venerdì 30 maggio 2025

‘Vai Avanti, Non Lasciarti Fermare’ di Angela Grimaudo

(precedente)  

Quest’anno Gloss ha voluto fortemente partecipare al Salone del Libro di Torino, ( a questo link sue considerazioni sul prezzo del biglietto ; per inciso, Gloss vi prega di iscrivervi al suo canale. A voi nulla costa, a lei invece gratifica) che per comodità gli operatori del settore chiamano SalTo con un numerino attaccato che corrisponde all’anno di edizione. Pertanto, sebbene tante sue colleghe e colleghi abbiano voluto snobbare il SalTo25 per sopravvenute intolleranze varie (la cui disanima sarà fatta prossimamente sul blog poetryreadingandotherside ) non partecipando nemmeno il suo editore da un paio di volte, Gloss ha trovato un efficace strumento di organizzazione, promozione e vendita nel Collettivo Scrittori Uniti (CSU) , dove tutt3* vendono tutt3, non solamente il proprio libro.  

Nella cosiddetta Area Self ha incontrato Angela Grimaudo che, al sentire della recensione fatta ad altra autrice self, Adriana Porto ‘Angoli Bruciacchiati’, ha voluto fare dono del proprio libro nella speranza di una recensione.  

 

Mentre Gloss stava pensando “Ecco un’altra sedicente scrittrice che giunta a bilanci di 'una certa', vuole parlare delle gioie e dei dolori della sua famiglia, come fosse una novella Allende che ha da insegnare ad altri. Quasi mai è così.” l’avvisa che il suo blog è ‘cattivo’ o perlomeno ritenuto tale, da chi si aspetta recensioni solo positive.  

Per esempio, il libro ‘Angoli Bruciacchiati’ ha “subito” una serie di critiche, ma costruttive, che l’autrice ha ritenuto con intelligenza di considerare quanto consigli per migliorare la propria scrittura. La Grimaudo ha accettato, evidentemente consapevole del suo valore.  

Gloss infatti ha dovuto ricredersi. Primo, perché la Grimaudo è una scrittrice accorta che sa scrivere con leggerezza che non è superficialità alla Calvino, soprattutto senza infarcire il testo di pesantezze grammatical/lessicali che impediscono la lettura e predispongono a recensioni negative ( Daniel Pennac docet ). Usa il siciliano come momento di divertimento (nel senso latino di [divertĕre] vedi 'M'Illumino di Mensole' di Roberto Marzano) e ironia (‘l’ironia salverà il mondo’ è uno dei motti preferiti di Gloss) inframmezzando le espressioni dialettali a denunce sociali sul rapporto Uomo/padrone e Donna/sottomessa che ritornano di pagina in pagina.  

Ecco alcuni esempi: nel narrare i giochi tra bimb3, (“Tre parole: non avevamo niente”) la Grimaudo scrive che “Naturalmente, neanche a dirlo, il trattorino era appannaggio dei maschi”. Le canzoni dell’infanzia insegnavano loro quale fosse il ruolo della donna in società: “tutto ci spiegava per filo e per segno cosa bisognasse o non bisognasse fare e quale fosse il destino delle dolci fanciulle.” La ragazza, o meglio, la bambina doveva essere bella sempre, pena il bando dall’entourage familiare e sociale. E zitta, anzi in siciliano “t’ha stari muta”, usato a mo’ di mantra dagli adulti.  

Nel raccontare la salita al Nord dove negli anni Sessanta c’era lavoro vero, scrive: “biglietto di sola andata per Torino, la città dove in seguito sentii dire che gli agnelli erano i padroni. Che strana cosa: da noi era tutto il contrario, gli agnelli dovevano obbedire ai pastori".  

Con la descrizione dell’abitazione torinese, il lettore accorto riesce a fare la tara delle condizioni di provenienza: “l’appartamento era al piano rialzato, camera e cucina tutta per noi e, non ci potevo credere! Quella casa era magica, c’era pure un lavandino con il rubinetto dell’acqua, un miracolo, praticamente avevamo l’acqua in casa e udite, udite… acqua a volontà."  

E dire che i nostri figli si lamentano se non si accende il boiler…  

“In merito all’uso del rinale, noi avevamo delle idee innovative, era utilissimo per i nostri bisogni, ma non quelli fisiologici, diciamo che ci serviva a fini strategici. Dato che si spostava facilmente e soprattutto che era trasportabile con tutto il contenuto, se messo al posto giusto al momento giusto e alla persona giusta, senza il minimo sforzo poteva essere di grande aiuto nella pulizia dei piedi.”  

L’emancipazione di Angela inizia già negli anni del collegio gestito da suore: alla scoperta dei pidocchi nelle ragazzine delle elementari, “le care sorelle grandi (chissà perché poi sorelle?) legavano le mani dietro la schiena affinché non si grattassero. Noi le controllavamo e appena giravano gli occhi, ci nascondevamo e slegavamo subito le mani.”  

Eppure l’autrice intitola un capitolo EMANCIPAZIONE molto più tardi, quasi a metà del libro, in occasione del taglio di capelli alla Caterina Caselli della sorella in stile “nessuno mi può giudicare” in pieno vigore di regime maschilista in cui “soffocare sul nascere qualsiasi accenno di rivolta o emancipazione arrivasse dal basso.” La sorella fu presa a zoccolate e definita per l’appunto “zoccola”. La Grimaudo già aveva anticipato scrivendo: “Nelle belle tiritere le donne erano appellate ‘fimmini’, mentre i maschi ‘omini’. Giusto per fissare meglio i concetti nella mente, nella totale indifferenza. Marcare il territorio con parole semplici ed efficaci, contribuiva a memorizzare meglio il concetto della diversità, per meglio incidere i distinguo nella mente di tutti. Il fine occulto era quello di placare sul nascere eventuali rivendicazioni delle donne, per meglio autoconvincerle della presunta inferiorità nei confronti dell'uomo."  

Quell'atteggiamento consolidato e stereotipato che riguardava la figura femminile conduce la Grimaudo dritta dritta a ribellarsi all’imposizione della scuola magistrale (“così se mi fossi stancata avrei potuto fare la maestra, un mestiere più adatto a una femmina”).  

Irremovibile coi familiari, vince la battaglia per il liceo scientifico, anticipando le lotte per l’affermazione femminile in campo di STEM, acronimo di science, technology, engineering and mathematics, che indica le discipline scientifico-tecnologiche e i relativi corsi di studio, in cui oggi le donne eccellono al pari dei colleghi uomini, ma che all’epoca erano di mero appannaggio maschile.  

Consueta considerazione grafica della copertina: essendo stata Gloss Art Director nella ‘Milano da Bere’ la considera un venditore muto. L’avesse dovuto acquistare il libro, non l’avrebbe fatto, perché le foto di famiglia l’avrebbero ingannata sul reale contenuto dell’opera. E se mai la Grimaudo un domani volesse rifarla, dovrebbe seriamente considerare di cambiarla e di scrivere un titolo meno discorsivo, più incisivo e accattivante, e anche di rimuovere anche l’appendice: non interessano le foto familiari se non a lei, tanto quanto la sua evoluzione da ‘fimmina’ sottomessa e “t’ha stari muta” a donna di carattere affermata lavorativamente ed emancipata.  

Insomma, anche con Angela Grimaudo il CSU ha dimostrato di saper scegliere opere di valore.  

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* bimb3: non è un refuso, è un modo semplice per prevenire le discriminazioni, specie quelle di genere. Gloss preferisce non usare gli asterischi - non perché Valditara li abbia vietati, ma perché ipocriti. E non vedo come qualcosa di non appartenente alla nostra lingua - il suono schwa ә - possa riguardare gli italiani. Piuttosto meglio l'utilizzo di un 3 come desinenza per non discriminare nessun3.  

(seguente)

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