So, lo so, sono una lettrice onnivora che legge a velocità supersonica (che banalità ho scritto?). Ma questo di Efraim Medina Reyes - 173 pagine - l'ho divorato in meno di tre ore e mezza, fermandomi giusto il tempo di svuotarmi le viscere e lavare i denti. E quello necessario per pubblicarne foto di copertina e piccoli estratti su Facebook.
Il primo è: Le cose più importanti della vita sono tre atti solitari: farsi una sega, cagare e morire. Fulminata. Da quel momento HO DOVUTO finirlo. L'autore è colombiano di Cartagena, ma vive a Bogotà. Questa è una premessa necessaria perché conferma ciò che già penso di quella etnia: sono intelligenti come nessuno mai.
Il romanzo scorre ancora meglio perché l'autore, oltre a parlarci di sé e di un amore che in realtà non riesce ad ammazzare, lo fa anche di Sid Vicious e di Kurt Cobaine, che, per ammazzare i loro amori, ammazzano se stessi. Sono stupita di come questi musicisti tornino tanto spesso nelle mie ultime letture. Lo stupore maggiore deriva dal fatto che non le ho scelte sulla base di questo contenuto!
Vi sono momenti di lucida follia. Di verbosità volgare. Di rara poesia. Non posso e non voglio condensare qui il plot del libro. Voglio solo concludere con due osservazioni.
La prima, che forse l'amore davvero non si può ammazzare se non facendo fuori se stessi, perché più che di una donna, si è innamorati dell'Amore in sé.
La seconda, è il finale: IL PROBLEMA ORA E' SAPERE QUANTO CI METTE LA TERMITE A DIVORARE IL BOSCO.
Reyes sembra voglia sospendere il giudizio per non incappare nell'errore della propria distruzione. Consigliato a tutti i delusi dall'amore, per farsi guarire dalla delusione.
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