Michele Marziani ha inventato un
sottotitolo al suo romanzo UMBERTO DEI, che recita: biografia non
autorizzata di una bicicletta. Ho un grande rispetto per gli
autori, sempre, ma non credo sia appropriato, perché non è una
biografia. Per come si è svolta la narrazione, mi permetterei di
suggerire invece: nascita del futuro.
Voce narrante tra
monologhi interiori e dialoghi col passato reincarnato nel presente
attraverso vecchi compagni di Università e Nas, un giovane
assistente meccanico proveniente dall'Afghanistan, il protagonista
Arnaldo, ex promotore finanziario, ora vedovo riparatore di
biciclette, parte orso auto-compiaciuto della sua solitudine e arriva
capendo di non poter più stare solo. Il tipico percorso di
cambiamento suggerito da ogni scuola di scrittura., inframezzato da
rara poesia del quotidiano. Rara in senso di preziosa. Ho estrapolato
gli esempi più ficcanti. Di sé, alla ritrovata compagna di
Università Alberta, quando le confessa il timore di essere ricercato
dai Carabinieri per piccole malefatte terroristiche di gioventù,
Arnaldo dice:
Beh, sono stato un bastardo, come
tutti in quel mondo. Ma onesto. Ho pagato le tasse e dell'economia
non si sente l'odore. (…) la puzza, il marcio, la gente che sulle
tue transazioni perde il lavoro, vede aumentare il prezzo del riso,
magari muore di sete... No, è roba questa per cui non ti cercano i
carabinieri. No, per questo no” commento amaro.
Della società italiana (o occidentale
in genere) che male accoglierebbe un progetto costruttivo, invece:
Come se avesse senso oggi costruire
qualcosa, qualcosa che funzioni intendo. In un mondo dove tutto si
deve rompere in fretta per poterlo cambiare.
Al primo vero bacio di Alberta ad
Arnaldo, lui si ritrae e dice:
Non credo sia una buona idea
Perché?
Perché io le persone le perdo.
Poi però si lascia andare, così
meditando:
Che casino l'amore. (…) Con lutti,
separazioni, addii, angosce, rinunce, stanchezze, ognuno ha le sue e
magari, senza accorgersene, le inzuppa la mattina nel caffè.
Questa immagine
della sofferenza condivisa inzuppata nel caffè mi commuove, perché
la sento vera.
Tanta ironia fa capolino tra le
amarezze, come quando Arnaldo sotto un'improvvisata copertura
cristiana in missione “per conto di Dio ma non ho John Belushi
come compagno di viaggio” pur di entrare in Afghanistan,
commenta:
Ecco a cinquant'anni rischio
l'arresto per traffico di bibbie.
Della Umberto Dei afghana, Nas dice ad
Arnaldo:
È provato, se sulle mine antiuomo
ci passi in bicicletta, con una di queste biciclette, puoi anche non
esplodere e cavartela.
È provato scientificamente?
No, ho provato io e son qui a
raccontartelo.
E conclude,
superando ogni amarezza:
Sarà ora che li vada a trovare i
miei vecchi.
Al di là del
rispetto delle regole canoniche di sviluppo narrativo, Michele
Marziani dimostra di padroneggiare non solo un italiano dolente e
amaro, poetico e ironico, ma anche le tematiche antropologiche del
vivere in Italia.
Consigliato ai
nostalgici redivivi della Milano popolare e del Bar Magenta come me,
a coloro che videro nella lotta armata degli Anni di Piombo la
soluzione, a chi crede che la costruzione di un futuro migliore possa
cominciare soltanto in Asia.
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