lunedì 28 gennaio 2019

NOTTURNO METROPOLITANO Milano, il commissario Ferrazza sul filo del rasoio


“Il dolore per fatti esterni a noi, che non toccano noi stessi o la nostra cerchia più intima, è autentico dolore, è una pena davvero vissuta? O è un dolore nutrito a forza solo perché si deve? Perché la morale, le consuetudini, il senso comune ce lo impongono? Quello che ci afferra la mente, senza però mai penetrare nelle viscere come una lama acuminata, si può chiamare “dolore”? Come si comportava, lui, di fronte al dolore? Di fronte allo strazio di quel corpo martoriato, cosa provava? O l’abitudine a scene di morte gli aveva spento il cuore?” Filosofia a parte, l'incipit è lento e non interessante.

Stavo per esercitare l'imprescrittibile diritto di recesso di Daniel Pennac tra il lettore e l'autore, quando mi imbatto in un pippone politico che mi convince a proseguire, per l'impegno del Bastasi:
“Quattro carabinieri, (…) sono stati raggiunti da misure cautelari in un’indagine sulla morte di un giovane marocchino nella caserma Notari di Milano. Nei loro confronti sono state mosse accuse di falso e lesioni, fino a quella di omicidio colposo (…) l’accusa fa appunto riferimento alla morte di Kamal El Kabir, un tossicodipendente portato in caserma nel corso di un’attività di controllo antidroga. Secondo l’ipotesi accusatoria i quattro carabinieri si sarebbero accaniti su di lui colpendolo ripetutamente al volto e all’addome. I militari avrebbero falsificato i verbali dell’episodio, affermando che l’uomo si sarebbe ribellato all’interrogatorio urlando. “Era un invasato violento, in evidente stato di agitazione”, hanno detto, “ci ha aggredito a colpi di karate, senza alcun motivo”. In realtà sembra che, a causa della brutalità della colluttazione, due dei manganelli utilizzati per “calmarlo” si siano addirittura spezzati. (…) Il personale paramedico riferisce di aver trovato il paziente “riverso a terra con le mani ammanettate dietro la schiena. Era incosciente e non rispondeva”. L’intervento, dopo numerosi tentativi di rianimazione cardio-polmonare, si è concluso con la constatazione sul posto della morte del giovane per “trauma cranico-facciale e arresto cardio-respiratorio”. (…) Si indaga anche su presunte “sparizioni” di droga sequestrata.” E poi ancora il Bastasi, che sembra non digerire certi atteggiamenti fascisti delle FFOO: “Non c’è stata solo la vicenda El Kabir, commissario, se li ricorda i casi Uva, Cucchi, Aldrovandi? È un’aria mefitica quella che si respira, con un partito che soffia sul fuoco parlando di “dare mano libera alle forze di Polizia”. Ha presente quel poliziotto che a una manifestazione di migranti ha detto: “Se tirano qualcosa spaccategli il braccio”? Ecco, se quella gente lì prende il potere, lui avrà licenza di farlo. E io non rimarrei al mio posto un momento di più, questo è bene che lo sappia».”, preparandoci sapientemente al finale colpo di scena, ma giustificato.

Noto un sorprendente “sopraluogo” che puntualmente viene sorretto dalla Crusca (attenzione: è notizia fake quella di oggi 28 gennaio 2019 che vede la nobile Accademia approvare l' utilizzo un modo transitivo di verbi garbatamente intransitivi, esempio: uscire, “escimi il cane”) 

Verso la metà un colpo di scena che sono costretta a celare per non spoilerare, inaspettato come nella miglior tradizione giallesca.

Descrizioni milanesi che toccano il cuore: “Era gradevole, il loft di Ferrazza. In un ex stabilimento della Richard-Ginori in via Tucidide, all’Ortica, che fino al 1986 produceva ceramiche e porcellane. Dall’esterno, oltre il muro di cinta, si intravvedevano i tetti dei vecchi capannoni operai, testimoni silenziosi di un’epoca che non c’era più. Ma, una volta all’interno, si scopriva che quei capannoni non ospitavano più impianti industriali, bensì civili abitazioni dal tocco vintage, affacciate sugli spiazzi un tempo affollati di tute blu, percorsi adesso da donne con la carrozzina o da ragazzi in bicicletta, i materiali antichi esposti quali oggetti d’arredamento, qualche pianta in giardinetti improvvisati.”, “Ed era bello, in via Ampère, nello slargo tra il Poli e il teatro Leonardo da Sogliani, passare di giorno e trovarsi circondati da una miriade di volti freschi, giovani e incoscienti, immersi in discussioni appassionate, letture solitarie, risate, fumo, baci interminabili, incuranti di tutto e di tutti. Un mondo sospeso che presto o tardi si sarebbe scontrato con incagli, ostacoli e muri di gomma difficili da espugnare. Ma, come nella Bibbia scrive Qoèlet, figlio di Davide, re di Gerusalemme, “per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo”.”, immagini belle ed efficaci per la loro cruda milanesità, che continuano con “Mangiò un panino in un bar anonimo, sfogliando il “Corriere”. Elezioni imminenti a marzo, una campagna elettorale gridata, a base di insulti e calunnie, i soliti tweet di Trump, avvisaglie di guerra in Medio Oriente, l’ennesima donna morta ammazzata dall’ex compagno…”, “Ferrazza si alzò dalla poltrona e si diresse verso l’ampia finestra che dava su via Cadamosto. Le strade, le case, persino gli autobus e i tre alberi della chiesa lì vicino parevano tinti di quel grigio scuro che fin dal mattino colava dal cielo. Un corvo nero stava mmobile sopra un lampione dall’altra parte della strada.”, “La gente normale. Che pensa ai cazzi suoi, ai tre mesi di lavoro promesso e poi chissà, ai novecento euro che nemmeno quelli prenderà più, alla lettera dell’azienda che delocalizza e che da un giorno all’altro o ti trasferisci in Calabria o sei fuori, al figlio chino sullo smartphone che mangia a spizzichi e non dice una parola, al condomino di sopra che ti sveglia azionando lo sciacquone in piena notte, al frigo da cambiare proprio adesso che soldi non ce n’è, ai negri che “arrivano in massa a distruggere la nostra civiltà”. Le serrande dei pochi negozi rimasti si abbassano una dopo l’altra e tra un po’ la strada diventerà un deserto, si torna a casa, si cena con la TV accesa. Più tardi, il popolo della notte affollerà i pub, dove il vocìo diffuso impedirà di cogliere i bisbigli, i sospiri, i silenzi.  Giovani e meno giovani stipati al bancone, ai tavolini, e poi anche fuori, al freddo, a occupare il marciapiede, a fumare, ragazze e ragazzi vestiti di nero, pantaloni, giubbotti scuri. Notturno metropolitano.” Ecco, il titolo, riferito ad un aspetto del mè Milan, caro a me e al Bastasi. “Quel sabato, alle otto di mattina, la città appariva immersa in un’aria strana, tra l’indaco e il marrone, densa di umidità. Ogni cosa era velata, il cielo offuscava un sole pallido, la cui luce fredda e opaca si fermava a metà, poco sopra lo skyline della città. Talora qualche sprazzo di pulizia diradava la caligine, ma quella che appariva era comunque una scena in bianco e nero.” Un fascino milanese “virato al seppia come in una foto vintage” così discreto da obbligarmi a scegliere anni fa, altra località di vita: le Alpi. Poi, se ho bisogno di una razione di smog seppiato, scendo in Milano.

Qualche riflessione filosofica rallenta le azioni, gradevole intermezzo: “Oggi si afferra la vita come un susseguirsi di singoli istanti, ciascuno dei quali è un presente a sé, senza legami né relazioni. Non esiste il passato, non esiste il futuro, non esiste l’altro. Esisto io, qui e adesso, con la mia fragile importanza personale. Una perdita di senso che provoca le azioni e i comportamenti dissennati dei quali tu e io siamo ogni giorno testimoni».”, “«Eh, commissario… Vedi, mio padre era un muratore con la quinta elementare, che però mi ha fatto studiare fino alla laurea in legge. Era iscritto al partito comunista e per lui, e per quelli come lui, la cultura ha sempre svolto un ruolo fondamentale, di sviluppo personale e sociale.(...) Altri tempi.”. La cultura, oggi in Italia, appaga ma non paga. Cit Forforismi Pastorology, uno dei miei più cari. Ne avete piaciato la pagina Facebook?

Poi una scena al fulmicotone che lascerebbe col fiato sospeso chiunque si azzardasse a leggerla, il ritrovamento della principale testimone dopo un inseguimento degno di Jason Bourne.

Ritorna anche un riferimento a casi come quello del Cucchi: «… Sempre secondo l’accusa, in passato altre persone, italiane e non, condotte in caserma per i più svariati motivi, avrebbero subito pestaggi e abusi. Al vaglio degli inquirenti ci sono infatti altri episodi analoghi, i cui verbali sono stati sequestrati. Una donna, anch’essa risultata tossico dipendente, avrebbe subito violenza sessuale. Si indaga anche su presunte “sparizioni” di droga sequestrata»” che servono da supporto alla narrazione.

Infine, tra attori e attrici sosia, sansevierie, amori e tradimenti, improvvidi scambi di cellulari, TOR, il limite estremo dei femminicidi sempre più frequenti da parte di uomini che ne reclamano il pieno possesso, l'eterna diatriba Polizia/Carabinieri “E noi, in nome della cosiddetta giustizia, siamo disposti a infangare un’istituzione come l’Arma dei carabinieri?»”, e-mail compromettenti inopportunamente non cestinate, insospettabili pezzi grossi implicati non solo in omicidi ma anche e soprattutto in spaccio di stupefacenti, verità supposte ma doppiamente interpretabili, “«La verità!» replicò Farnese. «La verità non esiste, dovrebbe averlo capito, in tanti anni di professione. Esistono solo i punti di vista. Mi dia retta, Ferrazza, seppelliamo i morti e diamo spazio ai vivi.”, “Un risultato di pulizia importante, del quale l’artefice è lei, Ferrazza, un successo per il quale proporrò senz’altro la sua promozione. L’essenziale è che l’Arma ne esca a testa alta, quindi il caso è chiuso. Chiu-so. Mi ha chiamato addirittura il sottosegretario Vincenzi, s’è tanto raccomandato, c’è già troppo rumore attorno a queste storie». Ferrazza scosse le spalle, le mascelle strette tanto da fargli male, gli occhi fissi su quelli del questore, che a un certo punto li abbassò. «È tutto?», domandò. «Sì. È tutto. Non faccia stupidaggini e si prenda qualche giorno di riposo. Ha una bella carriera davanti a sé, immagino che diventare commissario capo non le faccia schifo, no? E anch’io, poi, non sono eterno… Sono certo che ha capito, Ferrazza, conto su di lei, sulla sua intelligenza e sul suo senso del dovere». «E voilà! Giustizia, Difesa e Interni, tre ministeri, tutti d’accordo nell’insabbiare l’inchiesta.”, e poi ancora: “«Cosa ne penso?», riprese Guido, dopo aver ingollato un bicchiere d’acqua. «Penso che ho appena finito il capitolo sui fatti di Genova del 2001. Il G8, le manifestazioni dei NO-GLOBAL, e poi la Diaz, la caserma di Bolzaneto. E le enormi responsabilità della politica sull’accaduto». «Evoluzione e involuzione. La società italiana dalla caduta del fascismo a oggi, giusto?». «È il titolo provvisorio, poi come sempre deciderà l’editore».” (si direbbe che l'autore Bastasi ne stia scrivendo uno, di saggio, sulle vessazioni delle Forze dell'Ordine italiane nei confronti dei propri “screanzati cittadini” alla Cucchi). Ma alla fine il Bastasi farà trionfare la giustizia. Un po' amara, ma sempre giustizia.

Le consuete considerazioni di un Art Director Pubblicitaria della Milano da Bere mi portano ad aumentare a 4 le stelline su GoodReads.

Consigliato ai soliti gaillisti, ormai l'unica categoria di lettori intaliani esistente in vita, con tendenze alla politologia e alla dietrologia.

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