Incappai nell'autore
Stefano Amato per caso. Frequentavo un corso di scrittura creativa
dove reperii un suo libello dall'aspetto miserrimo. Sono vorace, per
cui non mi lasciai scappare nemmeno quella lettura che ben poco
prometteva. Feci bene, perché si rivelò una pura amenità, che
dall'agile trasmutava in gradevole attraverso le sfumature dello
stupidario perfetto. Una sorta di raccolta di cretinate dette da
clienti nella libreria dove lavorava l'Amato in Siracusa. Dall'alto
(o dal basso del suo impiego, ideale per uno scrittore), si diverte a
prendere in giro con raffinata ironia
l'ignoranza della provincia,
assurgendola ad esempio dell'Italia stessa, provinciale e
scioccherella. Mi divertì a tal punto da desiderare di condividere
con l'autore stesso il mio sentimento. Ne reperii l'email non so bene
come, gli scrissi e mi rispose con la simpatia che avevo già
imparato a conoscere dal suo scritto. A quel punto ne sapevo di lui
abbastanza da sapere parte della sua bibliografia e da scegliere in
seconda lettura questo IL 49ESIMO STATO. Di ben altro spessore, non
solo libresco, ma sempre venato di quella sana ironia che permette di
superare, e guarire, dalle atrocità della vita. Letto in meno di 10
ore, nonostante le sue 253 pagine e più, nonostante il rocambolesco
escursus tra la fine della seconda guerra mondiale e i primi fuochi
degli anni di piombo, piacevole perché leggiadro (non leggero). Chi,
come me, ha amato Pino Aprile e le sue teorie anti Savoia nel suo
TERRONI, ma anche Beatles, Rolling Stones, Aerosmiths, Who, e
soprattutto Sid Vicious e Sex Pistols, Clash e Ramones, amerà per
proprietà transitiva questo romanzo di formazione di una formazione
punk rock, ovvero 4 ventenni o giù di lì appartenenti ad
un'ipotetica Sicilia annessa agli altri 48 stati USA con lo sbarco
degli alleati. Lo scrittore ce ne racconta le peripezie (amorose,
musicali, scolastiche, familiari) durante il periodo che li vede
impegnati per il loro debutto a supporters dei Ramones sul finire
degli anni '70, in occasione del concerto in Sicilia per il
trentennale dell'annessione. Ci canta tutta la rabbia incontrollabile
degli anni di tarda adolescenza squattrinata, col loro linguaggio
spiccio ma mai troppo volgare, (intendiamoci: mai alla Irvine
Welsh!), le loro paure e tensioni, la voglia di spaccare tutto, ma di
diventare grandi. Non perde però l'occasione di descrivere un paio
di gustose scenette di ribelle violenza. Alla audizione per essere
approvati a supporter dei famoso gruppo punk, Amato descrive come
interpretano un pezzo dei Ramones, pezzo che non avrebbero dovuto
suonare perché contro gli USA, quindi fuori legge “I'm so bored
with the USA”. I membri della commissione, scandalizzati, cercano
di togliere loro l'amplificazione, ma uno del gruppo fa scudo
all'impianto con la chitarra, impedendogli di fatto il passaggio,
brandendo lo strumento musicale a mo' di sfollagente. Al bassista
nonché protagonista e voce narrante, si sciolgono le corde! Non gli
resta che scimmiottare Pete Townsend degli Who e sfasciare tutto. Il
tutto condito da una delirante ed allegra energia che sono gli
adolescenti pazzi sanno avere. Distribuito nel 2013, stupisco di come
un ultratrentacinquenne come Stefano Amato abbia potuto conservare la
freschezza tipica degli adolescenti. Quasi gliela rimprovero, perché
alla sua età, dovrebbe aver maturato corde più spesse. Ma forse non
sarebbe stato così godibile il risultato. Bravo Amato! Consigliabile
a chi ha avuto una band o ancora la sogna.
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