È la prima volta che Gloss si trova a recensire l’opera di un autore il cui ego è (apparentemente) così poco ipertrofico da voler persino sparire. Circa l’ipertrofismo degli autori prima o poi Gloss sarà costretta a scrivere un libro, se è vero che l’esercizio dello scrivere è prima di tutto terapia. E Gloss è animata da un ego gigantesco che vorrebbe poter trasformare in qualcosa di buono come le caramelle da sconosciuti, ma senza dover per forza essere pedofila. Anzi, per fare del bene a chiunque. A prescindere. La Gloss dunque stima a prescindere questo Ken Paisli che sul risguardo della quarta di copertina non rinuncia a un selfie, anche se con maschera conigliesca DavidLynchiana. In posa pseudo minacciosa, con dito puntato verso il lettore, indica chiaramente la posizione del proprio stile letterario. Infatti, in quella che dovrebbe essere la biografia di un grande, alla fine risulta lui stesso il Grande (Narratore), confermando il Forforisma Pastorology: "la modestia è madre di ipocrisia", che, tuttavia, nel caso del Paisli, non risulta fastidiosa. Premessa faticosa per dire che l’autore è un fan sfegatato dell’Ozzy (Gloss, nella sua mania da #maestrinadellapenna rossa, indagherà sul motivo per cui un entusiasta debba esser s-fegatato, cioè apparentemente senza fegato). Si scopre quanto il presunto satanismo dei Black Sabbath sia semplice operazione di marketing attuata dalla casa discografica, e anche quanto Ozzy fosse un sempliciotto che subì bullismo da adolescente. Più che una bio, è un’agiografia, una vera e propria santificazione del papà dell’Heavy Metal, peraltro motivata per una come Gloss che ha cresciuto i propri figli a latte e metallo (in particolare, i pezzi duri e martellati degli Iron Maiden). Ozzy ha attraversato mille peripezie in fatto di salute uscendone indenne da poter assurgere di diritto a esempio di resilienza (Gloss sa bene che è in corso l’abbattimento ideologico di questo termine, eppure è preciso e puntuale, altro parimenti efficace non c’è).
Insomma, più che un’agiografia musicale, trattasi di un’agiografia di vitale importanza per chiunque stia attraversando in questo momento una qualsiasi tra le tante calamità della salute di Ozzy, in larga parte dovute a bevute colossali e stordimenti di varie sostanze.
La scampa sempre, tanto da meritarsi l’appellativo di Highlander.
Consigliato a coloro che amano la musica in generale, il rock duro e puro, specie se metallico e graffiante. Ma anche a chi assume stupefacenti o beve alcool per stupefarsi: Ozzy è lì a dirgli «Stai all’occhio, che di Ozzy duro e imperituro, ce n’è uno solo.»
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