martedì 20 dicembre 2016

LA BAMBINA CELESTE

Non ho mai provato invidia. Invidia per le mie compagne di scuola, invidia d'amore perché sono stata amata come poche, invidia per i figli, nessuna ne ha di talentosi come i miei. A proposito della parola talentoso, vorrei prevenire le obiezioni con un piccolo inciso. Tutti scrivono talentuoso. Ma lascio la parola a chi ne sa di più di me. “C’è unanimità, comunque, nell’indicare come forma prevalente talentoso (…) Tutti i dizionari che menzionano la forma talentuoso la fanno risalire all’influsso del francese talentueux.” Cit. ACCADEMIADELLA CRUSCA.

Invidia. Una parola che non mi appartiene. Meglio, che non mi apparteneva fino alla lettura di questo romanzo di Francesco Borrasso. Oggi so che vorrei scrivere attorno al dolore come fa lui quando riporta l'esperienza di un padre che si trova di fronte alla morte della figlioletta. A scopo esplicativo, non esaustivo, riporto qui a sprazzi alcuni passaggi.

Non c'era terrore, era disapprovazione.
Mi cadono le parole di bocca.
Se c'è un errore del quale non voglio espiazione, è questo.
Cercando di non mischiare i piedi e cadere.
Mi sentivo potente. Avevo il controllo della cosa. Quanto m'illudevo.
Arrangiamento di mosse.
È questo che fanno i padri. I padri salvano. È questo che avrei dovuto fare con mia figlia. Solo che io non ci sono riuscito.
Da bambino ero convinto che si potesse fare l'amore restando con le mutande.
La sera passa sulle strade.
Nascere è un atto violento.
I pochi denti schierati.
Il primo passo: paura. Il secondo: incertezza. Il terzo: decisione.

Mi ha ispirata a tal punto da aver scritto l'incipit del mio prossimo romanzo. Ma con una differenza sostanziale. Il mio sarà fiducioso nel futuro, colmo di speme. Il romanzo di Borrasso è disperante anche in chi legge, non porta soluzione, si scioglie nel totale abbattimento, nello sconforto senza condizioni. È questa la sola critica che gli faccio, pur non sapendo quale soluzione alternativa offrirgli. Perché forse va bene così.

Consigliato a chi vuole buttarsi dal ponte, a chi non nutre più speranze nella vita, a chi crede che l'esistenza sia solo un miraggio.

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