giovedì 9 marzo 2023
SPARE di Prince Harry
A gennaio sui Social, sembrava che ogni Poetante da Social (o sedicente tale) parlasse (male) “Spare”. Gloss dichiarò di cedere anch’ella e di leggerlo, come fosse d’obbligo. Gloss avrebbe voluto però trasformare questo obbligo in opportunità. Intanto, sapeva che è scritto dal più grande ghost-writer al mondo, il sig. Moehringer, oggi cinquantottenne come lei, famoso non solo per aver vinto a trentasei un premio Pulitzer, ma anche perché esperto di biografie maschili in cui risaltano rapporti conflittuali con le figure paterne in famiglie disfunzionali. Nel 1998 sfiorò il Pulitzer grazie al ritratto di un clochard di San Francisco che diceva di essere l’ex leggenda della boxe Bob Satterfield. Due anni dopo vinse l'ambito premio raccontando - attraverso la vita di una residente - la comunità di discendenti di schiavi di Gee’s Bend in Alabama. Non c’è miglior opportunità di crescita che imparare dai grandi.
E Gloss, con questa affermazione, non si riferisce al Principe Harry, ma al sig. Moehringer, che scrive la propria biografia, ne “Il bar delle grandi speranze”, poi diventata film di George Clooney con Ben Affleck, tutt’altro che agiografica o autocelebrativa. Era ciò di cui avevano bisogno Andre Agassi in “Open” e il Principe Harry in “Spare”, la terza biografia che Moehringer ha «aiutato a scrivere» (preferisce questa dicitura al termine ghost-writer), essendo la seconda quella del fondatore di Nike Phil Knight nel 2016 (L’arte della vittoria). Evidentemente, non contando la propria, rivela la propria modestia. Dev’essere dolorosissimo “Vivere la vita” (cit. Mannarino, ascoltarne il testo e poi leggere “Spare” può portare lontano) con la consapevolezza di essere ‘pezzo di ricambio’ - inteso proprio come fornitore di fegato, di polmoni o di cornee adatte al trapianto, per una persona che abbia un ego spropositato come Gloss. A maggior ragione se fosse cresciuta in seno a una famiglia reale, costretta a seguire protocolli rigidi e a nascondere la vera sé stessa nella propria interiorità, nell’ombra dell’Eletto, il Principe Willy, passando per un drogato, alcolizzato sui tabloid, o, nel migliore dei casi, un idiota incapace di studiare - com’era considerato in famiglia, tanto da aver davanti a sé solo la prospettiva di una carriera da miliare. Quindi Gloss si mise nei panni di Prince Harry e la sua faccia fu esattamente quella “faccia lì” che Harry ha in copertina. Una foto che parla di rabbia sotterranea, di dolore antico, ma anche di determinazione. Gloss ricorda che al principe ragazzo fu strappata una madre dea. Ma quel volto barbuto rivela anche di qualcos’altro che solo una lettura approfondita può svelare.
“Controllai il sito web della BBC. La nonna non c’era più. Papà era re.” R minuscola non seguito dal nome.
“Buttò giù alcuni pensieri in una sorta di diario che poi condivise con me. Li lessi come una poesia d’amore. Li lessi come una dichiarazione, un rinnovamento dei nostri voti nuziali. Li lessi come una proclamazione, una celebrazione, un encomio. Li lessi come un sigillo. Diceva: “Quello è un uomo.” Amore mio. Diceva: «Quello non è una Riserva»”.
Harry adora la propria moglie Meg, come l’unica donna, dopo la madre, ad averlo amato per sé stesso, per com’è nella vita di persona comune, non dal sangue blu. Però, la scena della presentazione di Meg alla nonna reale rivela la sua ingenuità o il suo estremo innamoramento, tanto da essere obnubilato: Meg chiede chi fosse l’attendente della nonna. Era suo figlio Andrea. Secondo Harry, questo dettaglio garantirebbe che Meg non avesse preso informazioni sui reali. Gloss invece non riesce a dimenticare che la preparazione in quanto attrice la sostenesse in ogni momento “di difficoltà”, chiamiamola così. Per contro, Harry spara a raffica contro tutto e contro tutti: a distanza di ormai due mesi dall’uscita, il popolo dei Social lo invita a stare zitto; #harryshutup è un hashtag tuttora molto attivo, forse però facendo il gioco del Principe, cioè parlare. Parlare, parlare, parlare, parlare. E se non del Principe, di certo dell’editore, che ha investito venti milioni di euro nel compenso al sig. Moehringer, a fronte di un incasso pari a ventitré nel primo mese. Con “Spare” se il sig. Moehringer ha fatto come con “Open”, trasferendosi dalla California dove abita a Las Vegas, dove vive Agassi, per due anni, intervistandolo quasi ogni mattina a colazione per un paio d’ore e non dormendo più di due ore per notte, sbobinando dodicimila pagine, studiando Freud e Jung per una base rudimentale di psicoterapia, ottenendo di scrivere come fosse proprio Harry, con la sua mente istruita solo alla guerra, tutto sommato senza una grande cultura, allora ci è riuscito alla perfezione, meritandosi i venti milioni di compenso.
In “Spare” il principe Harry racconta il dolore che torna sempre per la madre dea, la progressione dell’amara rottura con il fratello William e consorte, l’acredine causata dalla delusione del mancato sostegno da parte della famiglia contro il gossip dei periodici scandalistici, che avrebbe “dato il la” all’allontanamento suo, di Meg, dei figli.
Parla delle proprie difficoltà a farsi accettare come persona dai suoi stessi familiari. Del figlio primogenito, Archie, di come i tabloid si chiedessero quanto potesse essere scura la sua pelle alla nascita. Della perdita della bambina a causa dello stress da paparazzi. Della mancanza di libertà per Meg, che si vide togliere passaporto e patente. Dell’accusa di razzismo della casa reale che spinse Meg al sudicio. Del sentirsi intrappolato. Soprattutto, del sentimento di mancanza della madre che, a trent’anni, pare sia rimasto ancora a livello del tredicenne che fu. Insomma, a Gloss appare che Harry abbia la sindrome dell’offeso che non ha mai elaborato il suo vissuto, incapace di reggere alle frustrazioni - se non sono di guerra. Sembra abbia segnato tutti gli sgarri subiti fin dall’infanzia. Orsù Harry, anche se sei principe, è ora di crescere. Gloss invece si inchina al sig. Moehringer, che ha ottenuto - a ragione - un compenso principesco per aver vestito i panni di un bamboccione.
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