Io che sono una mente così positiva, resto affascinata dai poeti nichilisti, come Marco De Angelis. O almeno, coi suoi riferimenti a zombie e morti che camminano, con una copertina virata al verde dominata da un* tip* con ascia in mano, vestit* da un mal stirato lenzuolo, credevo fosse nichilista. Invece no.
De Angelis ha nostalgia. Ha malinconia per il perduto e non vissuto. E si prende in giro. Ironizza sul sé. Lo deduco dai sottotitoli disseminati tra le sezioni di poesia. Uno su tutti, il primo: COMUNICAZIONE DI SERVIZIO. Un'équipe sta lavorando per sistemare il fottuto fradiciume del mio ego.
Fradiciume, marciume, sono i termini che ritornano più spesso in questa gustosa silloge. Vorrei riportare qui la poesia da me più amata, fosse solo per il titolo così malato:
UNA TAZZA DI ETERNIT
Un nome è solo un nome
e tu sei vera quanto basta
io sono solo da riparare
non ho fatto altro che pensare
al nostro timido castello di cartone
mai disfatto e mai messo in piedi
Lucia seguimi
andiamo a spoilerare il finale
sui muri ai margini di questo film muto
ricapitoliamo i nostri loschi affari
in seguito mi farò teletrasportare
dalle allucinazioni tattili tra i miei liquori
Camilla è borderline
vorrebbe distribuire giocattoli
nel suo dicotomico quartiere
trascinato dal luogo comune
ha una tazza di eternit
per offrire una bevanda calda
a chi le vuole togliere il respiro
Carlotta suona flauti per protesta
da quando ha sedici anni
che vuole fare la maestra
infatti esprime voti in scala decimale
su uomini sposati con annunci di giornale
gratta su cemento questo amaro gusto
appena giro l'angolo trovo il confine
lasciato cadere dal fuoco di una candela
insieme calda e gelida di solitudine
e così fragile da sembrare inutile
Chiara
Chiara avevi scritto una poesia
sulla maledetta sfiga
della tolleranza alcolica di Santa Claus
così hai buttato giù tutta la bottiglia
e hai addobbato l'albero
di verde e fluorescente assenzio
Accucciato in un angolo
voglio scordarmi del sole
tutto appare chiuso in una cornice nera
di un mese di gennaio avvelenato
dalla simmetria dei fiocchi
di una neve che mi ha preso e digerito
un rigurgito sociale che guarda divertito.
Affiorano le polaroid nichiliste di terminologie oscure, vedi cornice nera, gennaio avvelenato, rigurgito sociale, fluorescente assenzio, maledetta sfiga, amaro gusto, gelida candela, borderline, loschi affari, allucinazioni. Disseminate con arte sapiente d'effetto. Ma è evidente in profondità la vena di rimpianto per qualcosa di mai avuto. Donne, nomi di donne, quadretti d'insieme forse mai vissuti davvero, mai veramente possedute.
Per questo gli dedico la canzone di Maria Brink e la sua band IN THIS MOMENT, che vuole coricarsi con le ossa del suo amore per sempre.
In un raptus di vanità, mi chiedo: se il mio nome apparisse lì in mezzo, quale quadretto sarei?
Nato nello stesso anno del mio primo figlio, devo ammettere che avrei voluto un figlio poeta come De Angelis. Nutrito musicalmente parlando già in pancia con amenità come KILLERS degli IRON MAIDEN, invece il mio è batterista di Black Metal.
Al De Angelis non do pieni voti, perché deve capire ancora quale sia la sua vena, forse abbandonando il nichilismo, forse dedicandosi maggiormente a ciò che sente davvero: malinconia e nostalgia.
Consigliato ai figli perduti di Bukowsky o aspiranti tali, alle persone autoironiche, ai maledetti benedetti dal rimpianto.
Marco De Angelis sta alla poesia come Hitler sta alla pittura.
RispondiEliminaCiao Antonio Ulix, piacere di conoscerti. Marco e te vi conoscete? Te lo chiedo solo perché dall’occhiata che ho dato al tuo profilo Google +, tra inseguimenti di piccioni e “video più autistici del mondo” si potrebbe desumere che non abbia le competenze più adatte a giudicare poesia
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