domenica 22 giugno 2025

'Sto Ascoltando dei Dischi' di Maurizio Blatto


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Per passione e anche per quel difetto che porta le persone ad amare il proprio lavoro, che è di nuovo passione unita a deformazione professionale, Gloss è adusa frequentare gruppi di lettura sparpagliati sulle complesse territorialità culturali della città che ha scelto di vivere, passando dalla sciurezza alla madaminità con la scioltezza di un oplà. Da Milano a Torino, insomma. 



Torino è bellissima, il che, detto da una milanese che, in quanto tale, tenderebbe ad amare solo Milano, assume il significato bellissimaperdavvero. Tuttavia Torino è immersa ancora nel pantano dell’operaiezza, con la stessa gaiezza dell'inconsapevole che, una volta abbandonata la fabbrica un secolo fa, si è trovato a doversi districare tra tavoli stellati mangerecci. Pur di sopravvivere. E dopo trent’anni ci sta riuscendo, perché dalla palta nascono i fiori di loto. Ma il cuore è restato operaio con la medesima noblesse oblige da periferia letteraria. Che somiglia molto a quella di certe regine che suggerivano brioche al posto del pane. Incongruente? Non tanto, visto che chi si professa pronto ad ascoltare istanze opposte alla propria pur di dimostrare di essere aperto e democratico, lo fa soltanto se l’apertura mentale risulta da una frattura del cranio. 

Gloss fa riferimento al fondatore del gruppo di lettura, non al gruppo in sé, ma al sedicente imperatore letterario, che manco si degnava di rispondere a un paio di messaggi sulla Sinead O’Connors convertita all’Islam. Cercando un minimo di condivisione liberale nel sedicente, nel suo silenzio Gloss ha trovato lo sconforto dell’invasione silenziosa .  

È quanto è accaduto a giugno 2025 nel gruppo di lettura ‘Alza il Volume!’ che, se si non fosse rivelato animato da quello spirito dell’operaiezza da periferia letteraria cattocomunista, avrebbe avuto non solo il titolone a effetto che la convinse a partecipare, ma avrebbe anche avuto la funzione di farle ‘alzare i diversi volumi’ fino alla cassa di Binaria. Purtroppo fingere di dare spazio a opinioni “altre” è incongruo col pensiero liberale di Gloss che ha finito per abbandonare il gruppo al suo tristo destino di libro non letto. 

Tuttavia, Gloss riconosce di averne ricevuto un paio di doni. Uno, ‘Anni Luce’ di Andrea Pomella. 

L’altro, ‘Sto Ascoltando dei Dischi’ di Maurizio Blatto. Un’epifania, specie il secondo, in quanto Gloss si è sempre creduta una musicofila per il solo fatto di aver esercitato come soprano e contralto in un coro liturgico di canti gregoriani, pur essendo miscredente. Con Maurizio Blatto, invece, coglie l'inconsistenza del suo credersi e si ricrede: l’amante vero della musica vive con e per e di musica. Il Blatto non a caso è titolare di un decennale negozio di dischi di periferia, un vinilista nel DNA. Gloss scommette che ogni "suo" LP è dotato di scheda con l'elenco e la descrizione dettagliata dei sentimenti riflessi dalle singole canzoni.

Per tutti, un passaggio su tutti:
“Parte Born to be Wild e ti viene da sgasare sulla moto. Scatta You Can Leave Your Hat On e hai la sensazione di doverti strappare via la biancheria con i denti. Senti Wagner e hai l’impulso di invadere la Polonia (ok, questa è di Woody Allen). Insomma succede con le canzoni e questo è l’effetto pavloviano al quale non riesci a resistere. Ma indubbiamente nulla può farti più paura di Profondo Rosso, film e canzone. Nulla. Ora, io non sono esattamente un Clint Eastwood, ma non mi definirei nemmeno un cacasotto. Però, a distanza di quarantacinque anni dalla sua uscita, non smetto di averne un sacro e cristallino terrore. E per giunta ogni volta che parte il giro di organo dei Goblin mi volto di scatto, sicuro che stia arrivando una mannaia in mezzo agli occhi.”
Il romanzo è una lettura divertente e divertita: c’è da scommettere che Blatto si sia divertito un casino nello scrivere e non solo nell’ascoltare la musica che racconta tramite passaggi di vita autobiografica con sentore di sudore ascellifero e a volte di lacrimuccia romantica e triste. Sì, anche le lacrime hanno un sentore, lo sa bene Hannibal. Unica nota stonata: il Blatto giustifica la successione di recensioni scritte in tempi e modalità diverse collegandole tra loro con un escamotage sempre uguale a sé stesso (1). Ed è l’unica noia, a parte gli Smiths. 

Da leggere con uno smartphone in mano su cui cercare le canzoni citate per entrare di capitolo in capitolo nel mood giusto. 

Nb: la playlist tutta infarcita di Smiths che Gloss ha ascoltato non era l’originale di Blatto, ma quella proposta in chat dal sedicente intellettuale da noblesse oblige con la frattura del cranio. Dalla sua, non è nato un fiore di loto. Da quella del Blatto, sì.

1. sé stesso: se lettori e lettrici hanno avuto la stessa maestra alle elementari di Gloss, sarà stato spiegato loro che "sé", precedendo "stesso«, non va accentato. Nel recensire, quando Gloss trovò in autori di valore "sé stesso", le crollò una certezza immutabile. Dovette controllare e ricontrollare su Crusca e Treccani. Sia Crusca che Treccani suggeriscono "sé stesso". Così, dopo essere piombata nell'abisso grammarnazi e risalita, Gloss si è adattata con grande "spirto letterario" a scrivere sempre "sé stesso".

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sabato 14 giugno 2025

‘La Scopa del Sistema’ di David Foster Wallace

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Innamorata di DFW fin dalla prima lettura, ‘Una Cosa Divertente che non Farò Mai Più’, con la quale scoprì che un libro può essere fatto anche solo di note (“Per stravolgere le regole, occorre prima conoscerle”. Cit. Forforismi Pastorology), ha proseguito il suo viaggio induttivo nella Galassia DFW con ‘Verso Occidente l'Impero Dirige il Suo Corso’ e con ‘Il Rap Spiegato ai Bianchi’ (featuring Mark Costello) mai restando delusa. Definito da David Ulin, editore del Los Angeles Times, "uno degli scrittori più influenti e innovativi degli ultimi 20 anni", con ‘La Scopa del Sistema’, Il suo romanzo d'esordio, invece DFW. Punto. La trama, complessa, intricata, paradossale, a tratti surreale, narra le vicende di una giovane centralinista, discendente di una ricca famiglia industriale impegnata nell’edizioni di libri e romanzi, e la sua articolata relazione con il principale. Entrambi sono in terapia da uno psicoterapeuta.  

 

La bisnonna della giovane centralinista, sua omonima, scompare misteriosamente da una casa di cura con altri ospiti, un evento di cui sembra a conoscenza il padre della giovane.  

Parallelamente, il suo pappagallo acquista un'improvvisa eloquenza e viene utilizzato da un telepredicatore nel suo show televisivo.  

Si verificano anche strane avarie al centralino dove lavora la giovane centralinista. che nel frattempo intraprende una relazione con una vecchia conoscenza con cui ebbe un diverbio in passato, mentre la moglie di lui ha una relazione con il principale.  

A complicare ulteriormente la trama, il principale racconta alla giovane centralinista storie giunte alla sua casa editrice. La ricerca della bisnonna nel fittizio "Deserto Incommensurabile dell'Ohio" (DIO), la storia della variegata famiglia della giovane centralinista e l'incontro con il fratello di quest’ultima sono elementi che attribuiscono alla narrazione contorni distopici quanto mistici. La narrazione culmina con la scomparsa finale della giovane centralinista e della sua vecchia conoscenza.  

«Molte ragazze davvero belle hanno dei piedi davvero brutti.»  

«Signori, ci serve un deserto. [...] Sissignori, un deserto. Un punto di riferimento primordiale per le buone genti dell'Ohio. Un luogo da temere e amare. Un luogo selvaggio. Qualcosa che ci rammenti contro cosa abbiamo lottato e vinto. Un luogo senza centri commerciali. Un Altro per stimolare l'Io dell'Ohio.»  

L'autore ha costruito la struttura del romanzo basandosi sulle teorie logico-linguistiche di Ludwig Wittgenstein, filosofo e logico austriaco, i cui studi si sono concentrati principalmente sulla logica e sulla filosofia del linguaggio, della mente e della matematica. È ampiamente riconosciuto, soprattutto nel mondo accademico anglosassone, come uno dei più grandi pensatori del XX secolo.  

L'autore stesso ha descritto il romanzo come una conversazione immaginaria tra Jacques Derrida, influente filosofo e saggista francese, celebre per aver sviluppato il concetto di decostruzione, il cui pensiero ha avuto un impatto significativo in numerosi campi dalla linguistica, la critica letteraria, la teoria politica, la giurisprudenza, agli studi religiosi, financo la teoria dei media, l'antropologia, gli studi culturali, l'architettura (ispirando il movimento decostruttivista), gli studi postcoloniali, gli studi di genere e la psicoanalisi e lo stesso Wittgenstein.  

A Gloss è rimasto lo sconcerto di aver letto qualcosa di valore che non leggerà mai più.  

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giovedì 12 giugno 2025

'Dalla Cina con Sudore' di Giuseppe Narciso

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Gloss stavolta parte dalla copertina, forte della sua esperienza di un secolo fa: di Art Director nella Milano da Bere, che la portò a creare pubblicità e Immagini Aziendali Coordinate, copertine di libri comprese. La nota subito sul banco del CSU a “Libri In Piazza” : in effetti, non c’è colore meglio del rosso per attirare l’attenzione (eccellente allo scopo di mettere in guardia dai pericoli, basti pensare ai cartelli stradali e al semaforo, quando rosso).  

 

Anche il titolo del romanzo è attraente, per una cresciuta a pane e film di Bruce Lee: è la divertente parafrasi di un film passato alla storia per chi è nato tra i Sessanta e i Settanta, come l’autore Giuseppe Narciso. “Dalla Cina con Furore”. Ciò che non coglie subito è il significato dell’immagine: quelle che dapprima appaiono come macchie ingiustificate e una piccola Italia, diventeranno un cane/Cina che fa un sol boccone dell’Italietta, ulteriore conferma dell’uso di ironia da parte dell’autore. “L’ironia salverà il mondo” cit. Forforismi Pastorology, antica pagina Facebook di aforismi che danno grattacapi come la forfora. Salverà anche l’Italia? Forse no. Ma salva il protagonista, Candido Volterre, alter ego del Narciso, che, nell’accomiatarsi dalla sua ormai ex compagna nel momento in cui la donna si preoccupa di lui in chiusura del romanzo, esclama: «Non preoccuparti per me: gli stronzi galleggiano!”  

Cosa rende credibile una narrazione? Secondo una dichiarazione su L'indice dei Libri del Mese, Andrea Pomella è la voce narrante in prima persona a renderla verosimile. Che non necessariamente è la voce dell’autore, ma può essere benissimo quella di un personaggio di invenzione. Invece Giuseppe Narciso, l’autore di “Dalla Cina con Sudore” parla di sé tramite un eteronimo, rendendo tutto non solo verosimile, ma veritiero.  

Il Narciso, siciliano doc, dichiara subito che la sua opera è il reportage d’esperienza personale in Cina anche se sotto falsa identità come tutti gli altri personaggi a tutela della loro privacy. E della propria. Infatti denuncia parecchi “fattacci” cinesi, sia politici che aziendali, sia a livello personale che sociologico, di cui Gloss non fa spoiler. Essendo la Cina sotto un regime autoritario, un romanzo di denuncia sarebbe molto mal visto e potrebbe mettere in pericolo la vita delle persone e delle aziende che hanno investito in quel Paese. Financo gettare ombre sull’intera Italia, che la Cina ingoierebbe in un solo boccone, come anticipato dalla copertina.  

Pur notando che il romanzo non ha beneficiato di un editing professionale, e nemmeno di un grafico che ingrandisse un tantino il carattere di stampa (una lettura densa e corposa come l’autore viene ridotta a disagevole se in corpo 8) e che rendesse più artistica e gradevole la copertina, Gloss riconosce che si tratta di una narrazione coraggiosa, sebbene ironica, ma forse proprio per questo ancora più forte, senza pietismi né vittimismi, di forte impatto perché schietta come chi l’ha scritta. Uno scrittore onestamente illuso dalla validità dell’ideologia comunista, nonostante la disillusione cinese, eppure è tanto lucido e distaccato da non risparmiare critiche a un Paese che fece del comunismo la propria fede. A torto, a giudicare dalla mancanza di democrazia.  

Divertimento “garantito al limone” (Gloss farà una ricerca etimologica su questa spiritosa frase idiomatica) la sezione “Glossario, Personaggi, Sigle, Aziende e Curiose Assonanze” in cui il Narciso si adopera al meglio della sua filosofia ironica (e autoironica). Ricordando i suoi natali siculi, Gloss legge di una società (Business Expansion ATA), il cui acronimo è BEATA, che crea una Joint Venture con la cinese Ming. Nasce la BEATA MING. O viene menzionata la Chinese Aviation Group (CAG) in Joint Venture con la summenzionata ATA, dando vita a… Gloss lascia ai suoi lettori il piacere della scoperta.  

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venerdì 30 maggio 2025

'La Forza della Ragione' di Oriana Fallaci

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Durante il Salone del Libro di Torino edizione 2025 (SalTo25) Gloss ha assistito alla presentazione del libro del prof. Pier Franco Quaglieni sul pensiero del “Pannunzio liberale” Edizioni Pedrini di cui deve ancora iniziare la lettura. Nella conferenza, il docente ha citato il pensiero dell’Oriana Fallaci nazionale. Gloss ha preferito partire da lei, rileggendo il suo ‘La Forza della Ragione’. Chi segue Gloss, sa che ogni sua riflessione filosofico / umanistica decolla non da teorie, ma da esperienze personali. Quando lo lesse la prima volta, era ancora inconsapevole del tacito dilagamento in corso di esecuzione da parte dell’Islam.  

 

Già sul finire del Novecento a Torino, in zona Piazza della Repubblica, si era accorta dell’arrogante trattamento da parte di un egiziano da cui aveva acquistato una porzione di Kebab. Fino a quel momento, animata da un forte spirito di empatia e accoglienza, lo aveva stimato per l'efficace inserimento nel tessuto sociale italiano. Ma non diede peso: 'anche gli uomini possono avere le loro paturnie'. Non pensò potessere essere razzismo al contrario. Qualche anno più tardi, intorno al 2014, in cui si trovò nelle condizioni di vendere una proprietà nella bassa bergamasca, venne ospitata da una giovane vicina di casa araba i cui cinque figlioletti in età di scuola primaria guardavano i cartoni animati su un canale satellitare arabo, con protagonisti di tutte le etnie: quelli arabi prevalevano e tormentavano quelli europei. La trasmissione era in lingua araba con sottotitoli. I piccoli tra loro parlavano arabo e italiano, deridendo i personaggi europei.  

Fu in quel contesto che mise insieme i pezzi del puzzle (netta maggioranza di migranti mussulmani, sbarchi facilitati, ONG finanziate, prevalenza di operai nordafricani nelle officine italiane, scuole per l’infanzia piene di figli dell’Islam, appartamenti locati quasi esclusivamente a emigrati del nordafrica, specie in provincia dove gli alloggi costano meno delle grandi città, voto agli immigrati, 'ius soli') e si accorse dell’invasione silenziosa con dieci anni di ritardo sulla Fallaci.  

Nel compilare la presente recensione, come sempre si documenta. In Rete esistono dati incontrovertibili su personaggi noti e meno noti convertiti all’Islam, tra cui Cassius Clay, Sinéad O’Connors*, Cat Stevens (e forse perfino Whitney Houston e Michael Jackson a stare a ciò che viene dichiarato su un sito islamico che desidera non riportare per evitare di far pubblicità. È comunque disponibile a segnalarlo a chi le volesse fare richiesta). Oltre a cittadini privati, uomini, solo uomini, che, dopo la conversione all’Islam, sono diventati direttori di Istituti Culturali della Comunità Islamica, studenti di islamistica all'Orientale di Napoli, segretari di Associazione islamiche, segretari di Centri Studi Metafisici (tra cui quello di Milano), responsabili CO.RE.IS. Comunità Religiosa Islamica Italiana, leggi associazione islamica sunnita italiana, presidenti dell'associazione islamica che fanno lezioni quotidiane in moschee (come nella moschea "Il Misericordioso" di Milano), perfino un fotoreporter italiano famoso rapito nel sud dell'Afghanistan, che in prigionia trovò conforto nel Corano e un ex ambasciatore che rappresentavano l'Italia alle Nazioni Unite e che oggi dirige la sezione italiana della Lega musulmana mondiale. Lobbisti politicanti che si industriano presso i nostri parlamentari affinché sia proposta la lettura del Corano a scuola, perché sia tolto il crocifisso dalle pareti, perché sia accolta la Legge Islamica (leggi Sharia**) che, per inciso, punisce con la morte per lapidazione la donna per adulterio, che impedisce di impiegarsi lavorativamente parlando alle donne e che vieta l’istruzione alle donne talebane. Donne, solo donne.  

Gloss si è anche adoperata a reperire il significato di ISLAM: sostantivo verbale traducibile con "assoggettamento" [a Dio (ALLAH)], anzi, “sottomissione”, donare il proprio viso [a Dio (ALLAH)]. 'Sottomissione', non a caso titolo di un’opera di Michel Houellebecq.  

Il libro della Fallaci è una denuncia circostanziata di questa ‘invasione silenziosa’. Più di mille parole, vale la chiusura, che Gloss riporta integralmente. “(...) Il cervello è un muscolo. E come ogni altro muscolo ha bisogno di essere tenuto in esercizio. A non tenerlo in esercizio impigrisce, si intorpidisce. Si atrofizza come si atrofizzano le mie gambe quando per mesi e mesi sto a questo tavolino, sempre a scrivere, sempre a studiare… E atrofizzandosi diventa meno intelligente, anzi diventa stupido. Diventando stupido perde la facoltà di ragionare, di giudicare, e si consegna al pensiero altrui. Si affida alle soluzioni già pronte, alle decisioni già prese, ai pensieri già elaborati confezionati pronti all’uso. Alle ricette che, come le bilance elettroniche (che si sostituiscono al calcolo umano dei 307 grammi in più di merce) o i fornelli a gas (che sostituiscono la necessità di attivarsi per accendere il fuoco) o i computer (per non parlare della AI), l'indottrinamento gli somministra attraverso le formule del Politically Correct. La formula del pacifismo. La formula dell’imperialismo. La formula del pietismo. La formula del buonismo. La formula del razzismo, la formula dell’ecumenismo. La formula anzi, la ricetta del conformismo, cioè della viltà. Senza che lui se ne rendesse conto. Il fatto è che non può rendersene conto. Quelle formule e quelle ricette sono veleni incolori, insapori, indolori: polvere d’arsenico che ingerisce da troppo tempo. E niente è più indifeso quindi più malleabile e manipolabile d’un cervello atrofizzato, d’un cervello stupido, d’un cervello che non pensa o pensa con i cervelli altrui.”  

In conclusione, Gloss non desidera fare moralismo né essere retrograda, negando diritti fondamentali ai migranti, ma trasmettere i valori della Cultura di Occidente: ‘abilità combinatoria alfabetica, approccio strutturato al ragionamento, criterio estetico che guida la scelta e l'apprezzamento di opere della letteratura, rapidità e la flessibilità con cui si elaborano pensieri e si risolvono problemi di composizione letteraria, concisione e l'efficacia nell'esposizione delle argomentazioni, originalità e la creatività nell’esemplificare, contaminazione e il rimescolamento di diverse maniere di scrivere, tipiche di generi o epoche differenti risiedono alla base di un capolavoro dell’occidente’.  

Cit. ‘Della scrittura entropica’.  

Tutti elementi che un sapere basato esclusivamente sul Corano non può raggiungere. Salviamo la Cultura perché ci rende liberi.  

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*Sinéad O’Connors, in questo video in vesti islamiche. Impressionante osservare il suo sguardo verso il 4’50’’ Sinead O'Connor 'Nothing Compares 2 U' | The Late Late Show | RTÉ One  

**Sharia: Cos'è la sharia, spiegato bene - Il Post

‘Vai Avanti, Non Lasciarti Fermare’ di Angela Grimaudo

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Quest’anno Gloss ha voluto fortemente partecipare al Salone del Libro di Torino, ( a questo link sue considerazioni sul prezzo del biglietto ; per inciso, Gloss vi prega di iscrivervi al suo canale. A voi nulla costa, a lei invece gratifica) che per comodità gli operatori del settore chiamano SalTo con un numerino attaccato che corrisponde all’anno di edizione. Pertanto, sebbene tante sue colleghe e colleghi abbiano voluto snobbare il SalTo25 per sopravvenute intolleranze varie (la cui disanima sarà fatta prossimamente sul blog poetryreadingandotherside ) non partecipando nemmeno il suo editore da un paio di volte, Gloss ha trovato un efficace strumento di organizzazione, promozione e vendita nel Collettivo Scrittori Uniti (CSU) , dove tutt3* vendono tutt3, non solamente il proprio libro.  

Nella cosiddetta Area Self ha incontrato Angela Grimaudo che, al sentire della recensione fatta ad altra autrice self, Adriana Porto ‘Angoli Bruciacchiati’, ha voluto fare dono del proprio libro nella speranza di una recensione.  

 

Mentre Gloss stava pensando “Ecco un’altra sedicente scrittrice che giunta a bilanci di 'una certa', vuole parlare delle gioie e dei dolori della sua famiglia, come fosse una novella Allende che ha da insegnare ad altri. Quasi mai è così.” l’avvisa che il suo blog è ‘cattivo’ o perlomeno ritenuto tale, da chi si aspetta recensioni solo positive.  

Per esempio, il libro ‘Angoli Bruciacchiati’ ha “subito” una serie di critiche, ma costruttive, che l’autrice ha ritenuto con intelligenza di considerare quanto consigli per migliorare la propria scrittura. La Grimaudo ha accettato, evidentemente consapevole del suo valore.  

Gloss infatti ha dovuto ricredersi. Primo, perché la Grimaudo è una scrittrice accorta che sa scrivere con leggerezza che non è superficialità alla Calvino, soprattutto senza infarcire il testo di pesantezze grammatical/lessicali che impediscono la lettura e predispongono a recensioni negative ( Daniel Pennac docet ). Usa il siciliano come momento di divertimento (nel senso latino di [divertĕre] vedi 'M'Illumino di Mensole' di Roberto Marzano) e ironia (‘l’ironia salverà il mondo’ è uno dei motti preferiti di Gloss) inframmezzando le espressioni dialettali a denunce sociali sul rapporto Uomo/padrone e Donna/sottomessa che ritornano di pagina in pagina.  

Ecco alcuni esempi: nel narrare i giochi tra bimb3, (“Tre parole: non avevamo niente”) la Grimaudo scrive che “Naturalmente, neanche a dirlo, il trattorino era appannaggio dei maschi”. Le canzoni dell’infanzia insegnavano loro quale fosse il ruolo della donna in società: “tutto ci spiegava per filo e per segno cosa bisognasse o non bisognasse fare e quale fosse il destino delle dolci fanciulle.” La ragazza, o meglio, la bambina doveva essere bella sempre, pena il bando dall’entourage familiare e sociale. E zitta, anzi in siciliano “t’ha stari muta”, usato a mo’ di mantra dagli adulti.  

Nel raccontare la salita al Nord dove negli anni Sessanta c’era lavoro vero, scrive: “biglietto di sola andata per Torino, la città dove in seguito sentii dire che gli agnelli erano i padroni. Che strana cosa: da noi era tutto il contrario, gli agnelli dovevano obbedire ai pastori".  

Con la descrizione dell’abitazione torinese, il lettore accorto riesce a fare la tara delle condizioni di provenienza: “l’appartamento era al piano rialzato, camera e cucina tutta per noi e, non ci potevo credere! Quella casa era magica, c’era pure un lavandino con il rubinetto dell’acqua, un miracolo, praticamente avevamo l’acqua in casa e udite, udite… acqua a volontà."  

E dire che i nostri figli si lamentano se non si accende il boiler…  

“In merito all’uso del rinale, noi avevamo delle idee innovative, era utilissimo per i nostri bisogni, ma non quelli fisiologici, diciamo che ci serviva a fini strategici. Dato che si spostava facilmente e soprattutto che era trasportabile con tutto il contenuto, se messo al posto giusto al momento giusto e alla persona giusta, senza il minimo sforzo poteva essere di grande aiuto nella pulizia dei piedi.”  

L’emancipazione di Angela inizia già negli anni del collegio gestito da suore: alla scoperta dei pidocchi nelle ragazzine delle elementari, “le care sorelle grandi (chissà perché poi sorelle?) legavano le mani dietro la schiena affinché non si grattassero. Noi le controllavamo e appena giravano gli occhi, ci nascondevamo e slegavamo subito le mani.”  

Eppure l’autrice intitola un capitolo EMANCIPAZIONE molto più tardi, quasi a metà del libro, in occasione del taglio di capelli alla Caterina Caselli della sorella in stile “nessuno mi può giudicare” in pieno vigore di regime maschilista in cui “soffocare sul nascere qualsiasi accenno di rivolta o emancipazione arrivasse dal basso.” La sorella fu presa a zoccolate e definita per l’appunto “zoccola”. La Grimaudo già aveva anticipato scrivendo: “Nelle belle tiritere le donne erano appellate ‘fimmini’, mentre i maschi ‘omini’. Giusto per fissare meglio i concetti nella mente, nella totale indifferenza. Marcare il territorio con parole semplici ed efficaci, contribuiva a memorizzare meglio il concetto della diversità, per meglio incidere i distinguo nella mente di tutti. Il fine occulto era quello di placare sul nascere eventuali rivendicazioni delle donne, per meglio autoconvincerle della presunta inferiorità nei confronti dell'uomo."  

Quell'atteggiamento consolidato e stereotipato che riguardava la figura femminile conduce la Grimaudo dritta dritta a ribellarsi all’imposizione della scuola magistrale (“così se mi fossi stancata avrei potuto fare la maestra, un mestiere più adatto a una femmina”).  

Irremovibile coi familiari, vince la battaglia per il liceo scientifico, anticipando le lotte per l’affermazione femminile in campo di STEM, acronimo di science, technology, engineering and mathematics, che indica le discipline scientifico-tecnologiche e i relativi corsi di studio, in cui oggi le donne eccellono al pari dei colleghi uomini, ma che all’epoca erano di mero appannaggio maschile.  

Consueta considerazione grafica della copertina: essendo stata Gloss Art Director nella ‘Milano da Bere’ la considera un venditore muto. L’avesse dovuto acquistare il libro, non l’avrebbe fatto, perché le foto di famiglia l’avrebbero ingannata sul reale contenuto dell’opera. E se mai la Grimaudo un domani volesse rifarla, dovrebbe seriamente considerare di cambiarla e di scrivere un titolo meno discorsivo, più incisivo e accattivante, e anche di rimuovere anche l’appendice: non interessano le foto familiari se non a lei, tanto quanto la sua evoluzione da ‘fimmina’ sottomessa e “t’ha stari muta” a donna di carattere affermata lavorativamente ed emancipata.  

Insomma, anche con Angela Grimaudo il CSU ha dimostrato di saper scegliere opere di valore.  

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* bimb3: non è un refuso, è un modo semplice per prevenire le discriminazioni, specie quelle di genere. Gloss preferisce non usare gli asterischi - non perché Valditara li abbia vietati, ma perché ipocriti. E non vedo come qualcosa di non appartenente alla nostra lingua - il suono schwa ә - possa riguardare gli italiani. Piuttosto meglio l'utilizzo di un 3 come desinenza per non discriminare nessun3.  

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domenica 27 aprile 2025

“Gli Angoli Bruciacchiati” di Adriana Porto

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Quando le viene proposta la lettura di un’esordiente, reduce da quella spinta di qualche anno fa, che la voleva “badante letteraria” allo scopo di sostenere i giovani che si accingono a questo “mondo difficile e felicità a momenti” che è l'Editoria italiana, Gloss accetta volentieri. Specialmente se l’esordiente è donna: in ogni ambito lavorativo, le donne sbattono contro il glass ceiling. L’autrice in questione è Adriana Porto: non è una sprovveduta, fosse solo per i plurimi impegni che ha (Polstrada, Ciclofficina, bicicletta).  

 

Conosciuta ad aprile 2025 nell’ambito di una delle fiere promozionali del CSU (Collettivo Scrittori Uniti) si sono scoperte sintonizzate sia sull’editoria che sulla vita. La settimana successiva, il “Pennivendolo ubriacone” Marco Ferreri (qui intervistato da Alberto Grometto, Augusto Direttore di Erre18 radio di Mercuzio&Friends - per inciso, l’11 aprile è stata intervista dai Mercuziani anche Gloss -, ha chiesto a Gloss di leggere "Gli Angoli Bruciacchiati”di Adriana Porto allo scopo di partecipare al suo podcast “Pirati della Cultura”.  

L’enorme ego di Gloss non ha potuto rifiutare un’occasione splendida per diventare ancora più trofico. Ma chi segue Gloss, sa che cerca di trasformarlo ogni giorno in qualcosa di utile per le altre persone. E così ha deciso di sostenere l’esordiente Adriana Porto. Chi segue Gloss, sa anche che in una narrazione pretende di trovare certi elementi che rendano la lettura non solo scorrevole, ma appassionante, che catturi i lettori e le lettrici fino a staccarsi solo alla parola FINE.  

Pretende che sia un prodotto facilmente vendibile anche solo con il passaparola, in quanto le piccole CE in Italia non sono benefattrici ma imprenditrici, per sopravvivere devono poter vendere e non da ultimo ricavare qualche guadagno.  

Pretende che il romanzo sia ben costruito, sia dal punto di vista della grammatica (senza essere una grammarnazi, chi segue Gloss sa che ritiene le regole grammaticali un sentiero che guida e non un'autostrada asfaltata dal dio della regola) sia da quello dello della logica consequenzialità della narrazione.  

Chi conosce Gloss sa anche che uno dei suoi autori preferiti e che prende a modello è David Foster Wallace, capace di infarcire un romanzo di note a piè pagina facendone l’elemento caratteristico e scrivendo un libro nel libro senza annoiare, o di fare discorsi infiniti ben motivati parlando del nulla e comunque molto arricchenti linguisticamente e filosoficamente.  

Gloss pretende che la narrativa abbia da insegnare qualcosa di utile a chi legge, non solo intrattenerlo, magari con banalità.  

Che, in sostanza, crei valore. Ebbene, Adriana Porto fa tutte queste cose: una scrittura semplice e scorrevole, senza intoppi grammaticali, la narrazione delle “sue” donne coinvolge tutte e tutti, anche gli uomini perché trattano temi universali, seguono una coerenza intrinseca anche passando da un racconto all’altro. Soprattutto “Gli Angoli Bruciacchiati” crea valore, perché incoraggia uomini e donne incastrate in un qualche problema esistenziale (sia esso il mobbing lavorativo o un partner possessiv3 e tossic3 (a proposito di *, shwa e 3, Gloss vi invita a leggere qui), in un problema alimentare o un’impasse familiare) a mettersi in gioco, perlomeno a riconoscere di avere un problema. La Porto afferma di essere “talmente circondata da amiche insoddisfatte, stanche ed esaurite che davvero ho voluto far qualcosa per cambiare tale stato. E così ho esteso il “My family bike!".  

I problemi sono fatti per essere risolti.  

Cit. Forforismi Pastorology, antica pagina Facebook che proponeva aforismi che danno grattacapi come la forfora.

 

Per provare a risolvere un problema, però, è necessario prima riconoscerlo. Adriana Porto invita le persone a mettersi in gioco. Già questa consapevolezza è una vittoria.  

Qualche osservazione critica che vogliono essere costruttive per la Porto. La copertina: è il primo venditore muto. Da Art Director nella Milano da Bere, questa non parla e quindi non vende.  

Le narrazioni sono tutte legate tra loro dal filo conduttore della bicicletta. E sono narrate tutte in prima persona. Il diario interiore è di gran moda in Italia, ma occorre anche trovare una “voce personale” per ogni protagonista al fine di distinguerle le une dalle altre, essendo esperienze reali di undici donne. Altrimenti, sembra che Adriana parli sempre con la propria voce.  

Si alleni allora a fare due cose: la prima, ad usare la terza persona, a prendere distacco cioè dalla storia raccolta. Vedrà che imparerà a trovare uno stile adatto a ogni protagonista. Si alleni a copiare, sì, copiare, partendo dal Pirandello che si faceva dominare dai personaggi. Basti pensare ai “Sei personaggi in cerca di autore”.  

Un terzo approccio per migliorare la propria scrittura è quello di leggere leggere leggere leggere anche autori e autrici che sente lontanissimi da sé: scoprirà mondi meravigliosi che la ispireranno. Essere scrittori non significa solo scrivere bene un bel temino, ma anche affascinare lettori e lettrici pur parlando del nulla.  

Per concludere, Gloss le riconosce il merito di immettere nella sua narrazione alcune riflessioni che valgono anche se estrapolate dal contesto. Da filosofa umanista, Gloss le riporta volentieri. Magari vanno a vantaggio anche di chi legge queste modeste poche righe di recensione.  

Quando la Porto parla di oggetti che finiscono per “prendere polvere senza essere utilizzati”, sottolinea: “oggetti che ci riempiono gli occhi quando li guardiamo e ci fanno vantare di possedere ma che in realtà sono ben lontani dal renderci felici” sorta di citazione del monologo iniziale del film Trainspotting.  

Afferma di non poter stare ferma: “i miei punti di ruggine mi renderanno solo più bella e sicuramente avrò i segni della vita, ma sarò sempre io, viva, felice, piena e nuda”. Un po' come "portare le rughe come medaglie." Che è un ... indovinate nei commenti.  

“Nella vita il giudizio è il male peggiore.” “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo!” A Gloss, buddista, sembra riconoscere del “buddese”.  

In definitiva, il libro della Porto apporta valore alle persone, tra esempi proattivi, filosofia e saggezza, resilienza e vittoria su sé stessi tramite l'autoconsapevolezza. Gloss conclude che la letteratura, quella buona, deve poter insegnare qualcosa che non si conosce, in un mondo culturale come quello italiano dominato dal tronismo e dalla perdita di lessico: ne è esempio anche il termine “gravellate” che Gloss invita a ricercare, allo scopo di arricchire il proprio spirito di ricerca.  

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venerdì 18 aprile 2025

"Anni Luce" di Andrea Pomella

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Non eravamo altro che pietre, la tua luce ci ha reso stelle. Eddie Vedder
 

Da musicofila appassionata tanto quanto appassionata lettrice, appena ricevuto l’invito a partecipare al gruppo di lettura “Alza il Volume!” della Libreria Binaria di Torino dedicato a “libri musicali” ha aderito con l’entusiasmo che la caratterizza. Nulla di più appassionante per lei di un gruppo che lega socialità, musica e letture. E l’esergo di "Anni luce" di Andrea Pomella, candidato al Premio Strega 2018, convince definitivamente la filosofa umanista che nei Novanta era preda del reaganismo e ballava sui cubi delle discoteche tra Milano e Brescia. Nell’ammetterlo nessuna vergogna radical chic!  

 

L'autore immagina l'inizio della sua storia con radici a Seattle, una città americana piovosa dove vive di surf e rock proprio Eddie Vedder. In questo personaggio risiede lo spirito degli anni Novanta.  

Il libro scorre veloce come i viaggi tra Amsterdam e Roma e ritorno in meno di 24 ore solo per acquistare del Whisky a basso costo. Narra della passione di un ventenne romano durante un periodo di transizione, un viaggio fisico e mentale compiuto alla fine del ventesimo secolo.  

"Anni Luce" è un romanzo di formazione, con la musica dei Pearl Jam a fare da sfondo a un periodo della vita fatto di luci e ombre, che ha profondamente segnato una generazione. Pomella spiega come l'album "Ten" del 1991 abbia avuto un impatto travolgente sulla giovinezza del protagonista (che non è Pomella: l’autore pubblica il romanzo nel 2018, quindi lo scrive sarebbe troppo giovane per aver vissuto le mirabolanti avventure del protagonista, tra sbornie colossali e feste dai pentoloni di rigatoni lanciati sui soffitti di case altrui durante feste memorabili. O forse sì?) In effetti si tratta di gesta adolescenziali, di figli di papà che non hanno altre ambizioni oltre a quelle dello stordimento stupefacente. A distanza di venticinque anni, Pomella ha sentito il bisogno di scrivere un testo su questa band, in occasione dell'anniversario. Riascoltare la loro musica ha risvegliato in lui un turbine di emozioni e ricordi.  

Sebbene il romanzo abbia come riferimento costante i Pearl Jam, il protagonista nega di esserne un fan. È soprattutto la storia di un'amicizia, quella con Q (che gli fa conoscere la band), compagno di bevute, viaggiatore, chitarrista talentuoso, figura eccentrica, saggia, eccessiva, imprevedibile, lunatica. Secondo Gloss altro non è che la parafrasi dell’amico immaginario Boddah di Kurt Cobain. Attraverso la sua narrazione, Pomella rievoca una passione e un'età incerta, con una voce narrativa che riecheggia Eddie Vedder.  

È anche il rocambolesco racconto di un viaggio da guasconi vagabondi attraverso l'Europa, intrapreso per superare la paura dell'età adulta in arrivo. Trainspotting, il film tratto dal romanzo omonimo di Irvine Welsh del 1993, subito assurto a cult movie (il prestigioso British Film Institute lo premia col decimo posto della lista dei migliori nel 1999) fa da sfondo tematico alle loro imprese sgangherate quanto allucinate, consapevoli che a trent’anni sarebbero stati normalizzati nel banale turbine della vita quotidiana.  

E Gloss suppone, fin dalla citazione del film nel primo terzo del libro, che il protagonista farà esattamente quella fine lì. Senza peraltro entrare nel “Club dei 27”, come lo stesso Eddie Vedder, ormai signorotto grasso e marginale, passato da sport pericolosi e autolesionisti alla tranquilla vita della banalità. Evitando accuratamente il “Club dei 27”.  

La consueta nota sulla copertina, che Gloss ama definire “primo venditore muto” di un libro, dove protagonisti sono i colori stralunati di non luogo della Roma periferica. Forse in linea coi temi del romanzo, ma Gloss non l’avrebbe comprato. E non avrebbe sbagliato. Il libro è bello, ma il protagonista è incoerente, nell'esaltare una vita disagiata per poi adattarsi a quella di tutti coloro che fino all'anno prima aveva considerato sfigati.  

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mercoledì 16 aprile 2025

"Dove Dormi La Notte" di Michele Marziani

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Un Michele Marziani sorprendente rispetto alla precedente produzione. Gloss deve fare qualche precisazione: il Marziani ha scelto consapevolmente di vivere in montagna. “Io ho troppo bene impressa nella memoria la magica visione di quella asprissima notte. Addossati su di un breve ripiano l’un l’altro per ripararci dal vento e dal freddo, senza cibo, senza luce, nell'attesa (divenuto in ultimo spasmodica) dell’alba, abbiamo cantato e cantato fino a non avere più voce. Sotto di noi una fitta cortina di nebbia aveva formato un immenso mare bianco dal quale a guisa di isole e di scogli emergevano i picchi e le vette vicine. Copriva lo scenario un cielo infinito di stelle. Quante ne ho viste cadere e sparire trascinando nel vuoto la scia luminosa? In questo modo strano e superbamente suggestivo io ho vissuto ore di estasi contemplativa. A volte mi sentivo piccola e trascurabile cosa in tanto immensità, a volte mi sembrava invece di giganteggiare con lo spirito al di sopra di tutti gli altri uomini fatti vili e meschini dalle quotidiane miserie. Perché non si deve potere nella vita essere buoni e generosi come io mi sono sentito lassù?”  

Da filosofa umanista, Gloss ritorna all’interessante e celebre conclusione della “Critica della ragion pratica” di E. Kant: “Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuove e crescenti, quanto più sovente e a lungo si riflette sopra di esse: il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me”. Il Marziani ne chiarisce i motivi in “Dove Dormi La Notte”: di tutti i personaggi citati nel romanzo che hanno percorso “certe” strade preferisce mantenersi sui loro “ sentieri di montagna, dove l’aria arriva più limpida e l’orizzonte è più chiaro, mentre lo sguardo può perdersi a destra e a sinistra”. La sinistra oggi? In fondo a destra, cit. Forforismi Pastorology, un’antica di giorni pagina di aforismi che danno grattacapi come la forfora, preso poi come spunto da Ghali. Se davvero “condividere è cultura” (altro Forforisma della Gloss) bisogna accettarne le conseguenze.  

 

L’altra precisazione, è che il Marziani ha in mente da anni questo romanzo - che tanto romanzo non è. Per dedizione allo “zio”? Michele Marziani avverte l’esigenza morale, non solo familiare, di recuperare gli scritti dello zio Gian Battista allo scopo che “la memoria, i fatti, le emozioni non andassero dispersi. D’altra parte è vero che la sua è stata un’epoca dove la parola scritta aveva un grande valore”. Per dedizione alla pesca?  

Per dedizione alla Seconda Guerra Mondiale?  

Per dedizione alla coerenza con il proprio passato per così dire “anarchico” ?  

O forse per dedizione alla contraddizione, che è “sintomo di intelligenza” (e basta co’ ’sti Forforismi!)  

In effetti, perplessa sul titolo di cui non ha trovato riferimenti nel romanzo, Gloss ha chiesto al Marziani il motivo per cui l'ha intitolato così. E la risposta “è un fortunato misunderstanding. Nel librone di Stucchi che spesso cito c’è un dialogo tra lui e l’amico Gianni Citterio. Stucchi gli dice che entrerà in clandestinità e Citterio gli dice che se vuole cavarsela la prima regola è non dire mai a nessuno “dove dormi la notte”. Mi piaceva anche se poi ho scoperto che non l’avevo scritto. Mi sembrava un bel mescolare le carte e l’ho lasciato ugualmente.” Contraddizioni a josa, segno di furbizia. E cos’altro è la furbizia, se non una intelligenza commerciale?  

A proposito di "mescolare le carte” nello scorrere del libro si fa confusione con tutti quegli uomini dai ruoli e nomi simili e proprio quando Gloss si chiede “Dove sono le donne?”, il Marziani le risponde attraverso le pagine del libro. Comunque sì, le figure maschili arrivano a sovrapporsi, quasi un continuum, come fossero tutte uguali o almeno paritetiche tra loro. Non c'è un motivo ben preciso, o almeno il Marziani ammette di non conoscerlo: “mi lascio molto indagare dalla scrittura e restituisco quello che viene fuori”. In effetti, “La storia ha pieghe e interstizi ovunque.”  

Il romanzo ha restituito a Gloss qualche confronto col Marziani sull’attuale regime governativo italiano, partendo dall’esergo di Ernest Hemingway “Uno scrittore che non vuole mentire non può vivere e lavorare sotto il fascismo.” “Gloss, no, non viviamo in un regime antifascista, viviamo in una democrazia che elegge i fascisti. Non viviamo sotto il fascismo. Il fascismo è quando non si può eleggere nessuno o, nel caso della scrittura, non si può scrivere liberamente. Credo che ancora in Italia si possa scrivere quello che si vuole. Quando non si potrà più fare vedremo come agire.”  

Nell’impossibilità morale di prendere in mano gli scritti dello zio (“ho riscritto questa frase venti volte, cercando di migliorarla ma meglio di così non viene, perché è difficile non dire che c’era un gran caso nonostante fossero tutti d’accordo sul fatto che bisognava sconfiggere tedeschi e fascisti”), quando persino scrittori del calibro dello Scerbanenco dovettero rinunciare alla K (“Se si accettasse l’idea di una possibile collaborazione con l’Oss, la rapidità con cui Giorgio Scerbanenco ottenne il permesso di risidere a Lugano”) alla fine il Marziani cede: “Lo zio Battista ha imparato da Claudio Scivalocchi a credere negli uomini, a me non resta, invece, che abbandonare l’idea di farne un personaggio e imparare a credere a quello che all’inizio non volevo proprio: mi tocca condurre questa storia, raccontarla in prima persona.”  

Sebbene il romanzo, prima di una quindicina di pagine stenti a iniziare con spiegoni storici forse inutili ai paradigmi classici della letteratura, sembra condurre verso la rivalutazione socio politica di uomini (di uomini!) come Enrico Mattei e Stucchi e Citterio e Scivalocchi e zii vari, cercando di “ristabilire la verità, di citare gli assenti, di dare la giusta dimensione ai presenti, di presentare le armi agli astanti.” Peccando tuttavia di mancato coinvolgimento dei lettori e lettrici. Ma allora questo romanzo a che serve? Se lo chiede anche il Marziani, con la sua inequivocabile lucidità: è stato “un passatempo per un autore sfaccendato che non sa più cosa scrivere?”  

Gloss gli ricorda che in tempi di tronismo acuto, apprendere - o ricordare - anche una solo una parola pone un freno al baratro culturale dell’Italia.  

E la parola è irredènto agg. [comp. di in-2 e redento].  

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venerdì 4 aprile 2025

"La Figlia" di Clara Usòn

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"La Figlia" di Clara Usòn, traduzione di Silvia Sichel, Collana Il contesto n.35, Palermo, Sellerio, 2013, ISBN 978-88-389-2912-0. Abituata per sua stessa imposizione a scrivere recensioni “fuori dalle regole” (che prescrivono di riportare i tipi e l’anno di pubblicazione), Gloss ha evitato in tutti questi anni da recensora (o, meglio, da “badante letteraria”) di scrivere la CE o la collana, persino la data di uscita pur di distinguersi dalla massa mainstreaming dei recensori. Si sorprende stavolta di riportare persino il numero ISBN. Vuole assicurarsi che un libro così non vada perso nei meandri dei “Dieci imprescrittibili diritti del Lettore” del Pennac. Si tratta di un libro necessario senza grandi incipit eclatanti, ma con le vicende di vita quasi banali di una qualsiasi ragazza serba poco più che adolescente, ben poco immersa nelle guerre che funestavano i Balcani negli anni Novanta. Giochi di ruolo con ragazzi e ragazze di buone famiglie borghesi, tra l’allora Jugoslavia e la Russia, studi e feste alcoliche e di droghe leggere. Apparentemente niente di che, quasi noioso resoconto di normali aneddoti. Pian piano prende forma la realtà. La giovane non è una figlia qualsiasi. Senza tema di spoilerare, ma nella speranza, anzi, nella convinzione che le affermazioni in 4° di copertina conquistino lettori e lettrici così come lo è stata Gloss, le riporta tali e quali. Prima però due notizie sulla scrittrice, a conferma dello spirito di ricerca che domina la scrittura di questo romanzo, a metà tra saggio storico, sociologia, memorie intime e violenza.

Nata da un padre avvocato di spicco, Clara Usòn ha conseguito la laurea in Giurisprudenza all'Università di Barcellona. In seguito, ha scelto di non praticare la professione legale per intraprendere la carriera di scrittrice. Nel 2013, ha ottenuto il Premio de la Crítica in Spagna per il suo romanzo "La hija del este", tradotto e pubblicato in Italia da Sellerio Editore con il titolo "La figlia". Questo libro trae ispirazione dalla vicenda di Ana, figlia di. Punto. Ci si deve fermare qui. Gloss individua nel seguente aforisma il pilastro di tutta la narrazione. Senza spoilerare nulla, secondo Gloss racchiude la convinzione profonda della Usòn circa il rispetto della verità storica. Almeno inizialmente l’autrice affonda a piene mani nel sentimentalismo di una figlia nei confronti del proprio padre, un uomo percepito non solo come “maschio alpha”, ma anche soprattutto come patriota, caloroso e affettuoso verso tutte e tutti i serbi, financo l’intera umanità. Solo che la storia scritta dai vincitori lo dipinge e lo svela come un assassino torturatore seviziatore e in quanto tale condannato.
"I vincitori scrivono la storia. Il popolo tesse la tradizione. Gli scrittori fantasticano. Certa è solo la morte."
La Usòn riesce nel difficile equilibrio tra verità personali e quelle del popolo. Un’operazione che ispira a Gloss la scrittura di un romanzo sulla vicenda della “Strage di Erba”. Aguratele di riuscire anche a lei in tale equilibrismo, tra realtà e fantasia. Gloss scrive narrativa, e la narrativa non riguarda il futuro. Non sa del futuro più di quanto ne sappiano lettori e lettrici. Forse persino meno. Non prevede, né prescrive. Descrive. Descrive alcuni aspetti della realtà psicologica nel modo in cui lo può fare una romanziera, ovvero inventando bugie elaborate e dettagliate. Consigliato a chi volesse ricordare quegli anni terribili nei quali l’Italia rischiò di essere coinvolta in un conflitto con i vicini di casa: sarebbe stato sufficiente che il generale Ratko Mladić avesse individuato musulmani anche sul nostro territorio.

lunedì 24 febbraio 2025

"L'amante Giapponese" di Isabel Allende

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Gloss approccia questo romanzo con la sensazione di urgenza pervenutale da una lettura precedente della Allende, ma mai dimenticata: LA CASA DEGLI SPIRITI.

 

Come la goccia che, a lungo andare, buca la roccia, così il nome del protagonista, Ichimei, penetra Gloss sempre più nel profondo, fino a farle avvertire l’esigenza di scoprirne il significato. Nella sua ignoranza di cultura giapponese (a parte ciò che potrebbe concernere il Buddismo di Nichiren Daishonin) ha provato a googlare, ma tra i vari siti di nomi propri di persona, in quelli giapponesi non era citato. Tuttavia, ha reperito in un sito di storiografia del cinema, che richiama un film conosciuto fuori dal Giappone con il titolo Harakiri - Death of a samurai. Il sito afferma pare sia abbastanza strano che nessuno dei numerosi recensori - rintracciati attraverso una ricerca veloce ma non superficiale - abbia segnalato cosa significhi il titolo originale Ichimei (一命).  

A furia di cercare, Gloss scopre abbia il significato di sopravvissuto, e certamente il protagonista, il samurai senza padrone (ronin) è sopravvissuto suo malgrado al mondo in cui era nato e che era preparato ad affrontare, a cui da secoli venivano addestrati i samurai.  

Ebbene, il protagonista solo apparentemente secondario del romanzo della Allende, è un sopravvissuto alla II guerra mondiale, ai campi di concentramento americani, alla gloriosa esistenza di suo padre e della famiglia intera, al romanticismo, all’amore in senso lato. La Allende lo descrive come un imperturbabile monaco zen. In realtà, è l’unico vero filo conduttore del romanzo, a tratti farraginoso.  

Nipote di Salvador che, con gesto a dir poco ardito, aveva dichiarato la sua intenzione di promuovere riforme socialiste, la cosiddetta "via cilena al socialismo", con misure di riforma agraria, aumento dei salari, nazionalizzazione obbligata del rame (la ricchezza massima del paese) senza alcun indennizzo che gli scatena contro l'ostilità del capitale americano, la Allende con questo romanzo sembra accaparrarsi il diritto di lettura senza averne giustificazione.  

Infatti Gloss, perdendosi nella ricerca storiografica del dittatore, i cui avversari politici lo accusano di voler convertire il Cile in un regime comunista, e che come Presidente della Repubblica sceglie la strada dell'intransigenza e della fermezza, interrompe la lettura del romanzo (facendo suoi i "Diritti Imprescrttibili del Lettore" di Daniel Pennac: chi non li conoscesse, prenda qualche nozione culturale da Gloss qui): tanto manco saprebbe a chi consigliarlo. Il classico esempio di narrativa scritta tanto per rispettare un contratto editoriale.

"La Guerra delle Sindoni" di Massimo Centini

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Il 5 febbraio 2024 Gloss si è recata al Centro Studi Pannunzio per ascoltare il prof. Massimo Centini, torinese, insegnante alla Fondazione Università Popolare di Torino. È stato docente di Antropologia culturale e ha insegnato Storia della criminologia ai corsi organizzati dal Mua (Movimento universitario altoatesino) di Bolzano. Con questo romanzo, nel 2024 ha ricevuto il prestigioso Premio Pannunzio.  

Dunque, Gloss a cospetto di cotanta caratura intellettuale non avrebbe potuto esimersi.

 

Nel sintetizzare la brevissima relazione dell’autore, va subito rilevata l’onestà intellettuale dello studioso, che dichiara di desiderare rimanere super partes, per evitare di addentrarsi in discorsi di fede. La Sindone va analizzata con metodo storico scientifico nel suo viaggio dal Medio Oriente all’Italia, passando per la Francia, al centro di controverse vicende politiche di supremazia tra Casati Nobiliari e Chiesa. In realtà, ne esistono almeno due, di Sindone, ciascuna facente capo a una famiglia nobiliare e in due località francesi molto vicine. « La stessa distanza come da Torino a Pinerolo », dice il Centini, con un vago sorriso (che Gloss interpreta, magari sbagliando, di incredulità).

 

Si tratta comunque di un « reperto problematico » continua l’esperto e inizia l’esposizione partendo dalla 4° Crociata, con un cavaliere francese che la vide esposta in verticale nel 1204 a Costantinopoli e sparire dopo il Sacco. Due secoli trascorrono tra notizie poco precise e frammentate, storie apocrife e leggendarie, qualche immagine acheropita, ovvero "non fatta da mano (umana)” [dal Greco bizantino ἀχειροποίητα ("ἀ-" privativo + "χείρo-" = mano + un der. di "ποιείν" = fare, produrre)], un Mandylion a Edessa, un altro in Liguria e varie amenità tra mito e storia. Fino al XV secolo, in cui le due famiglie, ciascuna detentrice della Sindone, scatenano polemiche sull’autenticità tra prelati e aristocratici, vere e proprie “lotte al coltello” sostenute perfino da documenti (falsi?). La chiesa vuole dimostrare che una delle due è fasulla (ovviamente quella della famiglia rivale). Scomunica i rivali aristocratici.  

A Siracusa, che è sullo stesso parallelo di Gerusalemme, ne è presente una sul cui volto sono depositate tracce di aloe e mirra, e anche quelle di un liquido simile all’acidità della pelle a 48 ore dalla morte. Va anche rilevato, che all’epoca era consuetudine realizzare “copie” di Sindoni tramite disegno per poi essere sacralizzate con un semplice appoggio a quella vera.  

Nel Medioevo infatti le reliquie sono oggetto di grandissimo interesse per legittimazione dei santuari, allo scopo di avvicinare le persone, nella convinzione religiosa (forse) che la Croce fosse un simbolo protettivo. L'uomo, infatti, spiega il Centini, ha sempre sentito il bisogno di appoggiare la sua fede a qualcosa di concreto e di tangibile che facesse da intermediario tra la sua miseria e il divino.  

E non solo nel Medioevo: allo scopo di convalidare il proprio potere, Hitler possedette la "lancia di Longino" (che in realtà si rivelò essere quella di Alessandro Magno). Insomma, se non in malafede, l'uomo, pur essendo certo di qualcosa, è sempre andato alla ricerca di una conferma, nel tentativo di costruire una prova per sostenere che quel qualcosa fosse vero: è il caso della Confraternita del Santo Sudario.  

La Sindone, che riporta un’impronta antropomorfa distorta, è come “stampata”? E se sì, è prodotto di un bassorilievo tramite un bronzo surriscaldato? La Sindone ha condizionato l'iconografia o viceversa? L’iconografia classica è guardata con sospetto dagli storici.  

In chiusura, per togliersi dall’impaccio delle domande degli astanti circa l’autenticità della Sindone, nel riferirsi al pensiero dell’antropologo Levi Strauss (“Penso che una società non possa vivere senza un certo numero di credenze irrazionali.” e anche “Lo scienziato non è l’uomo che fornisce le vere risposte; è quello che pone le vere domande»), per il Centini la Sindone in quanto mistero “è buona da pensare, ci apre tante finestre.” E conclude simpaticamente con la posizione scientifica positivista: « è tutto una boiata. »  

Gloss acquista il libro. E si perde tra i 1000 “si suppone", “parrebbe”, “forse”, “è presumibile”, nella ricostruzione storica dei movimenti della Sindone. La storia si scrive solo se ci sono fonti attendibili. A « Chi intenda studiare il sudario torinese », l’antropologo conferma che per far luce nel cosiddetto “periodo oscuro» può disporre « di una serie di fonti, notizie e indizi che, in modo diverso, possono offrire alcuni importanti contributi ». Per quanto il prof. Centini si prodighi a fornire documentazioni, tuttavia sostiene che « osservando le fonti, si evince che in alcuni casi la Sindone o le acheropite più note, risultano presenti in più aree diverse, e nello stesso periodo. Spesso sono nodi storici difficili da sciogliere » E pur asserendo dall’inizio di non voler fare un discorso di fede, conclude scrivendo: « Oggi, con le conoscenze tecniche possedute,è quasi impossibile “costruire” la Sindone. »  

Allora Gloss consiglia il saggio all’individuo che professa di essere “laico, ma non laicista», cioè con la stessa lucidità di pensiero distaccato e non fideista di Mario Pannunzio.  

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martedì 18 febbraio 2025

"Il Mago delle Parole" di Giuseppe Antonelli

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Forse l’unico demerito del divertente romanzo di Giuseppe Antonelli IL MAGO DELLE PAROLE è l’autocompiacimento dell’autore, sentimento giustificatissimo secondo la filosofa umanista Gloss. Secondo lei, in accordo con l'esperto Christophe Clavé, il QI medio della popolazione mondiale è in diminuzione, contrariamente a quanto accaduto nel corso del Novecento con l'effetto Flynn.  

 

"Signori, qui casca l'asino!" (cit. Manzoni, per restare in tema di bei tempi andati). Pare che l’intelligenza umana stia facendo retromarcia, un po' come la moda dei pantaloni a zampa d'elefante che ciclicamente ritorna. La filosofa Gloss, paladina delle donne, insieme al super-esperto Christophe Clavé, avvertono: il nostro cervello sta diventando più pigro. Si sappia che il QI medio è in caduta libera, un po' come i prezzi della benzina. E la colpa di chi sarebbe? Del linguaggio! Si sta diventando come quei tronisti che biascicano due parole in croce. Addio congiuntivi, addio subordinate, addio a tutto ciò che rende una lingua un'opera d'arte.  

Colpa della TV spazzatura, che ci lobotomizza con reality show dove le sole cose che brillano sono il silicone delle concorrenti e la chiostra dei denti finti degli aspiranti maschi. Colpa delle abbreviazioni da SMS, che ci fanno sembrare degli analfabeti funzionali. Colpa della pigrizia, che ci impedisce di scrivere a mano e ci fa preferire le "k" al posto dei "ch".  

Così, si finirà per balbettare frasi sconnesse, incapaci di esprimere un concetto complesso. E se non ci di dà una svegliata, si rischia di tornare al Pleistocene, quando per comunicare si usavano solo versi e gesti. Ma non si disperi. Si può iniziare a leggere libri, a scrivere lettere (quelle vere, con carta e penna), a parlare in modo forbito. E magari, invece di guardare la TV, potremmo fare una partita a scacchi o una passeggiata nel bosco. Gloss riporta volentieri alcuni dei passaggi del romanzo che più l'hanno colpita nell’invitare chi legge in tal senso.  

Lei che ha letto l’intera DIVINA COMMEDIA in tempi extra scolastici, è gratificata nel leggere che: «… è diventata nel tempo un tale modello talmente amato e letto e imparato a memoria e recitato in pubblico e in privato da risultare un riferimento decisivo per la nostra lingua italiana. (...) Ora cominician le dolenti note. (...) Una cosa da far tremare le vene e i polsi. (...) Senza infamia e senza lode. (...) se non l’avete ancora capito, queste che ho usato vengono proprio dal poema di Dante.” Conclude il prof d’italiano protagonista del saggio di grammatica che le frasi in questione della DIVINA COMMEDIA sono diventate così comuni e utilizzate da tutti che ormai sono considerate dei modi di dire popolari, tanto che la maggior parte delle persone non ne ricorda più l’origine.  

L’Antonelli ricorda, sempre in merito a Dante, che l’attentatore all’integrità della Ginevra del Lancillotto, fu un certo Galaad in cui nordico nome fu tradotto in Galeotto, diventato vocabolo italiano proprio grazie alla DIVINA COMMEDIA e che non deriva, come comunemente si crede, da uno “che è stato in galera (quel galeotto viene da galea o appunto galera, un tipo di nave a cui erano destinati i prigionieri).”  

“La lingua cambia nel tempo, ormai lo sappiamo bene”. L’Antonelli fa riferimento a quando i linguisti ottocenteschi contestarono al Manzoni di usare nei PROMESSI SPOSI (altro romanzone letto da Gloss extra scuola) “l’imperfetto di prima persona amavo, sostenendo che l’unica forma corretta era io amava: ovvero l’unica rispettosa dell’etimo latino amabam.”  

E spinge un’allieva accorta coi suoi ragionamenti a coniare un simpatico motto: "L'italiano deriva dal latino ma è da secoli alla deriva.” I linguisti alla Gloss capiranno in autonomia a quale fenomeno ci si indirizzi.  

“Perché il purismo, come ha ricordato più volte il linguista francese Claude Hagège, fa male alle lingue: le indebolisce.” E qui l’Antonelli fa dispiegare al prof un paio di enormi rotoli che evidenziano su due colonne, da una parte, “Il Decalogo dei Pregiudizi” e dall’altra “Il Decalogo della Linguistica”. Gloss ne affida l’illustrazione al libro e non a questa recensione, pensando nella sua ingenuità di allettare i potenziali lettori.  

Il dilettevole romanzo propone in chiusura una spiritosa “Piccola Palestra d’Arte Grammatica” nella stesura della quale l’autore dev’essersi molto ricreato.  

Consigliato ad autori e autrici convinte, come Gloss, che perfino nei testi originali del Carducci esistono “errori ortografici, come D eufoniche nei punti sbagliati e apostrofi o accenti dove non andrebbero. È vero però che la grammatica non è un'autostrada asfaltata dal dio del lessico, ma un insieme di mere consuetudini. La lingua è viva è cambia. Per fortuna.”(Piccolo estratto da un romanzo inedito).  

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venerdì 14 febbraio 2025

"Jarred McGinnis il codardo" di Jarred McGinnis

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Come spesso accade in letteratura, buona parte dell’ispirazione di un autore o autrice risiede nella propria bio. Di norma viene camuffata per prendere le distanze, qui no. L’autore è “dichiaratamente” il protagonista. D’obbligo le virgolette, dato che davvero non lo scrive mai, ma il lettore anche disattento coglie l’omonimia. Poi va a cercare e trova l’inferno di McGinnis, che però ha saputo trasformare la sfiGa in sfiDa.  

Gloss scrive “l’inferno di McGinnis”: in realtà non è costituito dalle ruote della sua carrozzina, ma dal rapporto col padre. Quasi tre quarti del romanzo è trascinante col suo burrascoso procedere colmo di colpi di scena e battute d’arresto, di trovate linguistiche e freschezza di immagini.

 

Così, aprendo le pagine a caso, si leggono efficaci descrizioni come:

“Da tempo ormai papà si era ridotto a una macchia sbrodolata, a uno sciacquone non tirato, al fondo di una bottiglia, all’odore acre di fumo esalato da una pizza dimenticata nel forno, a una porta chiusa, a un corpo inerme sul divano, a un taglio sul labbro gonfio o a un livido sotto l’occhio.”
“Pronunciò i nomi latini[delle bromeliacee] come fossero formule assolutorie.”
“Fuori, oltre il portellone del treno, c’era la distesa infinita del Midwest. Non possedeva il fascino scontato delle Montagne Rocciose, ma i colori c’erano tutti. Il cielo limpido e intenso era più grande di Dio, attirava così tanto l’attenzione che inevitabilmente ci si domandava perché la gente avesse impiegato tutto quel tempo a trovare una parola per l’azzurro.”
“I jeans e la camicia troppo larghi davano l’impressione che si stesse rimpicciolendo davanti ai miei occhi. Da giovane i suoi occhi di un azzurro iceberg dovevano essere stati impressionanti. Adesso però, circondati dalla pelle stanca di un vecchio, cerchiati dal rosso delle palpebre infiammate, sembravano l’ingiusto promemoria di una vivacità ormai perduta.”
 

Poi, di colpo una battuta d'arresto dalla quale il romanzo non si sblocca: annoia. Una storia di fatto non c’è. Gloss non pretende l’aderenza a un paradigma letterario, anche perché a suo modesto avviso uccide la creatività, ma almeno una narrazione da A a B, da 0 a 100. Da 100 a 0. Nulla accade, nulla si distrugge, e nemmeno tutto si trasforma.  

Ed è un vero peccato per un autore "selezionato tra i 10 migliori scrittori emergenti del Regno Unito". (The Guardian), perché in Gloss sorge spontaneo il dubbio che il merito del riconoscimento sia causato dalla paraplegia e non dalle reali capacità autoriali del McGinnis.  

Consigliato ad autori e autrici se vogliono capire che in letteratura vince chi perde.  

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sabato 1 febbraio 2025

"Animals - Il Lato Oscuro dei Pink Floyd" di Giovanni Rossi

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Si suppone senza ragionevoli dubbi che i Pink Floyd risiedano sull'Olimpo della Musica per tutta una serie di motivi che non sta a Gloss elencare, pur musicofila. Ma se qualche lettore lo volesse sapere, legga ANIMALS Il Lato Oscuro dei Pink Floyd (PF), dove il lato oscuro non è della band, ma di Roger Waters, suo bassista per un certo periodo talmente convinto di incarnarne lo spirito dei PF da ingaggiare un’epocale lotta legale contro gli altri per poi uscirne annichilito.

E anche l’autore del libro in fondo non è uno dei suoi sostenitori, seppur contagiato dal fluido rosa. Pur riconoscendo grande merito creativo a Waters (arrivò persino a predisporre la copertina assolutamente innovativa dell’album Animals) il Rossi non è invasato come tant3 altr3 fans, perché conserva la necessaria lucidità critica e vede con chiarezza i difetti morali ed etici dei PF.  

Diatribe a parte, il libro si dipana sulle spinte motivazionali dei PF circa i vari album, da The Dark Side of The Moon a The Wall, da Ummagumma ad Animals, analizza la costruzione della loro roccaforte, i Britannia Row Studios, una “prigione (...) esclusivamente per loro, con poche distrazioni, funzionale e senza orpelli” come ebbe a dire Roger, ma soprattutto entra nei brani, parola per parola, minuto per minuto, elemento PF per elemento PF, ciascuno con la sua priorità, caratteristica, impronta, estetica, gioia di creare o no.  

E il Rossi traccia la pseudo contrapposizione tra PF e movimento punk, più precisamente con Rotten dei Sex Pistols, il quale, arguto precursore di azioni di guerrilla marketing, indossò una T-shirt che riportava in pennarello la scritta “I Hate Pink Floyd”, approfittando così dell’altissimo livello di notorietà raggiunto nella fine dei Settanta dalla band psichedelica.  

“(...) è Johnny Rotten stesso che molti anni più tardi avrebbe ammesso di amare i Pink Floyd di The Dark Side of The Moon (...) e pensare che (...) avrebbero persino chiesto a Rotten se avesse voluto unirsi a loro per suonare insieme alcuni pezzi, ma il terribile punk avrebbe rifiutato perché sentiva che una jam simile non avrebbe fatto per lui”. Ovvio! Sebbene i PF non fossero musicisti provetti, ma immensi creativi, Rotten (e qualsiasi altro punk - notoriamente incapaci di suonare) - non avrebbe retto il confronto. Sebbene l’album Animals non rappresentasse i “vecchi” PF, per Waters avrebbe invece dovuto incarnare un punto di svolta dalla psichedelia all’impegno sociale.  

« Con Animals mi stavo sforzando di spingere il gruppo verso argomenti più specifici, cercando costantemente di essere più diretto. Visivamente cercavo di allontanarmi una volta per tutte dalle bolle psichedeliche, così che non restasse più molto da interpretare. »
Ci riuscì a tal punto che “diversi elementi di alcuni loro album come The Wall, The Piper at The Gates of Dawn e Ummagumma verranno spesso citati come fonte di ispirazione da diversi gruppi della scena. Animals è, non a caso, uno di questi. »  

Il libro in sé è divertente e rilassa: riporta la copertina dell’album cui si ispira, al suo interno ogni capitolo è decorato da una foto in B/N elaborata graficamente che alleggerisce la lettura, tratta gli argomenti con la necessaria leggerezza, “che non è superficialità.” Cit. Italo Calvino.  

Consigliato a coloro che, da musicofili, volessero andare al di là delle apparenze commerciali di una tra le band più iconiche del XX secolo.  

(seguente)

mercoledì 22 gennaio 2025

"John Lennon Yoko Ono - All We Are Saying" l’ultima grande intervista a cura di David Sheff

La musica. La musica rappresenta una fonte di ispirazione per Gloss (L’universo in musica) e per il mondo intero, umanità compresa, che vive immersa da sempre nella “radiazione cosmica di fondo”, una sorta di eco del Big Bang.
(La radiazione cosmica di fondo - foto dal sito passioneastronomia.it) Ascoltiamo la registrazione del suo suono: Sound of the Big Bang. Sono stati convertiti i dati di misurazione del fondo cosmico in suoni udibili, potenziati in modo che l’orecchio umano potesse percepirli. Credits: © 2013 di John G. Cramer, Università di Washington.
Da quei tempi remotissimi l'Universo si è espanso in sommo grado, l'energia della radiazione cosmica si è diluita in uno spazio inimmaginabile ed è caratterizzata da un'onda radio molto debole e di bassa frequenza. Arriva fino al livello del suolo tanto che l’umanità ne è abitualmente esposta.
(Le fasi principali del Big Bang, foto NASA WMAP Science Team) Quindi Gloss immagina che più o meno tutte e tutti ne subiamo l’influenza. Perfino religioni seguite da oltre 13 milioni di persone nel mondo in più di 193 diversi Paesi si sono fondate su questa frequenza. Di conseguenza, Gloss ama leggere bio di musicisti (per fare solo qualche esempio: ROCK IS DEAD - GABBA GABBA HEY RAMONES - THE HEROIN DIARY - OZZY - LA STORIA) E questa di John Lennon (e sua “madre” Yoko Ono), sebbene travestita da intervista musicale, è la bio di uno dei musicisti più geniali del Novecento, sul quale è già stato detto di tutto. Solo John Lennon avrebbe potuto dire di più su John Lennon ed è quello che ha fatto in questa densissimo libro a cura di David Sheff. Due mesi prima di passare in latenza. DUE MESI! Il curatore è stato strepitoso nell’incalzare le persone vicino ai due artisti per ottenere l’obiettivo e soprattutto ha saputo trovare domande ficcanti perché Lennon e Ono si denudassero senza remore. Un testo fondante per capire l’essenza dei Beatles in primis e quella della coppia, sia dal punto di vista musicale che quello etico e morale. Imprescindibilmente consigliato agli amanti del genere bio volendo apprendere qualcosa da chi è più grande. E non nel senso dell’età anagrafica. Del resto "c'è sempre da imparare" come dice Gloss, ispirandosi a un Michelangelo ottantenne.

venerdì 10 gennaio 2025

"QOF" di Alessandro Bastasi

(precedente) Gloss conservava un ottimo ricordo della scrittura del Bastasi. Perciò quando riceve un suo nuovo romanzo, si mette allacremente all'opera. Un romanzo dal plot indecifrabile e non per tutt3. Non per eccelsi acculturati, perché affermerebbero con sicumera che Alessandro Bastasi l’ha infarcito di troppe dotte citazioni, che annoiano. O, meglio, per tutt3, proprio perché il Bastasi l’ha infarcito di tante dotte citazioni, così da stimolare lo spirito di ricerca. Qual è la loro funzione, a parte la noia o lo spirito di ricerca? Non fanno avanzare la narrazione, non sono funzionali al progredire della storia. Non migliorano lo status dei personaggi. Annoiano i lettori sapienti e sottolineano la dottità del Bastasi. Dunque, si chiede Gloss, sono inutili? No, rassicurano le persone ignoranti di filosofia e metafisica nel dire loro tra le righe che anche i Grandi Pensatori hanno gli stessi problemi dei Minuscoli Individui.
Gloss conosce Bastasi come romanziere della scuderia dei Fratelli Frilli, grandi pubblicatori di gialli e questo la fa deviare all’inizio. Il plot infatti sembra richiamare proprio le trame misteriose di quel genere. Ma poi arriva la rivelazione cabalistica e capisce che è tutto uno sprofondare dentro il sé a tal punto da perdere il senso cromatico della realtà. Il protagonista sembra avviarsi sulla decadenza senile, dimentica, non si accorge, perde il gusto dell’erotismo e del denaro. Ma poi, come si può risorgere da un coma improvviso senza nemmeno saperne il motivo, torna alla luce e al colore, si avvede che tante situazioni oniriche e surreali hanno una spiegazione nella realtà e. Stop. Gloss si deve fermare qui per non spoilerare. Comunque la copertina è piuttosto aderente alle tematiche affrontate da QOF. L’ha letto tutto d’un fiato, forse è stato lo stile alla Proust con periodi lunghissimi e senza sosta, pur con la punteggiatura. O forse è stata la stuzzicante assenza di azioni pure, se non quelle di una mente dechirichiana tutte chiuse nella scatola cranica del protagonista. Sì, QOF di Alessandro Bastasi non è per tutt3. Consigliato ai ricercatori, a chi non si ferma alle apparenze, a chi non è interessato ai paradigmi della letteratura facile. Ma è una buonissima letteratura. Per chi ha un forte senso della Cultura. _______________________________________ * dottità: un neologismo necessario a ovviare all’istupidimento del termine ‘saggezza’ nel bastasiano splendore intellettuale. Un neologismo arricchente, vivificante, rinnovativo come dottità ha quel pizzico di ironia in più che rende coinvolgenti le parole altrimenti troppo consuete. (seguente)