mercoledì 22 giugno 2022
LA SETE di Giovanni Lucchese
Se si vuole leggere un romanzo erotico consolatorio, non si scelga questo, che è sì impregnato di sessualità, ma delle più bieche. Cioè, di quell’erotismo che è castigo, che è punizione, senza gioia, con tanta, troppa cattiveria umana. Narrato con splendida lucidità, crudele e primordiale, Giovanni Lucchese sembra procedere su un percorso di scoperta personale che scava dentro sé stesso. Dal suo romanzo più rinomato, L’UCCELLO PADULO, a LA SETE, il suo linguaggio ha conosciuto una evoluzione (o involuzione, dipende da che punto lo si guardi, se con l’occhio dello scrittore o quello del lettore) verso la crudezza, la durezza, la primitività, la grossolanità, come per adattarsi ai due personaggi, protagonisti, un lui e una lei che sembrano vivere esistenze parallele, con pochi sconti verso la bellezza, l’estetica, il godimento, l'autocompiacimento.
“La sete è quel bisogno spasmodico di qualcosa che non sai neanche tu cosa sia, né da dove provenga. L’unica cosa che sai è che, se non la soddisfi, finirà con l’ucciderti.”
Da autrice con la presunzione precipua di trasmettere alle altre persone esperienze e soluzioni alle sofferenze della vita, Gloss suppone si debba assoggettare la narrazione alla propria voce, non l’esatto contrario, come accade invece a Lucchese, che ha una scuola di scrittura creativa come tutti gli scrittori che non riescono a vivere della propria scrittura. Durezza di linguaggio, senza sconti nemmeno allo stesso autore, che si percepisce presente, nonostante la narrazione sia in prima persona, in forma di diario doppio. Fin dalle prime pagine, Gloss coglie un legame tra i due, non palesato, ma profondo. Entrambe le persone hanno gusti sessuali precisi e diretti verso l'auto condanna. Per non spoilerare, Gloss si arresta ad affermare che la narrazione infine, perdendosi nelle minuziose quanto splatter descrizioni delle loro pratiche sessuali, appare fine a se stessa, quindi noiosa, soprattutto a una come lei che seleziona romanzi erotici per la propria casa editrice e che diede un nuovo titolo alle famose cinquanta sfumature di… noia. Il finale, un po’ scarno rispetto alla quantità e alla qualità delle pagine che lo precede, è tuttavia sorprendente come nei migliori noir. Tutto sommato, Gloss sente che l’urgenza del Lucchese nello scrivere questo romanzo risieda nella spettacolarizzazione delle consuetudini rituali di certa sessualità sperimentale. Copertina strepitosa: è proprio lei che ha convinto la Gloss a comprare il libro.
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