Un
incipit curioso: “«Eccole di nuovo!» Amir si chinò per osservare
meglio. Sulla sabbia umida erano impresse le orme dei piedi piccoli e
magri di una ragazza o di un bambino. Si intersecavano con quelle
degli scarsi villeggianti, che avevano scelto quella mattina per una
passeggiata in riva al mare. Fra tutte risaltavano per una
particolarità: si aprivano in un ventaglietto di sei dita. Sei dita
il piede destro, sei dita il sinistro… e poi daccapo.”
ORME
DI LUNA di Angela Chirone è una bella favola moderna, con due
protagonisti, Amir, giovanotto migrante, e un'anziana vedova, sulle
prime trasandata come la sua vita, Lucia. In alcune settimane la loro
amicizia, “semplice e discreta, continuava ogni giorno all'ora di
pranzo.” Ma arrivano tempi di Servizi Sociali e di controlli
migrazione. Che però, stavolta non mettono i bastoni tra le ruote,
grazie alla saggezza di Lucia. Non voglio anticipare nulla per non
togliere la sorpresa.
“«Io
mi chiamo Amir e tu?» «Luna…» «Bello! Per i tuoi capelli come
fili di luna?»”, “«La chiameremo Aria,» continuò Amir «perché
l'aria è libera, va dove vuole e nessuna frontiera la può
fermare.»” brevi tratti di leggiadra poesia in prosa. Brava la
Chirone.
“«Se
il nonno li scopre, li ammazza con le sue mani! Già ci è passato
con la figlia… Per di più questo è nero! Beh, marrone, comunque
troppo scuro! Minorenne pure lei, se no che gusto ci sarebbe? E poi
strana strana! Ma forse, se non fosse un po' strana, non si sarebbero
piaciuti…»” Da questo e altri passaggi trapela l'imbarazzo per
una xenofobia razzista nemmeno tanto celata. Altri sottolineano il
razzismo ancora latente nella nostra sedicente 'avanzata' società
contemporanea, dal pestaggio di tre bulli alle parole del nonno di
Luna: “«Allora quel tipo le vuole bene! E vuole il bambino! È
vero: è scuro, ma neanche tantissimo…»” Purtroppo, o per
fortuna, il ragazzo mette incinta la ragazza: “Luna sbottò:
«Esattamente come mia madre! Dev'essere un tratto genetico!» A
questo punto non sapeva più se ridere o piangere.” Dicesi Karma. O
anche stupidità, leggerezza, incosienza, irresponsabilità. Ma senza quella, non avremmo più bambini.
“...
vi esorto a percorrere ogni strada e a produrre al più presto
domande e documenti in modo da avviare le procedure, perché possa
restare in Italia alla luce del sole o come rifugiato o adottato o
sposato o come lavoratore con regolare permesso. (…) Mi raccomando,
lavora e bada alla famiglia, che di gente te ne sei accollata! In una
botta sola madre, moglie, figlio e nonno!” (...) “...
il Brigadiere osservava in lontananza il mare azzurro, che si univa
al cielo, e pensava a quanto fosse stato fortunato a nascere sulla
sponda giusta del Mediterraneo.” Qualche volta le FFOO riscattano la loro pessima immagine di
castigatori dei costumi sociali, interpretando con compassione i
reali bisogni degli individui reali.
“«Sì,
ne sono sicura… i piedini della bimba hanno sei dita!» Amir e Luna
tirarono un sospiro di sollievo. Poi Amir cercò di spiegare: «È il
segno del clan!» Luna intervenne: «Vuol dire che è il nostro
marchio di famiglia!» Dopo tolse un piede da sotto il lenzuolo e
ridendo lo fece vedere all’operatrice: «La nostra piccolina è
fortunata! Nessuno la potrà scambiare con un’altra bambina e non
avrà mai dubbi su chi è la sua mamma!»”
Il
finale è lieto, dove tutti vissero felici e contenti, come il lettore si aspetta da una bella
fiaba. Dal canto mio, ne avrei rpeferito uno più sofferto, più
contrastato. Ma è solo il mio sentire.
Se un
libro ti insegna qualcosa, allora è un “buon libro”: fino a ieri
non sapevo cosa fossero le teredini, ora lo so grazie a Madre Wiki.
Ve ne affido la ricerca.
Copertina
sobria ed elegante, direi persino sullo stile della Einaudi, quasi la
Chirone voglia alimentare la giusta speranza. Ebbene, la incoraggio
ad approfondire un tantino il plot, senza allungarlo come si fa con
il brodo, ma a ispessirlo, forse a renderlo più melodrammatico:
perché così facendo potrebbe essere accettabile per la grande casa
editrice.
Consigliato
a persone anziane senza più speranza per capire che invece ce n'è
sempre una per vivere, a giovani migranti africani che trovano in
Italia un buon futuro grazie alla compassione e alle ragazze madri,
per capire che si può essere ancora mamme in una sociatà
bistrattata come la nostra.
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