“Il
dolore per fatti esterni a noi, che non toccano noi stessi o la
nostra cerchia più intima, è autentico dolore, è una pena davvero
vissuta? O è un dolore nutrito a forza solo perché si deve? Perché
la morale, le consuetudini, il senso comune ce lo impongono? Quello
che ci afferra la mente, senza però mai penetrare nelle viscere come
una lama acuminata, si può chiamare “dolore”? Come si
comportava, lui, di fronte al dolore? Di fronte allo strazio di quel
corpo martoriato, cosa provava? O l’abitudine a scene di morte gli
aveva spento il cuore?” Filosofia a parte, l'incipit è lento e non
interessante.
Stavo
per esercitare l'imprescrittibile diritto di recesso di Daniel
Pennac tra il lettore e l'autore, quando mi imbatto in un pippone
politico che mi convince a proseguire, per l'impegno del Bastasi:
“Quattro
carabinieri, (…) sono stati raggiunti da misure cautelari in
un’indagine sulla morte di un giovane marocchino nella caserma
Notari di Milano. Nei loro confronti sono state mosse accuse di falso
e lesioni, fino a quella di omicidio colposo (…) l’accusa fa
appunto riferimento alla morte di Kamal El Kabir, un
tossicodipendente portato in caserma nel corso di un’attività di
controllo antidroga. Secondo l’ipotesi accusatoria i quattro
carabinieri si sarebbero accaniti su di lui colpendolo ripetutamente
al volto e all’addome. I militari avrebbero falsificato i verbali
dell’episodio, affermando che l’uomo si sarebbe ribellato
all’interrogatorio urlando. “Era un invasato violento, in
evidente stato di agitazione”, hanno detto, “ci ha aggredito a
colpi di karate, senza alcun motivo”. In realtà sembra che, a
causa della brutalità della colluttazione, due dei manganelli
utilizzati per “calmarlo” si siano addirittura spezzati. (…)
Il personale paramedico riferisce di aver trovato il paziente
“riverso a terra con le mani ammanettate dietro la schiena. Era
incosciente e non rispondeva”. L’intervento, dopo numerosi
tentativi di rianimazione cardio-polmonare, si è concluso con la
constatazione sul posto della morte del giovane per “trauma
cranico-facciale e arresto cardio-respiratorio”. (…) Si indaga
anche su presunte “sparizioni” di droga sequestrata.” E poi
ancora il Bastasi, che sembra non digerire certi atteggiamenti
fascisti delle FFOO: “Non c’è stata solo la vicenda El Kabir,
commissario, se li ricorda i casi Uva, Cucchi, Aldrovandi? È un’aria
mefitica quella che si respira, con un partito che soffia sul fuoco
parlando di “dare mano libera alle forze di Polizia”. Ha presente
quel poliziotto che a una manifestazione di migranti ha detto: “Se
tirano qualcosa spaccategli il braccio”? Ecco, se quella gente lì
prende il potere, lui avrà licenza di farlo. E io non rimarrei al
mio posto un momento di più, questo è bene che lo sappia».”,
preparandoci sapientemente al finale colpo di scena, ma giustificato.
Noto
un sorprendente “sopraluogo” che puntualmente viene sorretto
dalla Crusca (attenzione: è notizia fake quella di oggi 28 gennaio
2019 che vede la nobile Accademia approvare l' utilizzo un modo
transitivo di verbi garbatamente intransitivi, esempio: uscire,
“escimi il cane”)
Verso
la metà un colpo di scena che sono costretta a celare per non
spoilerare, inaspettato come nella miglior tradizione giallesca.
Descrizioni
milanesi che toccano il cuore: “Era gradevole, il loft di Ferrazza. In un ex
stabilimento della Richard-Ginori in via Tucidide, all’Ortica, che
fino al 1986 produceva ceramiche e porcellane. Dall’esterno, oltre
il muro di cinta, si intravvedevano i tetti dei vecchi capannoni
operai, testimoni silenziosi di un’epoca che non c’era più. Ma,
una volta all’interno, si scopriva che quei capannoni non
ospitavano più impianti industriali, bensì civili abitazioni dal
tocco vintage, affacciate sugli spiazzi un tempo affollati di tute
blu, percorsi adesso da donne con la carrozzina o da ragazzi in
bicicletta, i materiali antichi esposti quali oggetti d’arredamento,
qualche pianta in giardinetti improvvisati.”, “Ed era bello, in
via Ampère, nello slargo tra il Poli e il teatro Leonardo da
Sogliani, passare di giorno e trovarsi circondati da una miriade di
volti freschi, giovani e incoscienti, immersi in discussioni
appassionate, letture solitarie, risate, fumo, baci interminabili,
incuranti di tutto e di tutti. Un mondo sospeso che presto o tardi si
sarebbe scontrato con incagli, ostacoli e muri di gomma difficili da
espugnare. Ma, come nella Bibbia scrive Qoèlet, figlio di Davide, re
di Gerusalemme, “per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo
per ogni faccenda sotto il cielo”.”, immagini belle ed efficaci
per la loro cruda milanesità, che continuano con “Mangiò un
panino in un bar anonimo, sfogliando il “Corriere”. Elezioni
imminenti a marzo, una campagna elettorale gridata, a base di insulti
e calunnie, i soliti tweet di Trump, avvisaglie di guerra in Medio
Oriente, l’ennesima donna morta ammazzata dall’ex compagno…”,
“Ferrazza si alzò dalla poltrona e si diresse verso l’ampia
finestra che dava su via Cadamosto. Le strade, le case, persino gli
autobus e i tre alberi della chiesa lì vicino parevano tinti di quel
grigio scuro che fin dal mattino colava dal cielo. Un corvo nero
stava mmobile sopra un lampione dall’altra parte della strada.”,
“La gente normale. Che pensa ai cazzi suoi, ai tre mesi di lavoro
promesso e poi chissà, ai novecento euro che nemmeno quelli prenderà
più, alla lettera dell’azienda che delocalizza e che da un giorno
all’altro o ti trasferisci in Calabria o sei fuori, al figlio chino
sullo smartphone che mangia a spizzichi e non dice una parola, al
condomino di sopra che ti sveglia azionando lo sciacquone in piena
notte, al frigo da cambiare proprio adesso che soldi non ce n’è,
ai negri che “arrivano in massa a distruggere la nostra civiltà”.
Le serrande dei pochi negozi rimasti si abbassano una dopo l’altra
e tra un po’ la strada diventerà un deserto, si torna a casa, si
cena con la TV accesa. Più tardi, il popolo della notte affollerà i
pub, dove il vocìo diffuso impedirà di cogliere i bisbigli, i
sospiri, i silenzi. Giovani e meno giovani stipati al bancone, ai
tavolini, e poi anche fuori, al freddo, a occupare il marciapiede, a
fumare, ragazze e ragazzi vestiti di nero, pantaloni, giubbotti
scuri. Notturno metropolitano.” Ecco, il titolo, riferito ad un
aspetto del mè Milan, caro a me e al Bastasi. “Quel sabato, alle
otto di mattina, la città appariva immersa in un’aria strana, tra
l’indaco e il marrone, densa di umidità. Ogni cosa era velata, il
cielo offuscava un sole pallido, la cui luce fredda e opaca si
fermava a metà, poco sopra lo skyline della città. Talora qualche
sprazzo di pulizia diradava la caligine, ma quella che appariva era
comunque una scena in bianco e nero.” Un fascino milanese “virato
al seppia come in una foto vintage” così discreto da obbligarmi a
scegliere anni fa, altra località di vita: le Alpi. Poi, se ho
bisogno di una razione di smog seppiato, scendo in Milano.
Qualche
riflessione filosofica rallenta le azioni, gradevole intermezzo:
“Oggi si afferra la vita come un susseguirsi di singoli istanti,
ciascuno dei quali è un presente a sé, senza legami né relazioni.
Non esiste il passato, non esiste il futuro, non esiste l’altro.
Esisto io, qui e adesso, con la mia fragile importanza personale. Una
perdita di senso che provoca le azioni e i comportamenti dissennati
dei quali tu e io siamo ogni giorno testimoni».”, “«Eh,
commissario… Vedi, mio padre era un muratore con la quinta
elementare, che però mi ha fatto studiare fino alla laurea in legge.
Era iscritto al partito comunista e per lui, e per quelli come lui,
la cultura ha sempre svolto un ruolo fondamentale, di sviluppo
personale e sociale.(...) Altri tempi.”. La cultura, oggi in
Italia, appaga ma non paga. Cit Forforismi Pastorology, uno dei miei
più cari. Ne avete piaciato la pagina Facebook?
Poi
una scena al fulmicotone che lascerebbe col fiato sospeso chiunque si
azzardasse a leggerla, il ritrovamento della principale testimone
dopo un inseguimento degno di Jason Bourne.
Ritorna
anche un riferimento a casi come quello del Cucchi: «… Sempre
secondo l’accusa, in passato altre persone, italiane e non,
condotte in caserma per i più svariati motivi, avrebbero subito
pestaggi e abusi. Al vaglio degli inquirenti ci sono infatti altri
episodi analoghi, i cui verbali sono stati sequestrati. Una donna,
anch’essa risultata tossico dipendente, avrebbe subito violenza
sessuale. Si indaga anche su presunte “sparizioni” di droga
sequestrata»” che servono da supporto alla narrazione.
Infine,
tra attori e attrici sosia, sansevierie, amori e tradimenti,
improvvidi scambi di cellulari, TOR, il limite estremo dei
femminicidi sempre più frequenti da parte di uomini che ne reclamano
il pieno possesso, l'eterna diatriba Polizia/Carabinieri “E noi, in
nome della cosiddetta giustizia, siamo disposti a infangare
un’istituzione come l’Arma dei carabinieri?»”, e-mail
compromettenti inopportunamente non cestinate, insospettabili pezzi
grossi implicati non solo in omicidi ma anche e soprattutto in
spaccio di stupefacenti, verità supposte ma doppiamente
interpretabili, “«La verità!» replicò Farnese. «La verità non
esiste, dovrebbe averlo capito, in tanti anni di professione.
Esistono solo i punti di vista. Mi dia retta, Ferrazza, seppelliamo i
morti e diamo spazio ai vivi.”, “Un risultato di pulizia
importante, del quale l’artefice è lei, Ferrazza, un successo per
il quale proporrò senz’altro la sua promozione. L’essenziale è
che l’Arma ne esca a testa alta, quindi il caso è chiuso. Chiu-so.
Mi ha chiamato addirittura il sottosegretario Vincenzi, s’è tanto
raccomandato, c’è già troppo rumore attorno a queste storie».
Ferrazza scosse le spalle, le mascelle strette tanto da fargli male,
gli occhi fissi su quelli del questore, che a un certo punto li
abbassò. «È tutto?», domandò. «Sì. È tutto. Non faccia
stupidaggini e si prenda qualche giorno di riposo. Ha una bella
carriera davanti a sé, immagino che diventare commissario capo non
le faccia schifo, no? E anch’io, poi, non sono eterno… Sono certo
che ha capito, Ferrazza, conto su di lei, sulla sua intelligenza e
sul suo senso del dovere». «E voilà! Giustizia, Difesa e Interni,
tre ministeri, tutti d’accordo nell’insabbiare l’inchiesta.”,
e poi ancora: “«Cosa ne penso?», riprese Guido, dopo aver
ingollato un bicchiere d’acqua. «Penso che ho appena finito il
capitolo sui fatti di Genova del 2001. Il G8, le manifestazioni dei
NO-GLOBAL, e poi la Diaz, la caserma di Bolzaneto. E le enormi
responsabilità della politica sull’accaduto». «Evoluzione e
involuzione. La società italiana dalla caduta del fascismo a oggi,
giusto?». «È il titolo provvisorio, poi come sempre deciderà
l’editore».” (si direbbe che l'autore Bastasi ne stia scrivendo uno, di
saggio, sulle vessazioni delle Forze dell'Ordine italiane nei
confronti dei propri “screanzati cittadini” alla Cucchi). Ma alla
fine il Bastasi farà trionfare la giustizia. Un po' amara, ma sempre
giustizia.
Le consuete considerazioni di un Art Director Pubblicitaria della Milano da Bere mi portano ad aumentare a 4 le stelline su GoodReads.
Consigliato
ai soliti gaillisti, ormai l'unica categoria di lettori intaliani
esistente in vita, con tendenze alla politologia e alla dietrologia.
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