domenica 22 giugno 2025

'Sto Ascoltando dei Dischi' di Maurizio Blatto


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Per passione e anche per quel difetto che porta le persone ad amare il proprio lavoro, che è di nuovo passione unita a deformazione professionale, Gloss è adusa frequentare gruppi di lettura sparpagliati sulle complesse territorialità culturali della città che ha scelto di vivere, passando dalla sciurezza alla madaminità con la scioltezza di un oplà. Da Milano a Torino, insomma. 



Torino è bellissima, il che, detto da una milanese che, in quanto tale, tenderebbe ad amare solo Milano, assume il significato bellissimaperdavvero. Tuttavia Torino è immersa ancora nel pantano dell’operaiezza, con la stessa gaiezza dell'inconsapevole che, una volta abbandonata la fabbrica un secolo fa, si è trovato a doversi districare tra tavoli stellati mangerecci. Pur di sopravvivere. E dopo trent’anni ci sta riuscendo, perché dalla palta nascono i fiori di loto. Ma il cuore è restato operaio con la medesima noblesse oblige da periferia letteraria. Che somiglia molto a quella di certe regine che suggerivano brioche al posto del pane. Incongruente? Non tanto, visto che chi si professa pronto ad ascoltare istanze opposte alla propria pur di dimostrare di essere aperto e democratico, lo fa soltanto se l’apertura mentale risulta da una frattura del cranio. 

Gloss fa riferimento al fondatore del gruppo di lettura, non al gruppo in sé, ma al sedicente imperatore letterario, che manco si degnava di rispondere a un paio di messaggi sulla Sinead O’Connors convertita all’Islam. Cercando un minimo di condivisione liberale nel sedicente, nel suo silenzio Gloss ha trovato lo sconforto dell’invasione silenziosa .  

È quanto è accaduto a giugno 2025 nel gruppo di lettura ‘Alza il Volume!’ che, se si non fosse rivelato animato da quello spirito dell’operaiezza da periferia letteraria cattocomunista, avrebbe avuto non solo il titolone a effetto che la convinse a partecipare, ma avrebbe anche avuto la funzione di farle ‘alzare i diversi volumi’ fino alla cassa di Binaria. Purtroppo fingere di dare spazio a opinioni “altre” è incongruo col pensiero liberale di Gloss che ha finito per abbandonare il gruppo al suo tristo destino di libro non letto. 

Tuttavia, Gloss riconosce di averne ricevuto un paio di doni. Uno, ‘Anni Luce’ di Andrea Pomella. 

L’altro, ‘Sto Ascoltando dei Dischi’ di Maurizio Blatto. Un’epifania, specie il secondo, in quanto Gloss si è sempre creduta una musicofila per il solo fatto di aver esercitato come soprano e contralto in un coro liturgico di canti gregoriani, pur essendo miscredente. Con Maurizio Blatto, invece, coglie l'inconsistenza del suo credersi e si ricrede: l’amante vero della musica vive con e per e di musica. Il Blatto non a caso è titolare di un decennale negozio di dischi di periferia, un vinilista nel DNA. Gloss scommette che ogni "suo" LP è dotato di scheda con l'elenco e la descrizione dettagliata dei sentimenti riflessi dalle singole canzoni.

Per tutti, un passaggio su tutti:
“Parte Born to be Wild e ti viene da sgasare sulla moto. Scatta You Can Leave Your Hat On e hai la sensazione di doverti strappare via la biancheria con i denti. Senti Wagner e hai l’impulso di invadere la Polonia (ok, questa è di Woody Allen). Insomma succede con le canzoni e questo è l’effetto pavloviano al quale non riesci a resistere. Ma indubbiamente nulla può farti più paura di Profondo Rosso, film e canzone. Nulla. Ora, io non sono esattamente un Clint Eastwood, ma non mi definirei nemmeno un cacasotto. Però, a distanza di quarantacinque anni dalla sua uscita, non smetto di averne un sacro e cristallino terrore. E per giunta ogni volta che parte il giro di organo dei Goblin mi volto di scatto, sicuro che stia arrivando una mannaia in mezzo agli occhi.”
Il romanzo è una lettura divertente e divertita: c’è da scommettere che Blatto si sia divertito un casino nello scrivere e non solo nell’ascoltare la musica che racconta tramite passaggi di vita autobiografica con sentore di sudore ascellifero e a volte di lacrimuccia romantica e triste. Sì, anche le lacrime hanno un sentore, lo sa bene Hannibal. Unica nota stonata: il Blatto giustifica la successione di recensioni scritte in tempi e modalità diverse collegandole tra loro con un escamotage sempre uguale a sé stesso (1). Ed è l’unica noia, a parte gli Smiths. 

Da leggere con uno smartphone in mano su cui cercare le canzoni citate per entrare di capitolo in capitolo nel mood giusto. 

Nb: la playlist tutta infarcita di Smiths che Gloss ha ascoltato non era l’originale di Blatto, ma quella proposta in chat dal sedicente intellettuale da noblesse oblige con la frattura del cranio. Dalla sua, non è nato un fiore di loto. Da quella del Blatto, sì.

1. sé stesso: se lettori e lettrici hanno avuto la stessa maestra alle elementari di Gloss, sarà stato spiegato loro che "sé", precedendo "stesso«, non va accentato. Nel recensire, quando Gloss trovò in autori di valore "sé stesso", le crollò una certezza immutabile. Dovette controllare e ricontrollare su Crusca e Treccani. Sia Crusca che Treccani suggeriscono "sé stesso". Così, dopo essere piombata nell'abisso grammarnazi e risalita, Gloss si è adattata con grande "spirto letterario" a scrivere sempre "sé stesso".

(seguente)

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