Gloss da oltre una decina d'anni è attenta alle problematiche di genere e alle discriminazioni. Si imbatté ella stessa nel famigerato "glass ceiling". E nelle violenze perpetrate alle donne in quanto donne, fino alla loro soppressione. Leggasi femminicidio. Perciò, avendo conosciuto il soggetto di DIECI TAZZE A COLAZIONE dalla medesima Renei via Social, si è concessa il privilegio di leggerlo.
Fermo restando che purtroppo si viene a conoscenza del fenomeno delle discriminazioni e della violenza domestica solo vivendoli, è bene che siffatti prodotti editoriali conoscano massima attenzione e diffusione, affinché le coscienze delle persone si risveglino. Narrato in prima persona, quello appena descritto è proprio l'obiettivo della protagonista nei confronti di figli e familiari. Intenti lodevolissimi, però sporcati da un buonismo radicato che fa dimenticare alla protagonista di dedicare la necessaria attenzione a sé stessa e alla famiglia, almeno nella prima parte del romanzo. Che romanzo non è, ma quasi un diario esperienziale, a testimonianza del male (e del bene) che può fare l'uomo verso i propri simili. Homo hominis lupus, massima che, fuori dall'ambito strettamente filosofico, sottolinea la malvagità e la malizia dell'uomo come stato di natura descritto dal filosofo inglese Thomas Hobbes. Buonismo a parte, la Renei incoraggia a uscire da tale stato di natura, offrendo l'esempio della protagonista a supporto. Gloss sa che l'ego di una letterata potrebbe sentirsi vilipeso dall'osservazione critica che la protagonista, in un'eventuale futura riedizione, meriterebbe un arricchimento con l'espansione delle sue attenzioni affettive includendo figli e familiari nelle attenzioni dedicate al prossimo, ma Gloss sa anche che un'autrice autocritica come la Renei sarà capace di accettare il suo modesto suggerimento.Consigliato a coloro che volessero trovare completezza nella propria vita dedicandosi a quelle altrui.
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