IL TATTO DELLE COSE SPORCHE di Andrea
Gruccia potrebbe avere come sottotitolo: “Breve storia triste
d'amore tra alienati in un agosto torinese qualsiasi”. Trattasi di un amore
estivo, dove inconsapevolmente, i due protagonisti, Simone e Giulia,si strumentalizzano a vicenda per uscire dalle proprie
paranoie. Ci riescono? Giulia no, ma Simone. Punto. Lo lascio decidere al
lettore.
Ci si può innamorare di una Mistress.
Lo afferma Andrea Gruccia, attraverso la voce del suo protagonista
narrante, Simone, quarantenne torinese, straniato da se stesso per un
eccesso di sensibilità e romanticismo, che tuttavia non si esime dal
frequentare ex galeotti in odore di inferno (Rino), impotenti in
cerca di sempre nuovi stimoli (Maurizio, detto Mauri), Mistress in
odore d'arte sacra (Rebecca), improvvisate fotomodelle da scopare con
il corpo e l'anima (Giulia). “Lecco il tatto delle donne,
nell’unico modo possibile, con delicatezza.”
Un puttan tour e la visione di film
porno con animali, accendono in Simone consapevolezze di eterno
femminino. “L’accesso all’intimità di una donna avviene per
gradi, è un cammino lungo. Quanta grazia è stata creata per
avvicinarsi nelle camere profonde della femminilità, in cui ogni
uomo ha vissuto per nove mesi. È un viaggio infinito, le donne sono
creature ibride, parole ancora da inventare, per delicatezze e
sfumature appena raggiunte. Chi ha la fortuna di poterle descrivere,
per un talento naturale o per amore, è molto vicino agli dei.”,
“Tutti i mesi hanno un nome maschile, ci vorrebbe un tredicesimo
mese femminile. Un mese in cui tutto può accadere, un mese
guaritore. Perché una donna può cambiarti la vita in un’ora, e io
stavo vivendo il mio tredicesimo mese, all’insaputa di tutti. La
mia tredicesima mensilità in affetto, e passione, e amore.”
Il Gruccia mette in bocca la critica al
protagonista (ops, stavo scrivendo erroneamente, autocritica), in
quel momento ventenne, ad una signora attempata: “«Non
rifletta, agisca. Quelli che riflettono troppo poi perdono tutto. Non
abbia paura di perdere tutto, lo accetti come un dato di fatto!
Cambia, la pelle! Anche se dentro si può rimanere uguali, la pelle
cambia.»”
Rebecca, la Mistress alessitimica, e i
suoi tentativi di espressione artistica “I ricordi non riescono a
eccitarmi. Solo l’adrenalina, la scarica di endorfine. Tu invece ti
tieni tutto dentro e riesci a mischiare le molecole, lo vedo nei tuoi
occhi, e credimi, è una grande fortuna capire le emozioni,
scrivere poesie, cibarsi delle
provviste!»” diventano pretesto per una nuova critica al protagonista, che prosegue, macerandosi nelle proprie paturnie, nel confronto con la modella
improvvisata, Giulia: “«Perché non smetti di pensare e ci
gustiamo questi momenti insieme?» «Tu le assomigli in tante cose.»
«Parlami di lei, sfogati, superiamo questo blocco.» «Lavorava come
mistress, era una dea. È scappata via, da un giorno all’altro. Da
allora tutta questa immensa solitudine si è accumulata senza sosta,
come una dinamo conficcata nel cervello.» «E non hai mai ritrovato
tanta intensità, vero?» «L’ho ritrovata con te, Giulia.» «Ora
mi stendo in quell’angolino e ti osservo fino a quando non mi
sorridi.»”
“Proseguo baciando le caviglie,
leccando le sue gambe, le allargo, per proseguire. Lei mi tira per i
capelli, verso i suoi seni che lecco, e l’alchimia della mia
saliva, sulla sua pelle, crea un nuovo profumo afrodisiaco, la brezza
che protegge gli amanti. Succhio un seno, sento un affetto
malinconico.”
“Lei sorride, e io sento il piacere
profondo di quella complicità. Poi, li toglie da quella posizione e
me li mette in faccia; li annuso tra le dita, dove l’odore crea
vortici di immagini serene, rondini che
cantano, felici di volare tra gli odori
famigliari delle cascine.” Tanta poesia nei confronti di un paio di
piedi viene subito spenta da un'osservazione piatta e asettica:
“«Proprio così, bravo.»” La qual cosa dovrebbe far meditare
Simone circa il tipo di affetto “sincero” che gli dedica Giulia.
Ma no, lui non ci riesce, tanto è ottenebrato (dal millantato amore?
O da se stesso?)
“Un morsico all’anno” (o morso?
Mi chiedo se il Gruccia abbia appositamente scelto "morsicare"
addentare qualcosa o qualcuno con più morsi, quindi un'azione
prolungata nel tempo a "mordere", che significa
propriamente stringere qualcosa tra i denti con forza, in unica
occasione.) “bonza” (cocaina o benza?) “Mi piace il tuo stile
naiv.” (Non sarà magari naïf?) “Una giostra parigina con
cavalli di bachelite bianchi e azzurri e bocche aperte con le
striglie” (o briglie?) “Questa è una “ai-utopia” Che sarebbe
Artificial Intelligence Utopia? Giro le domande all'autore che spero
risponderà alla mia fame di conoscenza.
Per scene particolarmente erotiche, il
Gruccia usa parafrasi di rara sensualità e delicatezza: “La volta
successiva, a occhi bendati, baciai il suo collo. Doveva avere una
collanina, di quelle di legnetti e perline coloratissime, profumava
di vaniglia. Me lo fece fiorire nella sua mano. Poi ci infilò la sua
collana con tre giri, come sul collo di un cigno. Mentre faceva su e
giù, i legnetti e le perline facevano il rumore di quei rosari
buddisti.” , “Sfinito dall’intensità, poso sopra la schiena di
Giulia le ultime perline bianche.” Quanta finezza nel descrivere il
frutto dell'orgasmo maschile.
“«Rebecca, pensa che bello se
potessimo amarci a pezzi! Non mi vuoi completo? Amami un braccio, un
orecchio. Non rischieremo il fallimento, se amassimo un pezzo di uno
e un pezzo di un altro.» Rebecca mi sorrise con gli occhi. «Sarebbe
l’ottava meraviglia amarsi a pezzi! Farci a pezzi
d’amore. Ma c’aveva mai pensato
qualcuno? (…) Che bello, fine di ogni sofferenza!»”
E poi tanta, tanta poesia in prosa: “Ho
bisogno del tuo odore per una settimana, del tuo modo di sentire le
cose per un giorno. E poi andando più sul sottile: posso amare i
tuoi pensieri? Il tuo futuro? Un anno della tua vita? Le tue
piastrine? Amare il tuo dire, il tuo fare, il baciare, la testa, il
mento?”,“I poeti fecondano le parole! Le parole dei poeti sono
sempre pronte a fare germogliare una riflessione.»”, “La poesia
dovrebbe servire a questo, a salvare le ragnatele, invece di riempire
i salotti di inutili intellettuali.", “Sulla sua pelle ci sono prati
che sussurrano in francese.”,“Amo le anime che hanno crepe, che
sono state sputate dall’inferno e si ricostruiscono in solitudine,
tra i raggi sottili delle finestre. Che sanno incendiare ed essere
lievi, che si nascondono per essere presenti fino a rendersi
invisibili.”
Fino a sconfinare nella filosofia del
vivere: “(...) amare una porzione della persona senza la quale si
respira a fatica.”,“Si deve essere maturi per fare gli scemi,
dimenticarsi davvero di tutto almeno per un’ora al giorno, con la
generosità che hanno le cose pure. Senza più infrangerle per
possederle, ma acclimatarsi a una idea di felicità che non disturbi
le angosce.”,“Le fotografie mentali sono sempre le più potenti.
Nella mente, le fotografie non sono fatte di carta, ma di sangue:
pulsano, hanno un respiro.”,“«Per certe persone esistono solo
due strade, la depravazione o la solitudine.»”,“Penso che siamo
tutti legati gli uni agli altri e che la scelta di un solo individuo
può influenzare la scelta di molti.”
E l'ispirazione ai Grandi della
Letteratura torna frequente: “Ma a volte, chi sta fermo osserva le
cose dall’alto e plana come un albatro, diventa poeta. Sono
fondamentalmente un uomo rimasto romantico. Nonostante tutto.” dove
mi pare di riconoscere l'albatros di Baudelaire; “(...) una bocca
verminosa, occhi scavati nel buio, la pancia gonfia dalla
decomposizione con il suo livore marcio, maleodorante.” ancora
Baudelaire; “«Non fai nemmeno un transito nel loro corpo.»”
citazione vinciana.
Sex Pistols, Callas, Pink Floyd, Jimi
Hendrix, Bach, Rihanna, Nick Drake, Sakamoto, John Lennon, Lou Reed,
Cure, Mozart, Je t’aime moi non plus, Smell like teen Spirit dei
Nirvana, Sunday Morning dei Velvet Underground, Cavalcata delle Valchirie
di Wagner, la parola musica ricorre in una quindicina di matchs, a
conferma che chi scrive poeticamente necessita di musica.
“«Su Facebook c’è una che si fa
chiamare “la fatina dei cazzi”, mette link dove incita a fare
pompini. Poi, per strada, fanno le sante. Le ho mandato una poesia di
Neruda, mi ha risposto che la poesia le rompe i coglioni. Allora le
ho detto se mi faceva un pompino, mi ha detto che se non la finivo mi
denunciava! Ma cosa vogliono da noi? Se gli parli di sesso ti
prendono per maniaco, se fai il romantico passi per rincoglionito! E
poi lo chiamano il sesso debole.»” A prescindere che il vero sesso
forte sono le donne, STANDING OVULATION, le donne sono superiori (anche nella violenza), attiriamo chi ha il nostro stesso stato vitale
o karma che sia.
“«Bukowski era romantico? Non lo era
per niente. Eppure scriveva poesie!” , “il fioraio ti dedica una
frase di Dostoevskij.”,“Immagino Bukowski, seduto su una sedia a
menarselo con una mano e, con l’altra mano, alzare una bottiglia di
whisky in segno di approvazione, e ruggirmi: «Sei sulla strada
buona fratello!»” citando Kerouak. “«Prendi una donna, trattala
male! (...)»” citando vecchie canzoni anni Ottanta, “Le ho mandato
una poesia di Neruda,”, “Nemmeno nel film più torbido di Lars Von
Trier potrebbe essere lei.”, “in Bardamu di Céline”, “Siamo
personaggi felliniani usciti dalla pancia di ricordi terrorizzati da
una vita normale, come quella delle persone che vanno all’Ikea”, “Il Cristo velato lo conosci, vero?»”,“Riempirei lo spazio
della sua sagoma con il cielo, oppure fotograferei una pozzanghera,
magari con l’immagine del suo volto riflesso, come il narciso di
Caravaggio.” e anche qui: “Disse ad alta voce: «Ce ne andiamo a
vedere Caravaggio! Voi lo avete ucciso e adesso lo amate!»”, “«Giulia, nelle mani di Kieslowski, un’idea così poteva
diventare un capolavoro! L’avrebbe intitolata “L’insostenibile
leggerezza del malessere”!» «Chi è Kislowski, il fratello del Il
grande Lebowski?»”, con una parafrasi di Milano Kundera e un riferimento al famigerato registra dei tre colori, quando addirittura, pur di nominare artisti di
chiara fama, si inventa un personaggio pleonastico per la storia in
sé, il collezionista d'arte che commissiona ai due innamorati qualcosa di losco. “«Monet e Manet, faccio sempre
confusione!»” E poi Warhol, Mapplethorpe citati qua e là. Clochards che
somigliano a Van Gogh, la Casa sulla cascata di Wright, o le
architetture di Le Corbusier, Hemingway, Pavese, Cobain. Giovanni
Verga… Citazionismo a nastro, poco gradito alla sottoscritta, che
ha persino una pagina su Facebook dal titolo: PASTOROLOGY e dal
sottotitolo “Non amo le citazioni altrui. Preferisco sbagliare da
sola.”.
Rino, ex galeotto ancora con pendenze
da gabbio, si rivela il saggio delle situazioni: “«Sai cos’è?
Che alla fine scopriremo tutti che è una grossa presa per il culo,
credere, lavorare, amare, tutto è fottutamente una presa per il
culo! Tu mi hai visto con gli aghi nelle vene, credevi che stessi
bene? Sono un fottuto romantico e sensibile come te! Ma ero solo, e
quando sono fuso sembro dannatamente interessante. Solo quando mi
fondo, rimedio qualcosa, raschiando il fondo di questa città di
merda.»”
“Chiudo gli occhi e ritrovo le mie
dee luminose e danzanti, posso ancora abbracciarle nei pensieri nudi.
È una grande fortuna.” La grande letteratura mi commuove sempre. E
quella del Gruccia è Grande Letteratura. Mi sorprendo, tuttavia,
nello scrivere la presente recensione, di parlare del suo
protagonista Simone come fosse una sua incarnazione. Ogni autore
infila qualcosa di autobiografico in ciò che scrive. Ma sono certa di sbagliare.
Citazionismo a parte (che è solo una
mia idiosincrasia), IL TATTO DELLE COSE SPORCHE merita le cinque
stelline su GoodReads anche per la copertina che si vende da sola. È, secondo la cromatologia, (scienza che descrive il significato psicologico e comunicativo di colori/toni/intensità) nella scelta cromatica più corretta quando si tratta di lutti (non svelo nulla!) perché nero e viola si accordano benissimo con i paramenti funebri. Prende di spalle una modella che non è una modella (lo si capisce dalla schiena, con la colonna vertebrale in risalto, quasi uno stegosauro a simbolo della sua lieve imperfezione), con i capelli discosti, a sipario che svela. Rivolta verso l'oscurità del futuro (o della sua anima?).
Consigliato a chi non può dimenticare
un amore passato, a chi ne ha vissuto uno davvero forte da cancellarne
qualsiasi di presente o di futuro, a chi apprezza il genere erotico ma con
contenuti, a chi predilige la prosa poetica delle “cose sporche” (che
solo alla fine mi si rivela nel suo vero significato, quasi strascico
di una morale cattolica mai davvero dimenticata).
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