domenica 27 aprile 2025

“Gli Angoli Bruciacchiati” di Adriana Porto

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Quando le viene proposta la lettura di un’esordiente, reduce da quella spinta di qualche anno fa, che la voleva “badante letteraria” allo scopo di sostenere i giovani che si accingono a questo “mondo difficile e felicità a momenti” che è l'Editoria italiana, Gloss accetta volentieri. Specialmente se l’esordiente è donna: in ogni ambito lavorativo, le donne sbattono contro il glass ceiling. L’autrice in questione è Adriana Porto: non è una sprovveduta, fosse solo per i plurimi impegni che ha (Polstrada, Ciclofficina, bicicletta).  

 

Conosciuta ad aprile 2025 nell’ambito di una delle fiere promozionali del CSU (Collettivo Scrittori Uniti) si sono scoperte sintonizzate sia sull’editoria che sulla vita. La settimana successiva, il “Pennivendolo ubriacone” Marco Ferreri (qui intervistato da Alberto Grometto, Augusto Direttore di Erre18 radio di Mercuzio&Friends - per inciso, l’11 aprile è stata intervista dai Mercuziani anche Gloss -, ha chiesto a Gloss di leggere "Gli Angoli Bruciacchiati”di Adriana Porto allo scopo di partecipare al suo podcast “Pirati della Cultura”.  

L’enorme ego di Gloss non ha potuto rifiutare un’occasione splendida per diventare ancora più trofico. Ma chi segue Gloss, sa che cerca di trasformarlo ogni giorno in qualcosa di utile per le altre persone. E così ha deciso di sostenere l’esordiente Adriana Porto. Chi segue Gloss, sa anche che in una narrazione pretende di trovare certi elementi che rendano la lettura non solo scorrevole, ma appassionante, che catturi i lettori e le lettrici fino a staccarsi solo alla parola FINE.  

Pretende che sia un prodotto facilmente vendibile anche solo con il passaparola, in quanto le piccole CE in Italia non sono benefattrici ma imprenditrici, per sopravvivere devono poter vendere e non da ultimo ricavare qualche guadagno.  

Pretende che il romanzo sia ben costruito, sia dal punto di vista della grammatica (senza essere una grammarnazi, chi segue Gloss sa che ritiene le regole grammaticali un sentiero che guida e non un'autostrada asfaltata dal dio della regola) sia da quello dello della logica consequenzialità della narrazione.  

Chi conosce Gloss sa anche che uno dei suoi autori preferiti e che prende a modello è David Foster Wallace, capace di infarcire un romanzo di note a piè pagina facendone l’elemento caratteristico e scrivendo un libro nel libro senza annoiare, o di fare discorsi infiniti ben motivati parlando del nulla e comunque molto arricchenti linguisticamente e filosoficamente.  

Gloss pretende che la narrativa abbia da insegnare qualcosa di utile a chi legge, non solo intrattenerlo, magari con banalità.  

Che, in sostanza, crei valore. Ebbene, Adriana Porto fa tutte queste cose: una scrittura semplice e scorrevole, senza intoppi grammaticali, la narrazione delle “sue” donne coinvolge tutte e tutti, anche gli uomini perché trattano temi universali, seguono una coerenza intrinseca anche passando da un racconto all’altro. Soprattutto “Gli Angoli Bruciacchiati” crea valore, perché incoraggia uomini e donne incastrate in un qualche problema esistenziale (sia esso il mobbing lavorativo o un partner possessiv3 e tossic3 (a proposito di *, shwa e 3, Gloss vi invita a leggere qui), in un problema alimentare o un’impasse familiare) a mettersi in gioco, perlomeno a riconoscere di avere un problema. La Porto afferma di essere “talmente circondata da amiche insoddisfatte, stanche ed esaurite che davvero ho voluto far qualcosa per cambiare tale stato. E così ho esteso il “My family bike!".  

I problemi sono fatti per essere risolti.  

Cit. Forforismi Pastorology, antica pagina Facebook che proponeva aforismi che danno grattacapi come la forfora.

 

Per provare a risolvere un problema, però, è necessario prima riconoscerlo. Adriana Porto invita le persone a mettersi in gioco. Già questa consapevolezza è una vittoria.  

Qualche osservazione critica che vogliono essere costruttive per la Porto. La copertina: è il primo venditore muto. Da Art Director nella Milano da Bere, questa non parla e quindi non vende.  

Le narrazioni sono tutte legate tra loro dal filo conduttore della bicicletta. E sono narrate tutte in prima persona. Il diario interiore è di gran moda in Italia, ma occorre anche trovare una “voce personale” per ogni protagonista al fine di distinguerle le une dalle altre, essendo esperienze reali di undici donne. Altrimenti, sembra che Adriana parli sempre con la propria voce.  

Si alleni allora a fare due cose: la prima, ad usare la terza persona, a prendere distacco cioè dalla storia raccolta. Vedrà che imparerà a trovare uno stile adatto a ogni protagonista. Si alleni a copiare, sì, copiare, partendo dal Pirandello che si faceva dominare dai personaggi. Basti pensare ai “Sei personaggi in cerca di autore”.  

Un terzo approccio per migliorare la propria scrittura è quello di leggere leggere leggere leggere anche autori e autrici che sente lontanissimi da sé: scoprirà mondi meravigliosi che la ispireranno. Essere scrittori non significa solo scrivere bene un bel temino, ma anche affascinare lettori e lettrici pur parlando del nulla.  

Per concludere, Gloss le riconosce il merito di immettere nella sua narrazione alcune riflessioni che valgono anche se estrapolate dal contesto. Da filosofa umanista, Gloss le riporta volentieri. Magari vanno a vantaggio anche di chi legge queste modeste poche righe di recensione.  

Quando la Porto parla di oggetti che finiscono per “prendere polvere senza essere utilizzati”, sottolinea: “oggetti che ci riempiono gli occhi quando li guardiamo e ci fanno vantare di possedere ma che in realtà sono ben lontani dal renderci felici” sorta di citazione del monologo iniziale del film Trainspotting.  

Afferma di non poter stare ferma: “i miei punti di ruggine mi renderanno solo più bella e sicuramente avrò i segni della vita, ma sarò sempre io, viva, felice, piena e nuda”. Un po' come "portare le rughe come medaglie." Che è un ... indovinate nei commenti.  

“Nella vita il giudizio è il male peggiore.” “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo!” A Gloss, buddista, sembra riconoscere del “buddese”.  

In definitiva, il libro della Porto apporta valore alle persone, tra esempi proattivi, filosofia e saggezza, resilienza e vittoria su sé stessi tramite l'autoconsapevolezza. Gloss conclude che la letteratura, quella buona, deve poter insegnare qualcosa che non si conosce, in un mondo culturale come quello italiano dominato dal tronismo e dalla perdita di lessico: ne è esempio anche il termine “gravellate” che Gloss invita a ricercare, allo scopo di arricchire il proprio spirito di ricerca.  

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venerdì 18 aprile 2025

"Anni Luce" di Andrea Pomella

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Non eravamo altro che pietre, la tua luce ci ha reso stelle. Eddie Vedder
 

Da musicofila appassionata tanto quanto appassionata lettrice, appena ricevuto l’invito a partecipare al gruppo di lettura “Alza il Volume!” della Libreria Binaria di Torino dedicato a “libri musicali” ha aderito con l’entusiasmo che la caratterizza. Nulla di più appassionante per lei di un gruppo che lega socialità, musica e letture. E l’esergo di "Anni luce" di Andrea Pomella, candidato al Premio Strega 2018, convince definitivamente la filosofa umanista che nei Novanta era preda del reaganismo e ballava sui cubi delle discoteche tra Milano e Brescia. Nell’ammetterlo nessuna vergogna radical chic!  

 

L'autore immagina l'inizio della sua storia con radici a Seattle, una città americana piovosa dove vive di surf e rock proprio Eddie Vedder. In questo personaggio risiede lo spirito degli anni Novanta.  

Il libro scorre veloce come i viaggi tra Amsterdam e Roma e ritorno in meno di 24 ore solo per acquistare del Whisky a basso costo. Narra della passione di un ventenne romano durante un periodo di transizione, un viaggio fisico e mentale compiuto alla fine del ventesimo secolo.  

"Anni Luce" è un romanzo di formazione, con la musica dei Pearl Jam a fare da sfondo a un periodo della vita fatto di luci e ombre, che ha profondamente segnato una generazione. Pomella spiega come l'album "Ten" del 1991 abbia avuto un impatto travolgente sulla giovinezza del protagonista (che non è Pomella: l’autore pubblica il romanzo nel 2018, quindi lo scrive sarebbe troppo giovane per aver vissuto le mirabolanti avventure del protagonista, tra sbornie colossali e feste dai pentoloni di rigatoni lanciati sui soffitti di case altrui durante feste memorabili. O forse sì?) In effetti si tratta di gesta adolescenziali, di figli di papà che non hanno altre ambizioni oltre a quelle dello stordimento stupefacente. A distanza di venticinque anni, Pomella ha sentito il bisogno di scrivere un testo su questa band, in occasione dell'anniversario. Riascoltare la loro musica ha risvegliato in lui un turbine di emozioni e ricordi.  

Sebbene il romanzo abbia come riferimento costante i Pearl Jam, il protagonista nega di esserne un fan. È soprattutto la storia di un'amicizia, quella con Q (che gli fa conoscere la band), compagno di bevute, viaggiatore, chitarrista talentuoso, figura eccentrica, saggia, eccessiva, imprevedibile, lunatica. Secondo Gloss altro non è che la parafrasi dell’amico immaginario Boddah di Kurt Cobain. Attraverso la sua narrazione, Pomella rievoca una passione e un'età incerta, con una voce narrativa che riecheggia Eddie Vedder.  

È anche il rocambolesco racconto di un viaggio da guasconi vagabondi attraverso l'Europa, intrapreso per superare la paura dell'età adulta in arrivo. Trainspotting, il film tratto dal romanzo omonimo di Irvine Welsh del 1993, subito assurto a cult movie (il prestigioso British Film Institute lo premia col decimo posto della lista dei migliori nel 1999) fa da sfondo tematico alle loro imprese sgangherate quanto allucinate, consapevoli che a trent’anni sarebbero stati normalizzati nel banale turbine della vita quotidiana.  

E Gloss suppone, fin dalla citazione del film nel primo terzo del libro, che il protagonista farà esattamente quella fine lì. Senza peraltro entrare nel “Club dei 27”, come lo stesso Eddie Vedder, ormai signorotto grasso e marginale, passato da sport pericolosi e autolesionisti alla tranquilla vita della banalità. Evitando accuratamente il “Club dei 27”.  

La consueta nota sulla copertina, che Gloss ama definire “primo venditore muto” di un libro, dove protagonisti sono i colori stralunati di non luogo della Roma periferica. Forse in linea coi temi del romanzo, ma Gloss non l’avrebbe comprato. E non avrebbe sbagliato. Il libro è bello, ma il protagonista è incoerente, nell'esaltare una vita disagiata per poi adattarsi a quella di tutti coloro che fino all'anno prima aveva considerato sfigati.  

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mercoledì 16 aprile 2025

"Dove Dormi La Notte" di Michele Marziani

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Un Michele Marziani sorprendente rispetto alla precedente produzione. Gloss deve fare qualche precisazione: il Marziani ha scelto consapevolmente di vivere in montagna. “Io ho troppo bene impressa nella memoria la magica visione di quella asprissima notte. Addossati su di un breve ripiano l’un l’altro per ripararci dal vento e dal freddo, senza cibo, senza luce, nell'attesa (divenuto in ultimo spasmodica) dell’alba, abbiamo cantato e cantato fino a non avere più voce. Sotto di noi una fitta cortina di nebbia aveva formato un immenso mare bianco dal quale a guisa di isole e di scogli emergevano i picchi e le vette vicine. Copriva lo scenario un cielo infinito di stelle. Quante ne ho viste cadere e sparire trascinando nel vuoto la scia luminosa? In questo modo strano e superbamente suggestivo io ho vissuto ore di estasi contemplativa. A volte mi sentivo piccola e trascurabile cosa in tanto immensità, a volte mi sembrava invece di giganteggiare con lo spirito al di sopra di tutti gli altri uomini fatti vili e meschini dalle quotidiane miserie. Perché non si deve potere nella vita essere buoni e generosi come io mi sono sentito lassù?”  

Da filosofa umanista, Gloss ritorna all’interessante e celebre conclusione della “Critica della ragion pratica” di E. Kant: “Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuove e crescenti, quanto più sovente e a lungo si riflette sopra di esse: il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me”. Il Marziani ne chiarisce i motivi in “Dove Dormi La Notte”: di tutti i personaggi citati nel romanzo che hanno percorso “certe” strade preferisce mantenersi sui loro “ sentieri di montagna, dove l’aria arriva più limpida e l’orizzonte è più chiaro, mentre lo sguardo può perdersi a destra e a sinistra”. La sinistra oggi? In fondo a destra, cit. Forforismi Pastorology, un’antica di giorni pagina di aforismi che danno grattacapi come la forfora, preso poi come spunto da Ghali. Se davvero “condividere è cultura” (altro Forforisma della Gloss) bisogna accettarne le conseguenze.  

 

L’altra precisazione, è che il Marziani ha in mente da anni questo romanzo - che tanto romanzo non è. Per dedizione allo “zio”? Michele Marziani avverte l’esigenza morale, non solo familiare, di recuperare gli scritti dello zio Gian Battista allo scopo che “la memoria, i fatti, le emozioni non andassero dispersi. D’altra parte è vero che la sua è stata un’epoca dove la parola scritta aveva un grande valore”. Per dedizione alla pesca?  

Per dedizione alla Seconda Guerra Mondiale?  

Per dedizione alla coerenza con il proprio passato per così dire “anarchico” ?  

O forse per dedizione alla contraddizione, che è “sintomo di intelligenza” (e basta co’ ’sti Forforismi!)  

In effetti, perplessa sul titolo di cui non ha trovato riferimenti nel romanzo, Gloss ha chiesto al Marziani il motivo per cui l'ha intitolato così. E la risposta “è un fortunato misunderstanding. Nel librone di Stucchi che spesso cito c’è un dialogo tra lui e l’amico Gianni Citterio. Stucchi gli dice che entrerà in clandestinità e Citterio gli dice che se vuole cavarsela la prima regola è non dire mai a nessuno “dove dormi la notte”. Mi piaceva anche se poi ho scoperto che non l’avevo scritto. Mi sembrava un bel mescolare le carte e l’ho lasciato ugualmente.” Contraddizioni a josa, segno di furbizia. E cos’altro è la furbizia, se non una intelligenza commerciale?  

A proposito di "mescolare le carte” nello scorrere del libro si fa confusione con tutti quegli uomini dai ruoli e nomi simili e proprio quando Gloss si chiede “Dove sono le donne?”, il Marziani le risponde attraverso le pagine del libro. Comunque sì, le figure maschili arrivano a sovrapporsi, quasi un continuum, come fossero tutte uguali o almeno paritetiche tra loro. Non c'è un motivo ben preciso, o almeno il Marziani ammette di non conoscerlo: “mi lascio molto indagare dalla scrittura e restituisco quello che viene fuori”. In effetti, “La storia ha pieghe e interstizi ovunque.”  

Il romanzo ha restituito a Gloss qualche confronto col Marziani sull’attuale regime governativo italiano, partendo dall’esergo di Ernest Hemingway “Uno scrittore che non vuole mentire non può vivere e lavorare sotto il fascismo.” “Gloss, no, non viviamo in un regime antifascista, viviamo in una democrazia che elegge i fascisti. Non viviamo sotto il fascismo. Il fascismo è quando non si può eleggere nessuno o, nel caso della scrittura, non si può scrivere liberamente. Credo che ancora in Italia si possa scrivere quello che si vuole. Quando non si potrà più fare vedremo come agire.”  

Nell’impossibilità morale di prendere in mano gli scritti dello zio (“ho riscritto questa frase venti volte, cercando di migliorarla ma meglio di così non viene, perché è difficile non dire che c’era un gran caso nonostante fossero tutti d’accordo sul fatto che bisognava sconfiggere tedeschi e fascisti”), quando persino scrittori del calibro dello Scerbanenco dovettero rinunciare alla K (“Se si accettasse l’idea di una possibile collaborazione con l’Oss, la rapidità con cui Giorgio Scerbanenco ottenne il permesso di risidere a Lugano”) alla fine il Marziani cede: “Lo zio Battista ha imparato da Claudio Scivalocchi a credere negli uomini, a me non resta, invece, che abbandonare l’idea di farne un personaggio e imparare a credere a quello che all’inizio non volevo proprio: mi tocca condurre questa storia, raccontarla in prima persona.”  

Sebbene il romanzo, prima di una quindicina di pagine stenti a iniziare con spiegoni storici forse inutili ai paradigmi classici della letteratura, sembra condurre verso la rivalutazione socio politica di uomini (di uomini!) come Enrico Mattei e Stucchi e Citterio e Scivalocchi e zii vari, cercando di “ristabilire la verità, di citare gli assenti, di dare la giusta dimensione ai presenti, di presentare le armi agli astanti.” Peccando tuttavia di mancato coinvolgimento dei lettori e lettrici. Ma allora questo romanzo a che serve? Se lo chiede anche il Marziani, con la sua inequivocabile lucidità: è stato “un passatempo per un autore sfaccendato che non sa più cosa scrivere?”  

Gloss gli ricorda che in tempi di tronismo acuto, apprendere - o ricordare - anche una solo una parola pone un freno al baratro culturale dell’Italia.  

E la parola è irredènto agg. [comp. di in-2 e redento].  

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venerdì 4 aprile 2025

"La Figlia" di Clara Usòn

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"La Figlia" di Clara Usòn, traduzione di Silvia Sichel, Collana Il contesto n.35, Palermo, Sellerio, 2013, ISBN 978-88-389-2912-0. Abituata per sua stessa imposizione a scrivere recensioni “fuori dalle regole” (che prescrivono di riportare i tipi e l’anno di pubblicazione), Gloss ha evitato in tutti questi anni da recensora (o, meglio, da “badante letteraria”) di scrivere la CE o la collana, persino la data di uscita pur di distinguersi dalla massa mainstreaming dei recensori. Si sorprende stavolta di riportare persino il numero ISBN. Vuole assicurarsi che un libro così non vada perso nei meandri dei “Dieci imprescrittibili diritti del Lettore” del Pennac. Si tratta di un libro necessario senza grandi incipit eclatanti, ma con le vicende di vita quasi banali di una qualsiasi ragazza serba poco più che adolescente, ben poco immersa nelle guerre che funestavano i Balcani negli anni Novanta. Giochi di ruolo con ragazzi e ragazze di buone famiglie borghesi, tra l’allora Jugoslavia e la Russia, studi e feste alcoliche e di droghe leggere. Apparentemente niente di che, quasi noioso resoconto di normali aneddoti. Pian piano prende forma la realtà. La giovane non è una figlia qualsiasi. Senza tema di spoilerare, ma nella speranza, anzi, nella convinzione che le affermazioni in 4° di copertina conquistino lettori e lettrici così come lo è stata Gloss, le riporta tali e quali. Prima però due notizie sulla scrittrice, a conferma dello spirito di ricerca che domina la scrittura di questo romanzo, a metà tra saggio storico, sociologia, memorie intime e violenza.

Nata da un padre avvocato di spicco, Clara Usòn ha conseguito la laurea in Giurisprudenza all'Università di Barcellona. In seguito, ha scelto di non praticare la professione legale per intraprendere la carriera di scrittrice. Nel 2013, ha ottenuto il Premio de la Crítica in Spagna per il suo romanzo "La hija del este", tradotto e pubblicato in Italia da Sellerio Editore con il titolo "La figlia". Questo libro trae ispirazione dalla vicenda di Ana, figlia di. Punto. Ci si deve fermare qui. Gloss individua nel seguente aforisma il pilastro di tutta la narrazione. Senza spoilerare nulla, secondo Gloss racchiude la convinzione profonda della Usòn circa il rispetto della verità storica. Almeno inizialmente l’autrice affonda a piene mani nel sentimentalismo di una figlia nei confronti del proprio padre, un uomo percepito non solo come “maschio alpha”, ma anche soprattutto come patriota, caloroso e affettuoso verso tutte e tutti i serbi, financo l’intera umanità. Solo che la storia scritta dai vincitori lo dipinge e lo svela come un assassino torturatore seviziatore e in quanto tale condannato.
"I vincitori scrivono la storia. Il popolo tesse la tradizione. Gli scrittori fantasticano. Certa è solo la morte."
La Usòn riesce nel difficile equilibrio tra verità personali e quelle del popolo. Un’operazione che ispira a Gloss la scrittura di un romanzo sulla vicenda della “Strage di Erba”. Aguratele di riuscire anche a lei in tale equilibrismo, tra realtà e fantasia. Gloss scrive narrativa, e la narrativa non riguarda il futuro. Non sa del futuro più di quanto ne sappiano lettori e lettrici. Forse persino meno. Non prevede, né prescrive. Descrive. Descrive alcuni aspetti della realtà psicologica nel modo in cui lo può fare una romanziera, ovvero inventando bugie elaborate e dettagliate. Consigliato a chi volesse ricordare quegli anni terribili nei quali l’Italia rischiò di essere coinvolta in un conflitto con i vicini di casa: sarebbe stato sufficiente che il generale Ratko Mladić avesse individuato musulmani anche sul nostro territorio.