venerdì 12 dicembre 2025

'La Prefazione del Negro' di Kamel Daoud

(precedente)


"La cosa che mi terrorizzava di più non era la caduta, era l'idea che, anche in quel

gesto estremo, ero ancora un arabo che si gettava dall'aereo, e non un uomo che aveva deciso di volare in una sua maniera, magari disperata, ma sua."

Venerdì, da "L'Arabo e il Vasto Paese dell'Oh"


‘La Prefazione del Negro’ (in originale ‘La Préface du Nègre’), Casagrande editore,

uscito nel 2013, è una raccolta di racconti di Kamel Daoud, pubblicata nel 2013,

che esplora temi complessi legati all'identità, all'assurdità, e alla condizione

dell'uomo arabo e algerino nella società contemporanea. Il titolo è significativo

e provocatorio, condensando diversi livelli di significato e ironia, tipici dello

stile di Kamel Daoud. Gloss lo sceglie perché lei stessa è ‘una negra’.

A partire dalla metafora dell'Estraneo/Altro (Il "Nègre"): in francese ha una forte

connotazione storica e dispregiativa, spesso associata all'uomo colonizzato,

marginalizzato o escluso. Daoud non a caso prende ispirazione da Meursault,

protagonista e narratore de ‘Lo Straniero’ (‘L'Étranger’), romanzo del 1942

dello scrittore e filosofo francese Albert Camus, figura centrale per la letteratura

esistenzialista, che incarna il concetto di Assurdo.



Daoud lo usa in senso metaforico e universale per rappresentare non solo la

condizione dell'uomo arabo/algerino contemporaneo, intrappolato tra l'identità

imposta dall'Occidente e la propria realtà, ma anche in senso lato, quella

dell’ "Altro" stereotipato, colui al quale non è permesso definirsi da sé,

ma è sempre visto attraverso uno sguardo esterno. È uno dei temi trattati

da Gloss nel suo romanzo in uscita per il SalTo26 ‘Ombre e Luci in vetta’,

quando il  Pettegolezzo Fa del Bene a cura di Sonia Pangallo Genovese.

 



Ma è soprattutto il nicknames conferito a chi fa di mestiere il ghostwriter,

cioè una persona che scrive un'opera al posto di un’altra, ma rimane nell'ombra,

senza riconoscimenti né emolumenti. Esattamente come Stefi Pastori Gloss

quando fu, tra i tanti artisti, anche  battutista per Carlo Verdone

(“anvedi che ber sito…”). A proprio discapito, Gloss usa affermare che solo

una femminista può scrivere le battute del maschilismo più becero.




‘La Prefazione del Negro’ riflette la sensazione dei personaggi di Daoud

di essere voci senza volto la cui vita è sempre stata prefaziata da

qualcun altro (il colonizzatore, la tradizione, le aspettative sociali),

pre-scritta e pre-definita dall'esterno, spesso attraverso i riferimenti a

figure come Robinson Crusoe e Venerdì. L'Occidente (il "Bianco"), secondo

Daoud, ha sempre deciso chi è l’arabo, cosa deve essere e come deve

comportarsi, prima ancora che lui possa iniziare a scrivere la sua vera storia.




In fondo, Gloss suppone che Daoud compia un atto di appropriazione

e ironia. Sottolinea l'assurdità di queste etichette e, allo stesso tempo,

rivendica il diritto di scrivere la propria "prefazione" e la propria storia,

anche se è una storia di Assurdo e Rivolta.


In sintesi, la raccolta nella sua complessità è una serie di riflessioni

filosofiche e socio politiche sull'identità, la marginalizzazione e

l'atto di essere definiti dall'Altro. O, meglio, un commento amaro e

intellettuale sulla ‘propria’ identità. Infatti Daoud è un autore e giornalista

algerino con una formazione in Letteratura francese. Ha iniziato a scrivere

per il giornale in lingua francese 'Le Quotidien d'Oran' nel 1994, dove dal

1997 cura la rubrica "Raina raikoum". La sua carriera letteraria è decollata

con il romanzo d'esordio, Il caso Meursault (Premio Goncourt opera

prima nel 2015).



Successivamente, ha pubblicato diverse altre opere, come ‘Le mie

indipendenze’ e ‘Il pittore che divora le donne’. Il suo ultimo lavoro,

‘Uri’, ha vinto il prestigioso Prix Goncourt 2024, che Gloss ha iniziato a leggere.




‘La Prefazione del Negro" non ha un'unica trama lineare, ma presenta

una serie di racconti che ruotano attorno a personaggi paradossali e disorientati.


Uno scrittore che cerca di evitare di scrivere l'unico libro che la società si

aspetta da lui, in una lotta contro la sua "negritudine" e le narrazioni predefinite.



Un arabo (Dal nome Venerdì) che, invece di dirottare l'aereo su cui si trova,

preferisce lanciarsi nel vuoto, raccontando la sua storia durante la caduta,

in un gesto di ribellione assurda.



Un corridore olimpionico che taglia il traguardo ma non riesce più a fermarsi,

simbolo di una corsa infinita e senza scopo.


Un ex ufficiale che costruisce un aeroplano con le sue mani, ma riceve

indifferenza, venendo notato solo se dirottasse un velivolo, evidenziando

il pregiudizio e il fatalismo.


Secondo l’avviso di Gloss, il racconto più rappresentativo dell'intera raccolta,

e che meglio incarna il tema dell'assurdo e dell'identità imposta, è

probabilmente "L'Arabo e il Vasto Paese dell'Oh" , in cui un uomo arabo

si trova a bordo di un aereo di linea che sorvola l'Atlantico. Invece di dirottare

l'aereo, come ci si aspetterebbe dallo stereotipo del "terrorista" o dell'uomo

arabo come minaccia, decide di compiere un gesto infinitamente più assurdo

e privato: si lancia nel vuoto.


La maggior parte del racconto è un monologo interiore che si svolge durante

la caduta, in cui il protagonista narra la sua vita, le sue delusioni e il suo rapporto

con la società e con l'Occidente. Questo momento dell’Assurdo diventa l'unico

spazio e tempo in cui può finalmente essere l'autore incontrastato della sua storia.



Il protagonista è stanco di essere visto e incasellato in una narrazione precostituita.

La sua caduta è il rifiuto di interpretare il ruolo che gli è stato assegnato: quello

del rivoluzionario, del dirottatore, del disperato o della vittima. 



L'atto di buttarsi è un atto di libertà estrema e nichilista. È l'ultima risorsa per

sfuggire al destino scritto per lui da altri (il "Nègre" che deve recitare la

prefazione altrui). Solo nell'atto di morire, lontano dalle aspettative di

chi è sopra (sull'aereo) e di chi è sotto (la società che lo attende), l'uomo

trova una sua verità effimera.



Il titolo si riferisce a ciò che lo circonda durante la caduta, ma anche alla

sorpresa e all'incomprensione generale che il suo gesto suscita. L'interrogativo

"Oh?" (in senso di stupore) racchiude l'incapacità del mondo di capire un

gesto che non rientra nelle categorie predefinite.


Questo racconto rappresenta perfettamente la tematica del libro: l'unica vera

libertà per l'uomo intrappolato nell'identità di "Negro" è l'azione estrema e

incomprensibile, un atto di ribellione poetico contro l'assurdo della condizione

umana post-coloniale.



In generale, l’intera raccolta di racconti

è caratterizzata da uno stile visionario, poetico

e satirico, utilizzando l'ironia e il

sarcasmo per affrontare l'aggressività dei

fondamentalisti e il  vuoto esistenziale.

In sintesi, è un "prontuario della rivolta,

poetico e umanista" che, attraverso l'assurdo,

mette in discussione le etichette

identitarie e la marginalizzazione.



(seguente)

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