“Parte Born to be Wild e ti viene da sgasare sulla moto. Scatta You Can Leave Your Hat On e hai la sensazione di doverti strappare via la biancheria con i denti. Senti Wagner e hai l’impulso di invadere la Polonia (ok, questa è di Woody Allen). Insomma succede con le canzoni e questo è l’effetto pavloviano al quale non riesci a resistere. Ma indubbiamente nulla può farti più paura di Profondo Rosso, film e canzone. Nulla. Ora, io non sono esattamente un Clint Eastwood, ma non mi definirei nemmeno un cacasotto. Però, a distanza di quarantacinque anni dalla sua uscita, non smetto di averne un sacro e cristallino terrore. E per giunta ogni volta che parte il giro di organo dei Goblin mi volto di scatto, sicuro che stia arrivando una mannaia in mezzo agli occhi.”Il romanzo è una lettura divertente e divertita: c’è da scommettere che Blatto si sia divertito un casino nello scrivere e non solo nell’ascoltare la musica che racconta tramite passaggi di vita autobiografica con sentore di sudore ascellifero e a volte di lacrimuccia romantica e triste. Sì, anche le lacrime hanno un sentore, lo sa bene Hannibal. Unica nota stonata: il Blatto giustifica la successione di recensioni scritte in tempi e modalità diverse collegandole tra loro con un escamotage sempre uguale a sé stesso (1). Ed è l’unica noia, a parte gli Smiths.
leggolibrifacciocose
Libri che Fulminano
domenica 22 giugno 2025
'Sto Ascoltando dei Dischi' di Maurizio Blatto
sabato 14 giugno 2025
‘La Scopa del Sistema’ di David Foster Wallace
Innamorata di DFW fin dalla prima lettura, ‘Una Cosa Divertente che non Farò Mai Più’, con la quale scoprì che un libro può essere fatto anche solo di note (“Per stravolgere le regole, occorre prima conoscerle”. Cit. Forforismi Pastorology), ha proseguito il suo viaggio induttivo nella Galassia DFW con ‘Verso Occidente l'Impero Dirige il Suo Corso’ e con ‘Il Rap Spiegato ai Bianchi’ (featuring Mark Costello) mai restando delusa. Definito da David Ulin, editore del Los Angeles Times, "uno degli scrittori più influenti e innovativi degli ultimi 20 anni", con ‘La Scopa del Sistema’, Il suo romanzo d'esordio, invece DFW. Punto. La trama, complessa, intricata, paradossale, a tratti surreale, narra le vicende di una giovane centralinista, discendente di una ricca famiglia industriale impegnata nell’edizioni di libri e romanzi, e la sua articolata relazione con il principale. Entrambi sono in terapia da uno psicoterapeuta.
La bisnonna della giovane centralinista, sua omonima, scompare misteriosamente da una casa di cura con altri ospiti, un evento di cui sembra a conoscenza il padre della giovane.
Parallelamente, il suo pappagallo acquista un'improvvisa eloquenza e viene utilizzato da un telepredicatore nel suo show televisivo.
Si verificano anche strane avarie al centralino dove lavora la giovane centralinista. che nel frattempo intraprende una relazione con una vecchia conoscenza con cui ebbe un diverbio in passato, mentre la moglie di lui ha una relazione con il principale.
A complicare ulteriormente la trama, il principale racconta alla giovane centralinista storie giunte alla sua casa editrice. La ricerca della bisnonna nel fittizio "Deserto Incommensurabile dell'Ohio" (DIO), la storia della variegata famiglia della giovane centralinista e l'incontro con il fratello di quest’ultima sono elementi che attribuiscono alla narrazione contorni distopici quanto mistici. La narrazione culmina con la scomparsa finale della giovane centralinista e della sua vecchia conoscenza.
«Molte ragazze davvero belle hanno dei piedi davvero brutti.»
«Signori, ci serve un deserto. [...] Sissignori, un deserto. Un punto di riferimento primordiale per le buone genti dell'Ohio. Un luogo da temere e amare. Un luogo selvaggio. Qualcosa che ci rammenti contro cosa abbiamo lottato e vinto. Un luogo senza centri commerciali. Un Altro per stimolare l'Io dell'Ohio.»
L'autore ha costruito la struttura del romanzo basandosi sulle teorie logico-linguistiche di Ludwig Wittgenstein, filosofo e logico austriaco, i cui studi si sono concentrati principalmente sulla logica e sulla filosofia del linguaggio, della mente e della matematica. È ampiamente riconosciuto, soprattutto nel mondo accademico anglosassone, come uno dei più grandi pensatori del XX secolo.
L'autore stesso ha descritto il romanzo come una conversazione immaginaria tra Jacques Derrida, influente filosofo e saggista francese, celebre per aver sviluppato il concetto di decostruzione, il cui pensiero ha avuto un impatto significativo in numerosi campi dalla linguistica, la critica letteraria, la teoria politica, la giurisprudenza, agli studi religiosi, financo la teoria dei media, l'antropologia, gli studi culturali, l'architettura (ispirando il movimento decostruttivista), gli studi postcoloniali, gli studi di genere e la psicoanalisi e lo stesso Wittgenstein.
A Gloss è rimasto lo sconcerto di aver letto qualcosa di valore che non leggerà mai più.
(seguente)
giovedì 12 giugno 2025
'Dalla Cina con Sudore' di Giuseppe Narciso
Gloss stavolta parte dalla copertina, forte della sua esperienza di un secolo fa: di Art Director nella Milano da Bere, che la portò a creare pubblicità e Immagini Aziendali Coordinate, copertine di libri comprese. La nota subito sul banco del CSU a “Libri In Piazza” : in effetti, non c’è colore meglio del rosso per attirare l’attenzione (eccellente allo scopo di mettere in guardia dai pericoli, basti pensare ai cartelli stradali e al semaforo, quando rosso).
Anche il titolo del romanzo è attraente, per una cresciuta a pane e film di Bruce Lee: è la divertente parafrasi di un film passato alla storia per chi è nato tra i Sessanta e i Settanta, come l’autore Giuseppe Narciso. “Dalla Cina con Furore”. Ciò che non coglie subito è il significato dell’immagine: quelle che dapprima appaiono come macchie ingiustificate e una piccola Italia, diventeranno un cane/Cina che fa un sol boccone dell’Italietta, ulteriore conferma dell’uso di ironia da parte dell’autore. “L’ironia salverà il mondo” cit. Forforismi Pastorology, antica pagina Facebook di aforismi che danno grattacapi come la forfora. Salverà anche l’Italia? Forse no. Ma salva il protagonista, Candido Volterre, alter ego del Narciso, che, nell’accomiatarsi dalla sua ormai ex compagna nel momento in cui la donna si preoccupa di lui in chiusura del romanzo, esclama: «Non preoccuparti per me: gli stronzi galleggiano!”
Cosa rende credibile una narrazione? Secondo una dichiarazione su L'indice dei Libri del Mese, Andrea Pomella è la voce narrante in prima persona a renderla verosimile. Che non necessariamente è la voce dell’autore, ma può essere benissimo quella di un personaggio di invenzione. Invece Giuseppe Narciso, l’autore di “Dalla Cina con Sudore” parla di sé tramite un eteronimo, rendendo tutto non solo verosimile, ma veritiero.
Il Narciso, siciliano doc, dichiara subito che la sua opera è il reportage d’esperienza personale in Cina anche se sotto falsa identità come tutti gli altri personaggi a tutela della loro privacy. E della propria. Infatti denuncia parecchi “fattacci” cinesi, sia politici che aziendali, sia a livello personale che sociologico, di cui Gloss non fa spoiler. Essendo la Cina sotto un regime autoritario, un romanzo di denuncia sarebbe molto mal visto e potrebbe mettere in pericolo la vita delle persone e delle aziende che hanno investito in quel Paese. Financo gettare ombre sull’intera Italia, che la Cina ingoierebbe in un solo boccone, come anticipato dalla copertina.
Pur notando che il romanzo non ha beneficiato di un editing professionale, e nemmeno di un grafico che ingrandisse un tantino il carattere di stampa (una lettura densa e corposa come l’autore viene ridotta a disagevole se in corpo 8) e che rendesse più artistica e gradevole la copertina, Gloss riconosce che si tratta di una narrazione coraggiosa, sebbene ironica, ma forse proprio per questo ancora più forte, senza pietismi né vittimismi, di forte impatto perché schietta come chi l’ha scritta. Uno scrittore onestamente illuso dalla validità dell’ideologia comunista, nonostante la disillusione cinese, eppure è tanto lucido e distaccato da non risparmiare critiche a un Paese che fece del comunismo la propria fede. A torto, a giudicare dalla mancanza di democrazia.
Divertimento “garantito al limone” (Gloss farà una ricerca etimologica su questa spiritosa frase idiomatica) la sezione “Glossario, Personaggi, Sigle, Aziende e Curiose Assonanze” in cui il Narciso si adopera al meglio della sua filosofia ironica (e autoironica). Ricordando i suoi natali siculi, Gloss legge di una società (Business Expansion ATA), il cui acronimo è BEATA, che crea una Joint Venture con la cinese Ming. Nasce la BEATA MING. O viene menzionata la Chinese Aviation Group (CAG) in Joint Venture con la summenzionata ATA, dando vita a… Gloss lascia ai suoi lettori il piacere della scoperta.
venerdì 30 maggio 2025
'La Forza della Ragione' di Oriana Fallaci
Durante il Salone del Libro di Torino edizione 2025 (SalTo25) Gloss ha assistito alla presentazione del libro del prof. Pier Franco Quaglieni sul pensiero del “Pannunzio liberale” Edizioni Pedrini di cui deve ancora iniziare la lettura. Nella conferenza, il docente ha citato il pensiero dell’Oriana Fallaci nazionale. Gloss ha preferito partire da lei, rileggendo il suo ‘La Forza della Ragione’. Chi segue Gloss, sa che ogni sua riflessione filosofico / umanistica decolla non da teorie, ma da esperienze personali. Quando lo lesse la prima volta, era ancora inconsapevole del tacito dilagamento in corso di esecuzione da parte dell’Islam.
Già sul finire del Novecento a Torino, in zona Piazza della Repubblica, si era accorta dell’arrogante trattamento da parte di un egiziano da cui aveva acquistato una porzione di Kebab. Fino a quel momento, animata da un forte spirito di empatia e accoglienza, lo aveva stimato per l'efficace inserimento nel tessuto sociale italiano. Ma non diede peso: 'anche gli uomini possono avere le loro paturnie'. Non pensò potessere essere razzismo al contrario. Qualche anno più tardi, intorno al 2014, in cui si trovò nelle condizioni di vendere una proprietà nella bassa bergamasca, venne ospitata da una giovane vicina di casa araba i cui cinque figlioletti in età di scuola primaria guardavano i cartoni animati su un canale satellitare arabo, con protagonisti di tutte le etnie: quelli arabi prevalevano e tormentavano quelli europei. La trasmissione era in lingua araba con sottotitoli. I piccoli tra loro parlavano arabo e italiano, deridendo i personaggi europei.
Fu in quel contesto che mise insieme i pezzi del puzzle (netta maggioranza di migranti mussulmani, sbarchi facilitati, ONG finanziate, prevalenza di operai nordafricani nelle officine italiane, scuole per l’infanzia piene di figli dell’Islam, appartamenti locati quasi esclusivamente a emigrati del nordafrica, specie in provincia dove gli alloggi costano meno delle grandi città, voto agli immigrati, 'ius soli') e si accorse dell’invasione silenziosa con dieci anni di ritardo sulla Fallaci.
Nel compilare la presente recensione, come sempre si documenta. In Rete esistono dati incontrovertibili su personaggi noti e meno noti convertiti all’Islam, tra cui Cassius Clay, Sinéad O’Connors*, Cat Stevens (e forse perfino Whitney Houston e Michael Jackson a stare a ciò che viene dichiarato su un sito islamico che desidera non riportare per evitare di far pubblicità. È comunque disponibile a segnalarlo a chi le volesse fare richiesta). Oltre a cittadini privati, uomini, solo uomini, che, dopo la conversione all’Islam, sono diventati direttori di Istituti Culturali della Comunità Islamica, studenti di islamistica all'Orientale di Napoli, segretari di Associazione islamiche, segretari di Centri Studi Metafisici (tra cui quello di Milano), responsabili CO.RE.IS. Comunità Religiosa Islamica Italiana, leggi associazione islamica sunnita italiana, presidenti dell'associazione islamica che fanno lezioni quotidiane in moschee (come nella moschea "Il Misericordioso" di Milano), perfino un fotoreporter italiano famoso rapito nel sud dell'Afghanistan, che in prigionia trovò conforto nel Corano e un ex ambasciatore che rappresentavano l'Italia alle Nazioni Unite e che oggi dirige la sezione italiana della Lega musulmana mondiale. Lobbisti politicanti che si industriano presso i nostri parlamentari affinché sia proposta la lettura del Corano a scuola, perché sia tolto il crocifisso dalle pareti, perché sia accolta la Legge Islamica (leggi Sharia**) che, per inciso, punisce con la morte per lapidazione la donna per adulterio, che impedisce di impiegarsi lavorativamente parlando alle donne e che vieta l’istruzione alle donne talebane. Donne, solo donne.
Gloss si è anche adoperata a reperire il significato di ISLAM: sostantivo verbale traducibile con "assoggettamento" [a Dio (ALLAH)], anzi, “sottomissione”, donare il proprio viso [a Dio (ALLAH)]. 'Sottomissione', non a caso titolo di un’opera di Michel Houellebecq.
Il libro della Fallaci è una denuncia circostanziata di questa ‘invasione silenziosa’. Più di mille parole, vale la chiusura, che Gloss riporta integralmente. “(...) Il cervello è un muscolo. E come ogni altro muscolo ha bisogno di essere tenuto in esercizio. A non tenerlo in esercizio impigrisce, si intorpidisce. Si atrofizza come si atrofizzano le mie gambe quando per mesi e mesi sto a questo tavolino, sempre a scrivere, sempre a studiare… E atrofizzandosi diventa meno intelligente, anzi diventa stupido. Diventando stupido perde la facoltà di ragionare, di giudicare, e si consegna al pensiero altrui. Si affida alle soluzioni già pronte, alle decisioni già prese, ai pensieri già elaborati confezionati pronti all’uso. Alle ricette che, come le bilance elettroniche (che si sostituiscono al calcolo umano dei 307 grammi in più di merce) o i fornelli a gas (che sostituiscono la necessità di attivarsi per accendere il fuoco) o i computer (per non parlare della AI), l'indottrinamento gli somministra attraverso le formule del Politically Correct. La formula del pacifismo. La formula dell’imperialismo. La formula del pietismo. La formula del buonismo. La formula del razzismo, la formula dell’ecumenismo. La formula anzi, la ricetta del conformismo, cioè della viltà. Senza che lui se ne rendesse conto. Il fatto è che non può rendersene conto. Quelle formule e quelle ricette sono veleni incolori, insapori, indolori: polvere d’arsenico che ingerisce da troppo tempo. E niente è più indifeso quindi più malleabile e manipolabile d’un cervello atrofizzato, d’un cervello stupido, d’un cervello che non pensa o pensa con i cervelli altrui.”
In conclusione, Gloss non desidera fare moralismo né essere retrograda, negando diritti fondamentali ai migranti, ma trasmettere i valori della Cultura di Occidente: ‘abilità combinatoria alfabetica, approccio strutturato al ragionamento, criterio estetico che guida la scelta e l'apprezzamento di opere della letteratura, rapidità e la flessibilità con cui si elaborano pensieri e si risolvono problemi di composizione letteraria, concisione e l'efficacia nell'esposizione delle argomentazioni, originalità e la creatività nell’esemplificare, contaminazione e il rimescolamento di diverse maniere di scrivere, tipiche di generi o epoche differenti risiedono alla base di un capolavoro dell’occidente’.
Cit. ‘Della scrittura entropica’.
Tutti elementi che un sapere basato esclusivamente sul Corano non può raggiungere. Salviamo la Cultura perché ci rende liberi.
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*Sinéad O’Connors, in questo video in vesti islamiche. Impressionante osservare il suo sguardo verso il 4’50’’ Sinead O'Connor 'Nothing Compares 2 U' | The Late Late Show | RTÉ One
**Sharia: Cos'è la sharia, spiegato bene - Il Post
‘Vai Avanti, Non Lasciarti Fermare’ di Angela Grimaudo
Quest’anno Gloss ha voluto fortemente partecipare al Salone del Libro di Torino, ( a questo link sue considerazioni sul prezzo del biglietto ; per inciso, Gloss vi prega di iscrivervi al suo canale. A voi nulla costa, a lei invece gratifica) che per comodità gli operatori del settore chiamano SalTo con un numerino attaccato che corrisponde all’anno di edizione. Pertanto, sebbene tante sue colleghe e colleghi abbiano voluto snobbare il SalTo25 per sopravvenute intolleranze varie (la cui disanima sarà fatta prossimamente sul blog poetryreadingandotherside ) non partecipando nemmeno il suo editore da un paio di volte, Gloss ha trovato un efficace strumento di organizzazione, promozione e vendita nel Collettivo Scrittori Uniti (CSU) , dove tutt3* vendono tutt3, non solamente il proprio libro.
Nella cosiddetta Area Self ha incontrato Angela Grimaudo che, al sentire della recensione fatta ad altra autrice self, Adriana Porto ‘Angoli Bruciacchiati’, ha voluto fare dono del proprio libro nella speranza di una recensione.
Mentre Gloss stava pensando “Ecco un’altra sedicente scrittrice che giunta a bilanci di 'una certa', vuole parlare delle gioie e dei dolori della sua famiglia, come fosse una novella Allende che ha da insegnare ad altri. Quasi mai è così.” l’avvisa che il suo blog è ‘cattivo’ o perlomeno ritenuto tale, da chi si aspetta recensioni solo positive.
Per esempio, il libro ‘Angoli Bruciacchiati’ ha “subito” una serie di critiche, ma costruttive, che l’autrice ha ritenuto con intelligenza di considerare quanto consigli per migliorare la propria scrittura. La Grimaudo ha accettato, evidentemente consapevole del suo valore.
Gloss infatti ha dovuto ricredersi. Primo, perché la Grimaudo è una scrittrice accorta che sa scrivere con leggerezza che non è superficialità alla Calvino, soprattutto senza infarcire il testo di pesantezze grammatical/lessicali che impediscono la lettura e predispongono a recensioni negative ( Daniel Pennac docet ). Usa il siciliano come momento di divertimento (nel senso latino di [divertĕre] vedi 'M'Illumino di Mensole' di Roberto Marzano) e ironia (‘l’ironia salverà il mondo’ è uno dei motti preferiti di Gloss) inframmezzando le espressioni dialettali a denunce sociali sul rapporto Uomo/padrone e Donna/sottomessa che ritornano di pagina in pagina.
Ecco alcuni esempi: nel narrare i giochi tra bimb3, (“Tre parole: non avevamo niente”) la Grimaudo scrive che “Naturalmente, neanche a dirlo, il trattorino era appannaggio dei maschi”. Le canzoni dell’infanzia insegnavano loro quale fosse il ruolo della donna in società: “tutto ci spiegava per filo e per segno cosa bisognasse o non bisognasse fare e quale fosse il destino delle dolci fanciulle.” La ragazza, o meglio, la bambina doveva essere bella sempre, pena il bando dall’entourage familiare e sociale. E zitta, anzi in siciliano “t’ha stari muta”, usato a mo’ di mantra dagli adulti.
Nel raccontare la salita al Nord dove negli anni Sessanta c’era lavoro vero, scrive: “biglietto di sola andata per Torino, la città dove in seguito sentii dire che gli agnelli erano i padroni. Che strana cosa: da noi era tutto il contrario, gli agnelli dovevano obbedire ai pastori".
Con la descrizione dell’abitazione torinese, il lettore accorto riesce a fare la tara delle condizioni di provenienza: “l’appartamento era al piano rialzato, camera e cucina tutta per noi e, non ci potevo credere! Quella casa era magica, c’era pure un lavandino con il rubinetto dell’acqua, un miracolo, praticamente avevamo l’acqua in casa e udite, udite… acqua a volontà."
E dire che i nostri figli si lamentano se non si accende il boiler…
“In merito all’uso del rinale, noi avevamo delle idee innovative, era utilissimo per i nostri bisogni, ma non quelli fisiologici, diciamo che ci serviva a fini strategici. Dato che si spostava facilmente e soprattutto che era trasportabile con tutto il contenuto, se messo al posto giusto al momento giusto e alla persona giusta, senza il minimo sforzo poteva essere di grande aiuto nella pulizia dei piedi.”
L’emancipazione di Angela inizia già negli anni del collegio gestito da suore: alla scoperta dei pidocchi nelle ragazzine delle elementari, “le care sorelle grandi (chissà perché poi sorelle?) legavano le mani dietro la schiena affinché non si grattassero. Noi le controllavamo e appena giravano gli occhi, ci nascondevamo e slegavamo subito le mani.”
Eppure l’autrice intitola un capitolo EMANCIPAZIONE molto più tardi, quasi a metà del libro, in occasione del taglio di capelli alla Caterina Caselli della sorella in stile “nessuno mi può giudicare” in pieno vigore di regime maschilista in cui “soffocare sul nascere qualsiasi accenno di rivolta o emancipazione arrivasse dal basso.” La sorella fu presa a zoccolate e definita per l’appunto “zoccola”. La Grimaudo già aveva anticipato scrivendo: “Nelle belle tiritere le donne erano appellate ‘fimmini’, mentre i maschi ‘omini’. Giusto per fissare meglio i concetti nella mente, nella totale indifferenza. Marcare il territorio con parole semplici ed efficaci, contribuiva a memorizzare meglio il concetto della diversità, per meglio incidere i distinguo nella mente di tutti. Il fine occulto era quello di placare sul nascere eventuali rivendicazioni delle donne, per meglio autoconvincerle della presunta inferiorità nei confronti dell'uomo."
Quell'atteggiamento consolidato e stereotipato che riguardava la figura femminile conduce la Grimaudo dritta dritta a ribellarsi all’imposizione della scuola magistrale (“così se mi fossi stancata avrei potuto fare la maestra, un mestiere più adatto a una femmina”).
Irremovibile coi familiari, vince la battaglia per il liceo scientifico, anticipando le lotte per l’affermazione femminile in campo di STEM, acronimo di science, technology, engineering and mathematics, che indica le discipline scientifico-tecnologiche e i relativi corsi di studio, in cui oggi le donne eccellono al pari dei colleghi uomini, ma che all’epoca erano di mero appannaggio maschile.
Consueta considerazione grafica della copertina: essendo stata Gloss Art Director nella ‘Milano da Bere’ la considera un venditore muto. L’avesse dovuto acquistare il libro, non l’avrebbe fatto, perché le foto di famiglia l’avrebbero ingannata sul reale contenuto dell’opera. E se mai la Grimaudo un domani volesse rifarla, dovrebbe seriamente considerare di cambiarla e di scrivere un titolo meno discorsivo, più incisivo e accattivante, e anche di rimuovere anche l’appendice: non interessano le foto familiari se non a lei, tanto quanto la sua evoluzione da ‘fimmina’ sottomessa e “t’ha stari muta” a donna di carattere affermata lavorativamente ed emancipata.
Insomma, anche con Angela Grimaudo il CSU ha dimostrato di saper scegliere opere di valore.
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* bimb3: non è un refuso, è un modo semplice per prevenire le discriminazioni, specie quelle di genere. Gloss preferisce non usare gli asterischi - non perché Valditara li abbia vietati, ma perché ipocriti. E non vedo come qualcosa di non appartenente alla nostra lingua - il suono schwa ә - possa riguardare gli italiani. Piuttosto meglio l'utilizzo di un 3 come desinenza per non discriminare nessun3.
domenica 27 aprile 2025
“Gli Angoli Bruciacchiati” di Adriana Porto
Quando le viene proposta la lettura di un’esordiente, reduce da quella spinta di qualche anno fa, che la voleva “badante letteraria” allo scopo di sostenere i giovani che si accingono a questo “mondo difficile e felicità a momenti” che è l'Editoria italiana, Gloss accetta volentieri. Specialmente se l’esordiente è donna: in ogni ambito lavorativo, le donne sbattono contro il glass ceiling. L’autrice in questione è Adriana Porto: non è una sprovveduta, fosse solo per i plurimi impegni che ha (Polstrada, Ciclofficina, bicicletta).
Conosciuta ad aprile 2025 nell’ambito di una delle fiere promozionali del CSU (Collettivo Scrittori Uniti) si sono scoperte sintonizzate sia sull’editoria che sulla vita. La settimana successiva, il “Pennivendolo ubriacone” Marco Ferreri (qui intervistato da Alberto Grometto, Augusto Direttore di Erre18 radio di Mercuzio&Friends - per inciso, l’11 aprile è stata intervista dai Mercuziani anche Gloss -, ha chiesto a Gloss di leggere "Gli Angoli Bruciacchiati”di Adriana Porto allo scopo di partecipare al suo podcast “Pirati della Cultura”.
L’enorme ego di Gloss non ha potuto rifiutare un’occasione splendida per diventare ancora più trofico. Ma chi segue Gloss, sa che cerca di trasformarlo ogni giorno in qualcosa di utile per le altre persone. E così ha deciso di sostenere l’esordiente Adriana Porto. Chi segue Gloss, sa anche che in una narrazione pretende di trovare certi elementi che rendano la lettura non solo scorrevole, ma appassionante, che catturi i lettori e le lettrici fino a staccarsi solo alla parola FINE.
Pretende che sia un prodotto facilmente vendibile anche solo con il passaparola, in quanto le piccole CE in Italia non sono benefattrici ma imprenditrici, per sopravvivere devono poter vendere e non da ultimo ricavare qualche guadagno.
Pretende che il romanzo sia ben costruito, sia dal punto di vista della grammatica (senza essere una grammarnazi, chi segue Gloss sa che ritiene le regole grammaticali un sentiero che guida e non un'autostrada asfaltata dal dio della regola) sia da quello dello della logica consequenzialità della narrazione.
Chi conosce Gloss sa anche che uno dei suoi autori preferiti e che prende a modello è David Foster Wallace, capace di infarcire un romanzo di note a piè pagina facendone l’elemento caratteristico e scrivendo un libro nel libro senza annoiare, o di fare discorsi infiniti ben motivati parlando del nulla e comunque molto arricchenti linguisticamente e filosoficamente.
Gloss pretende che la narrativa abbia da insegnare qualcosa di utile a chi legge, non solo intrattenerlo, magari con banalità.
Che, in sostanza, crei valore. Ebbene, Adriana Porto fa tutte queste cose: una scrittura semplice e scorrevole, senza intoppi grammaticali, la narrazione delle “sue” donne coinvolge tutte e tutti, anche gli uomini perché trattano temi universali, seguono una coerenza intrinseca anche passando da un racconto all’altro. Soprattutto “Gli Angoli Bruciacchiati” crea valore, perché incoraggia uomini e donne incastrate in un qualche problema esistenziale (sia esso il mobbing lavorativo o un partner possessiv3 e tossic3 (a proposito di *, shwa e 3, Gloss vi invita a leggere qui), in un problema alimentare o un’impasse familiare) a mettersi in gioco, perlomeno a riconoscere di avere un problema. La Porto afferma di essere “talmente circondata da amiche insoddisfatte, stanche ed esaurite che davvero ho voluto far qualcosa per cambiare tale stato. E così ho esteso il “My family bike!".
I problemi sono fatti per essere risolti.Cit. Forforismi Pastorology, antica pagina Facebook che proponeva aforismi che danno grattacapi come la forfora.
Per provare a risolvere un problema, però, è necessario prima riconoscerlo. Adriana Porto invita le persone a mettersi in gioco. Già questa consapevolezza è una vittoria.
Qualche osservazione critica che vogliono essere costruttive per la Porto. La copertina: è il primo venditore muto. Da Art Director nella Milano da Bere, questa non parla e quindi non vende.
Le narrazioni sono tutte legate tra loro dal filo conduttore della bicicletta. E sono narrate tutte in prima persona. Il diario interiore è di gran moda in Italia, ma occorre anche trovare una “voce personale” per ogni protagonista al fine di distinguerle le une dalle altre, essendo esperienze reali di undici donne. Altrimenti, sembra che Adriana parli sempre con la propria voce.
Si alleni allora a fare due cose: la prima, ad usare la terza persona, a prendere distacco cioè dalla storia raccolta. Vedrà che imparerà a trovare uno stile adatto a ogni protagonista. Si alleni a copiare, sì, copiare, partendo dal Pirandello che si faceva dominare dai personaggi. Basti pensare ai “Sei personaggi in cerca di autore”.
Un terzo approccio per migliorare la propria scrittura è quello di leggere leggere leggere leggere anche autori e autrici che sente lontanissimi da sé: scoprirà mondi meravigliosi che la ispireranno. Essere scrittori non significa solo scrivere bene un bel temino, ma anche affascinare lettori e lettrici pur parlando del nulla.
Per concludere, Gloss le riconosce il merito di immettere nella sua narrazione alcune riflessioni che valgono anche se estrapolate dal contesto. Da filosofa umanista, Gloss le riporta volentieri. Magari vanno a vantaggio anche di chi legge queste modeste poche righe di recensione.
Quando la Porto parla di oggetti che finiscono per “prendere polvere senza essere utilizzati”, sottolinea: “oggetti che ci riempiono gli occhi quando li guardiamo e ci fanno vantare di possedere ma che in realtà sono ben lontani dal renderci felici” sorta di citazione del monologo iniziale del film Trainspotting.
Afferma di non poter stare ferma: “i miei punti di ruggine mi renderanno solo più bella e sicuramente avrò i segni della vita, ma sarò sempre io, viva, felice, piena e nuda”. Un po' come "portare le rughe come medaglie." Che è un ... indovinate nei commenti.
“Nella vita il giudizio è il male peggiore.” “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo!” A Gloss, buddista, sembra riconoscere del “buddese”.
In definitiva, il libro della Porto apporta valore alle persone, tra esempi proattivi, filosofia e saggezza, resilienza e vittoria su sé stessi tramite l'autoconsapevolezza. Gloss conclude che la letteratura, quella buona, deve poter insegnare qualcosa che non si conosce, in un mondo culturale come quello italiano dominato dal tronismo e dalla perdita di lessico: ne è esempio anche il termine “gravellate” che Gloss invita a ricercare, allo scopo di arricchire il proprio spirito di ricerca.
(seguente)
venerdì 18 aprile 2025
"Anni Luce" di Andrea Pomella
Non eravamo altro che pietre, la tua luce ci ha reso stelle. Eddie Vedder
Da musicofila appassionata tanto quanto appassionata lettrice, appena ricevuto l’invito a partecipare al gruppo di lettura “Alza il Volume!” della Libreria Binaria di Torino dedicato a “libri musicali” ha aderito con l’entusiasmo che la caratterizza. Nulla di più appassionante per lei di un gruppo che lega socialità, musica e letture. E l’esergo di "Anni luce" di Andrea Pomella, candidato al Premio Strega 2018, convince definitivamente la filosofa umanista che nei Novanta era preda del reaganismo e ballava sui cubi delle discoteche tra Milano e Brescia. Nell’ammetterlo nessuna vergogna radical chic!
L'autore immagina l'inizio della sua storia con radici a Seattle, una città americana piovosa dove vive di surf e rock proprio Eddie Vedder. In questo personaggio risiede lo spirito degli anni Novanta.
Il libro scorre veloce come i viaggi tra Amsterdam e Roma e ritorno in meno di 24 ore solo per acquistare del Whisky a basso costo. Narra della passione di un ventenne romano durante un periodo di transizione, un viaggio fisico e mentale compiuto alla fine del ventesimo secolo.
"Anni Luce" è un romanzo di formazione, con la musica dei Pearl Jam a fare da sfondo a un periodo della vita fatto di luci e ombre, che ha profondamente segnato una generazione. Pomella spiega come l'album "Ten" del 1991 abbia avuto un impatto travolgente sulla giovinezza del protagonista (che non è Pomella: l’autore pubblica il romanzo nel 2018, quindi lo scrive sarebbe troppo giovane per aver vissuto le mirabolanti avventure del protagonista, tra sbornie colossali e feste dai pentoloni di rigatoni lanciati sui soffitti di case altrui durante feste memorabili. O forse sì?) In effetti si tratta di gesta adolescenziali, di figli di papà che non hanno altre ambizioni oltre a quelle dello stordimento stupefacente. A distanza di venticinque anni, Pomella ha sentito il bisogno di scrivere un testo su questa band, in occasione dell'anniversario. Riascoltare la loro musica ha risvegliato in lui un turbine di emozioni e ricordi.
Sebbene il romanzo abbia come riferimento costante i Pearl Jam, il protagonista nega di esserne un fan. È soprattutto la storia di un'amicizia, quella con Q (che gli fa conoscere la band), compagno di bevute, viaggiatore, chitarrista talentuoso, figura eccentrica, saggia, eccessiva, imprevedibile, lunatica. Secondo Gloss altro non è che la parafrasi dell’amico immaginario Boddah di Kurt Cobain. Attraverso la sua narrazione, Pomella rievoca una passione e un'età incerta, con una voce narrativa che riecheggia Eddie Vedder.
È anche il rocambolesco racconto di un viaggio da guasconi vagabondi attraverso l'Europa, intrapreso per superare la paura dell'età adulta in arrivo. Trainspotting, il film tratto dal romanzo omonimo di Irvine Welsh del 1993, subito assurto a cult movie (il prestigioso British Film Institute lo premia col decimo posto della lista dei migliori nel 1999) fa da sfondo tematico alle loro imprese sgangherate quanto allucinate, consapevoli che a trent’anni sarebbero stati normalizzati nel banale turbine della vita quotidiana.
E Gloss suppone, fin dalla citazione del film nel primo terzo del libro, che il protagonista farà esattamente quella fine lì. Senza peraltro entrare nel “Club dei 27”, come lo stesso Eddie Vedder, ormai signorotto grasso e marginale, passato da sport pericolosi e autolesionisti alla tranquilla vita della banalità. Evitando accuratamente il “Club dei 27”.
La consueta nota sulla copertina, che Gloss ama definire “primo venditore muto” di un libro, dove protagonisti sono i colori stralunati di non luogo della Roma periferica. Forse in linea coi temi del romanzo, ma Gloss non l’avrebbe comprato. E non avrebbe sbagliato. Il libro è bello, ma il protagonista è incoerente, nell'esaltare una vita disagiata per poi adattarsi a quella di tutti coloro che fino all'anno prima aveva considerato sfigati.