Forse l’unico demerito del divertente romanzo di Giuseppe Antonelli IL MAGO DELLE PAROLE è l’autocompiacimento dell’autore, sentimento giustificatissimo secondo la filosofa umanista Gloss. Secondo lei, in accordo con l'esperto Christophe Clavé, il QI medio della popolazione mondiale è in diminuzione, contrariamente a quanto accaduto nel corso del Novecento con l'effetto Flynn.
"Signori, qui casca l'asino!" (cit. Manzoni, per restare in tema di bei tempi andati). Pare che l’intelligenza umana stia facendo retromarcia, un po' come la moda dei pantaloni a zampa d'elefante che ciclicamente ritorna. La filosofa Gloss, paladina delle donne, insieme al super-esperto Christophe Clavé, avvertono: il nostro cervello sta diventando più pigro. Si sappia che il QI medio è in caduta libera, un po' come i prezzi della benzina. E la colpa di chi sarebbe? Del linguaggio! Si sta diventando come quei tronisti che biascicano due parole in croce. Addio congiuntivi, addio subordinate, addio a tutto ciò che rende una lingua un'opera d'arte.
Colpa della TV spazzatura, che ci lobotomizza con reality show dove le sole cose che brillano sono il silicone delle concorrenti e la chiostra dei denti finti degli aspiranti maschi. Colpa delle abbreviazioni da SMS, che ci fanno sembrare degli analfabeti funzionali. Colpa della pigrizia, che ci impedisce di scrivere a mano e ci fa preferire le "k" al posto dei "ch".
Così, si finirà per balbettare frasi sconnesse, incapaci di esprimere un concetto complesso. E se non ci di dà una svegliata, si rischia di tornare al Pleistocene, quando per comunicare si usavano solo versi e gesti. Ma non si disperi. Si può iniziare a leggere libri, a scrivere lettere (quelle vere, con carta e penna), a parlare in modo forbito. E magari, invece di guardare la TV, potremmo fare una partita a scacchi o una passeggiata nel bosco. Gloss riporta volentieri alcuni dei passaggi del romanzo che più l'hanno colpita nell’invitare chi legge in tal senso.
Lei che ha letto l’intera DIVINA COMMEDIA in tempi extra scolastici, è gratificata nel leggere che: «… è diventata nel tempo un tale modello talmente amato e letto e imparato a memoria e recitato in pubblico e in privato da risultare un riferimento decisivo per la nostra lingua italiana. (...) Ora cominician le dolenti note. (...) Una cosa da far tremare le vene e i polsi. (...) Senza infamia e senza lode. (...) se non l’avete ancora capito, queste che ho usato vengono proprio dal poema di Dante.” Conclude il prof d’italiano protagonista del saggio di grammatica che le frasi in questione della DIVINA COMMEDIA sono diventate così comuni e utilizzate da tutti che ormai sono considerate dei modi di dire popolari, tanto che la maggior parte delle persone non ne ricorda più l’origine.
L’Antonelli ricorda, sempre in merito a Dante, che l’attentatore all’integrità della Ginevra del Lancillotto, fu un certo Galaad in cui nordico nome fu tradotto in Galeotto, diventato vocabolo italiano proprio grazie alla DIVINA COMMEDIA e che non deriva, come comunemente si crede, da uno “che è stato in galera (quel galeotto viene da galea o appunto galera, un tipo di nave a cui erano destinati i prigionieri).”
“La lingua cambia nel tempo, ormai lo sappiamo bene”. L’Antonelli fa riferimento a quando i linguisti ottocenteschi contestarono al Manzoni di usare nei PROMESSI SPOSI (altro romanzone letto da Gloss extra scuola) “l’imperfetto di prima persona amavo, sostenendo che l’unica forma corretta era io amava: ovvero l’unica rispettosa dell’etimo latino amabam.”
E spinge un’allieva accorta coi suoi ragionamenti a coniare un simpatico motto: "L'italiano deriva dal latino ma è da secoli alla deriva.” I linguisti alla Gloss capiranno in autonomia a quale fenomeno ci si indirizzi.
“Perché il purismo, come ha ricordato più volte il linguista francese Claude Hagège, fa male alle lingue: le indebolisce.” E qui l’Antonelli fa dispiegare al prof un paio di enormi rotoli che evidenziano su due colonne, da una parte, “Il Decalogo dei Pregiudizi” e dall’altra “Il Decalogo della Linguistica”. Gloss ne affida l’illustrazione al libro e non a questa recensione, pensando nella sua ingenuità di allettare i potenziali lettori.
Il dilettevole romanzo propone in chiusura una spiritosa “Piccola Palestra d’Arte Grammatica” nella stesura della quale l’autore dev’essersi molto ricreato.
Consigliato ad autori e autrici convinte, come Gloss, che perfino nei testi originali del Carducci esistono “errori ortografici, come D eufoniche nei punti sbagliati e apostrofi o accenti dove non andrebbero. È vero però che la grammatica non è un'autostrada asfaltata dal dio del lessico, ma un insieme di mere consuetudini. La lingua è viva è cambia. Per fortuna.”(Piccolo estratto da un romanzo inedito).
(seguente)
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