Un tempo, fui assistente di un pittore
famoso negli anni '70, poi decaduto. Il suo motto era: “Il
colore è tutto.” O forse era il motto di Carlo Carrà, non
ricordo. Angelo Ricci potrebbe assumerlo come proprio. Il colore in
tutte le sue declinazioni screziate ravviva ogni pagina del suo
scrivere.
L'incipit è fulminante, inchioda alla
sedia/divano/letto/tazzadelcesso e impedisce di pensare ad altro. “Io
so tutto di voi.” Io chi? Voi chi?
Eppure, c'è già tutto. Lo spazio:
quella troia della pianura padana. Il tempo: l'oggi coi suoi soldi
sporchi da lavare. I protagonisti: gli americani del sud che
costruiscono. Il cosa: villette a schiera. Il chi: il
venditore/narratore, sgamato.
Patotas.
Daglielo al Mondo!
Si susseguono parole messe lì non a
caso, ma solo per renderti incapace di capire. Si direbbe poesia in
prosa, anzi, meglio, prosa in forma di poesia. Sensualità.
Sessualità. Scorci. Squarci di colore e fiori e finestre.
“La Taverna. Insegna a pezzi.
Plastica opalescente annerita dallo sfinimento dei neon. Memorie
perse dai colori morti.” Ecco
dove si trova la poesia di Ricci: nelle plastiche consunte. “Tir
dalle bocche sguaiate e urlanti muggiscono la loro presenza
definitiva. Muovendo pacchi caldi di aria bollente.”
Ma anche nel movimento dei Tir. Una poesia che sorprende, che
spiazza, che narra l'inenarrabile. “Io so tutto di voi.”
Io chi? Voi chi?
Dopo un centinaio
di pagine si capisce che quel Mondo con la maiuscola è una persona
che fa lo sfasciacarrozze. Il “Daglielo” è l'invito a dargli un
vecchio motorino arrugginito. L'invito è pretesto per un dramma
consumato tra ragazzini. È preludio per la costruzione di uno dei
personaggi chiave.
“Ancora una volta si volse a
guardare la porta del garage. Era lì che era successo tutto. Era
lì.” Per l'ennesima volta
sembra riaffacciarsi un ricordo di una ricca ragazza grassa che
appare a sprazzi. Per l'ennesima volta, Ricci non ce lo svela.
Poi c'è la
faccenda di una ragazza nuda e prigioniera. Di uomini che si
direbbero dalla parte della legge. Ma violentemente grezzi. La
ragazza muore per sbaglio. Infine sapremo che è solo uno degli
innumerevoli interrogatori a suon di pungolate elettriche, di
cadaveri che spariscono nell'Atlantico dell'America del Sud.
Infine
sapremo anche cosa successe nel garage. Ma non ne farò spoiler,
perché è annodato strettamente ai cadaveri nascosti nell'Atlantico.
E anche a colui che afferma: “Io so tutto di voi.”
Infine sapremo
anche della parola misteriosa. Patotas. E il significato dell'odore
del riso. Scopriremo anche come tutto si lega in una di quelle
geometrie perfette che aprono il libro e lo chiudono. Ricci, geometra
perfetto della narrazione. Dopo Scerbanenco, solo Ricci, che sta
reinventando la narrativa gialla. Solo un difetto: gli spiegoni, ma si capisce che Ricci non avrebbe voluto farli.
Consigliato a chi
ama gli incastri geometrici della narrazione, a chi vuole uscire dai
consumati rigori del giallo. Ai poeti della banalità del male.
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