Ecco il Gesù che
tutti vogliono. John Niven, se solo non avesse questo cognome dalle
riminiscenze così hollywoodiane, che il Signore lo abbia in gloria,
ha scritto un testo tra i più fantastici che abbia letto negli
ultimi anni. E dire che leggo un centinaio di libri l'anno, 10 più,
10 meno. Sa miscelare misticismo e populismo, spiritualità e
bassezze, musica e letteratura, catarsi e miseria, ecologismo e
riciclismo, rivincita e demagogia, guerra e amore, depressione e
lieto fine nelle dosi che piacciono al pubblico lettore. Gesù VINCE.
Dio VINCE.
Mi colpì la copertina: da sempre attratta dalla bellezza
maschile, vi è il primo piano di un modello che definire divino è
un eufemismo. Ovviamente dotato di aureola. A dire il vero, le prime
65 pagine, raggruppate sotto il titolo PARADISO, sono un tantino
stucchevoli. Santi che si danno pacche sulle spalle, Jimi che fa
jamming con Gesù, Dio al ritorno da una vacanza di qualche migliaio
di anni, gli apostoli si struggono di gioia e serenità. Mai Paradiso
fu più banale e scontato, tonnellate di marjiuana a parte. Eppure,
c'è subito un click.
La scena successiva è a New York. Gesù è
alla guida di una banda di dropout per saccheggiare spazzatura. Eh
sì, la spazzatura dei supermercati è costituita da cibarie ancora
fresche, non scadute, solo ammaccate o dalle confezioni troppo
rovinate per essere poste in vendita. Lui lo sa (per forza, è il
figlio di Dio) e guida i suoi diseredati all'approvvigionamento più
bieco. Conoscessi di più il Vangelo, riconoscerei ogni figura negli
apostoli, ma ormai conquistata dalla potenza di Niven, mi fido e
proseguo in un soffio.
Il libro è costituito da 380 pagine. Le prime
300 le leggo in una notte. Gesù è dipinto come novello Kurt Cobain
che partecipa e stravince (moralmente) un talent reality. Lascia lo
scettro a quello dopo di lui e si ritira in Culolandia a beneficiare
dei suoi successi economici. Fonda una comune di sballoni e sembra
vivere in serenità. Invece no. Un gomblotto di istituzioni care al
Sogno Americano riescono ad inchiodarlo alla croce mediatica,
ottenendone la condanna a morte. La bellezza di un libro, eh sì
BELLEZZA: non efficacia, stile, narrazione. Bellezza proprio, è data
dal finale.
Qui, dove lungo lo snodarsi della narrazione è continuo
il riferimento a droghe, allucinogeni, stupefacenti, è strepitoso:
si riferisce alla “roba” migliore che l'uomo sia mai stato capace
di farsi. La letteratura.
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