Questo titolo suona sinistramente,
almeno secondo il comune sentire, come l'elaborazione del lutto, come
se un lutto, sia esso la separazione fisica o morale da una persona
cara, fosse qualcosa di irreparabile, ineluttabile, tragico.
Personalmente, ho provato ad elaborare più lutti, sia di morte che
di separazione fisica da un amore. Non è irreparabile: tutto si
aggiusta, basta volerlo. Non è tragico: la vita con la sua
impermanenza ci abitua a gestire le frustrazioni.
Forse è ineluttabile, perché la sofferenza della morte è una delle poche cui non si può porre rimedio, se non accettandola. Ebbene, le parole scelte magistralmente dall'autore Luca Bresciani sono precisamente irreparabili, ineluttabili, tragiche proprio come un lutto. Ma sono il TUTTO. Già il titolo allora è vincente.
Forse è ineluttabile, perché la sofferenza della morte è una delle poche cui non si può porre rimedio, se non accettandola. Ebbene, le parole scelte magistralmente dall'autore Luca Bresciani sono precisamente irreparabili, ineluttabili, tragiche proprio come un lutto. Ma sono il TUTTO. Già il titolo allora è vincente.
“A chi cambia se stesso per cambiare
il mondo”. Il libro esordisce con questa dedica, profondamente
umana, vera e verificabile.
Una silloge di parole necessarie,
stringate, bastevoli a se stesse. Questa la definizione a caldo
dell'opera del Bresciani, che si conferma anche a freddo, alla
seconda lettura. E poi anche alla terza. Poesie come mini poemi, nel
senso della lunghezza. Un titolo con commento sottotitolato,
riportante l'aforisma di personaggio famoso, forse l'unico difetto
dell'opera, perché ho sempre l'impressione, come ho già avuto
modo di dire nel recensire STUPIDE SCOMMESSE, che sia un'azione cara
agli autori “per accrescere la propria grandezza tramite quella
altrui e per confermarsi autori, pur non essendolo a pieno titolo.”
A lettura e rilettura concluse, invece, il Bresciani appare autore in
sé, e pure di immense dimensioni, corposo e indispensabile.
In LETTERA ALLA VITA, con una
prefazione aforistica di Terziano Terzini che già è un poema
straziante, l'autore di sé afferma:
Sono il ladro di me stesso.
Prima mi rapisco
e contatto il mio silenzio.
Poi mi impongo un riscatto
altrimenti mi taglio un verso.
I versi poetici come pezzi di corpo
necessari alla vita, del poeta, di tutti. Chiede alla vita del
titolo: “Vieni a morire da me stasera?”
E poi il colore.
Come recitava un mio Maestro pittorico, “Il colore è tutto”,
anche il Bresciani sembra saperlo, spennellando i suo versi di note
colorate:
La nostra dimora
è una sera gialla.
Gialla come la carta
che stringe le lastre delle ossa.
Siamo la frattura del perno
della ruota del Grande Carro
che sparpaglia sul coraggio
i chiodi neri del silenzio.
Per poi tornare a
meditare sulla funzione del poeta:
Forse non serve alla vita
chi è ladro di speranza
anche se usa un verso
come piede di porco.
E ancora:
Io credo allo sporco
di chi ha lavorato in se stesso
per procurarsi sui palmi
sette miliardi di tagli.
Per concludere:
E vivere senza
cambiare
sarà l'unica ansia
da prestazione.
Quindi, un applauso a Luca Bresciani, asciutto ed essenziale agli occhi come i suoi versi.
Consigliato a chi
ha un'urgenza di vivere necessariamente, senza fronzoli, davanti
all'inesorabile specchio di se stessi della verità per se stessa.
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