giovedì 7 febbraio 2019

CONCEPTION la genesi della perfezione


Scambiata una breve chat via Social con l'autore Eugene Pitch, che è l'ovvio pseudonimo - pronto per il cinema, suppongo - di un non altrettanto ovvio napoletano che vive in Giappone, scopro la sua poetica fondata sull'accattivante concetto di HyperBook per questo suo CONCEPTION*. Appena ricevo il pdf, ne cerco in sommario la declinazione che, appunto, sarebbe perfetta se rimandata al cinema. Nell'ambiente cinematografico, si definisce pitch un breve scritto di presentazione che l'aspirante sceneggiatore** sottopone all'eventuale produttore e/o distributore del progetto filmico. Deve fungere più di un soggetto, perché conterrà quella o quelle chiavi imprescindibili che convinceranno i finanziatori della validità del film in fieri.

L'Eugene Pitch mi conferma ciò che noto da sempre quando approccio un'opera da recensire: c'è della musica a fare da sfondo. Nel suo caso, da vera musicofila mi limito a dare risalto a colui che apprezzo di più, in mezzo a tanti poco conosciuti, tra robetta tipo-irlandese e canzoncine dei Duemila ferme ai peggiori anni Ottanta, in cui di rilevante c'è solo il batterista che perde una delle bacchette. Nello stile dell'hyperbook si possono ascoltare in sottofondo le note inconfondibili di Lee Ritenour, chitarrista jazz che ha collaborato con gorssi calibri come di Herbie Hancock - buddista! - Steely Dan, Dizzy Gillespie, Sonny Rollins, Umberto Tozzi (in Stella Stai) e Pink Floyd, attribuendosi numerosi dischi d'oro e collezionando svariate nomination al premio Grammy.

Curiosamente ogni capitolo unisce alla location, la temperatura atmosferica. Sarà un parallelismo tra l'accadimento di cui si narrerà nello stesso e il luogo? A fine lettura, l'amletico dubbio non è dato da svelarsi. Siccome parto sempre nel recensire senza mai conoscere nulla in anteprima, lo chiederò all'Eugene Pitch solo dopo aver compilato la presente rece. L'indicazione della temperatura è distraente, in un'azione continua che si dipana tra Abu Dhabi, 37°C, Londra, 19 ºC, Amsterdam, 14 ºC e via discorrendo, con al centro una conferenza internazionale sul tema della cooperazione fra scienza e religione alla luce delle ultime rivoluzioni tecnologiche, che vede protagonista una certa Sarah, menomata conferenziera a rischio di attentato terroristico per le sue idee libertarie. Vi prenderebbero parte non solo scienziati da tutta Europa, ma anche personalità di spicco del mondo musulmano, ebraico e protestante. A Sarah, l' Eugene Pitch affida il suo pensiero: “Sul web si condividono foto di malati terminali commentando quanta misericordia meritino, eppure si diffondono con altrettanta facilità parole di odio e menzogne. Perché? Forse in fondo l’uomo non è ancora pronto a ciò che sta per arrivare e quando arriverà sarà ormai troppo tardi.”

Per come il personaggio di Sarah viene introdotto, ci si aspetterebbe una pasionaria, impegnata nella cooperazione sociale e nei diritti umani. Eppure, alcuni segnali di inumanità ci vengono disseminati dall'autore qua e là: “Sarah non aveva mai visto una platea del genere.”
“Era la prima volta che a Sarah capitava di essere al centro dell’attenzione non per ciò che era, ma per quello che faceva.”
“Sarah proseguì col suo lungo discorso di ringraziamento. In realtà non aveva idea di cosa farsene di quella cittadinanza. Era una cosa che la incuriosiva, ma non se ne sarebbe mai servita, questo lo sapeva.”
“Lo sguardo di Sarah era invece freddo e sterile.”
“Sarah lo fissava senza espressione.”
“Sarah sapeva che il mondo stava cambiando e che lei, seppure piccolo atomo di ingegno, era parte di quel cambiamento. La gente aveva bisogno di capire.”
Il motivo di questa sapiente semina del Pitch lo sapremo solo alla fine.

Il partner di Sarah, il dottor Michael Zimmer, è uno scienziato e ci viene raccontato dal Pitch con lo spiegone classico di chi non ha idee per farlo tramite azioni, cosa invece estremamente necessaria in cinematografia. “E ora invece, dopo tanti anni, la voglia di lasciarsi tutto alle spalle si stava facendo ogni giorno più forte, ogni giorno più ingombrante; proprio come la domanda che continuava senza sosta a frullargli per la mente: chi è davvero Michael Zimmer?” Insomma, il Pitch ce ne affida la costruzione. Che scarsità di fantasia. In un romanzo veloce come dichiaratamente il suo per descrivere un personaggio è necessaria azione, non discorsi descrittivi. A maggior ragione nel cinema.

Eugenie, la giornalista internazionale che sta scrivendo un libro-inchiesta su compravendita di armi al mercato nero e finanziamento allo Stato Islamico in Siria, si direbbe l'alter ego dello scrittore. Anche a lei, l'Eugene Pitch affida i propri pensieri a sfondo socio politico: “Dietro di lei passarono come fantasmi due donne in burka. Eugenie non trovava giusto che una persona fosse costretta a coprirsi il volto. Era un retaggio antico che ai giorni nostri per lei non aveva più senso. Se un tempo solo l’uomo aveva dei diritti, oggi anche la donna doveva avere il coraggio di sentirsi libera. Ironico era però il fatto che, per quanto le più intrepide femministe si dessero da fare per cambiare il sistema, la libertà che era stata concessa alla donna era solo una mera utopia: essa doveva rimanere assoggettata a tutta una serie di aspettative sociali, dal modo di comportarsi al modo di apparire, passando per la tipologia di lavoro alla quale poteva avere accesso, senza tuttavia godere ancora appieno degli stessi vantaggi di cui godevano gli uomini. E questa era una cosa che Eugenie non sopportava.” Già mi è simpatica, io che da anni lotto contro le discriminazioni di genere (CORPI RIBELLI e STANDING OVULATION sono le due opere in cui me ne occupo). Suo occasionale partner, tale Edward Muffen che, nello stile cui ci sta abituando il Pitch, solo molto più avanti nella narrazione scopriremo essere una Agente dei Servizi di sicurezza britannici e che compirà un'azione iperbolica.

“Il suo idolo, il fotografo australiano Ray Green, aveva appena postato uno scatto favoloso del tempio Kiyomizudera, a Kyoto. Zimmer avrebbe dato qualunque cosa per visitare il Giappone, terra arcana ricca di insolito.” Infatti l'autore vive in Giappone. Non mi stupirei se in questo romanzo, si fosse inventato l'effettiva esistenza di tale Ray Green

“Sarah era connessa a internet e stava scaricando le ultime news. Trovò curioso che l’87% delle notizie di attualità siano solitamente negative ma che, al tempo stesso, ricevano più attenzione da parte dei media e della gente comune. È come se noi umani fossimo attratti in maniera viscerale da ciò che ci fa stare più male. Sia un moto masochistico perpetuo che ci accomuna tutti o semplicemente curiosità morbosa non si sa, ma molti la definiscono in un solo modo: realtà.”, “La gente è disposta a passare gran parte della propria esistenza a lavorare come un cane, solo per potersi permettere un biglietto per la felicità on-demand: ma quanto costa la felicità?” in corsivo anche nel testo originale. Suppongo sia un motivo ricorrente nella narrativa del Pitch, così come mantiene ciò che promette nella sua poetica da hyperbook: ogni capitolo chiude lasciando in sospeso il lettore, che passa subito avidamente al seguente.

Nel pieno della preannunciata conferenza internazionale, due colpi di scena. Uno, già ampiamente telefonato, coinvolge un alto esponente della politica e cultura araba, “in arresto per corruzione, riciclo di denaro, traffico di armi e stupefacenti e per collaborazione esterna con cellule terroristiche.”, tramite di Edward Muffen. E l'altro invece parte immediatamente dopo come una cannonata inattesa. Ve ne lascio la sorpresa.

“«Tutti sono musulmani, perciò sono tutti uguali. Almeno finché non ci scappa il morto a casa nostra, allora sì che li additiamo come terroristi. Cosa ci sia dietro non vogliamo saperlo, né tantomeno risolverlo. Ci basta atteggiarci a padrini del bene mettendo un semplice “mi piace” ai post pacifisti su Facebook e tanti saluti.»” L'autore mette in bocca ad uno dei personaggi il suo giudizio sulla società contemporanea. Sembra voler finire frettolosamente la vicenda, ma solo per rimandare i lettori alla successiva puntata. Che ci sarà, ne sono certa, e sarà costituita da prossimo hyperbook. Sono stata indeterminata fino all'ultimo se riportarne qui la relativa poetica, soprattutto per il parallelismo tra hyperbook e sceneggiatura. Se nei commenti, anche sui Social, mi verrà richiesto, ne scriverò apposito post. Dai ringraziamenti finali, traggo spunti per future collaborazioni. I suoi suggerimenti involontari spero mi risulteranno preziosi. Resto perplessa sul messaggio affidato alla copertina, che è d'impatto e nello stesso tempo misteriosa, quindi, da ex Art Director anni Ottanta, validissima per il tipico acquisto d'impulso.


Consigliato a lettori frettolosi che trovano noioso Proust, agli appassionati di azione, a produttori di fiction televisive. Il cinema, ormai, lascia 'l'azione a tutti i costi' allo strumento più popolare, tenendosi per sé una dimensione più meditativa – film hollywoodiani di super eroi a parte.

* Concezione, concepimento, concetto, nozione, idea. Dall'Inglese. Dal Francese, disegno. In un caso che nell'altro, appropriato alla sopresa.
** Io stessa vengo dal cinema: nei Novanta fui sceneggiatrice ghost writer per alcuni pezzi grossi, come Carlo Verdone.

1 commento:

  1. Dopo aver visto i https://casacinema.tube/thriller/ film, ho notato che il piacere con cui viene percepita la violenza sul personaggio dello schermo si trasforma in violenza contro lo stesso spettatore.

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