Mi applico a questo libro come con
tutti gli altri, cioè senza leggere biografia la dell'autrice,
Roberta Marcaccio, e nemmeno la sinossi, perché voglio conservarmi
aperta ad ogni possibilità che la lettura mi darà. Però stavolta
ammetto che sarebbe stato meglio leggere almeno la sinossi, perché
TUTTO TRANNE IL COLORE DEGLI OCCHI è l'esempio perfetto di come non
iniziare un romanzo e di come si debba invece finirlo.
Infatti, ne leggo i primi due terzi con malavoglia e lentezza che non mi appartengono, tali da dovermi
fermare e chiedermi perché. Appaiono personaggi ingiustificati,
senza apparente nesso narrativo tra loro. Non c'è apparente sviluppo
dialettico. La noia apparente mi assale a tal punto di volerlo quasi
abbandonare. Ma l'ho fatto solo temporaneamente, dedicandomi ad altre
letture e ai Poetry Slam. Per fortuna.
Perché poco più di un'ora fa, prima
di scriverne la recensione, riprendo in lettura dell'ultimo terzo e
lo finisco in un attimo. Finalmente il plot si sviluppa e scorre agile sotto i
miei occhi. E in più, si chiude con un fatidico spiegone (termine
che di norma uso in modo deleterio, ma in questo caso no, perché
necessario alla storia) che unisce personaggi e vicende precedenti e
un finale che regala commozione perché nell'avvicinare le strade
delle due protagoniste fino alla morte, avvicina i loro eredi meritevoli d'amore l'uno per l'altra, per compensare i
destini apparentemente stolidi delle due protagoniste.
Apparentemente, un avverbio che accompagna TUTTO TRANNE IL COLORE
DEGLI OCCHI, per scoprire che solo apparentemente è un romanzo d'amore,
ma alla fine è un giallo, pur non avendone il costrutto.
Consigliato a chi vuole andare oltre le
apparenze dell'amore fraterno, a chi cerca un lieto fine a tutti i
costi, a chi cerca l'amore anche dove non c'è. E lo scopre.
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