Antonio Lanzetta è neoscrittore di romanzi fantasy, perciò di un genere a me non particolarmente gradito. Tuttavia, è gradito da molti: si sta affermando con profitto, ha seguito, anche grazie ai social che sa usare con accortezza, una casa editrice di valore che l'ha messo sotto contratto per alcune opere. Ci siamo incrociati al Salone del Libro di Torino, notò il mio saggio CORPI RIBELLI – resilienza tra maltrattamenti e stalking, io ebbi curiosità nel suo WARRIOR.
Ci siamo scambiati le produzioni. Volendo fare del facile sincretismo, siamo entrambi guerrieri resilienti. Da ragazza fui appassionata lettrice di romanzi fantasy e fantascienza, la trilogia di Tolkien fu uno dei miei passatempi preferiti nella tarda varicella dei 18 anni, fui divoratrice di produzioni cinematografiche dei due generi. Ho smesso di amarli il giorno in cui mi accorsi di smarrirmi nei labirinti di particolari tecnici di scarso interesse narrativo, o di immagini splatter, a discapito del plot.
Devo tuttavia ammettere che Lanzetta evita questa noia. Non si dilunga nelle descrizioni, non se ne compiace, le usa, concedetemi il termine, perché la vicenda possa continuare.
Con fare testosteronico, si butta nelle azioni, (ho avvertito subito le sue competenze marziali), ogni dettaglio è funzionale all'avanzare della storia, è autore che avverte la necessità di raccontare. Questo è il suo merito, a tal punto da poter trasformare il suo WARRIOR in un film. Ma ora una critica, che vuole essere costruttiva.
Nessuno dei guerrieri è DONNA. Tutti animati da un machismo inveterato, le donne sono relegate nella funzione di contorno, magari gustoso, forse saporito. Ma nessuna di loro è WARRIOR. Inoltre, ho rilevato che l'amore è inteso come paterno e filiale, mai carnale. Auguro a Lanzetta il coraggio di affrontare e risolvere queste problematiche nelle sue prossime produzioni..
Consigliato più che agli amanti del Fantasy, a quelli delle arti marziali.
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