martedì 19 aprile 2016

A VOLTE RITORNO

Ecco il Gesù che tutti vogliono. John Niven, se solo non avesse questo cognome dalle riminiscenze così hollywoodiane, che il Signore lo abbia in gloria, ha scritto un testo tra i più fantastici che abbia letto negli ultimi anni. E dire che leggo un centinaio di libri l'anno, 10 più, 10 meno. Sa miscelare misticismo e populismo, spiritualità e bassezze, musica e letteratura, catarsi e miseria, ecologismo e riciclismo, rivincita e demagogia, guerra e amore, depressione e lieto fine nelle dosi che piacciono al pubblico lettore. Gesù VINCE. Dio VINCE. 

Mi colpì la copertina: da sempre attratta dalla bellezza maschile, vi è il primo piano di un modello che definire divino è un eufemismo. Ovviamente dotato di aureola. A dire il vero, le prime 65 pagine, raggruppate sotto il titolo PARADISO, sono un tantino stucchevoli. Santi che si danno pacche sulle spalle, Jimi che fa jamming con Gesù, Dio al ritorno da una vacanza di qualche migliaio di anni, gli apostoli si struggono di gioia e serenità. Mai Paradiso fu più banale e scontato, tonnellate di marjiuana a parte. Eppure, c'è subito un click. 

La scena successiva è a New York. Gesù è alla guida di una banda di dropout per saccheggiare spazzatura. Eh sì, la spazzatura dei supermercati è costituita da cibarie ancora fresche, non scadute, solo ammaccate o dalle confezioni troppo rovinate per essere poste in vendita. Lui lo sa (per forza, è il figlio di Dio) e guida i suoi diseredati all'approvvigionamento più bieco. Conoscessi di più il Vangelo, riconoscerei ogni figura negli apostoli, ma ormai conquistata dalla potenza di Niven, mi fido e proseguo in un soffio.

Il libro è costituito da 380 pagine. Le prime 300 le leggo in una notte. Gesù è dipinto come novello Kurt Cobain che partecipa e stravince (moralmente) un talent reality. Lascia lo scettro a quello dopo di lui e si ritira in Culolandia a beneficiare dei suoi successi economici. Fonda una comune di sballoni e sembra vivere in serenità. Invece no. Un gomblotto di istituzioni care al Sogno Americano riescono ad inchiodarlo alla croce mediatica, ottenendone la condanna a morte. La bellezza di un libro, eh sì BELLEZZA: non efficacia, stile, narrazione. Bellezza proprio, è data dal finale. 

Qui, dove lungo lo snodarsi della narrazione è continuo il riferimento a droghe, allucinogeni, stupefacenti, è strepitoso: si riferisce alla “roba” migliore che l'uomo sia mai stato capace di farsi. La letteratura.  

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