Nelle sue scorribande libresche, che sono essenzialmente APERILIBRI IN CROCETTA o nuove conoscenze da sviluppare ai fini di conferenze sulle tematiche a lei care, la Gloss conosce altri autori interessati come lei alla divulgazione della cultura. Se in un paese come il nostro, l'Italia, vige un linguaggio affetto da tronismo acuto, si perde vocabolario. Con la perdita di vocabolario, si perde cultura. Con la perdita di cultura, si perdono diritti. Con la perdita di diritti, si perde umanità
Con perdita di umanità, si arriva alla violenza e alla guerra.
L'invito di Gloss è "Sosteniamo la Cultura perché ci renda liberi, sosteniamo la Cultura perché fare video di letteratura o recensioni costa" si traduce nel cercare il suo canale tipeee per contribuire con piccoli tips alla Creazione di Valore.
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CARA MAMMA, TI PROMETTO CHE TORNERÒ PRESTO di Carlo Bosso e Liaqat Kasemi appartiene proprio a questa categoria di libri che vuole Creare Valore e divulgare cultura perché siano preservati i diritti fondamentali dell'umanità intera.
Carlo Bosso aveva affermato di averlo "scritto di pancia" e di aver lasciato in larga misura che apparisse come scritto in origine dal Liaqat, afgano, con tutti i suoi "errori" e problemi di punteggiatura. E si percepisce. Forse, ipotizza Gloss, nemmeno poi tanto così "di pancia", le sembra persino edulcorato dallo splatter di quelle drammatiche avventure. Poi si ricorda di quel che aveva vissuto in altri paesi, come India e Togo, dove il valore della vita di ciascun essere era legato alla difficoltà di arrivare all'età adulta attraversando l'infanzia indenni da malattie endemiche, come tifo, febbre gialla, malaria e dissenteria, da noi di fatto estinte. Le famiglie di quelle regioni figliano tantissimo, consapevoli che su una decina di figli, solo uno o due sopravviveranno. In tale precarietà, la vita personale è tenuta in bassa considerazione. Quindi, perché perdersi in descrizioni splatter?
Il Bosso, nella prefazione, dà sfoggio alla sua cultura grammaticale, dimostrando di aver compiuto nel resto del libro un'operazione di umiltà, ritirandosi dietro le vicende di Liaqat, non correggendo tempi verbali errati e punteggiatura mancante. Un appunto circa le regole grammaticali. Udite udite, contrariamente a quanto ci hanno insegnato alle elementari, le regole grammaticali sono mere consuetudini: sentieri linguistici fotografati dagli studiosi, non strade asfaltate e imposte dal sovrano. A chiunque piace correggere gli errori altrui: fa sentire dotti. In particolare esiste quella dozzina di regole grammaticali, sempre sulla cresta dell’onda, che le persone vagamente istruite conoscono, notate come cifre spicciole del buon parlare e del buono scrivere. Anche queste norme, il più delle volte, sono recepite acriticamente. La grammatica tradizionale va padroneggiata per discernere i diversi valori delle sue prescrizioni, che è necessario saper mettere in dubbio. La conoscenza non è ricapitolazione, così come la cultura non è nozionismo. E Gloss è cavaliera in difesa di questo principio, difendendo il diritto esercitato dal Bosso e soprattutto di Liaqat di lasciare la loro opera così com'è, "di pancia" e persino senza regole. E se qualcuno si ergesse a paladino grammaticale, lo si spedisca in Afganistan dai Talebani. In poche parole, proprio Gloss che esercitava il diritto di abbandonare il libro a sé stesso se sgrammaticato, con questo romanzo del Liaqat e Bosso è stata travolta dalla lettura arrivando fino all'ultima, agognata parola di speranza.
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