venerdì 27 maggio 2016

"Fotogrammi in 6X6" di Michele Marziani

Questo libro di Michele Marziani stenta a partire. Il periodare è oscuro, manchevole, come le frasi mozzate, forse proprio perché delinea fotogrammi. Gloss avverte un tentivo di decollo quando il narratore, tornando indietro nel tempo, ricorda come da bimbo non capisse le parole dei canti alla messa, “signoredispighendori” e dissemina qua e là piccole perle di poesia.


Ma leggere è dare corpo a righe di monotoni disegni, trasformarli in pensieri, in cose da sapere.”

Solo da pag. 31 il lettore comincia ad avvertire che il racconto è in realtà un dialogo interiore, ma non sa ancora con chi. L'autore lascia sospettare che sia il nonno o il papà. Dopo due pagine, per un riferimento impossibile da dimenticare, il lettore capisce che è il papà. Eppure è solo a pag. 35, già oltre la metà del libro, che Marziani lo invoca. Se è vero che la buona letteratura si svela fin dalle prime pagine delineando il climax, allora è un po' troppo tardi.

Fuori della chiesa c'è il cartello del cinema ma in estate non funziona. Rimane sempre appeso l'ultimo film che c'è stato. E questo dà tristezza e dice che d'estate è tutto fermo e resta sospeso.” Malinconia dell'estate condensata in un'immagine semplice, condivisibile da tutti.

Ma il nonno sembra dirigere un'orchestra le cui note profumano, non suonano.” Il fotogramma della preparazione di salsa di pomodoro con dentro il sole da parte dell'intera famiglia, è colmo di poesia.

Un altro momento di alta umanità è quello del Gioco del Monopoli visto con gli occhi dei piccoli, che rimanda alla tragedia dei fallimenti dei grandi. “Chissà se un giorno si è stufato di Vicolo Corto e ha puntato tutto sulle case per ricchi, quelle di Viale della Vittoria, dove, lo sanno tutti, non passa quasi mai nessuno.”

Fino a pag. 46 su 53 la narrazione si snocciola tra memorie frammentate di un adulto che con la mente va all'indietro nel tempo fino all'età in cui fu bimbo. Il metodo linguistico utilizza periodi spezzettati e discontinui. Ma all'improvviso sbuca la nonna che con la sua lettera parla d'altro. Cambiano i nomi, cambiano i tempi, cambiano i luoghi, cambia lo stile, più fluido e accorato e disilluso. È la lettera ad un nipote che lei stessa sta crescendo, figlio di due terroristi degli anni di piombo, ora in galera. Però è una chiusa che lascia interdetto e spaesato il lettore, perché l'autore non ci spiega che il padre del nipotino è quello stesso bimbo riemerso dai ricordi frammentati, quindi il terrorista stesso. Gloss ci è giunta solo perché puro caso ha trovato per la sinossi. Ma a questo punto, dato che fu fotografa ai tempi dell'analogico, le scatta la domanda: perché fotogrammi 6x6. Una rapida ricerca sulla rete le conferma si tratti del famigerato medio formato, per garantire ultra ingrandimenti senza sgranature. Resta ancora più interdetta. Scopre allora che in generale un libro ha senso anche solo se accompagna verso la conoscenza. Questo "Fotogrammi in 6X6" non lo fa, quindi è relegato tra i non piaciuti.

Consigliato a coloro che vivono di memorie come scatti di fotografie.


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