Corriere della Sera e La Stampa concordano nel definire una precedente opera del Righetto, intitolata APRI GLI OCCHI, come “delicata”, “profonda”, “che stupisce il lettore”, “essenziale”, narrata da una “prospettiva interiore”. Parole riportate in quarta di copertina di questo romanzo DOVE PORTA LA NEVE. Non avendovi reperito le citate caratteristiche, la recensora, illusa anche dalla
biobliografia dell’autore, pluripremiato, pluripubblicato da prestigiose case editrici, pluritradotto in pluripaesi, plurirappresentato in video, resta pluridisillusa. Lo stile del Righetto è effettivamente scarno, povero in vocaboli, povero in ‘dottità’ (un neologismo della recensora), povero di pagine e povero di personaggi, tagliati con l’accetta e numericamente pochi. Il tutto condito dalla creazione di un personaggio affetto da Sindrome di Down, protagonista assieme ad un vecchietto e alla propria madre ricoverata in ospedale per anzianità, tutti elementi che costituiscono una captatio benevolentia del lettore tra le più scorrette e sleali. Per concludere in bellezza, il Righetto ricorre perfino all’utilizzo di una incorreggibile resurrezione dei due coprotagonisti. Intollerabile beffare in siffatto modo il lettore che si affida totalmente alla finzione dell’autore.
Se non fosse per il sottile gioco ad incastri di memorie materne e di casuali coincidenze attuali, che porta al penultimo capitolo, quello sì “delicato e profondo”, la recensora boccerebbe in toto l’opera.
Consigliato a coloro che volessero studiare i meccanismi della narrazione in antinomia, a chi volesse leggere un romanzo in totale rapidità e senza speciali approfondimenti né spessori, spegnendo cervello e cuore.
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