Non eravamo altro che pietre, la tua luce ci ha reso stelle. Eddie Vedder
Da musicofila appassionata tanto quanto appassionata lettrice, appena ricevuto l’invito a partecipare al gruppo di lettura “Alza il Volume!” della Libreria Binaria di Torino dedicato a “libri musicali” ha aderito con l’entusiasmo che la caratterizza. Nulla di più appassionante per lei di un gruppo che lega socialità, musica e letture. E l’esergo di "Anni luce" di Andrea Pomella, candidato al Premio Strega 2018, convince definitivamente la filosofa umanista che nei Novanta era preda del reaganismo e ballava sui cubi delle discoteche tra Milano e Brescia. Nell’ammetterlo nessuna vergogna radical chic!
L'autore immagina l'inizio della sua storia con radici a Seattle, una città americana piovosa dove vive di surf e rock proprio Eddie Vedder. In questo personaggio risiede lo spirito degli anni Novanta.
Il libro scorre veloce come i viaggi tra Amsterdam e Roma e ritorno in meno di 24 ore solo per acquistare del Whisky a basso costo. Narra della passione di un ventenne romano durante un periodo di transizione, un viaggio fisico e mentale compiuto alla fine del ventesimo secolo.
"Anni Luce" è un romanzo di formazione, con la musica dei Pearl Jam a fare da sfondo a un periodo della vita fatto di luci e ombre, che ha profondamente segnato una generazione. Pomella spiega come l'album "Ten" del 1991 abbia avuto un impatto travolgente sulla giovinezza del protagonista (che non è Pomella: l’autore pubblica il romanzo nel 2018, quindi lo scrive sarebbe troppo giovane per aver vissuto le mirabolanti avventure del protagonista, tra sbornie colossali e feste dai pentoloni di rigatoni lanciati sui soffitti di case altrui durante feste memorabili. O forse sì?) In effetti si tratta di gesta adolescenziali, di figli di papà che non hanno altre ambizioni oltre a quelle dello stordimento stupefacente. A distanza di venticinque anni, Pomella ha sentito il bisogno di scrivere un testo su questa band, in occasione dell'anniversario. Riascoltare la loro musica ha risvegliato in lui un turbine di emozioni e ricordi.
Sebbene il romanzo abbia come riferimento costante i Pearl Jam, il protagonista nega di esserne un fan. È soprattutto la storia di un'amicizia, quella con Q (che gli fa conoscere la band), compagno di bevute, viaggiatore, chitarrista talentuoso, figura eccentrica, saggia, eccessiva, imprevedibile, lunatica. Secondo Gloss altro non è che la parafrasi dell’amico immaginario Boddah di Kurt Cobain. Attraverso la sua narrazione, Pomella rievoca una passione e un'età incerta, con una voce narrativa che riecheggia Eddie Vedder.
È anche il rocambolesco racconto di un viaggio da guasconi vagabondi attraverso l'Europa, intrapreso per superare la paura dell'età adulta in arrivo. Trainspotting, il film tratto dal romanzo omonimo di Irvine Welsh del 1993, subito assurto a cult movie (il prestigioso British Film Institute lo premia col decimo posto della lista dei migliori nel 1999) fa da sfondo tematico alle loro imprese sgangherate quanto allucinate, consapevoli che a trent’anni sarebbero stati normalizzati nel banale turbine della vita quotidiana.
E Gloss suppone, fin dalla citazione del film nel primo terzo del libro, che il protagonista farà esattamente quella fine lì. Senza peraltro entrare nel “Club dei 27”, come lo stesso Eddie Vedder, ormai signorotto grasso e marginale, passato da sport pericolosi e autolesionisti alla tranquilla vita della banalità. Evitando accuratamente il “Club dei 27”.
La consueta nota sulla copertina, che Gloss ama definire “primo venditore muto” di un libro, dove protagonisti sono i colori stralunati di non luogo della Roma periferica. Forse in linea coi temi del romanzo, ma Gloss non l’avrebbe comprato. E non avrebbe sbagliato. Il libro è bello, ma il protagonista è incoerente, nell'esaltare una vita disagiata per poi adattarsi a quella di tutti coloro che fino all'anno prima aveva considerato sfigati.
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