Tutto questo per dire cosa? Che
evidentemente Ferrara è la capitale della pesca allo storione e del
caviale italiano. Almeno così dice l'autore, Michele Marziani, a
conclusione della sua opera, ma non sono d'accordo.
Ho imparato tante altre nuove cose col suo libro. Ho imparato il sentore del Po e i suoi
maestosi movimenti di nebbia e pioppi. Ho appreso il metalinguaggio
dei pescatori di storione fatto di ghebi, colauri, fosse, tressi,
cavaloti e chiaviche (che l'autore non si premura di tradurre,
lasciando al lettore il compito di scoprire sulla sua pelle come fece
lui stesso solcando il Po dalle foci).
Ora so come si chiamano certe anse dei
grandi fiumi, le golene, e che in quelle stesse anse vivevano persone
con le pezze al culo, magari talvolta coi piedi a mollo, che però, grazie
alla pesca di un mostro di storione, riuscivano a farsi la moto. Che gli
storioni, con le loro placche ossee, erano (e forse lo sono ancora, perlomeno a Ferrara visto che sono stati reintrodotti)
pesci preistorici salvifici. Che c'è tutta una cultura del vivere non solo sovietica attorno alle loro uova, il famigerato caviale. Che questa cultura fu (e grazie a pochi nostalgici
imprenditori agricoli è ancora oggi) soprattutto pratica, materica,
incardinata attorno ai legni per cuocere il caviale. Che lo storione
va cacciato (non pescato) al suono di musica, financo d'organo o di
opera lirica, come le vacche si lasciano convincere a produrre più
latte all'ascolto di Vivaldi.
Che il caviale non è soltanto
destinato a palati sopraffini, ma anche a menti che ne sanno
riconoscere la valenza organolettica capace di stimolare
sinesteticamente il senso dell'olfatto e dell'udito durante un
inusitato ferrarese viaggio salmastro. Che quando un libro si lascia leggere in un batter di ciglia sebbene il lettore non sia appassionato degli argomenti, allora è arte letteraria pura.
Consigliato ai nostalgici dei colori
odori gusti antichi mai tramontati, agli archeologi del sapere
fluviale, agli antropologi di cibi raffinati per le menti
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