lunedì 24 febbraio 2025

L'amante Giapponese di Isabel Allende

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Gloss approccia questo romanzo con la sensazione di urgenza pervenutale da una lettura precedente della Allende, ma mai dimenticata: LA CASA DEGLI SPIRITI.

 

Come la goccia che, a lungo andare, buca la roccia, così il nome del protagonista, Ichimei, penetra Gloss sempre più nel profondo, fino a farle avvertire l’esigenza di scoprirne il significato. Nella sua ignoranza di cultura giapponese (a parte ciò che potrebbe concernere il Buddismo di Nichiren Daishonin) ha provato a googlare, ma tra i vari siti di nomi propri di persona, in quelli giapponesi non era citato. Tuttavia, ha reperito in un sito di storiografia del cinema, che richiama un film conosciuto fuori dal Giappone con il titolo Harakiri - Death of a samurai. Il sito afferma pare sia abbastanza strano che nessuno dei numerosi recensori - rintracciati attraverso una ricerca veloce ma non superficiale - abbia segnalato cosa significhi il titolo originale Ichimei (一命).  

A furia di cercare, Gloss scopre abbia il significato di sopravvissuto, e certamente il protagonista, il samurai senza padrone (ronin) è sopravvissuto suo malgrado al mondo in cui era nato e che era preparato ad affrontare, a cui da secoli venivano addestrati i samurai.  

Ebbene, il protagonista solo apparentemente secondario del romanzo della Allende, è un sopravvissuto alla II guerra mondiale, ai campi di concentramento americani, alla gloriosa esistenza di suo padre e della famiglia intera, al romanticismo, all’amore in senso lato. La Allende lo descrive come un imperturbabile monaco zen. In realtà, è l’unico vero filo conduttore del romanzo, a tratti farraginoso.  

Nipote di Salvador che, con gesto a dir poco ardito, aveva dichiarato la sua intenzione di promuovere riforme socialiste, la cosiddetta "via cilena al socialismo", con misure di riforma agraria, aumento dei salari, nazionalizzazione obbligata del rame (la ricchezza massima del paese) senza alcun indennizzo che gli scatena contro l'ostilità del capitale americano, la Allende con questo romanzo sembra accaparrarsi il diritto di lettura senza averne giustificazione.  

Infatti Gloss, perdendosi nella ricerca storiografica del dittatore, i cui avversari politici lo accusano di voler convertire il Cile in un regime comunista, e che come Presidente della Repubblica sceglie la strada dell'intransigenza e della fermezza, interrompe la lettura del romanzo (facendo suoi i "Diritti Imprescrttibili del Lettore" di Daniel Pennac: chi non li conoscesse, prenda qualche nozione culturale da Gloss qui): tanto manco saprebbe a chi consigliarlo. Il classico esempio di narrativa scritta tanto per rispettare un contratto editoriale.

LA GUERRA DELLE SINDONI di Massimo Centini

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Il 5 febbraio 2024 Gloss si è recata al Centro Studi Pannunzio per ascoltare il prof. Massimo Centini, torinese, insegnante alla Fondazione Università Popolare di Torino. È stato docente di Antropologia culturale e ha insegnato Storia della criminologia ai corsi organizzati dal Mua (Movimento universitario altoatesino) di Bolzano. Con questo romanzo, nel 2024 ha ricevuto il prestigioso Premio Pannunzio.  

Dunque, Gloss a cospetto di cotanta caratura intellettuale non avrebbe potuto esimersi.

 

Nel sintetizzare la brevissima relazione dell’autore, va subito rilevata l’onestà intellettuale dello studioso, che dichiara di desiderare rimanere super partes, per evitare di addentrarsi in discorsi di fede. La Sindone va analizzata con metodo storico scientifico nel suo viaggio dal Medio Oriente all’Italia, passando per la Francia, al centro di controverse vicende politiche di supremazia tra Casati Nobiliari e Chiesa. In realtà, ne esistono almeno due, di Sindone, ciascuna facente capo a una famiglia nobiliare e in due località francesi molto vicine. « La stessa distanza come da Torino a Pinerolo », dice il Centini, con un vago sorriso (che Gloss interpreta, magari sbagliando, di incredulità).

 

Si tratta comunque di un « reperto problematico » continua l’esperto e inizia l’esposizione partendo dalla 4° Crociata, con un cavaliere francese che la vide esposta in verticale nel 1204 a Costantinopoli e sparire dopo il Sacco. Due secoli trascorrono tra notizie poco precise e frammentate, storie apocrife e leggendarie, qualche immagine acheropita, ovvero "non fatta da mano (umana)” [dal Greco bizantino ἀχειροποίητα ("ἀ-" privativo + "χείρo-" = mano + un der. di "ποιείν" = fare, produrre)], un Mandylion a Edessa, un altro in Liguria e varie amenità tra mito e storia. Fino al XV secolo, in cui le due famiglie, ciascuna detentrice della Sindone, scatenano polemiche sull’autenticità tra prelati e aristocratici, vere e proprie “lotte al coltello” sostenute perfino da documenti (falsi?). La chiesa vuole dimostrare che una delle due è fasulla (ovviamente quella della famiglia rivale). Scomunica i rivali aristocratici.  

A Siracusa, che è sullo stesso parallelo di Gerusalemme, ne è presente una sul cui volto sono depositate tracce di aloe e mirra, e anche quelle di un liquido simile all’acidità della pelle a 48 ore dalla morte. Va anche rilevato, che all’epoca era consuetudine realizzare “copie” di Sindoni tramite disegno per poi essere sacralizzate con un semplice appoggio a quella vera.  

Nel Medioevo infatti le reliquie sono oggetto di grandissimo interesse per legittimazione dei santuari, allo scopo di avvicinare le persone, nella convinzione religiosa (forse) che la Croce fosse un simbolo protettivo. L'uomo, infatti, spiega il Centini, ha sempre sentito il bisogno di appoggiare la sua fede a qualcosa di concreto e di tangibile che facesse da intermediario tra la sua miseria e il divino.  

E non solo nel Medioevo: allo scopo di convalidare il proprio potere, Hitler possedette la "lancia di Longino" (che in realtà si rivelò essere quella di Alessandro Magno). Insomma, se non in malafede, l'uomo, pur essendo certo di qualcosa, è sempre andato alla ricerca di una conferma, nel tentativo di costruire una prova per sostenere che quel qualcosa fosse vero: è il caso della Confraternita del Santo Sudario.  

La Sindone, che riporta un’impronta antropomorfa distorta, è come “stampata”? E se sì, è prodotto di un bassorilievo tramite un bronzo surriscaldato? La Sindone ha condizionato l'iconografia o viceversa? L’iconografia classica è guardata con sospetto dagli storici.  

In chiusura, per togliersi dall’impaccio delle domande degli astanti circa l’autenticità della Sindone, nel riferirsi al pensiero dell’antropologo Levi Strauss (“Penso che una società non possa vivere senza un certo numero di credenze irrazionali.” e anche “Lo scienziato non è l’uomo che fornisce le vere risposte; è quello che pone le vere domande»), per il Centini la Sindone in quanto mistero “è buona da pensare, ci apre tante finestre.” E conclude simpaticamente con la posizione scientifica positivista: « è tutto una boiata. »  

Gloss acquista il libro. E si perde tra i 1000 “si suppone", “parrebbe”, “forse”, “è presumibile”, nella ricostruzione storica dei movimenti della Sindone. La storia si scrive solo se ci sono fonti attendibili. A « Chi intenda studiare il sudario torinese », l’antropologo conferma che per far luce nel cosiddetto “periodo oscuro» può disporre « di una serie di fonti, notizie e indizi che, in modo diverso, possono offrire alcuni importanti contributi ». Per quanto il prof. Centini si prodighi a fornire documentazioni, tuttavia sostiene che « osservando le fonti, si evince che in alcuni casi la Sindone o le acheropite più note, risultano presenti in più aree diverse, e nello stesso periodo. Spesso sono nodi storici difficili da sciogliere » E pur asserendo dall’inizio di non voler fare un discorso di fede, conclude scrivendo: « Oggi, con le conoscenze tecniche possedute,è quasi impossibile “costruire” la Sindone. »  

Allora Gloss consiglia il saggio all’individuo che professa di essere “laico, ma non laicista», cioè con la stessa lucidità di pensiero distaccato e non fideista di Mario Pannunzio.  

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martedì 18 febbraio 2025

IL MAGO DELLE PAROLE di Giuseppe Antonelli

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Forse l’unico demerito del divertente romanzo di Giuseppe Antonelli IL MAGO DELLE PAROLE è l’autocompiacimento dell’autore, sentimento giustificatissimo secondo la filosofa umanista Gloss. Secondo lei, in accordo con l'esperto Christophe Clavé, il QI medio della popolazione mondiale è in diminuzione, contrariamente a quanto accaduto nel corso del Novecento con l'effetto Flynn.  

 

"Signori, qui casca l'asino!" (cit. Manzoni, per restare in tema di bei tempi andati). Pare che l’intelligenza umana stia facendo retromarcia, un po' come la moda dei pantaloni a zampa d'elefante che ciclicamente ritorna. La filosofa Gloss, paladina delle donne, insieme al super-esperto Christophe Clavé, avvertono: il nostro cervello sta diventando più pigro. Si sappia che il QI medio è in caduta libera, un po' come i prezzi della benzina. E la colpa di chi sarebbe? Del linguaggio! Si sta diventando come quei tronisti che biascicano due parole in croce. Addio congiuntivi, addio subordinate, addio a tutto ciò che rende una lingua un'opera d'arte.  

Colpa della TV spazzatura, che ci lobotomizza con reality show dove le sole cose che brillano sono il silicone delle concorrenti e la chiostra dei denti finti degli aspiranti maschi. Colpa delle abbreviazioni da SMS, che ci fanno sembrare degli analfabeti funzionali. Colpa della pigrizia, che ci impedisce di scrivere a mano e ci fa preferire le "k" al posto dei "ch".  

Così, si finirà per balbettare frasi sconnesse, incapaci di esprimere un concetto complesso. E se non ci di dà una svegliata, si rischia di tornare al Pleistocene, quando per comunicare si usavano solo versi e gesti. Ma non si disperi. Si può iniziare a leggere libri, a scrivere lettere (quelle vere, con carta e penna), a parlare in modo forbito. E magari, invece di guardare la TV, potremmo fare una partita a scacchi o una passeggiata nel bosco. Gloss riporta volentieri alcuni dei passaggi del romanzo che più l'hanno colpita nell’invitare chi legge in tal senso.  

Lei che ha letto l’intera DIVINA COMMEDIA in tempi extra scolastici, è gratificata nel leggere che: «… è diventata nel tempo un tale modello talmente amato e letto e imparato a memoria e recitato in pubblico e in privato da risultare un riferimento decisivo per la nostra lingua italiana. (...) Ora cominician le dolenti note. (...) Una cosa da far tremare le vene e i polsi. (...) Senza infamia e senza lode. (...) se non l’avete ancora capito, queste che ho usato vengono proprio dal poema di Dante.” Conclude il prof d’italiano protagonista del saggio di grammatica che le frasi in questione della DIVINA COMMEDIA sono diventate così comuni e utilizzate da tutti che ormai sono considerate dei modi di dire popolari, tanto che la maggior parte delle persone non ne ricorda più l’origine.  

L’Antonelli ricorda, sempre in merito a Dante, che l’attentatore all’integrità della Ginevra del Lancillotto, fu un certo Galaad in cui nordico nome fu tradotto in Galeotto, diventato vocabolo italiano proprio grazie alla DIVINA COMMEDIA e che non deriva, come comunemente si crede, da uno “che è stato in galera (quel galeotto viene da galea o appunto galera, un tipo di nave a cui erano destinati i prigionieri).”  

“La lingua cambia nel tempo, ormai lo sappiamo bene”. L’Antonelli fa riferimento a quando i linguisti ottocenteschi contestarono al Manzoni di usare nei PROMESSI SPOSI (altro romanzone letto da Gloss extra scuola) “l’imperfetto di prima persona amavo, sostenendo che l’unica forma corretta era io amava: ovvero l’unica rispettosa dell’etimo latino amabam.”  

E spinge un’allieva accorta coi suoi ragionamenti a coniare un simpatico motto: "L'italiano deriva dal latino ma è da secoli alla deriva.” I linguisti alla Gloss capiranno in autonomia a quale fenomeno ci si indirizzi.  

“Perché il purismo, come ha ricordato più volte il linguista francese Claude Hagège, fa male alle lingue: le indebolisce.” E qui l’Antonelli fa dispiegare al prof un paio di enormi rotoli che evidenziano su due colonne, da una parte, “Il Decalogo dei Pregiudizi” e dall’altra “Il Decalogo della Linguistica”. Gloss ne affida l’illustrazione al libro e non a questa recensione, pensando nella sua ingenuità di allettare i potenziali lettori.  

Il dilettevole romanzo propone in chiusura una spiritosa “Piccola Palestra d’Arte Grammatica” nella stesura della quale l’autore dev’essersi molto ricreato.  

Consigliato ad autori e autrici convinte, come Gloss, che perfino nei testi originali del Carducci esistono “errori ortografici, come D eufoniche nei punti sbagliati e apostrofi o accenti dove non andrebbero. È vero però che la grammatica non è un'autostrada asfaltata dal dio del lessico, ma un insieme di mere consuetudini. La lingua è viva è cambia. Per fortuna.”(Piccolo estratto da un romanzo inedito).  

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venerdì 14 febbraio 2025

Jarred McGinnis il codardo

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Come spesso accade in letteratura, buona parte dell’ispirazione di un autore o autrice risiede nella propria bio. Di norma viene camuffata per prendere le distanze, qui no. L’autore è “dichiaratamente” il protagonista. D’obbligo le virgolette, dato che davvero non lo scrive mai, ma il lettore anche disattento coglie l’omonimia. Poi va a cercare e trova l’inferno di McGinnis, che però ha saputo trasformare la sfiGa in sfiDa.  

Gloss scrive “l’inferno di McGinnis”: in realtà non è costituito dalle ruote della sua carrozzina, ma dal rapporto col padre. Quasi tre quarti del romanzo è trascinante col suo burrascoso procedere colmo di colpi di scena e battute d’arresto, di trovate linguistiche e freschezza di immagini.

 

Così, aprendo le pagine a caso, si leggono efficaci descrizioni come:

“Da tempo ormai papà si era ridotto a una macchia sbrodolata, a uno sciacquone non tirato, al fondo di una bottiglia, all’odore acre di fumo esalato da una pizza dimenticata nel forno, a una porta chiusa, a un corpo inerme sul divano, a un taglio sul labbro gonfio o a un livido sotto l’occhio.”
“Pronunciò i nomi latini[delle bromeliacee] come fossero formule assolutorie.”
“Fuori, oltre il portellone del treno, c’era la distesa infinita del Midwest. Non possedeva il fascino scontato delle Montagne Rocciose, ma i colori c’erano tutti. Il cielo limpido e intenso era più grande di Dio, attirava così tanto l’attenzione che inevitabilmente ci si domandava perché la gente avesse impiegato tutto quel tempo a trovare una parola per l’azzurro.”
“I jeans e la camicia troppo larghi davano l’impressione che si stesse rimpicciolendo davanti ai miei occhi. Da giovane i suoi occhi di un azzurro iceberg dovevano essere stati impressionanti. Adesso però, circondati dalla pelle stanca di un vecchio, cerchiati dal rosso delle palpebre infiammate, sembravano l’ingiusto promemoria di una vivacità ormai perduta.”
 

Poi, di colpo una battuta d'arresto dalla quale il romanzo non si sblocca: annoia. Una storia di fatto non c’è. Gloss non pretende l’aderenza a un paradigma letterario, anche perché a suo modesto avviso uccide la creatività, ma almeno una narrazione da A a B, da 0 a 100. Da 100 a 0. Nulla accade, nulla si distrugge, e nemmeno tutto si trasforma.  

Ed è un vero peccato per un autore "selezionato tra i 10 migliori scrittori emergenti del Regno Unito". (The Guardian), perché in Gloss sorge spontaneo il dubbio che il merito del riconoscimento sia causato dalla paraplegia e non dalle reali capacità autoriali del McGinnis.  

Consigliato ad autori e autrici se vogliono capire che in letteratura vince chi perde.  

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sabato 1 febbraio 2025

ANIMALS Il Lato Oscuro dei Pink Floyd di Giovanni Rossi

Si suppone senza ragionevoli dubbi che i Pink Floyd risiedano sull'Olimpo della Musica per tutta una serie di motivi che non sta a Gloss elencare, pur musicofila. Ma se qualche lettore lo volesse sapere, legga ANIMALS Il Lato Oscuro dei Pink Floyd (PF), dove il lato oscuro non è della band, ma di Roger Waters, suo bassista per un certo periodo talmente convinto di incarnarne lo spirito dei PF da ingaggiare un’epocale lotta legale contro gli altri per poi uscirne annichilito.
E anche l’autore del libro in fondo non è uno dei suoi sostenitori, seppur contagiato dal fluido rosa. Pur riconoscendo grande merito creativo a Waters (arrivò persino a predisporre la copertina assolutamente innovativa dell’album Animals) il Rossi non è invasato come tant3 altr3 fans, perché conserva la necessaria lucidità critica e vede con chiarezza i difetti morali ed etici dei PF. Diatribe a parte, il libro si dipana sulle spinte motivazionali dei PF circa i vari album, da The Dark Side of The Moon a The Wall, da Ummagumma ad Animals, analizza la costruzione della loro roccaforte, i Britannia Row Studios, una “prigione (...) esclusivamente per loro, con poche distrazioni, funzionale e senza orpelli” come ebbe a dire Roger, ma soprattutto entra nei brani, parola per parola, minuto per minuto, elemento PF per elemento PF, ciascuno con la sua priorità, caratteristica, impronta, estetica, gioia di creare o no. E il Rossi traccia la pseudo contrapposizione tra PF e movimento punk, più precisamente con Rotten dei Sex Pistols, il quale, arguto precursore di azioni di guerrilla marketing, indossò una T-shirt che riportava in pennarello la scritta “I Hate Pink Floyd”, approfittando così dell’altissimo livello di notorietà raggiunto nella fine dei Settanta dalla band psichedelica. “(...) è Johnny Rotten stesso che molti anni più tardi avrebbe ammesso di amare i Pink Floyd di The Dark Side of The Moon (...) e pensare che (...) avrebbero persino chiesto a Rotten se avesse voluto unirsi a loro per suonare insieme alcuni pezzi, ma il terribile punk avrebbe rifiutato perché sentiva che una jam simile non avrebbe fatto per lui”. Ovvio! Sebbene i PF non fossero musicisti provetti, ma immensi creativi, Rotten (e qualsiasi altro punk - notoriamente incapaci di suonare) - non avrebbe retto il confronto. Sebbene l’album Animals non rappresentasse i “vecchi” PF, per Waters avrebbe invece dovuto incarnare un punto di svolta dalla psichedelia all’impegno sociale.
« Con Animals mi stavo sforzando di spingere il gruppo verso argomenti più specifici, cercando costantemente di essere più diretto. Visivamente cercavo di allontanarmi una volta per tutte dalle bolle psichedeliche, così che non restasse più molto da interpretare. »
Ci riuscì a tal punto che “diversi elementi di alcuni loro album come The Wall, The Piper at The Gates of Dawn e Ummagumma verranno spesso citati come fonte di ispirazione da diversi gruppi della scena. Animals è, non a caso, uno di questi. » Il libro in sé è divertente e rilassa: riporta la copertina dell’album cui si ispira, al suo interno ogni capitolo è decorato da una foto in B/N elaborata graficamente che alleggerisce la lettura, tratta gli argomenti con la necessaria leggerezza, “che non è superficialità.” Cit. Italo Calvino. Consigliato a coloro che, da musicofili, volessero andare al di là delle apparenze commerciali di una tra le band più iconiche del XX secolo.