venerdì 7 dicembre 2018

BLU NOTTE di Luisa Martucci


Ettore Giussardi padre, il morto. Marcello Giussardi figlio, scapestrato scultore, il sospettato. Adele Giussardi, la drogata vagabonda, l'altra figlia sospettata. La madre Manuela, MILF per usare un a cronimo ben poco elegante, ma efficace, un'altra sospettata ancora. In mezzo i due milioni di euro di un'assicurazione sulla vita. Tra balordi, drogati e spacciatori. E Fulvio Rangoni, detective privato amico di Marcello.

E ancora improbabili Girasole, inconsapevoli star del porno, guru pedofili, grossolani gangster tatuati, albanesi disadattati. Un mix esplosivo per un giallo nella tradizione Scerbanenco. Molto bene, per questo BLU NOTTE di Luisa Martucci.

“Al centro della pista gruppi di ragazzi e ragazze si dimenavano furiosamente, mentre negli angoli oscuri altri si dedicavano ad attività disparate. Vidi coppie avvinghiate in effusioni spinte e dei singoli stravaccati, persi nel sonno o in un altro tipo di incoscienza.”

“«Non lo so. Era al centro di disintossicazione con lei, quando andai a trovarla e poi li ho incontrati insieme alle Gru, una domenica pomeriggio prima di Natale scorso. Sembrava che si conoscessero bene... - un po' di sale e qualche briciola le era rimasta impigliata nei baffi - sai, no? Lui le teneva il braccio intorno alle spalle, ridevano…»” Se non si è di Torino, non si sa cosa siano le Gru, anche perché la Martucci difetta di spiegazioni.

“Al banco della reception, mi presentai alla bionda ossigenata dall'aria un po' annoiata dicendo nome e cognome e «mi manda Manuela Giussardi.» «La responsabile la riceverà tra un minuto», mi disse, valutando con lo sguardo il mio giubbotto, il resto dell'abbigliamento e infine la mia faccia.” Se fosse una fiction (e alla Martucci le auguro che lo diventi) si percepisce nettamente il movimento di Macchina (da presa). Fui sceneggiatrice a metà dei Novanta, da qui il riferimento morettiano del nome di questo blog.

“Era un tipico pomeriggio d'inverno padano: freddo, brumoso, crepuscolare e deprimente in mezzo alla campagna brulla e secca e inospitale che pareva dovesse restare così per sempre e mai più risvegliarsi a primavera. Persino le cascine apparivano morte o addormentate, …” Molto bella e poetica descrizione della Martucci, che conferma la sua perizia narrativa.

“«Lo sai che il fumo rovina la salute», mi ammonì. «Tanto non è la mia unica vita.»” C'è del buddismo qua e là.

“Mi accompagnò alle camionette e puntò una torcia elettrica sui visi di un capannello di persone. Arrabbiati, abbattuti, insonnoliti, fumati, fatti, occhi sbarrati, occhi cerchiati, pallidi, scarmigliati, alcuni addormentati. Lo Smilzo non c'era.” Brava nel descrivere un altro tipico movimento di Macchina: qui saremmo in presenza della cosiddetta carrellata.

“E lo feci, e lei sospirò compiaciuta. Agii subito e agii in fretta, per fortuna, perché ben presto mi accorsi che le sue carni non erano sode ed elastiche al tatto come quelle di Monica e nemmeno come quelle dell'ispettore Tedeschi o delle altre ragazze che mi era capitato di palpeggiare, ma assai più flosce e costellate di rigonfiamenti e inaspettate cunette. Vigliaccamente, alla fine, le negai la consolazione dei baci e delle coccole e finsi di ricadere in un sonno profondo. Non me la sentivo di simulare una passione che non provavo e temevo che la mia delusione per un mito infranto sarebbe trapelata. Per fortuna, quando lei si convinse che stavo dormendo, si alzò di soppiatto e tornò nella sua stanza.” Una vera e propria Ms. Robinson, che riappare poco più avanti, questa volta impietosamente descritta: “Questa mattina indossava la pelliccia di visone, che la invecchiava, era truccata, ben pettinata e portava i tacchi alti, ma il trucco non nascondeva le rughe intorno agli occhi, le pieghe profonde che scendevano dal naso alla bocca e gli accenni di bargigli che pendevano ai lati del mento: il pedaggio di quel periodo difficile era stato pesante. Pur sentendomi uno stronzo, sperai che non si fosse fatta viva con l'intento di ripetere il fuggevole rapporto intercorso la notte del ritorno di Adele. L'atto era stato tanto breve e fugace da poter essere scambiato per un episodio di sonnambulismo e avrei mostrato di non conservarne memoria.” E ancora qui, in versione meno Milf, per questo più reale: “«Ciao, Fulvio». Manuela era in vestaglia e aveva i capelli avvolti in bigodini di spugna e la faccia ancora unta di crema, una mise che credevo fosse riservata alle protagoniste dei cartoni animati. Ai piedi aveva un paio di pianelle vezzose con i tacchetti e i pon pon.” Fa quasi tenerezza.

“Davanti a un piatto di ravioli del plin commentammo gli avvenimenti della giornata e la parte migliore per me fu che riuscii in parte a liberarmi, sublimandoli, dei vaffanculo e dei figlio di mignotta che avevo represso per tutto il giorno in presenza dell'ispettore Doriani e avevano formato una specie di grumo di collera alla base del gargarozzo.” Ironia nella efficace descrizione del cosiddetto 'nodo alla gola'. Come amo parafrasare qualcuno più grande di me, che dice: la bellezza salverà il mondo, io dico che sarà l'ironia a farlo.

A parte una virgola fuori posto, e un “E Manuela Giussrdi ti ha incaricato di cercare Adele” mancante di una A, alla Martucci non è sfuggito nulla. Poi arriva un: “uma pianta di pungitopo e un abete.” Uma? Ma comunque, tutta la prima parte è scevra da errori di qualsivoglia natura. Purtroppo, tutta la seconda invece incappa in una rutilante serie di, chiamiamoli, 'refusi', per essere accondiscendenti: “«Comunque sia, capirai anche tu che il tuo affitto ridicolo non mi ripaga di tutto questo trambusto di giornalisti e bloggisti»”. Bloggisti? Blogger, mi risulta, essendola io stessa. Ma magari mi sbaglio. “Il risultato del sopraluogo eseguito” Sopralluogo, qui non c'è verso, la seconda L manca. “Si strinse nelle spalle per farmi capire che era mia la scelta e continuò a fumare con le sopracciglia socchiuse.” O forse ciglia? “Penso che, in definitiva, a salvarmi la pelle, in senso metaforico, fu soprattutto l'amicizia di vecchia data tra il commissario Tarditi e il mio ex datore di lavoro e forse, ma soltanto forse, il fatto che, in definitiva, avevo offerto loro la soluzione del caso su un piatto d‟argento.” Tarditi appare per la prima volta, ma in una frase che ci lascia intuire fosse già stato precedentemente introdotto. Si tratterà forse del Turati in versione trasformista? Insomma, dopo una inizialmente accurata correzione, l'Editor o chi per ess*, doveva essersi stancat*.

“Come tutti sappiamo, il Dhamma indica la via di mezzo come la strada per uscire dalla sofferenza, la via maestra della perfezione, ma purtroppo su questa terra imperfetta raramente si riesce ad imboccarla.” Dhamma o Dharma, eccolo il buddismo, di nuovo. Non so bene perché, ma apprezzo che se ne parli.

“«No! – gridò Clitennestra – I miei figli non sanno nulla.» (...) «Assassina!» gridò Adele.” Clitennestra, Mezeri, dall'arabo, e la citazione di un certo Edward Cullen, vampiresco personaggio di stranota saga, mi confermano la cultura di questa autrice, trapelata fin dalle prime righe.

“Io fui messo sotto torchio per diversi giorni e di nuovo rischiai di perdere la licenza perché avevo indagato per conto mio, avevo fatto di testa mia, avevo rischiato la pelle mia, ma anche quella di Adele, senza avvisare la polizia, arrivando al punto di travestirmi e complottare con un assassino mettendo a repentaglio anche la sicurezza del fisico nucleare al mio soldo (ma non legalmente a libro).” Un passaggio che ho diligentemente ricopiato per imparare.

“Quanto poi ai maneggi di Marina per diventare qualcosa di diverso da una segretaria, e alla mia intenzione o meno di accontentarla, racconterò un'altra volta.” Una chiusa che lascia intravvedere la possibilità che l'efficace protagonista diventi un personaggio seriale.

Le mie consuete considerazioni sulla copertina, sulla vendibilità del libro a causa sua, mi fanno propedere per un bel sì. Mi sento molto maionchi, quando sfoggio le mie competenze da Art Director Pubblicitaria.

Consigliato agli estimatori di Scerbanenco in versione torinese, ai giallisti hard boiled, agli amanti di Torino, città molto presente nella narrazione che non ha niente di meno della Milano Noir.

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