venerdì 15 novembre 2024

LE FEU DE LA HAINE di Gianni Donati (traduzione di Michel Orcel)

Ogni volta che autori o CE contattano Gloss perché possa recensire un’opera, si sorprende della fiducia in lei riposta. Così è successo con l’amico on-line Gianni Donati, viaggiatore tra la sua La Spezia e la Francia, con passaggi a Torino, dove Gloss abita. Gli è grata. 

« La vuoi leggere in italiano o francese? » 

« In francese! » 

Gloss all’età di 18 anni visse un anno in Paris come jeune fille au pair a compimento degli studi linguistici della scuola dell’obbligo, ricavando un enorme beneficio per la conoscenza della lingua e nei rapporti umani. Però la lingua è cosa viva, se non la si mantiene tale, se non la si parla, se ne perde vocabolario, frasi idiomatiche, facilità di comunicazione. Gloss stavolta non avrà quindi la presunzione di eseguire la consueta analisi glottologica o filologica. La farà di contenuti.

Il romanzo del Donati si costituisce di due parti. Una, si svolge nel XVII secolo, l’altra nei tempi odierni. Entrambe hanno la Corsica come denominatore comune. Quella contemporanea, sembrerebbe a Gloss la cronaca del Donati di una vacanza a scopo di studio per la scrittura dell’altra. Tuttavia, apparentemente sono slegate, il che rende difficoltosa la lettura, non esistendo parallelismi né agganci tra le due. Il buon Donati avrebbe infatti voluto farle lo “spiegone” prima della lettura, ma Gloss preferisce mantenere il giusto distacco da un’opera perché è difficile che il lettore medio possa beneficiare degli “spiegoni” dell’autore. Un’opera deve poter essere comprensibile da sola, così com’è. 

In più, Gloss è convinta che se ascoltasse gli “spiegoni”, si appassionerebbe troppo all’opera da poterla criticare (sempre costruttivamente!) per poter essere lucida. E così ha letto e analizzato LE FEU DE LA HAINE con lo stesso candore di una bimba intonsa. 

Difficile dire che c’è una trama con due parti slegate tra loro che nelle intenzioni dell’autore invece farebbero corpo unico (diversamente, non le avrebbe unite nel medesimo romanzo). In caso di riscrittura dell’opera, andrebbe tenuto a mente lo sforzo di riorganizzare, anche sinotticamente, il plot. 

Al Donati va comunque il merito di aver un forte spirito di ricerca storica che l’ha portato ad approfondire le dinamiche nei rapporti di potere dell’epoca, in un’isola distaccata, solo apparentemente, dal resto del mondo, dove il potere si intreccia fittamente con conquiste territoriali, stragi, ammazzamenti, ma anche amore filiale, sesso e religione. Quindi non solo fuoco della “haine” (odio) ma anche quello dell’ “amour”.

Qua e là il traduttore, che a mio avviso diventa spesso autore, ha determinato di lasciare certi lessemi in italiano, perché per il corso è più forte il senso (come “vendetta”). Pare scelta appropriata. 

Alcune forme sintattiche mi sono apparse scorrette (per esempio, la mancata inversione di posizione degli aggettivi) ma anche il francese, come l’italiano, avrà seguito l’evoluzione della società verso una minor precisione dell’uso della grammatica. Peccato.

Attraverso una riduzione del numero e del senso delle parole, si instaurano regimi non democratici.  Se non esistono pensieri, non esistono pensieri critici. Gloss rende proprio l'invito del citato Christophe Clavé in VOCABOLARI E GOVERNI : "Facciamo parlare, leggere e scrivere i nostri figli, i nostri studenti. Anche se sembra complicato. Soprattutto se è complicato. Perché in questo sforzo c'è la libertà.”

In un romanzo, come in qualsiasi opera d’arte, vige la regola del sorprendere i fruitori e le fruitrici. A causa della sua pregressa professione (Art Director negli anni della Milano da bere) Gloss è un’appassionata d’arti visive e di arte in generale, sa che il messaggio esce dall’opera se gli spettatori ne sono coinvolti/scioccati/emozionati. Al limite, anche schifati (si pensi alla “banana” di Cattelan). Il Donati ci riesce, parlando del “quinto incisivo di Michelangelo Buonarroti”. Se non lo si sa, Gloss vi lascia la libertà di scegliere se leggere la nota* a piè di pagina o il romanzo di Donati.

Consigliato alle menti che amano l’arte.


Il mistero svelato dei denti di Michelangelo | Arte | Rai Cultura


giovedì 11 luglio 2024

PAPILLON di Henri Charrière

Detto “Papillon” per via di una farfalla tatuata sul torace, all’autore Henri Charrière nessun nomignolo sarebbe stato più appropriato per via delle sue vicissitudini che hanno quasi dell’incredibile. Condannato (a suo dire ingiustemente) all'ergastolo per un omicidio, la sua esperienza è decollata da quello che al tempo era probabilmente il peggior sistema carcerario del mondo, ossia la colonia penale dell'isola del Diavolo nella Guyana francese e costellata da infiniti tentativi di fuga, spesso infruttuosi, che gli costeranno anni di isolamento. Accompagnata costantemente dal desiderio di
libertà, fu davvero una farfalla nata libera. Gloss vide il film prima del libro. Gloss conobbe la biografia romanzata del personaggio grazie al film “Papillon”, diretto da Franklin J. Schaffner nel 1973 con un attore di cui, bimba, si innamorò perdutamente: Steve McQueen. Girato in luoghi remoti, il film finì per costare parecchio, ma guadagnò più del doppio già al primo anno di uscita, sostenuto dal successo letterario del romanzo.Negli anni Settanta il romanzo registrò un enorme successo di vendite grazie alla cronaca dettagliata della vita carceraria che, tuttavia, pare sia stata ispirata all’autore da altri carcerati suoi compagni di sventura. Pur essendo una persona ignorante, Charrière scrisse di proprio pugno i vari quaderni nel giro di poche settimane, narrando, raccontando di getto. Instaurò una sorta di nuovo stile letterario, come raccontando in prima persona al lettore con la pancia, senza filtri né travisamenti, con l’immediatezza tipica di chi racconta nella propria ristretta cerchia di amici. Fatta la tara delle imprecisioni grammaticali e/o lessicali, l'editore ritenne di lasciare l’impronta originale dell’autore, decretandone il successo. Consigliato ai sedicenti ghost writer per carpire i segreti del mestiere. Ovvero, il rispetto della libertà di raccontare.

domenica 4 febbraio 2024

IL QUADRIFOGLIO MECCANICO di Attilio Piovano

Una raccolta di racconti singolari che scatenano curiosità, spasso e spirito di ricerca nel lettore. Due parole sarebbero da spendere sul Maestro Attilio Piovano, titolare di Storia ed Estetica della Musica al Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino, (ultimo accesso 04 febbraio 2024), ma è tanta la notizia lui riguardante che Gloss esaurirebbe lo spazio della recensione. Invita a cercarlo in Rete, se ne rimarrà piacevolmente sorpres3. Tuttavia conoscerlo solo in Rete sarebbe inadeguato: Attilio ha caratteristiche personali tali
da consentirgli con grande merito di essere proprio dove sta, ai vertici delle attività artistiche e culturali e musicali torinesi. Le si coglie al volo al primo contatto. Conosciuto a un evento proposto dal Centro Studi Pannunzio che aveva come luogo il Conservatorio e, nello specifico, la Collezione di strumenti musicali, costituita dal confluire di fondi di svariate provenienze e altrettante svariate vicissitudini, Attilio rivelò la propria passione per catalogazione, compilazione di elenchi, classificazione di elementi e… la comunicazione. Una logorroica come Gloss riconosce con facilità i suoi simili. Nel sostenere che la scrittura sia terapia, in quanto supporto emotivo che migliora lo stato di salute psicologico e influisce in modo positivo anche su quello fisico, Gloss afferma che scrivere aiuta a guarire o perlomeno a migliorare sé stessi, a limare certi spigoli. Gli spigoli di Attilio, se le consente di definirli tali, sono proprio legati alla sensazione di maniacalità che trasmette agli uditori. I racconti de IL QUADRIFOGLIO MECCANICO sono diversissimi tra loro come personaggi, ambientazioni, metalinguaggi ma sono dotati di un comune denominatore: la catalogazione/compilazione/classificazione a livello ossessivo. Trasponendo i propri difetti nei personaggi, la scrittura gli è utile per scartavetrare la personalità. Il Piovano ne è consapevole. La lezioncina di psicologia da settimana enigmistica, come ama definirla Gloss, finisce qui perché insegna nulla a un autore che già sa, anche di sé. Ma creerà la giusta aspettativa nel lettore. Troverà racconti divertenti animati da personaggi poliedrici, simpatici nelle loro fissazioni e bizzarri capricci nei quali chi legge facilmente può identificarsi. Chi può professarsi libero da smanie e chiodi fissi scagli la prima nota. Il Piovano dà prova di grande maestria nell’approfondire i più variegati argomenti, arrivando persino all’adozione di un linguaggio formalizzato, per analizzare e studiare un diverso ambito da quello letterario (medico, linguistico, nautico, farmaceutico, a seconda del racconto.) Curiosamente, mai fa riferimento alla musica. O quasi. La proposta di termini desueti o poco utilizzati palesano la dottità del Piovano. Se in un paese come il nostro, l'Italia, vige un linguaggio affetto da tronismo acuto, si perde vocabolario. Con la perdita di vocabolario, si perde cultura. Con la perdita di cultura, si perdono diritti. Con la perdita di diritti, si perde umanità. Con perdita di umanità, si arriva a violenza e guerra. Tramite i suoi approfondimenti e le sue proposte lessicali e la sua dottità, il Piovano pone un freno al tronismo e, per sillogismo, alla violenza. Dottità, un neologismo necessario a ovviare all’istupidimento del termine ‘saggezza’ nel piovanesco splendore intellettuale. Non nel caso del Piovano, a volte parole brillanti, ampie, ricche, che per pigrizia si infilano in locuzioni stereotipate fino a morirci. Un neologismo arricchente, vivificante, rinnovativo come dottità ha quel pizzico di ironia in più che rende coinvolgenti le parole altrimenti troppo consuete. La dottità come attributo fondante del nome di uno dei sette nani, diverte se infilata in un racconto. L'azione del divertire va intesa secondo il suo stesso etimo: dal latino [divertĕre] ‘volgere altrove, deviare’, non solo fisicamente, nel senso dello spazio, ma anche mentalmente, allontanandosi dall'abitudine del quotidiano. Il brano musicale fa godere di un’esecuzione strumentale nel pieno della sua dottità. E diletta. Leggendo un grande autore come il Piovano se ne apprezza la dottità priva di sbavature. È un crinale, la dottità, dove la saggezza incontra ironia e divertimento. I racconti de IL QUADRIFOGLIO MECCANICO ne sono ricchi. Altra dote è l'apparente assenza di senso, per dirla alla David Byrne e Jonathan Demme, #stopomakingsense (ultimo accesso 04 febbraio 2024. E fa dei racconti de IL QUADRIFOGLIO MECCANICO una sorta di manifesto patafisico. Gloss non ne può più di favole moraleggianti esopiche, ormai valide solo a.C. e apprezza vieppiù il Piovano. Piccola annotazione da ex Art Director nella "Milano da bere": la copertina offre un'altra sorpresa, Tanti pregi, un difetto. C’è molto rumore mentale in questi racconti, dispersivo d’attenzione. “La musica non sta nelle note, ma nel silenzio tra esse.” Wolfgang Amadeus Mozart, al contrario della sua serietà, tenne un epistolario pieno di umorismo allegro e osceno infarcito di frequenti riferimenti coprofili e coprofagi con la cugina Maria Anna Thekla. “Wolfgangus Amadeus Mozartus”, come scherzosamente amava firmarsi, offre un consiglio al musicologo: talvolta deve tacere la penna per lasciar fluire l’immaginazione del lettore. Ah già, è capricorno. Non può. E forse meglio così. Faccia attenzione al rischio di presunzione: Gloss ha reperito un termine non appropriato al contesto. Consigliato a coloro che ambiscono a porre un freno al baratro culturale dell’Italia, affetta da tronismo acuto, arricchendo il proprio lessico per diletto ma anche a tutela dei diritti umani.

venerdì 29 dicembre 2023

L’ANTIDOTO AL MORSO DEI POETI - cinemalinconie delle periferie di Daniele Cargnino

“A Stefy (“no, porca paletta, non y ma i! Italiana e fiera di esserlo, nonostante” pensò d’emblé Gloss alla lettura della dedica) A Stefy, con la speranza che queste piccole poesie d’amore e rabbia possano piacerti.” Dani.

Iniziamo male, anzi, malissimo. Nella volontà di recensire LUNGOMARE NOSTALGIA di Andrea Malabaila, Gloss aveva acconsentito di recarsi nella novella libreria LA CIURMA dietro invito del Malabaila stesso, (trovate la recensione sulla pagina Facebook Recensioni Libresche e sul blog leggolibrifacciocose) L’insegna della libreria è a forma di banderuola, con l'effigie di un pirata. All’interno, su muro e soffitto a botte, campeggia un polpo viola di dimensioni fantastiche. Gloss pensò immediatamente a uno dei suoi primi amori letterari, VENTIMILA LEGHE SOTTO I MARI. Il proprietario si rivelò Daniele Cargnino tatuato come un pirata, che in seguito Gloss andrà a trovare per organizzare una Lectio Magistralis su Artemisia Gentileschi, prima femminista e prima millantatrice. La Lectio non si terrà, tuttavia il Cargnino si palesò innamorato dei libri quale scrittore: vi fu uno scambio. L’ANTIDOTO AL MORSO DEI POETI è la raccolta di poesie che Cargnino dedica a un passato amore e al suo amore per la zona di Santa Rita, dov’è ubicata la libreria. Nel leggere e appuntarsi osservazioni sulle riflessioni poetiche del Cargnino, Gloss non colse riferimenti alle “cinemalinconie” del sottotitolo, se non nella mancata realizzazione del sogno professionale del poeta stesso, la cui ambizione cinematografica è rimasta appesa al diploma DAMS. Tuttavia, è colpita dall’incisività dolente di certe immagini, ma anche gaudente delle stesse e di altre. Perché la poesia deve essere sempre e soltanto sofferente per sentirsi ed essere riconosciuta tale? Ben venga la gioia, provata per sé e per altre persone!


“Sono quasi due anni che lei se n’è andata / ha iniziato un’altra esistenza / ma è ancora così presente / più viva che mai / mi immagino che sia diventata una grafica professionista / a passeggio con il suo compagno e una vita in grembo / abitanti di un’altra città / dalle luci incerte e dai palcoscenici fosforescenti.”


“Ho letto un annuncio di lavoro che suonava esattamente così / “chiunque può lavorare da noi tranne i depressi.”


“L’obiettivo è far parlare la poesia dicendo il meno possibile.”


Chiedendosi cosa fosse l’ANTIDOTO, (come se i poeti fossero vipere) Gloss lo ha percepito nell’ironizzare anche sui dolori del giovane poeta.

Chissà cosa aveva in mente il Cargnino riferendosi a Pirandello nell’aprire il PRIMO TEMPO? Una risposta che Gloss invita a cercare nascosta tra i versi, ascoltando la playlist suggerita in chiusura dallo stesso Cargnino, bassista. È proprio vero che poesia e musica sono un binomio imprescrittibile.

martedì 12 dicembre 2023

LUNGOMARE NOSTALGIA di Andrea Malabaila

Conosciuto di persona come moderatore di altra presentazione in altra libreria indipendente torinese, Gloss si è avventurata in questa novella libreria indie appena aperta pur di seguire la presentazione del suo libro, LUNGOMARE NOSTALGIA.

Trattasi di un gioco proustiano alla ricerca del tempo perduto dell’autore con il proprio nonno Natale, per tutti divenuto “nonno Ata” grazie alla lallazione di un così giovane “Andy” da non saper ancora pronunciare la R. Per l’intera durata della presentazione, Gloss ha avuto in mente Proust, chissà perché. Poi leggendo il romanzo, ha capito. Pur avendo uno stile di scrittura più scarno, diretto, dai periodi brevi e concisi, Malabaila compie una serie di recuperi del tempo perduto, ritrovandolo in fotografie, in ricordi propri e altrui, in oggetti, in narrazioni del nonno stesso impresse nella sua memoria di bimbo, adolescente, adulto, nel percorso di accompagnamento alla latenza di “nonno Ata”. Faticoso, anzi, lacerante percorso per “lasciarlo andare”, finalmente. Nel complesso, è un buon libro, godibile, a tratti simpatico, persino divertente negli aneddoti di vita di nonno Ata, a tratti invece quasi ammorbante nella sottolineatura dell’attaccamento al nonno da parte di Andy, interpretato  (forse erroneamente) da Gloss come morboso perché questo nonno viene dipinto in una sorta di personaggio egocentrato che autogiustifica la propria cialtroneria e azioni non proprio dalla specchiata moralità, dipingendo una “vita imperfetta”; tuttavia, ad Andy, tale imperfezione appare l’essenza della vita stessa, sebbene non vi si ispiri. Anzi, il Malabaila adulto sembra dominato nella vita reale dalla ricerca della perfezione, nei modi di vestire, di pettinarsi, di restare composto, di esprimersi. Forse a causa del paragone del nonno a un certo Biagi, similitudine ben poco calzante, ma che deve aver condizionato l’autore a frenarsi. LUNGOMARE NOSTALGIA non è “il libro” che ogni grande autore scrive almeno una volta nella vita. Eppure, il carattere per diventare un eccelso autore Malabaila lo possiede, Gloss gli augura di essersi liberato da questa figura ingombrante - e in fondo - opprimente del nonno al fine di scatenare infine il proprio talento letterario. Tra i meriti del romanzo “amarcord”, quello di rappresentare gli spiritosi avvicendamenti di nonno Ata sullo sfondo di momenti che hanno fatto grande la storia dell’Italia. 

giovedì 9 novembre 2023

IL RAP SPIEGATO AI BIANCHI di David Foster Wallace e Mark Costello

Estimatrice di DFW fin dalla lettura di una delle sue opere minori,

http://leggolibrifacciocose.blogspot.com/2016/03/verso-occidente-limpero-dirige-il-suo.html


Gloss si ritrova tra le mani questo volumetto in una delle librerie della sua catena preferita, IL LIBRACCIO, occasione al 50% che non si lascia sfuggire, fosse anche per il mero piacere di una lettura gradevole e non solo perché musicofila. Il rap è un genere musicale che, specie ai suoi primordi, apparteneva al mondo Black e faceva paura ai Bianchi, per sonorità in loop, quindi per mancanza di originalità, ma anche e soprattutto per il senso di minaccia incombente. Ma DFW scardina questa convinzione basandosi su un'ineccepibile sequenza sillogistica che parte proprio dalla campionatura. Gloss non intende spoilerare e vi invita a seguire i suoi ragionamenti. Che peraltro, nel brillare di lucida analisi, le violentano le sinapsi con tali orgasmi letterari da obbligarla a copiare interi passaggi, ammanuense dello stile altrui. Proprio come fanno gli studenti dell'Accademia d'Arte per imparare dai Maestri. 

 

mercoledì 30 agosto 2023

DIARIO ITALIANO figure del nostro tempo di Pier Franco Quaglieni

Un ritrattista dalla pennellata puntuta si rivela il Quaglieni, storico magistrale e osannato Direttore del Centro Studi Pannunzio di Torino, docente mai in pensione, ispirato da intenti liberali. L'approfondita cultura storica e l'arguta penna sanno dipingere con salienti tratti personaggi passati in latenza non senza aver inciso nella nostra società regionale ma anche nazionale: dal controverso avvocato Agnelli ammazzato dalla lamiera, al tollerante giornalista Walter Tobagi, ucciso dal terrorismo,
scorrendo imprese magari dimesse o sottovoce di ventinove esponenti della cultura italiana, conosciuti dal professore di persona. Quaglieni è capace di rappresentarli anche attraverso elementi che uno sguardo semplicistico prenderebbe come minuzie, ma che svelano la profondità dei loro caratteri. Di Tobagi illustra la cravatta come "elemento piccolo piccolo" che però manifestava uno stile perso in quegli anni. Di Agnelli dice quanto fosse nel contempo "semplice e sofisticato", in fondo poco capito. Il Quaglieni chiude il libro con due rilevanti riflessioni storiche circa la liberazione del 25 aprile e il fascismo in Italia. Una cosa può solo Gloss imputare al Quaglieni, quella cioè di proporre ai contemporanei e ai posteri figure definite "del nostro tempo" quando in realtà avrebbero meritato di essere esaltate nel LORO tempo, finché cioè in vita e non in morte. Lodevole iniziativa sarebbe quella di portare il libro tra gli adolescenti, negli istituti scolastici di secondo grado, con lo scopo di tornare a valorizzare quella cultura civica del rispetto di persone autorevoli da cui prendere esempio. Sosteniamo la cultura perché ci renda liberi.