mercoledì 16 aprile 2025

"Dove Dormi La Notte" di Michele Marziani

(precedente)  

Un Michele Marziani sorprendente rispetto alla precedente produzione. Gloss deve fare qualche precisazione: il Marziani ha scelto consapevolmente di vivere in montagna. “Io ho troppo bene impressa nella memoria la magica visione di quella asprissima notte. Addossati su di un breve ripiano l’un l’altro per ripararci dal vento e dal freddo, senza cibo, senza luce, nell'attesa (divenuto in ultimo spasmodica) dell’alba, abbiamo cantato e cantato fino a non avere più voce. Sotto di noi una fitta cortina di nebbia aveva formato un immenso mare bianco dal quale a guisa di isole e di scogli emergevano i picchi e le vette vicine. Copriva lo scenario un cielo infinito di stelle. Quante ne ho viste cadere e sparire trascinando nel vuoto la scia luminosa? In questo modo strano e superbamente suggestivo io ho vissuto ore di estasi contemplativa. A volte mi sentivo piccola e trascurabile cosa in tanto immensità, a volte mi sembrava invece di giganteggiare con lo spirito al di sopra di tutti gli altri uomini fatti vili e meschini dalle quotidiane miserie. Perché non si deve potere nella vita essere buoni e generosi come io mi sono sentito lassù?”  

Da filosofa umanista, Gloss ritorna all’interessante e celebre conclusione della “Critica della ragion pratica” di E. Kant: “Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuove e crescenti, quanto più sovente e a lungo si riflette sopra di esse: il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me”. Il Marziani ne chiarisce i motivi in “Dove Dormi La Notte”: di tutti i personaggi citati nel romanzo che hanno percorso “certe” strade preferisce mantenersi sui loro “ sentieri di montagna, dove l’aria arriva più limpida e l’orizzonte è più chiaro, mentre lo sguardo può perdersi a destra e a sinistra”. La sinistra oggi? In fondo a destra, cit. Forforismi Pastorology, un’antica di giorni pagina di aforismi che danno grattacapi come la forfora, preso poi come spunto da Ghali. Se davvero “condividere è cultura” (altro Forforisma della Gloss) bisogna accettarne le conseguenze.  

 

L’altra precisazione, è che il Marziani ha in mente da anni questo romanzo - che tanto romanzo non è. Per dedizione allo “zio”? Michele Marziani avverte l’esigenza morale, non solo familiare, di recuperare gli scritti dello zio Gian Battista allo scopo che “la memoria, i fatti, le emozioni non andassero dispersi. D’altra parte è vero che la sua è stata un’epoca dove la parola scritta aveva un grande valore”. Per dedizione alla pesca?  

Per dedizione alla Seconda Guerra Mondiale?  

Per dedizione alla coerenza con il proprio passato per così dire “anarchico” ?  

O forse per dedizione alla contraddizione, che è “sintomo di intelligenza” (e basta co’ ’sti Forforismi!)  

In effetti, perplessa sul titolo di cui non ha trovato riferimenti nel romanzo, Gloss ha chiesto al Marziani il motivo per cui l'ha intitolato così. E la risposta “è un fortunato misunderstanding. Nel librone di Stucchi che spesso cito c’è un dialogo tra lui e l’amico Gianni Citterio. Stucchi gli dice che entrerà in clandestinità e Citterio gli dice che se vuole cavarsela la prima regola è non dire mai a nessuno “dove dormi la notte”. Mi piaceva anche se poi ho scoperto che non l’avevo scritto. Mi sembrava un bel mescolare le carte e l’ho lasciato ugualmente.” Contraddizioni a josa, segno di furbizia. E cos’altro è la furbizia, se non una intelligenza commerciale?  

A proposito di "mescolare le carte” nello scorrere del libro si fa confusione con tutti quegli uomini dai ruoli e nomi simili e proprio quando Gloss si chiede “Dove sono le donne?”, il Marziani le risponde attraverso le pagine del libro. Comunque sì, le figure maschili arrivano a sovrapporsi, quasi un continuum, come fossero tutte uguali o almeno paritetiche tra loro. Non c'è un motivo ben preciso, o almeno il Marziani ammette di non conoscerlo: “mi lascio molto indagare dalla scrittura e restituisco quello che viene fuori”. In effetti, “La storia ha pieghe e interstizi ovunque.”  

Il romanzo ha restituito a Gloss qualche confronto col Marziani sull’attuale regime governativo italiano, partendo dall’esergo di Ernest Hemingway “Uno scrittore che non vuole mentire non può vivere e lavorare sotto il fascismo.” “Gloss, no, non viviamo in un regime antifascista, viviamo in una democrazia che elegge i fascisti. Non viviamo sotto il fascismo. Il fascismo è quando non si può eleggere nessuno o, nel caso della scrittura, non si può scrivere liberamente. Credo che ancora in Italia si possa scrivere quello che si vuole. Quando non si potrà più fare vedremo come agire.”  

Nell’impossibilità morale di prendere in mano gli scritti dello zio (“ho riscritto questa frase venti volte, cercando di migliorarla ma meglio di così non viene, perché è difficile non dire che c’era un gran caso nonostante fossero tutti d’accordo sul fatto che bisognava sconfiggere tedeschi e fascisti”), quando persino scrittori del calibro dello Scerbanenco dovettero rinunciare alla K (“Se si accettasse l’idea di una possibile collaborazione con l’Oss, la rapidità con cui Giorgio Scerbanenco ottenne il permesso di risidere a Lugano”) alla fine il Marziani cede: “Lo zio Battista ha imparato da Claudio Scivalocchi a credere negli uomini, a me non resta, invece, che abbandonare l’idea di farne un personaggio e imparare a credere a quello che all’inizio non volevo proprio: mi tocca condurre questa storia, raccontarla in prima persona.”  

Sebbene il romanzo, prima di una quindicina di pagine stenti a iniziare con spiegoni storici forse inutili ai paradigmi classici della letteratura, sembra condurre verso la rivalutazione socio politica di uomini (di uomini!) come Enrico Mattei e Stucchi e Citterio e Scivalocchi e zii vari, cercando di “ristabilire la verità, di citare gli assenti, di dare la giusta dimensione ai presenti, di presentare le armi agli astanti.” Peccando tuttavia di mancato coinvolgimento dei lettori e lettrici. Ma allora questo romanzo a che serve? Se lo chiede anche il Marziani, con la sua inequivocabile lucidità: è stato “un passatempo per un autore sfaccendato che non sa più cosa scrivere?”  

Gloss gli ricorda che in tempi di tronismo acuto, apprendere - o ricordare - anche una solo una parola pone un freno al baratro culturale dell’Italia.  

E la parola è irredènto agg. [comp. di in-2 e redento].  

(seguente)

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