lunedì 28 gennaio 2019

L'AUDACE COLPO DEI QUATTRO DI RETE MARIA CHE SFUGGIRONO ALLE MISERABILI MONACHE di Marco Marsullo

Da qualche tempo, in verità circa un anno, mi sto battendo per far accettare il progetto di #badanteletteraria nelle Biblioteche. Ho cominciato proprio da febbraio 2018 a Palermo, che in quell'anno era Capitale della Cultura. Dagli scaffali dell'ultima biblioteca visitata, in Oulx (TO), mentre ero in attesa della Responsabile, mi occhieggiava questo libro di Marco Marsullo, dall'insuperabile copertina di Riccardo Falcinelli che, con me che fui Art Director Pubblicitaria nella Milano da Bere, sarà convinto che a fare il successo di vendita di un libro, è proprio la copertina, visto che ne disegna da anni e con comprovato successo. Nella fattispecie, questa richiama un famoso disco dei Beatles (quello per intenderci in cui i quattro di Liverpool attraversano la strada, ma solo uno è scalzo: chi?) Però raffigura quattro anziani e quello che avrebbe dovuto essere scalzo, indossa pantofole da nonno. Bravo e ironico Falcinelli, come sempre. Copertina vincente che conferma, se mai ce ne fosse avuto bisogno, le 5 stelline su GoodReads.

Einaudi: l'editore promette bene (non faccio più lo sbaglio di ignorare chi sia la casa editrice - vedi De Alberti). In quell'attesa di pochi minuti, leggo già una trentina di pagine. L'autore ha superato quella che io chiamo “prova Eco” e anch'io. Il semiologo affermò che il lettore va catturato entro le prime venti pagine, nel bene come nel male. Lui scelse il male (il suo NOME DELLA ROSA è così infarcito all'inizio “del suo bosco narrativo” di dotte dissertazioni latiniste, da far desistere anche i lettori più accaniti, ma poi in preda al ravvedimento, ha negoziato coi suoi critici, su significato e interpretanti, riesamindolo consistentemente, perché se è vero che “il testo è una macchina pigra nei confronti della quale il lettore è chiamato a condurre un lavoro di interpretazione e a cooperare al fine di riempire spazi di non-detto o di già-detto” cit. Eco da Lector in Fabula,1979 cioè l'anno precedente a IL NOME DELLA ROSA, è anche vero che in questo caso il lettore medio non ci risuciva).

Il Marsullo invece imbastisce subito i profili di quattro probabilissimi personaggi, vecchietti tanto auto ironici quanto ardimentosi, originali se solo non ricordassero quei burloni degli AMICI MIEI. Nella Villa delle Betulle dove risiedono da quando sono in preda chi alla demenza senile (che oserei tradurre bonariamente in scemenza), chi alla stitichezza, chi al Parkinson, chi all'erotomania, con arguti soprannomi che parlano anche per ossimoro delle loro disabilità senili, (Agile, Brio, Guttalax, Rubirosa) sono tenuti a bada da un'allegra congrega di monache. Allegra congrega è un eufemismo: le sorelle o sono giocondamente beote oppure appartengono alla gioventù hitleriana, senza mezze misure. A tal punto da obbligare i residenti al televisivo rosario domenicale di un certo Padre Vattelapesca del Vaticano, che ha pure la zeppola.

Il più bombarolo dei quattro lo odia a tal punto da ideare un attacco terroristico a suo danno, approfittando della gita a Roma per tutti organizzata dalle sorelle, riesce a coinvolgere i quattro nel suo diabolico piano, perché vince le perplessità di ciascuno facendo leva su loro motivazioni estremamente personali. L'autore Marsullo gli congegna un piano che ha del geniale, almeno quanto le zingarate degli AMICI MIEI, “amabilmente” contrastati dai loro “acerrimi nemici”, altri vecchietti da soprannomi come Capitan Findus, Sciabola e Uccello. Vi lascio indovinare quale siano le loro attempate tipicità.

Lo stile linguistico del Marsullo appartiene al miglior varietà cui ci abituò Mamma Rai negli anni d'oro, ma anche al gioco degli scambi e degli equivoci di certa commedia teatrale di antica tradizione italiana. Nessuno stupore: sarà anche giovine, il ragazzo è nato nell'85, ma evidentemente si è ben documentato dalle Mediateche Rai, inesauribili fonte d'ispirazione anche per me. Di conseguenza, non riporto brani come sono solita fare, perché non ci sono particolari acrobazie linguiste. Dico solo che, da buona sceneggiatrice ghost writer proprio dell'ideatore degli AMICI MIEI (Leo Benventuti), noto subito come sia una successione di fatti e colpi di scena ben concatenati gli uni agli altri. Fosse per l'appunto una sceneggiatura, la si definirebbe sceneggiatura di ferro. Bravo il Marsullo. Non mi stupirei se prima o poi venisse chiamato a firmarne una.

Non manca la lacrimuccia finale, che non spoilero. Va detto che uno dei quattro pirati, nell'impeto delle rocambolesche avventure degne di un guascone come D'Artagnan, se ne vola via “come un cretino, mentre giocava alla guerra coi suoi amici cretini”, dice il nipotino. Ma Agile gli solleva il mento con due dita e … “Proprio così, tuo nonno era un pirata senza pietà” facendo la sua gioia.

Consigliato agli estimatori della narrativa d'azione, anche se azione datata (ma del resto stiamo andando verso un inesorabile invecchiamento della Nazione), ai lettori che cercano soddisfazione negli intrighi giallini, anche se qui, di giallino, ci sono solo perdite. E non parlo dell'opposto di vittorie.

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