Questo libro di Michele Marziani stenta
a partire. Le frasi sono involute, mozzate, perché, appunto,
fotogrammi. Forse tenta un decollo quando il narratore, tornando indietro nel
tempo, ricorda come da bimbo non capisse le parole dei canti alla
messa, “signoredispighendori” e dissemina qua
e là piccole perle di poesia.
“Ma leggere è dare corpo a righe
di monotoni disegni, trasformarli in pensieri, in cose da sapere.”
Solo da pag. 31 il lettore comincia ad avvertire che il racconto è in realtà un dialogo
interiore, ma non sa ancora con chi. L'autore lascia sospettare
che sia il nonno o il papà. Dopo due pagine, per un riferimento impossibile da dimenticare, il lettore capisce che è il papà. Anzi, è a pag. 35 che Marziani si rivolge al papà chiamandolo direttamente. Se è vero che la buona letteratura si
svela fin dalle prime pagine delineando il climax, allora è un po' troppo tardi, dato che
ci troviamo già oltre la metà del libro.
“Fuori della chiesa c'è il
cartello del cinema ma in estate non funziona. Rimane sempre appeso
l'ultimo film che c'è stato. E questo dà tristezza e dice che
d'estate è tutto fermo e resta sospeso.” Malinconia
dell'estate condensata in un'immagine semplice, condivisibile da
tutti.
“Ma il nonno
sembra dirigere un'orchestra le cui note profumano, non suonano.”
Il fotogramma della preparazione di salsa di pomodoro con dentro il sole da parte dell'intera famiglia, è colmo di poesia.
Un altro momento di alta
umanità è quello del Gioco del Monopoli visto con gli occhi dei piccoli, che
rimanda alla tragedia dei fallimenti dei grandi. “Chissà se un
giorno si è stufato di Vicolo Corto e ha puntato tutto sulle case
per ricchi, quelle di Viale della Vittoria, dove, lo sanno tutti, non
passa quasi mai nessuno.”
Fino a pag. 46 su
53 sono le memorie frammentate di un adulto che con la mente va
all'indietro nel tempo fino all'età in cui fu bimbo,
metodologicamente tradotte con l'uso di periodi spezzettati e
discontinui. Ma all'improvviso sbuca la nonna che con la sua lettera
parla d'altro. Cambiano i nomi, cambiano i tempi, cambiano i luoghi,
cambia lo stile, più fluido e accorato e disilluso. È la lettera ad
un nipote che lei stessa sta crescendo, figlio di due terroristi
degli anni di piombo, ora in galera. Però è una chiusa che lascia
interdetto e spaesato il lettore, perché l'autore non ci spiega che
il padre del nipotino è quello stesso bimbo riemerso dai ricordi
frammentati, quindi il terrorista stesso. Io ci sono arrivata solo perché ho trovato per puro caso la sinossi. Ma a questo punto, dato che fui fotografa ai tempi dell'analogico, mi scatta la
domanda: perché fotogrammi 6x6. Faccio una rapida ricerca sulla rete che mi conferma si tratti del famigerato medio formato, per garantire ultra ingrandimenti senza sgranature. Resto ancora più interdetta.
Scopro allora che in generale un libro mi piace solo se mi accompagna verso la
conoscenza. Questo non lo fa, quindi non mi è piaciuto.
Consigliato a
coloro che vivono di memorie come scatti di fotografie.
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