domenica 20 marzo 2016

IL 49ESIMO STATO

Incappai nell'autore Stefano Amato per caso. Frequentavo un corso di scrittura creativa dove reperii un suo libello dall'aspetto miserrimo. Sono vorace, per cui non mi lasciai scappare nemmeno quella lettura che ben poco prometteva. Feci bene, perché si rivelò una pura amenità, che dall'agile trasmutava in gradevole attraverso le sfumature dello stupidario perfetto. Una sorta di raccolta di cretinate dette da clienti nella libreria dove lavorava l'Amato in Siracusa. Dall'alto (o dal basso del suo impiego, ideale per uno scrittore), si diverte a prendere in giro con raffinata ironia
l'ignoranza della provincia, assurgendola ad esempio dell'Italia stessa, provinciale e scioccherella. Mi divertì a tal punto da desiderare di condividere con l'autore stesso il mio sentimento. Ne reperii l'email non so bene come, gli scrissi e mi rispose con la simpatia che avevo già imparato a conoscere dal suo scritto. A quel punto ne sapevo di lui abbastanza da sapere parte della sua bibliografia e da scegliere in seconda lettura questo IL 49ESIMO STATO. Di ben altro spessore, non solo libresco, ma sempre venato di quella sana ironia che permette di superare, e guarire, dalle atrocità della vita. Letto in meno di 10 ore, nonostante le sue 253 pagine e più, nonostante il rocambolesco escursus tra la fine della seconda guerra mondiale e i primi fuochi degli anni di piombo, piacevole perché leggiadro (non leggero). Chi, come me, ha amato Pino Aprile e le sue teorie anti Savoia nel suo TERRONI, ma anche Beatles, Rolling Stones, Aerosmiths, Who, e soprattutto Sid Vicious e Sex Pistols, Clash e Ramones, amerà per proprietà transitiva questo romanzo di formazione di una formazione punk rock, ovvero 4 ventenni o giù di lì appartenenti ad un'ipotetica Sicilia annessa agli altri 48 stati USA con lo sbarco degli alleati. Lo scrittore ce ne racconta le peripezie (amorose, musicali, scolastiche, familiari) durante il periodo che li vede impegnati per il loro debutto a supporters dei Ramones sul finire degli anni '70, in occasione del concerto in Sicilia per il trentennale dell'annessione. Ci canta tutta la rabbia incontrollabile degli anni di tarda adolescenza squattrinata, col loro linguaggio spiccio ma mai troppo volgare, (intendiamoci: mai alla Irvine Welsh!), le loro paure e tensioni, la voglia di spaccare tutto, ma di diventare grandi. Non perde però l'occasione di descrivere un paio di gustose scenette di ribelle violenza. Alla audizione per essere approvati a supporter dei famoso gruppo punk, Amato descrive come interpretano un pezzo dei Ramones, pezzo che non avrebbero dovuto suonare perché contro gli USA, quindi fuori legge “I'm so bored with the USA”. I membri della commissione, scandalizzati, cercano di togliere loro l'amplificazione, ma uno del gruppo fa scudo all'impianto con la chitarra, impedendogli di fatto il passaggio, brandendo lo strumento musicale a mo' di sfollagente. Al bassista nonché protagonista e voce narrante, si sciolgono le corde! Non gli resta che scimmiottare Pete Townsend degli Who e sfasciare tutto. Il tutto condito da una delirante ed allegra energia che sono gli adolescenti pazzi sanno avere. Distribuito nel 2013, stupisco di come un ultratrentacinquenne come Stefano Amato abbia potuto conservare la freschezza tipica degli adolescenti. Quasi gliela rimprovero, perché alla sua età, dovrebbe aver maturato corde più spesse. Ma forse non sarebbe stato così godibile il risultato. Bravo Amato! Consigliabile a chi ha avuto una band o ancora la sogna.

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