giovedì 6 novembre 2025

‘Il Mago di Riga’ di Giorgio Fontana

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Anni fa Gloss restò ammirata dalla perfetta connessione tra prosa e trama in Giorgio Fontana, questa volta autore de ‘Il Mago di Riga’. La prima, incisiva, fortemente caratterizzata da disillusione e amarezza, suo stile personale. La seconda, accadimenti la cui narrazione è frutto di coincidente immedesimazione dell’autore con il protagonista. In ‘Morte di un uomo Felice’, magistrato. Ne ‘Il Mago di Riga’, campione di scacchi.



Stavolta scritto in terza persona, il breve romanzo denota un passaggio ulteriore del Fontana verso una cifra stilistica meno guidata dall’ego proprio, ma da quella del personaggio principale. Siccome stavolta Gloss non vuole lasciarsi sorprendere come la prima volta, cerca nella sua bio un riferimento qualsiasi agli scacchi. Nel romanzo tali riferimenti al gioco sono così chiari e inderogabili da rivelarne una conoscenza approfondita. Forse ne è estimatore. Forse persino giocatore. Financo campione. Ma si avvede di esserci cascata ancora. Nulla di tutto ciò. Il Fontana si conferma un approfondito studioso dell’ambientazione in cui far giocare i suoi personaggi.


La buona letteratura coinvolge il lettore e la lettrice perché ‘parla’ loro. Permette non solo di identificarsi, ma anche aiuta a elaborare vissuti personali. Nel caso di Gloss, il protagonista del romanzo,  Michail Tal', soprannominato "Miša" (1936-1992), detiene il record di Campione del Mondo di scacchi più giovane della storia fino a quando non è superato da Garry Kasparov. La sua esistenza, turbolenta e non convenzionale, si svolge nell'arco di cinquantacinque anni caratterizzati da un genio manifestatosi precocemente e da una cronica fragilità fisica (costanti malattie). Nonostante ciò, la sua vita è animata da un appassionato, esuberante e talvolta sregolato impulso vitale, espresso attraverso una condotta caratterizzata da gioia, fraternità, calore umano e amicizia, e dissipazione. Non tanto il gioco di scacchi, ma la dissipazione con l’esclusione di fraternità, calore umano e amicizia, ‘parlano’ a Gloss di suo fratello, che ama tantissimo. 

Gloss ultima il romanzo in poche ore, a testimonianza dell’efficacia dello stile narrativo e parimenti del contenuto del Fontana.

Consigliato a giocatori di scacchi e a chi sostiene contro ogni giudizio problematici rapporti fraterni o amicali.

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lunedì 3 novembre 2025

'Il 49esimo Stato' di Stefano Amato

 Inizialmente pubblicato nel 2016, Gloss è stata costretta dall'Algoritmo di una piattaforma a riscrivere il post nel novembre 2026, dieci anni dopo. Misteri dispotici di Mr. Algoritmo.


Incappò Gloss nell'autore Stefano Amato per caso. Frequentava un corso di scrittura creativa dove reperì un suo libello dall'aspetto miserrimo. Gloss è lettrice vorace, per cui non si lasciò scappare nemmeno quella lettura che, dalle dimensioni, ben poco prometteva. Le dimensioni contano (evviva l'ironia, salverà il mondo). Ben fece perché si rivelò una pura amenità, che dall'agile trasmutava in gradevole attraverso le sfumature dello stupidario perfetto. Una sorta di raccolta di cretinate dette da clienti nella libreria dove lavorava l'Amato in Siracusa. Dall'alto (o dal basso del suo impiego, ideale per uno scrittore), si diverte a prendere in giro con raffinata ironia

l'ignoranza della provincia, facendola assurgere a esempio di quell'Italietta provinciale e scioccherella. Gloss si divertì a tal punto da desiderare condividere con l'autore il proprio sentire. Ne cercò l'e-mail (non sa bene come), gli scrisse e l'Amato le rispose con la medesima simpatia che troverà nel de 'Il 49esimo Stato', di ben altro spessore, non solo libresco, ma sempre venato di quella sana ironia che permette di superare, e guarire, dalle atrocità della vita.

Letto in meno di 10 ore, nonostante le sue 253 pagine e più, nonostante il rocambolesco escursus tra la fine della seconda guerra mondiale e i primi fuochi degli anni di piombo, piacevole perché leggiadro (non leggero). Chi, come Gloss, ha amato Pino Aprile e le sue teorie anti Savoia nel suo 'Terroni', ma anche Beatles, Rolling Stones, Aerosmiths, Who, e soprattutto Sid Vicious e Sex Pistols, Clash e Ramones, amerà per proprietà transitiva questo romanzo di formazione di una formazione punk rock, ovvero quattro  ventenni o giù di lì appartenenti a un'ipotetica Sicilia annessa agli altri 48 stati USA con lo sbarco degli alleati.

Lo scrittore ce ne racconta le peripezie (amorose, musicali, scolastiche, familiari) durante il periodo che li vede impegnati per il loro debutto a supporters dei Ramones sul finire degli anni '70, in occasione del concerto in Sicilia per il trentennale dell'annessione. Ci canta tutta la rabbia incontrollabile degli squattrinati anni adolescenziali, col loro linguaggio spiccio ma mai troppo volgare, (non alla Irvine Welsh), le loro paure e tensioni, la voglia di spaccare tutto, di diventare grandi. L'Amato non perde però l'occasione di descrivere un paio di gustose scenette di ribelle violenza. L'audizione grazie alla quale potrebbero essere approvati a supporter di un famoso gruppo punk, si rivela un enorme fail. Pur non potendo suonare qualcosa fuori legge perché contro gli USA, interpretano il pezzo dei Ramones:

“I'm so bored with the USA”


Scandalizzati, i membri della commissione cercano di rimuovere l'impianto di amplificazione, ma uno del gruppo fa scudo con la chitarra brandendola in guisa di sfollagente. Impedisce loro il passaggio. Non gli resta che scimmiottare Pete Townsend degli Who e sfasciare tutto. Il tutto condito da una delirante ed allegra energia che sono gli adolescenti pazzi sanno avere. Distribuito nel 2013, Gloss si meraviglia di come un ultra trentacinquenne come Stefano Amato abbia potuto conservare la freschezza tipica degli adolescenti, pur avendo maturato corde più spesse che sottendono la narrazione. Bravo Amato!

Consigliabile a chi ha avuto una band o ancora la sogna.


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Vivere Per Sempre - L'Aldilà ai tempi di ChatGPT di Davide Sisto

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Nei suoi ultimi convegni, come quello alla Biblioteca Archimede di Settimo Torinese cui ha assistito anche Gloss, Davide Sisto racconta come Facebook sia diventato il luogo delle persone morte, anticipando persino la notizia del passaggio in latenza dei Vips, notizie fake o no. Il fidanzato di Gloss, Fabrizio, e lei stessa hanno comunicato il decesso delle rispettive madri proprio su questa piattaforma.



Indagando la tanatologia sui Social, Sisto enumera nel saggio numerosi canali che favoriscono la discussione e il confronto sul tema, inaugurando anni fa il movimento di ‘influencer della morte’. Questi ultimi l’affrontano utilizzando gli strumenti digitali con accortezza e creatività, confezionando scritti, video, persino outfit in maniera matura e consapevole. In poche parole, veicolando e accendendo consapevolezza in giovani e non, attraverso il coinvolgimento in conferenze, festival, dibattiti. In Italia e nel mondo.

Sisto analizza in modo approfondito e puntuale come la congiuntura dell'era digitale stia radicalmente rimodulando l'ontologia della morte, convertendola da transizione definitiva in una forma di presenza ininterrotta, anche se solo virtuale. Una Reperibilità senza interruzioni, una continuità della presenza, secondo il Sisto persino deprecabile. Per un paio di motivi. Vediamo quali. Intanto, va premesso che tale mutazione da passaggio conclusivo a permanenza perpetua si manifesta attraverso due vettori principali, che sono, nell'ordine:




la costituzione dei social network in veri e propri "sepolcri digitali" (digital tombs), spazi dove l'identità del defunto permane sotto forma di profilo perenne e archivio di interazioni;


l'emergenza di applicazioni basate sull'Intelligenza Artificiale (AI), capaci di generare simulacri conversazionali dei defunti, di fatto annullando il concetto di assenza irrevocabile.


Le due constatazioni conducono il Sisto a una riflessione culminante nell'esortazione etica e sociale: la necessità di recuperare la funzione catartica e strutturante che la morte ha tradizionalmente rivestito nel consorzio umano. Solo riaffermando il suo ruolo quale limen definitivo e ineludibile, sarà possibile preservare la facoltà di elaborazione del lutto e, conseguentemente, ristabilire la capacità psicologica e sociale di "voltare pagina" (to move on). Gloss ha affrontato la dipartita della propria madre, scrivendone qui: MISTERI DI VITA E MORTE* (prima parte).


Mentre assiste al convegno, Gloss rimembra come sia stata infastidita dalla spesso ipocrita mitizzazione della persona nella dimensione Social da parte di amici - fino a un attimo prima nemici. Ha affrontato finora diversi passaggi in latenza di conoscenti e amici veri, cioè off-line - i cui contatti erano tenuti vivi tramite i Social Media - rimuovendo l’amicizia. Il passato è passato e non torna, se non è di verdura. L’elaborazione del lutto non avviene, a suo avviso, tramite l’agiografica esaltazione delle gesta del defunto, (come le è capitato appunto di assistere su Facebook), ma a un livello più profondo e intimo. Personale. I grandi sentimenti acquisiscono maggiore importanza quando non palesati vantandosene. Come l’Amore o le opere di Bene. Gloss tuttavia, stimolata proprio dalle riflessioni del tanatologo, si interroga non solo circa l’opportunità di restare connessi on-line con un’amica o un amico defunti, ma anche di conservare, accudire, coltivare accuratamente tale connessione, seppur solo virtuale, proprio allo scopo funzionale di far pace con l’assenza.

Su questa stessa linea, anche il Sisto arriva a ironizzare: “Tra qualche anno, magari, non ci stupiremo di vedere l’ologramma del morto celebrare sé stesso scolandosi qualche Guinness di troppo” Gloss deve ammettere il fascino che può esercitare tale vita infinita, in memoria dell’individuo passato in latenza. Ma è memoria o rischia di essere scambiata per immortalità? E poi: se ci si ferma alla Guinness è accettabile, ma quando a calare non è la birra ma l’abbigliamento intimo?



Riflettiamo su come a ogni luogo pubblico e/o privato siano state affidate confidenze o dati sensibili, (caselle di posta elettronica, documenti di viaggio, post sui Social, ritratti fotografici, ecc.). Dopo la morte del detentore dei diritti di accesso sono a potenziale disposizione di chiunque voglia sfruttarli, magari per intenti non del tutto trasparenti o nobili. A maggior ragione a fronte della notizia di questi giorni (siamo a fine ottobre 2025) della AI che monta teste di personaggi famosi su corpi nudi non loro e ne realizza lucro con oltre 7 milioni di utenti on-line. Una evidente forma di violenza, argomento caro a Gloss fin dal 2013 con la pubblicazione del saggio Corpi Ribelli per sensibilizzare circa la violenza sulle donne.

Esiste una parola chiave in questo contesto cui Sisto non ha ancora pensato. Vediamo quale.

La posizione di Gloss non si rifà al puritanesimo rinascente nei giovani, che peraltro contesta perché, ai fini di una crescita più responsabile, ai giovani è riservato l’uso della trasgressione. Quello di Gloss è constatazione di consenso (mancato). Il defunto infatti non può (più) esercitare i suoi diritti alla propria privacy. Dunque, la parola chiave è consenso. Da oggi, Gloss grazie al Sisto, ha conseguito un nuovo obiettivo di lotta per i diritti delle donne e di tutti: urge regolamentazione in proposito.

Consigliato a chi fa del memento mori fonte fondante di vitale meditazione.

E quando uno dei vostri amici o amiche passano in latenza, come vi comportate? Lo rimuovete o lo conservate?

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*Morte: il termine, declinato più e più volte nel presente post, ha guadagnato un ban da parte di Mr. Algoritmo perché 'lede' la policy della community e perché sottrae 'dati sensibili' (cit.) Nel 2016 Gloss scrisse la parola 'ammazz*' più e più volte: non condannava ancora al silenzio chi scriveva questo genere di lessico.

lunedì 20 ottobre 2025

'Taglio d'Anima #1' di Maria Chiara Marzoli

“Ho lacrime troppo pesanti, se cadessero sul pavimento imploderebbe l’ambulatorio, io, l’universo, il senso di colpa, l’ansia, tutto.” Da ‘Taglio d'Anima 01’, (2025), Ossorosso, genere intimistico, affronta tematiche di vita interiore profonda attraverso un viaggio necessario e catartico. Pirati e Piratesse della Cultura, all’arrembaggio!  Prima di calarvi a capofitto in questo gioiello letterario, ricordate di issare la bandiera e unirvi alla ciurma (info per iscrizioni qui), di darci un bel bottino di 'Mi piace' per questa videorecensione, e di fare una scappata sul nostro sito, piratidellacultura.it, per scoprire quali altre scorribande culturali abbiamo in programma per voi.


Gloss sta per inaugurare la sua avventura letteraria tra i Pirati (e le Piratesse) della Cultura da recensora con un primo approccio dedicato alla casa editrice Ossorosso. Letto il libercolo in pochi minuti  (che non è dispregiativo, ma si riferisce al formato: un curioso stile smartphone, si capirà il perché), deve ammettere che la copertina possiede una forza comunicativa non comune. È squarciata come solo un Lucio Fontana può fare, e accuratamente fustellata con l’aggiunta di un sorprendente effetto tridimensionale che spinge a lisciare la slabbratura (grafica). Gloss si felicita con Luca Pegoraro cui è stata affidata la grafica. E anche la prefazione, in cui il prefatore si riferisce per l'appunto all’immenso artista. Ma a Gloss, da ex Art Director della Milano da bere, è stato subito evidente il rimando artistico quanto filosofico. 



In buona sostanza, data la preponderante tendenza di Maria Chiara Marzoli (che di sé dice di amare scrivere per poter parlare delle sue emozioni e raccontare i libri dal suo punto di vista personale. Inoltre, si dedica con passione a sostenere e intervistare i nuovi autori e le nuove autrici per aiutarli a farsi notare dal pubblico. Gloss aggiunge di aver scoperto i suoi studi di medicina, importanti alla stesura di ‘Taglio d'Anima 01’) a esprimere la realtà filtrandola attraverso il proprio io, rendendo i sentimenti, le esperienze personali e le sfumature emotive il soggetto centrale del racconto, perfino l'analisi della propria sfera affettiva più riservata, Gloss azzarda un parallelo con il movimento dei Crepuscolari, esprimendo un senso di disillusione e noia in modo sommesso, rinunciando a qualsiasi ruolo eroico e rifugiandosi nella quotidianità e nelle piccole cose. I temi sono malinconici, incentrati sulla solitudine, la banalità della vita, il rimpianto per il perduto, la tristezza della provincia, atteggiamento spesso riscontrabile in arte e letteratura (come Guido Gozzano, Sergio Corazzini, Marino Moretti e Fausto Maria Martini) che si manifesta attraverso la descrizione di dettagli, oggetti o ambienti della vita quotidiana, filtrati dalla sensibilità personale e dall'analisi e riflessione profonda sulla propria interiorità.


Dopo la lettura, che l’ha un po’ destabilizzata a causa della brevità e della scelta del corpo del carattere (un enorme cp 14 o forse 15, in netto contrasto con le dimensioni del cartaceo), ha avvertito l’obbligo di capire le scelte della CE e quindi di approfondire la sua conoscenza. 

Caratterizzata da un nome tanto bifronte quanto, a fine ottobre 2025, halloweeniano, la Ossorosso elegge la propria  denominazione in virtù della sua natura di parola composta e palindroma, aspetto che ne suggerisce una intrinseca versatilità interpretativa e una solidità strutturale. La diade onomastica si articola su due pilastri semantici:

osso, in quanto componente di sistema scheletrico, evoca la funzione di substrato portante e di scudo protettivo essenziale alle funzioni vitali (riflessione, affettività, respirazione, tutte attività molto presenti in 'Taglio d'Anima' #1’), assimilando l'editore a un supporto basilare e salvaguardia;

rosso, in quanto colore simbolico, rimanda al fluido ematico, veicolo di nutrimento e ossigeno cellulare, simboleggiando la passione fervente e la dinamica emotiva che animano la creazione letteraria, fortissime nel caso di Marzoli. 


Ossorosso si prefigge, dunque, di trasmettere ad autori e lettori questa sintesi di vigore strutturale e impeto passionale, offrendo nel complesso iter editoriale non solo una profonda dedizione alla letteratura, ma anche assistenza, protezione e supporto essenziale.


Un’accuratezza oggi rara da parte di una CE, ma appropriata all’intimismo dell’autrice, rappresentata dall’immagine di una giovane in atteggiamento privato e involuto della seconda pagina. Strutturato in due sezioni (‘EPHEMERA’ e ‘METANOIA’, titoli urlati maiuscoli e quindi eccessivi in un contesto di ispezione interiore) in ‘Taglio d'Anima’ #1, Maria Chiara Marzoli lacera corpo e anima allo scopo di scavare dentro sé i motivi del malessere suo (ma anche della Società) che la circonda. Non posso dire altro, perché scriverei tutto il libro. Mi pregio di riportare tuttavia quelle brevi frasi che spiccano per originalità e anticonvenzionalismo, come l’indagine sui manuali di medicina dei suoi imbarazzi psicofisici, che vanno dalla congiuntivite all’extrasistole, e riportandone le definizioni.


Nel descrivere un disagio interiore somatizzato, deve: “risolvere e capire come mai dalle gambe siamo passati alla testa”. 


Nel giungere al termine di un viaggio: “Infine eccomi a destinazione, tra il nulla e l’altrove”.


Nel cascare dentro (rare) frasi trite e ritrite

“Vado sempre a cercare col lanternino…” Gloss individua tuttavia la sua fragilità. 


Circa il formato a libercolo, Gloss si obbliga a credere che sia una particolare affezione a quello strumento che ormai è assurto a oggetto indispensabile nelle nostre vite, lo smartphone, tanto da scriverci un libro spolliciandoci* direttamente sopra.


Consigliato a persone introspettive che, propense a guardare dentro di sé, hanno una spiccata tendenza a focalizzare l'attenzione e l'espressione sulla propria sfera interiore, sui sentimenti, le emozioni e gli stati d'animo più reconditi e personali e che scelgono di rappresentare o privilegiare il mondo interiore e i sentimenti privati. 


Se l'avventura con ‘Taglio d'Anima 01’ vi ha pizzicato la fantasia, sappiate che la vostra caccia al tesoro finisce sul nostro portale, Piratidellacultura.it! Lì lo trovate a un prezzo da vero affare per tutti quelli che hanno scelto di unirsi alla Ciurma. Vi aspettiamo a braccia aperte e vi diamo appuntamento al prossimo abbordaggio letterario! Alla prossima, Pirati e Piratesse!"

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*spolliciandoci, da spolliciare: azione del digitare su smartphone con i pollici. Neologismo di Stefi Pastori Gloss


lunedì 13 ottobre 2025

'Aspettando il Crollo delle Galassie' di Werner Herzog

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Regista, sceneggiatore, produttore cinematografico, scrittore, attore e documentarista tedesco Werner Herzog è Leone d’Oro alla Carriera alla Mostra Biennale del Cinema di Venezia 2025. Mostra e non Festival: da quest’anno il suo direttore Alberto Barbera ne sottolinea l’elevato contenuto artistico.

“Mi sembra una medaglia per il mio lavoro” dice Herzog.

“Cineasta fisico e camminatore instancabile” ha percorso “incessantemente il pianeta Terra inseguendo immagini mai viste, mettendo alla prova la nostra capacità di guardare, sfidandoci a cogliere ciò che sta al di là dell’apparenza del reale” Alberto Barbera dice di Herzog.


Cinefila e sceneggiatrice affascinata dalle tre fasi del cinema di Herzog (la prima, fulminante, stordente, ipnotica tra il 1969 e il 1982 - Segni di vita; Aguirre - furore di Dio e Klaus Kinski che, da qui in poi, assurge al ruolo di attore - feticcio, in un rapporto di amore/odio con il regista; L’enigma di Kaspar Hauser; Nosferatu il vampiro; Fitzcarraldo - la seconda, meditabonda e quasi invisibile che si incrocia e si aggrappa ad un nuovo filone aurifero - Grido di pietra; L’ignoto spazio profondo - la terza, documentaria, dove Herzog, con la sua voce fuori campo, narra imprese, testardaggini e inafferrabili misteri incentrati su uomini al limite dell’umana follia - Grizzly Man; The fire within


Conquistata fin dai tempi del primo Klaus Kinski herzoghiano con Aguirre - furore di Dio, in occasione del Leone d’Oro, Stefi Pastori Gloss si è lasciata attrarre da un libro che parla Herzog: la chiamava dagli scaffali della Libreria Gulliver di Torino. Aspettando il Crollo delle Galassie(citazione da una frase di Herzog)



è non mera raccolta di interviste condotte da vari giornalisti e scrittori a Werner Herzog tra il 1968 e il 2011, ma un’opera da cui Gloss (e chiunque come lei appassionata di cinema e dell’autore bavarese - non tedesco!) ne desume poetica e filosofia filmica. A questo proposito, suggerisce di vedere (o ri-vedere come ha fatto lei) due tra i suoi film più rappresentativi:  Cuore di Vetro (1976) e Kinski, il Mio Più Caro Nemico (1999), quelli che meglio incarnano la “modalità cinema” di Herzog. Contestate Gloss nei commenti se credete che non sia così.


In Cuore di Vetro risulta prioritaria l’importanza del paesaggio come un vero e proprio personaggio vivente: il regista ne fa pacate carrellate o persino inquadrature fisse perché lo spettatore ne possa godere il fascino così come l’ha subito in prima persona, dando sfoggio delle sue capacità di contemplativo documentarista. Sin dalla prima scena, Herzog fa percepire importanti le mani dell’uomo, come strumento di vita e lavoro, ponendole in primo piano con luci morbide e contrastanti allo stesso tempo, così da conferire loro la corretta valenza, anche se a riposo. 


Luci, colori, inquadrature appaiono ispirate a opere caravaggesche. Le persone sono composte come pittoreschi tableaux vivants, in condizioni di ipnosi. Su uno scoglio in mezzo all'oceano, uno dei personaggi di spalle scruta in lontananza, “A lui per primo è stato concesso il dono del dubbio”, lo sguardo fisso sul mare: in un’unica scena, Herzog cita non solo Il settimo sigillo di Ingmar Bergman, ma anche Caspar David Friedrich e il suo Viandante sul Mare di Nebbia.






“Non ho mai pensato all’estetica (...) non lo saprò mai come avviene (l’estetizzazione dei miei film) anche Dante l’ha fatto. Goya e Hieronymous Bosch - ed è solo all’alto livello di estetica e stilizzazione che Goya è rimasto una figura così vibrante, come Dante, Hieronymous Bosch o chiunque altro.”

È davvero l’arte nei suoi film così come se prefigge e configura Herzog nelle interviste.


Con Kinski, il Mio Più Caro Nemico, Herzog ha l’opportunità di raccontare visivamente come venga coinvolto dalle persone in cose che lo affascinano e “non per mera coincidenza”, “mi imbatto in queste persone e all’improvviso provo un’illuminazione interiore”, “indipendentemente da quanto grandi fossero gli ostacoli o le difficoltà”. 


“Con poco cibo e acqua potabile a causa dell’ossessiva ricerca di autenticità che contraddistingue Herzog, l’indole di Kinsky, già esplosiva, si fece pericolosa. (...) Gli dissi che avevo un fucile e che sarebbe riuscito ad arrivare solo alla prossima ansa del fiume prima di trovarsi con otto proiettili nella testa” - risponde Herzog alla domanda circa le difficili relazioni tra lui e l’attore. “Chi ha mai sentito parlare di una pistola o di un fucile con nove proiettili?” scriverà più avanti lo stesso Kinsky. Ma funzionò.

Se il vostro incontro non fosse mai avvenuto - chiede il giornalista - sareste stati entrambi esseri umani inferiori?

Non posso rispondere a questa domanda, perché lui è stato parte della mia vita, così come io sono stato parte della sua (...) Solo quando una persona è sottoposta a forti pressioni, (...) il suo carattere si rivela (...) solo sottoponendo una lega metallica a una pressione o a un calore esterni, possiamo comprendere la natura di un materiale prima sconosciuto.”


Consigliato a cinefili in generale e ai fans di Herzog specialmente: potranno grazie al libro vedere e rivedere i suoi film senza mai stancarsi.


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