copertine per autori che suppongo di alto calibro, pur non avendone mai letto nulla (diversamente il Gambi non li avrebbe nominati nella suo bio bibliografia), Fabio Visintin ha disegnato la copertina, a ulteriore conferma di ciò che da sempre sostengo: una buona copertina fa vendere bene il libro, quando lo propone all'occhio del potenziale lettore.

Svelandoci infine l'araldico segreto del casato “E finalmente Nanà seppe cosa ci stava a fare nello stemma della sua famiglia quella benedetta tortora”, l'autore conclude in modo azzeccato questo breve romanzo, redatto con linguaggio diretto e schietto in sorta di reportage anche quando descrive l'amore carnale: “Sperimentarono, in quell'interstizio tra realtà e sogno, un piacere che partiva dall'incontro più superficiale della pelle, ma finiva per esplodere nelle profondità più intime dei loro corpi, delle loro coscienze e delle loro anime. (…) Per un istante capì cosa significa essere toccati da Dio.”.


Consigliato agli appassionati di araldica, di antichi cavalieri e delle nobiltà del cavalierato, agli oppositori dell'ecclesia in stile IOR, ai convinti che “L'Amore può tutto”, almeno così sostiene l'autore. E io con lui.

sabato 23 dicembre 2017

RIASSUNTO DELLE PUNTATE PRECEDENTI

Una preziosa raccolta di racconti che si potrebbero definire “maledetti”, se fossimo ancora a fine ottocento, ma con personaggi contemporanei immersi in un futuro molto prossimo a noi, spesso ispirati a cult cinematografici, da IL GLADIATORE, a BLADE RUNNER, a MAD MAX, a TRAINSPOTTING, a THE TRUMAN SHOW.

AGENTI DI COMMERCIO: Il Tevini, parlandoci di “vendita coatta” ci dipinge uno scenario tregendesco di nuove modalità di essere agente di commercio, in stile Gladiatore, mors tua, vita mea. “... provvigione e vacanza sono a un solo cranio sfondato di distanza.”

In FINE APERICENA MAI, ci descrive che fine faremmo in un futuro non tanto lontano se venissimo sorpresi a sollazzarci in un' “adunata sediziosa e somministrazione di intrattenimento non conforme”, quello che oggi si definirebbe ad esempio un normale rave, ovvero subiremmo “una settimana di show di rieducazione”.

In TALENT SHOW, la spaventosa quanto verosimile realtà di uno spettacolo il cui titolo Il Boss del Quartiere, il talent show per veri predatori, riflette solo leggermente ciò che invece pesantemente accade.

PANE E CAMPIONATO: è la descrizione di come avverranno le partite di calcio del futuro post-Grande Crisi, le squadre classiche però sostenute da nemmeno poi tanto surrettizie armi: stampelle con filo spinato, rozze spade artigianali, bottiglie molotov e fasci di giavellotti sono solo alcuni degli esempi, ispirati al cult Mad Max.
Lo speaker è addetto a contare non il numero dei goal, ma dei morti.

SOFFERENTE A DOMICILIO ci racconta di come un empatico estremo assorba sensazioni/emozioni negative, facendone il suo ben pagato lavoro. Qui ho la prova certa della genialità nell'inventiva del Tevini, malefica, ma pur sempre geniale.

In LIVESTOCK ci spiega come finisce una coppia di litiganti, ma solo all'ultimo istante lo capiamo, tra scrocchi esplosivi, rumori d'ossa rotte e sangue colato di un macello. Altro non dico per non spoilerare.

SEME è la storia del futuro dell'umanità, quando un virus sfuggito al controllo dei Governi mondiali decima la popolazione.

Del VIGILE DI QUARTIERE, riporto solo una frase del Tevini: “Il corpo lo cuciniamo stasera.”

UNA BIMBA TRANQUILLA ci allude alla tortura della bimba stessa.

LE STRAGI DEL SABATO SERA altro finale imprevedibile.

AMORE AGGRESSIVO: se stessimo guardando Blade Runner, vedremmo in questo racconto un modello di lavoro in pelle combattente denominato Mamy, con tutte le caratteristiche più aggressive di una mamma che protegge il suo piccolo. Nonostante il mio risaputo impegno dalla parte delle donne, la mia onestà intellettuale mi induce a sostenere: le donne sono superiori agli uomini anche nella violenza.

BARTALI (OVVERO IL GRANDE CASINO 1948) ci riporta come prologo una canzone di Paolo Conte, BARTALI per l'appunto, ma virata come se in Italia avesse vinto il comunismo al termine della rivoluzione di un certo 14 luglio, simbolicamente rappresentata da un muro con determinate caratteristiche che il partito vorrebbe abbattere, ma non gli riesce.

DOMANI SMETTO “...così centinaia, poi migliaia, poi milioni di persone con le palle piene hanno smesso di soffrire, di desiderare e, soprattutto, di produrre e consumare.” A volte, mi sono chiesta pure io se tutti facessimo così, cosa succederebbe. Il Tevini ce ne dà la risposta.

MACELLERIA “lo show dove vincono solo i peggiori.” E non dico altro.

NON NEL MIO GIARDINO è un gioco al bersaglio razzista a conta di LIKE.

EFFETTO CITOFONO racconto che, pur ispirandosi alla modalità di fuga già vista in Matrix, pone le basi per un ottimo romanzo di fantasy/scienza.

QUANTO CI PIACE L'UOMO NERO, LA DEFERENZA INGANNA, FAMIGLIA NUCLEARE, IL BELLUM DELLA DIRETTA, sono tutti racconti dove tornano puntuali gli stessi elementi che abbiamo ormai imparato a riconoscere come poetica caratteristica del Tevini: la meccanica descrizione di gestulità quotidiana (ad esempio nell'uso della macchinetta del caffè) fa da contrappunto a tutto il resto, che quotidiano non è, anzi. Non solo appartiene al futuro, ma anche esplicita una quotidianità terribile, fatta di violenza splatter, giochi sporchi, politically scorret, nella migliore concertazione adolescenziale.

In CAVALLETTE CARIOCA reperisco le migliori trovate metaforiche del Tevini, come “la vibrazione mi fa quasi ingoiare i denti” o descrittive “Il governo svende in blocco il Brasile senza fissa dimora come laboratorio a cielo aperto al miglior offerente per la sperimentazione di tutti quei prodotti sulla cui commerciabilità non si sia ancora certi, principalmente per ragioni di sicurezza.” Leggere cosa succede ai brasiliani fa rimanere divertiti ma anche scioccati.

MORIRE, TUTTI, UN GIORNO PER VOLTA: a proposito di trovate metaforiche, meritano la citazione: “... come se l'aria stessa fosse gelatina e il ronzio sommesso dell'impianto elettrico la facesse tremolare.”  ... diluendo con qualche goccia della dolcezza qui rimasta l'impasto compatto della sofferenza grigio cemento.”

ONE MAN REALITY SHOW, ispirata a The Truman Show. è la feroce critica contro l'obesità imperante, racconto finale da STANDING OVULATION. Bravo il Tevini ad averlo lasciato per ultimo.

Scopro solo dopo aver scritto la recensione, cercando la copertina, quanto io abbia azzeccato nel pensare al Tevini come a uno scrittore che ha cari i riferimenti televisivi e cinematografici. In generale, il libro stupisce per l'inventiva dissacrante e senza speranza, per i finali sorpresa, per la dialettica dei dialoghi (e, scritto da un'ex dialoghista cinematografica, è un apprezzamento sincero). Unica critica al Tevini: in fondo, i protagonisti hanno tutti le stesse dotazioni caratteriali, tagliati con l'accetta nel dominio del pessimismo, non cosmico alla Leopardi, ma reattivo alla Trainspotting.

Consigliato a chi ami la fantascienza o il fantasy, che nel Tevini si coniugano alla perfezione, ai malati di pessimismo, a chi volesse conferma dell'avvento di un futuro da tregenda, dalle cui pastoie non si può sfuggire, ma nello stesso tempo, a chi voglia divertirsi.

martedì 19 dicembre 2017

LE MOLECOLE AFFETTUOSE DEL LECCA LECCA

Il lecca lecca contiene molecole affettuose.
Nulla si può opporre al loro abbraccio.
Cit. Robert L. Wolk, Al suo barbiere Einstein la raccontava così.

Nello scegliere le opere da recensire, tra le decine speditemi ogni settimana, fino a oggi seguivo scrupolosamente l'ordine cronologico di arrivo per non fare torto a nessuno. Per non fare torto, invece, alla vita che è impermanenza, da oggi cambio. Darò un ordine di lettura seguendo la piacevolezza: del titolo, della copertina, delle caratteristiche somatiche dell'autore o dell'autrice. (ahi, il Lombroso), ma sempre nel rispetto di quelle poche regolette deontologiche che mi sono auto-imposte, ovvero: Pennac e l'autodeterminazione del lettore, non conoscere nulla né della vita né delle opere dell'autore, obiettività e distacco.

Oggi mi faccio scegliere dal titolo: LE MOLECOLE AFFETTUOSE DEL LECCA LECCA di Francesco Consiglio, sembra promettere bene, per le allusioni scientifico fanciullesche sessuali nemmeno tanto implicite. Promessa mantenuta fin dal primo spudorato istante: il romanzo, strutturato su tanti capitoletti che fanno avanti-indietro nel tempo secondo un comprovato stile moviola, inizia con [allora, sedici anni (pugni in testa)], in forma di flash di una paginetta che getta luce sui problemi psicologici della propria ragazza, certa Spinetta, risolvibili solo con mezz'ora di cunnilinguis. Unica condizione: ricevere per l'appunto pugni in testa, fino a trasformare il piacere in pena.

Tra collezioni di peli pubici, irrumazione (che nemmeno io, esperta di letteratura erotica, sapevo cosa fosse, grazie Consiglio) e altre amenità, come massime o considerazioni di filosofia varia che qui riporto:
... nulla è più illusorio di un orgasmo. Ci si crede re del mondo, una manciata di secondi, poi si torna uomini e ominicchi, conta nuovamente ciò che non siamo, ciò che non abbiamo saputo realizzare.”

... i cinquant'anni sono la linea di confine tra gioia di vivere e paura di morire, sono l'inizio di un tempo in cui non si ha più la possibilità di commettere errori senza doverli scontare.”

... che alla messa ci va gente che si squaglia l'ostia in bocca e appena uscita è pronta a uccidersi per un parcheggio...”

In questo mondo, se non hai il cazzo, lo prendi nel culo.” (ma io mi sento di osservare, avendo amici omo, che non è detto), posologie di assunzione di SUPERTITTI nonché di medicinali farlocchi per curare una presunta sindrome di Asperger, il Consiglio ci trascina nel turlupinante soliloquio con il protagonista e altre sue personalità, fino a scoprire che. Punto. Non vado oltre per non fare spoiler, trattandosi di un giallo.

Restano perle di rilevante creatività, ad esempio: il testo di “Ancora, ancora”, (canzone anni '80 che tutti ricordano ma il cui interprete nessuno ricorda), viene fatto cantare da Consiglio al suo alter ego, dialetticamente con un poliziotto. Un incredibilmente molto diffuso campionario di frasi fatte e di luoghi comuni nel battibecco da coppia straconsunta tra il protagonista e la sua Miou. Il cinema con Quentin Tarantino e la Nouvelle Vague a farla da padrone.I caratteri in senso cinematografico delle donne del protagonista, Miou Pompidou. Silvia, Mariangela, Titti, Spinetta. E ancora Miou Pompidou. Gli stereotipi dei film porno cui sono intitolati capitoletti con parafrasi di film di cassetta virati apposta alla pornografia. Un improbabile profumo da clochard, Eau de Tevere pour sans-abri.

Perla rossa. Tesoro del paradiso. Tempio di Venere. Arco di trionfo. Pantheona. Porta del piacere. Sono dei modi un po' complimentosi per descrivere la fica di Spinetta, addolcire Spinetta , convincere Spinetta a tenermi lì da lei tutta la vita.”

E poi la Gestalt, non tanto all'improvviso:
Allora ho capito tutto, d'improvviso, ma proprio tutto tutto, e non c'è bisogno che ve lo spieghi, visto che ero il solo a non aver capito.”

Per infine concludere con una buona dose di filosofia di vita, ma pronunciata da uno fuori di testa:
«... dopo essermi svegliato, ho pensato che la vita, la mia vita, meglio di qualsiasi altra, era l'esempio che tutto ciò che accade è privo di fondamento e di sostanza.”
Soltanto in ultimo scopro la piacevolezza della copertina che l'autore non mi aveva inviato: grazie a lei, l'avrei comprato. Noto con piacere che la casa editrice è la stessa de LA BAMBINA CELESTE di Francesco Borrasso, da me molto gradito. Ne traggo la conclusione che AD EST DELL'EQUATORE si trovino editori coraggiosi che vanno premiati.

Consigliato a nichilisti e a individui con comportamenti dal tratto autistico, perché ci si ritroveranno, a giallisti consumati, a buongustai della sessualità vanilla.

LE MILLE VERITA'

Ricevo da Paolo Spinello e dalla sua casa editrice APOGEO, specializzata in prodotti dediti a suggestive ambientazioni in luoghi del Veneto, un paio di libri, tra cui LE MILLE VERITA' di Francesco Casoni. Un titolo che soltanto un giornalista idealista disilluso dal giornalismo e parlando
di giornalisti disillusi avrebbe potuto inventare, trasformando una meschina realtà in un giallo divertente e auto-ironico. Il giornalismo di provincia si scontra con la verità e il suo contrario, stemperandosi in altre mille versioni, tutte ugualmente verosimili. Non è un gioco di equivoci, ma, tramite il fenomeno Social delle bufale, è la solenne denuncia della mancanza di certezze, dell'impossibile voglia di approfondimenti nel mondo del giornalismo.

In questa recensione, vorrei parlare della copertina, veste magica quanto bistrattata. Magica, perché se ben fatta, “parla” del libro, come quella raffinatissima di Gabriele Borgna e la sua altrettanto raffinata silloge poetica ARTIGIANATO SENTIMENTALE. Bistrattata, perché alcuni autori disattenti, pur essendo di valore, non ne conoscono le estreme potenzialità, come quella de LA MIA VITA di Federico Fabbri.

La copertina de LE MILLE VERITA', a predominanza di giallo quasi a suggerire la sorellanza con la serie Mondadori che ne inventò il genere, già parla del contenuto. E se è vero che la copertina “vende” il libro, allora ci azzecca. Rappresenta una tenda, ma io oserei dire un sipario, che una mano anonima, maschile, scosta, a disvelare cosa c'è dietro. Ma l'oltre non è che buio totale, nero profondo, senza sfumature, che è come il finale del libro, il quale, sebbene giocoso e ridanciano e autoironico, ci parla dell'impossibilità, oggi, di fare del giornalismo una missione.


Consigliato a giallisti simpatici, a coloro che aborrono il giornalismo odierno, agli idealisti della notizia, agli amanti dei supereroi.

martedì 12 dicembre 2017

UNA TERRA D'OMBRE

L'autore Gino Zanette redige una raccolta di racconti ambientati sulla riva sinistra del Piave, nel trevigiano. Si capisce fin da subito quanto sia di valore la sua scrittura, già dal primo racconto. Per alcune considerazioni che potrò fare soltanto a fine lettura, sa anche di scrittore scafato e un po' ammuffito.


Fulvio è il protagonista del primo racconto, LO SAI CHI È GIULIA? Quella mattina al risveglio in un bar a fare colazione si trova sbattuto sulla prima pagina dei quotidiani locali bollato come ladro, sebbene non lo sia. Il racconto è brillante e ironico, con finale aperto e sorprendente, mi convince a proseguire la lettura di quelli a venire.
UN CUGINO STRAVAGANTE: Michele e Evodoro, un nome, il primo, che parla di normalità, il secondo, invece, di follia. Un racconto in bilico sull'ineffabile confine tra quotidianità e misticismo, o forse dovremmo dire mistificazioni.
VACANZA DA SOGNO: Il racconto ci parla di Barbara, una storia di sofferenza del corpo risollevata dalla riscoperta di vita.

E tra storie di solitudini mancate (UNA VISITA SU COMMISSIONE), di stupore esterrefatto per una realtà che supera sempre la fantasia (L'IMPREVISTO), di ipocrisie bisessuali di paese (IL SIGNOR FEDERICO), di minacce fedifraghe (LA PROVA), di credenze e  superstizioni (GLI OCCHI DEL GATTO), di imbarazzo piacevole di fronte alle dimenticanze proprie e altrui (IL FLAUTO MAGICO), di nostalgici ricordi di guerra (IL PREZZO DELLA POLENTA), di ladri di fiducia (LA VENDETTA) di un suicidio ai tempi della II Guerra Mondiale (STOPA), è con UN SEGRETO IMPORTANTE che finalmente la scrittura dello Zanette mi risuona forte nell'anima. Ne traggo il seguente passaggio: “L'importante è non porsi volutamente sopra gli altri, facendo pesare le doti che si possiedono.” che mi fa apprezzare davvero l'opera nel suo insieme, assieme all'accorgimento che alcuni racconti pare abbiano incipit simili a due a due, come se, indeciso a proseguire, lo Zanette abbia tenuto due storie differenti, in una sorta di SLINDING DOORS non cinematografico, ma letterario. 
Il resto dei racconti è così infarcito di dialetto trevigiano, da diventare di dura lettura e comprensione. Accortamente, lo Zanette ne aveva avvertito i lettori prima dell'inizio, non riuscendo però ad evitare la perdita di interesse nella narrazione. Sto per adottare uno dei diritti imprescrittibili del lettore, compilati da Daniel Pennac a tutela del lettore che il libro termina quasi inaspettatamente. E aggiungo, per fortuna.


Consigliato agli amanti della letteratura dialettale, meglio se conoscitori del trevigiano, agli appassionati delle storie di paese e dunque al pettegolezzo, ai curiosi delle piccole passioni di genti semplici condite da odore di stantìo.

sabato 2 dicembre 2017

CORDE

Il mio editore di letteratura erotica preferito, Daniele Aiolfi, mi invia questa raccolta di racconti, CORDE, per EROSCULTURA, non facendomi premessa alcuna. Dal canto mio, intuisco dalla 
copertina, elegantemente fotografica, che si tratterà di sTorie legate allo Shibari / Kinbaku, antichissime tecniche giapponesi di legatura dei corpi a scopo erotico e sessuale. Sibilla Orifiammi, che ha tutta l'aria di essere uno pseudonimo, fa precedere ogni racconto da una citazione che comprende le corde e i legami d'amore.

Anticipato da Franz Kafka, il primo racconto si svolge nel 1659. IL BURATTINAIO riferisce di un vizioso che scopriremo essere stato in passato un assassino. L'autrice lo fa con abile tecnica narrativa, senza scordarsi di stuzzicare sapientemente la libido del lettore (ma accende anche il disgusto per la violenza).

Introdotto da Pablo Neruda, I LEGAMI DELL'ANIMA ci fa tornare nel contemporaneo. È un ignominioso ricatto sessuale tra una lesbica, una bisex e un maschio alpha che mette in risalto come le corde parlino di possesso di corpi e di anime.

DOPPIO ANELLO è immesso da un aforisma di Aurobindo Gosh (che non conosco, perciò, siccome socraticamente più so e più mi accorgo di non sapere, me lo vado a cercare su Madre Wiki), ed è la narrazione di... un doppio anello. Non dico di più, perché direi troppo.

L'EPILOGO non è all'altezza dei racconti, ma ce ne rivela il carattere. La lettura della bio mi conferma il sospetto di uno pseudonimo.


Consigliato a chi vogliosi ma stanchi di sesso vanilla, come lo chiamerebbe Ayzad, noto scrittore e giornalista di sessualità insolita, a ricercatori del piacere sottile ed elegante del Kinbaku, a chi volesse capire la differenza - non tanto sottile - tra sessualità femminile e quella maschile.