Come ho già scritto in precedenza, non
amo il genere giallo/poliziesco/noir, tranne rari casi, come quello
di Scerbanenco o di Angelo Ricci, in cui la fluidità di scrittura -
completamente differente l'una dall'altra, in uno, Scerbanenco,
classicheggiante direi quasi proustiana, nell'altro, Ricci, a scatti,
secca, per polaroid - si declina ammirabilmente in plot sorprendenti
attraverso personaggi approfonditi nelle loro intimità più
recondite.
Ho accettato di leggere questo romanzo
di Fabio Mundadori per farne poi una recensione, solo perché non
parto mai da una posizione aprioristica, ma perché mi piace farmi
sorprendere, come è stato per L'ODORE DEL RISO del già citato Ricci. Così comincio a leggerne l'incipit: l'ottimo
stile letterario, incisivo e di qualità mi incoraggia a
proseguire. La narrazione di alcuni fatti iniziali, però, che vorrebbe
essere scioccante, alla fine la rilevo soltanto come leziosa,
anzi, la parola giusta è artificiosa e mi porta a insospettirmi
sulla qualità del narrato.
Arriva poi il capitolo IL CIELO CADUTO,
una scena da baratro, terremoto, sepoltura, fatica, stupore che
stravolge la trama. Un disastro immobiliare colposo si intreccia con
l'attività di un immobiliarista, che è il primo dei personaggi ad
essere introdotto così, senza spiegazione. Da qui in poi purtroppo
fatico a seguire il plot, frammentato in una miriade di personaggi e
di accadimenti, scollegati tra loro e non solo in apparenza.
Come già accaduto in precedenza,
esercito il diritto del lettore di abbandonare la lettura se non
avvincente.
Consigliato a chi vuole imparare per
controtendenza a scrivere gialli.
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