lunedì 24 febbraio 2025

LA GUERRA DELLE SINDONI di Massimo Centini

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Il 5 febbraio 2024 Gloss si è recata al Centro Studi Pannunzio per ascoltare il prof. Massimo Centini, torinese, insegnante alla Fondazione Università Popolare di Torino. È stato docente di Antropologia culturale e ha insegnato Storia della criminologia ai corsi organizzati dal Mua (Movimento universitario altoatesino) di Bolzano. Con questo romanzo, nel 2024 ha ricevuto il prestigioso Premio Pannunzio.  

Dunque, Gloss a cospetto di cotanta caratura intellettuale non avrebbe potuto esimersi.

 

Nel sintetizzare la brevissima relazione dell’autore, va subito rilevata l’onestà intellettuale dello studioso, che dichiara di desiderare rimanere super partes, per evitare di addentrarsi in discorsi di fede. La Sindone va analizzata con metodo storico scientifico nel suo viaggio dal Medio Oriente all’Italia, passando per la Francia, al centro di controverse vicende politiche di supremazia tra Casati Nobiliari e Chiesa. In realtà, ne esistono almeno due, di Sindone, ciascuna facente capo a una famiglia nobiliare e in due località francesi molto vicine. « La stessa distanza come da Torino a Pinerolo », dice il Centini, con un vago sorriso (che Gloss interpreta, magari sbagliando, di incredulità).

 

Si tratta comunque di un « reperto problematico » continua l’esperto e inizia l’esposizione partendo dalla 4° Crociata, con un cavaliere francese che la vide esposta in verticale nel 1204 a Costantinopoli e sparire dopo il Sacco. Due secoli trascorrono tra notizie poco precise e frammentate, storie apocrife e leggendarie, qualche immagine acheropita, ovvero "non fatta da mano (umana)” [dal Greco bizantino ἀχειροποίητα ("ἀ-" privativo + "χείρo-" = mano + un der. di "ποιείν" = fare, produrre)], un Mandylion a Edessa, un altro in Liguria e varie amenità tra mito e storia. Fino al XV secolo, in cui le due famiglie, ciascuna detentrice della Sindone, scatenano polemiche sull’autenticità tra prelati e aristocratici, vere e proprie “lotte al coltello” sostenute perfino da documenti (falsi?). La chiesa vuole dimostrare che una delle due è fasulla (ovviamente quella della famiglia rivale). Scomunica i rivali aristocratici.  

A Siracusa, che è sullo stesso parallelo di Gerusalemme, ne è presente una sul cui volto sono depositate tracce di aloe e mirra, e anche quelle di un liquido simile all’acidità della pelle a 48 ore dalla morte. Va anche rilevato, che all’epoca era consuetudine realizzare “copie” di Sindoni tramite disegno per poi essere sacralizzate con un semplice appoggio a quella vera.  

Nel Medioevo infatti le reliquie sono oggetto di grandissimo interesse per legittimazione dei santuari, allo scopo di avvicinare le persone, nella convinzione religiosa (forse) che la Croce fosse un simbolo protettivo. L'uomo, infatti, spiega il Centini, ha sempre sentito il bisogno di appoggiare la sua fede a qualcosa di concreto e di tangibile che facesse da intermediario tra la sua miseria e il divino.  

E non solo nel Medioevo: allo scopo di convalidare il proprio potere, Hitler possedette la "lancia di Longino" (che in realtà si rivelò essere quella di Alessandro Magno). Insomma, se non in malafede, l'uomo, pur essendo certo di qualcosa, è sempre andato alla ricerca di una conferma, nel tentativo di costruire una prova per sostenere che quel qualcosa fosse vero: è il caso della Confraternita del Santo Sudario.  

La Sindone, che riporta un’impronta antropomorfa distorta, è come “stampata”? E se sì, è prodotto di un bassorilievo tramite un bronzo surriscaldato? La Sindone ha condizionato l'iconografia o viceversa? L’iconografia classica è guardata con sospetto dagli storici.  

In chiusura, per togliersi dall’impaccio delle domande degli astanti circa l’autenticità della Sindone, nel riferirsi al pensiero dell’antropologo Levi Strauss (“Penso che una società non possa vivere senza un certo numero di credenze irrazionali.” e anche “Lo scienziato non è l’uomo che fornisce le vere risposte; è quello che pone le vere domande»), per il Centini la Sindone in quanto mistero “è buona da pensare, ci apre tante finestre.” E conclude simpaticamente con la posizione scientifica positivista: « è tutto una boiata. »  

Gloss acquista il libro. E si perde tra i 1000 “si suppone", “parrebbe”, “forse”, “è presumibile”, nella ricostruzione storica dei movimenti della Sindone. La storia si scrive solo se ci sono fonti attendibili. A « Chi intenda studiare il sudario torinese », l’antropologo conferma che per far luce nel cosiddetto “periodo oscuro» può disporre « di una serie di fonti, notizie e indizi che, in modo diverso, possono offrire alcuni importanti contributi ». Per quanto il prof. Centini si prodighi a fornire documentazioni, tuttavia sostiene che « osservando le fonti, si evince che in alcuni casi la Sindone o le acheropite più note, risultano presenti in più aree diverse, e nello stesso periodo. Spesso sono nodi storici difficili da sciogliere » E pur asserendo dall’inizio di non voler fare un discorso di fede, conclude scrivendo: « Oggi, con le conoscenze tecniche possedute,è quasi impossibile “costruire” la Sindone. »  

Allora Gloss consiglia il saggio all’individuo che professa di essere “laico, ma non laicista», cioè con la stessa lucidità di pensiero distaccato e non fideista di Mario Pannunzio.  

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