Raduno
qui tre recensioni passatemi da LETTERE ANIMATE solo
perché le prime due sono immeritevoli. Eppure, la home del sito
recita: “La
nostra mission è quella di ricercare, valorizzare e diffondere le
migliorie storie in grado di emozionarti.” Nobilissima mission,
peccato sia disattesa da due romanzi su tre.
LOST MEMORIES – RICORDI PERDUTI di
Sergio Serra
Fin dalle prime righe si può intuire
se un romanzo è ben scritto, se ha una gradevole selezione
lessicale, se un'avvincente costruzione di avvicendamenti, senza
prendere in considerazione ciò che di personale può avere un autore
per esempio nella lunghezza dei periodi (non c'è preferenza per
corto o lungo, nel giornalismo di preferisce il corto, nella
saggistica il lungo, nella scrittura cinematografica e nella
narrativa il corto perché più incisivo. Tuttavia Proust ne scrisse
di lunghissimi e pure contorti, inaugurando quello stile improntato
al flusso di coscienza che Joyce assumerà a tratto distintivo).
Quindi sono aperta a tutto, tranne che alla mancanza di eleganza. E
LOST MEMORIES ne è un rappresentante, specie se l'autore per
esprimere un concetto, lo ripete diverse volte nell'arco di poche
righe. A mero esempio, il concetto di essere titubante nel non voler
disturbare qualcuno, è ribadito in tante noiose salse:
“Sono titubante, potrei
disturbarlo. Lui è con la sua famiglia e potrei dare fastidio.
Saranno a tavola davanti a un bel pasto fumante con la tv accesa che
mangiano, mentre ridono e scherzano della giornata che ognuno di loro
ha passato. La mia presenza bloccherebbe quell'entusiasmo
confidenziale e l'attenzione si concentrerebbe su di me. Sicuramente
mi accoglierebbero con facce sorridenti anche se credo che quel
sorriso sarebbe solo una facciata per nascondere in realtà il loro
disappunto di avermi tra i piedi.”
Il tutto conferisce un'aura un poco
inceppante alla narrazione.
Subendo l'ennesimo esercizio di
riavermi dalla noia e dalla mancanza di eleganza, arrivata alla
pagina 57 esercito il mio diritto di lettrice sancito dall'eccelso
Daniel Pennac di abbandonare il libro al suo tristo destino. Passo al
successivo.
SOTTO LE SABBIE DI MARTE di Riccardo
Cavalleri
Sono anni che vorrei sperimentare le
mie capacità narrative in un genere che amai tantissimo durante
l'infanzia e l'adolescenza, specie in cinematografia: la
fantascienza. Così, se mi capita di imbattermi in un titolo che vi
allude, lo leggo volentieri per formarmi, per imparare. Mi sono da
anni prefissata l'obiettivo di leggere la saga DUNE dell'eccelso
Franck Herbert, visto dapprima al cinema, e più ancora il suo
LITANIA CONTRO LA PAURA, che, mi dice una voce autorevole, pare “sia
al di là di qualsiasi altro romanzo di fantascienza abbia letto.”
“Ehi ehi un momento” lo
interruppe Roberto “Cosa ne sa lei del mio computer e di quello che
facciamo?”
Smith fece una faccia annoiata
“signori sono della CIA … Vi devo spiegare tutto? Quando è
entrato nel database della nostra agenzia … ah e le assicuro che ci
sono state delle oscillazioni nel nostro sistema in questi giorni,
non penserà certo che un professore e un hacker da quattro soldi
possano violare volontariamente le nostre difese … Comunque in un
modo o nell'altro ha avuto accesso, ripeto, grazie a problemi nostri
non ad abilità vostre ...”
Dalla fantascienza mi aspetto
tecnicismi precisi e puntuali alla Jules Verne e alla Isaac Asimov,
oppure visioni deliranti alla Philip D. Dick, non raffazzonate
affermazioni come quella sopra esplicitata. Arrivo alla pagina 44 ed
esercito il mio sacro diritto di lettrice. Bye Bye, libro dal tristo
destino.
FRAMMENTO DI NOI di Julia B. Williams
Il terzo romanzo invece è del genere
erotico, con una bella copertina ammiccante e non volgare, narra dei normali avvicendamenti tra coppie, tra nuove e
vecchie conoscenze, amori emergenti, sposalizi e suocere arpie,
introducendoci una protagonista dall'aspetto gradevole con i capelli
rossi e ribelli, non necessariamente dai canoni classici della
bellezza, ma intrigante per sfacciataggine, schiettezza, impulsività,
spigliatezza, poliglottismo e sulle prime in cerca di lavoro. La
narrazione si apre infatti sul suo colloquio: “La donna che mi
stava di fronte scorreva il dito sul mio curriculum vitae; sembrava
molto interessata a cosa non avrei saputo dirle.” Dire, non
DIRLE, il che mi accende un primo campanello d'allarme sulla qualità
dell'Editor. Poco dopo un secondo campanello: “... l'unico
componente di quella famiglia che apprezzassi, apparte l'uomo che
avevo davanti.” Apparte? Un neologismo che temo l'Accademia
della Crusca non approverebbe. FAPPARTE di quei neologismi come
sennò, avvolte e via sba(DI)gliando. Amerei leggere un romanzo
erotico esente da queste sciocchezze. Come IL CLITORIDE CATARO
nessuno mai. O chissà, forse il mio, anche se al momento pare non si
tratterà di un libro nel senso classico del termine.
“La punta del pene sbatteva contro
la parete dell'utero. Ci sono donne che soffrono quando queste due
parti vengono a contatto. L'unica cosa che suscitava in me era
piacere, piacere, piacere. Gli affondi divennero svelti. Sapevo che
si stava avvicinando all'orgasmo. Negli anni avevo imparato a
riconoscerne il ritmo. Mi strinse i seni aggrappandosi con tutto se
stesso. Uscì un attimo prima che il getto di liquido seminale mi
schizzasse nel ventre, ebbi l'impressione che si rilassasse
completamente; un debole gemito gli uscì dalle labbra. Non so da
quale parte del completo tirò fuori un pacchetto di fazzoletti
umidificati. Si dedicò prima a me che a lui, attento mi sollevò i
jeans risistemandomi la maglietta.” A parte certe definizioni
anatomiche che sembrano più vicine ad un poco elegante manuale di
ginecologia che non a un romanzo erotico, finalmente un'autrice
pornografica dalla parte dei gusti delle donne.
Si susseguono svariate scene di sesso,
con un senso spiccato dell'erotismo al femminile. Senza riportarle
singolarmente, avverto azzeccata questa descrizione dello spegnimento
cerebrale e del cedimento dei sensi. In questo caso,durante il
delicato momento del tradimento:
“La parte sensata di me si era
presa una pausa. Ero nella merda. Tutto ciò che volevo in quel
momento era che mi toccasse come non avrebbe dovuto.”
o ancora: “La colpa mi vestì come
fosse stata visibile.”
Questa scrittrice sa esattamente cosa
succede in una donna che tradisce e lo conferma anche quando descrive
le sensazioni della tradita.
Roma e Firenze sono due luoghi da
sogno, “esotici” nel miglior senso letterario.
Al primo terzo dello script, il primo
colpo di scena. Con uno stratagemma legato a Firenze, il fedifrago
Adriano conquista una notte d'amore con la fedifraga Greta.
“Scesi le coppe del reggiseno.”
Un inusuale transitivo per un verbo intransitivo. Controllo su LA
CRUSCA che, nell'analisi della modalità transitiva per verbi
intransitivi (scendere, salire, uscire, entrare), mi dà conferma
dell'errore: “La posizione dei lessicografi contemporanei nonlascia dubbi: per quanto di impiego tanto rilevante da essereregistrato (pur con le differenze segnalate), nessuno di questi usiviene "promosso" al livello della lingua comune.”
“Sapevo che era troppo presto, non
avrei dovuto essere tanto impaziente se desideravo che ricordasse
quella notte per tutta la vita.” A pensare qui è un uomo, ma
con pensieri da donna.
“Credevo che la forza delle sue
spinte mi avrebbe fatta strillare di dolore, ma il copro non la
pensava allo stesso modo. Non ero mai stata trattata così, la
violenza con la quale mi fotteva era talmente eccitante da farmi
vergognare di ciò che provavo.”
Intrigante lo stratagemma di far
raccontare lo stesso episodio da più voci parallele, così che il
lettore possa farsene un'idea circolare da diverse prospettive.
Mentre le scene di sesso tra fedifraghi sembrano piene di passione,
quelle di sfogo invece sono avvilenti.
All'ennesima difficoltà da Editor (un
“si” senza l'opportuno accento), smetto di prenderne nota e
proseguo la lettura.
C'è un netto cambio di registro.
Adriano tradisce per tutto il viaggio di nozze la sua mogliettina
australiana, rendendosi conto di aver sbagliato a sposarla, costretto
tuttavia da un fantomatico ricatto, che il lettore può solo
sospettare e che mai si palesa. Greta lascia il fidanzato storico
proprio mentre lui le chiede di sposarla di fronte ai genitori. Dal
momento in cui i due fedifraghi si abbandonano, la storia vira verso
l'auto-realizzazione della protagonista, che raggiunge in Irlanda il
nonno, rude lupo di mare da una vita. Greta accetta la sua nuova vita
con impegno e dedizione, per la prima volta sale su un peschereccio e
diventa unica pescatora donna di un equipaggio di soli uomini. In
Irlanda pare che la donna in barca porti sfortuna, ma Greta e suo
nonno e l'equipaggio tutto sfidano la sorte, portando a casa un
grosso bottino di pesca.
Adriano abbandona la mogliettina
australiana, ottiene dal datore di lavoro l'aspettativa di un anno e
cerca di raggiungere Greta in Irlanda.
Greta si lascia talvolta travolgere dal
ricordo di Adriano. Si direbbe non sia il ricordo di un amore, ma di
una passione di pelle, carne, occhi, respiri, in una parola, di
superficie. Anche Adriano ha lo stesso tipo di emozioni di
superficie. Fino alla tempesta. Improvvisa. La scazzottata,
improvvisa come la tempesta, ma ingiustificata se non dal nervosismo
impotente di chi è rimasto a terra. Poi il salvataggio dettato dalla
pressante smania del setter del nonno e di Adriano e le emozioni
incontrollate del lettore. Bella costruzione carica di tensione che
determina un ulteriore cambio di registro. Greta e Adriano sentono
per la prima volta di essere innamorati, non più emozioni
superficiali, ma sentimenti profondi che li portano a decidere per il
futuro assieme. E vissero felici e contenti, in Irlanda, con la
benedizione del nonno. In generale, un romanzo discreto, che stenta a
decollare perché punta soprattutto sulle scene di sesso senza
storia. In seguito, quando la storia c'è, le scene di sesso passano
in secondo piano rispetto al plot, senza però diminuire in quantità
e intensità. E qui risiede il merito dell'autrice, Julia B.
Williams, uno pseudonimo forse perché in Italia il sesso è ancora
monopolio di puttane e froci.
Consigliato a chi vuole leggere di
sesso ben scritto, senza ovvietà e senza turpiloquio, senza per
questo penalizzare la vicenda.
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