Si intuisce fin dalle prime parole che
si tratterà di un giallo, non come certi sedicenti scrittori (vedi leggolibrifacciocose... no no, non voglio dare loro ulteriore visibilità. Se volete, li cercate da soli). Primo merito di questa opera NEL PEGGIORE DEI MODI - le inchieste del commissario Cavallo di Flavio
Villani, è consentire al lettore di capire cosa andrà a
leggere. Trama abilmente preannunciata dalle ispirazioni di Fruttero
& Lucentini e Ivan Sergeevič Turgenev. Cosa non scontata, ma da
gran maestro della penna. La storia si dipana sottile tra orchi,
senatori, amici, affaristi, droga, mafiosi, prostituzione, pedofilia.
nei meandri del mè Milan, cui sono ancora affezionata, nonostante
abbia viaggiato nel mondo e ora abiti su vette alpine.
La chiave di comprensione sta quasi
alla fine, tutta contenuta nel titolo di un film uscito il 20
settembre 1990, proprio l'anno in cui sospettavo si ambientasse la
narrazione: QUEI BRAVI RAGAZZI. Un commissario, Cavallo, protagonista
che a mio sentire tornerà nei romanzi futuri del Villani, dice
infatti: “... il titolo, non so, mi dice qualcosa... ripensavo
agli amici» fece Cavallo, quasi più a se stesso che all’ispettore,
«bravi ragazzi non lo erano di sicuro...» «Cosa dice,
commissario?» «Scusa, pensavo... i nomi: Claudia Sala, e ora questa
Giusy... Oreste e Giacomo, Fabrizio... Paola... tutti amici, tutti
bravi ragazzi. In fondo è tutto molto più semplice del previsto»
disse il commissario, voltandosi a guardare Milano che gli sfilava
accanto, sfocata nella foschia notturna.”
“Non pensavo potesse essere così
totale. È terribile pensare che questo nostro corpo, il corpo che è il centro di tutto per ognuno
di noi, sia un involucro di così poco valore. Può disintegrarsi, e
alla fine si riduce a un nulla che non ha niente a che vedere con la
persona che stava là dentro, che lo abitava. In quel corpo
massacrato non c’era mio marito. Un simulacro, nulla di più. Per
questo non sono svenuta».” Un'altra abilità del Villani sta
nel depistare.
“Si erano sedute a un tavolino
distante dal banco, sul fondo del locale, isolate dal vociare dei
clienti che entravano per un caffè al volo, trascinandosi l’umidità
dall’esterno come una coda di acqua vaporizzata e gelida.”
Gelida gelida gelida, torna spesso la
parola gelida. Ne ho contate le volte: nove. Troppe, per passare
inosservata. Capisco solo ora la poesia introduttiva, di cui riporto un paio di passaggi essenziali:
“Novembre
Novembre è il mese dei morti.(...)/«L’è el dì di Mort, alegher!» –
A Milano, in fondo,/novembre è un mese come tutti gli
altri.”
Come c'è quella di romanzo rosa,
romanzo giallo, romanzo noir, conierei allora per Villani la
definizione di romanzo glaciale, confermata da diversi passaggi
descrittivi, dei quali scelgo i più significativi per il canto intrinseco: “L’auto con a bordo Montano e
Tonduti viaggiava veloce su una strada angusta e dissestata, in
direzione Milano. Strette banchine di sterrato la delimitavano da
entrambi i lati, poi un fosso, un filare di pioppi scheletriti e i
campi, che più che vedersi si potevano immaginare, inghiottiti
com’erano dalla fitta nebbia padana che non accennava a sollevarsi
neppure a mattina inoltrata e con un’ipotesi di sole.”
“Nel cortile un uomo correva verso
l’ingresso, poco più di un’ombra nella foschia e nella ormai
scarsa luce del pomeriggio, irriconoscibile.”
“Nuovi giorni di nebbia sarebbero
arrivati, poi la pioggia, il grigio compatto di Milano per altre
settimane. Ci si doveva passare per raggiungere la primavera, quella
vera. Non c’era nulla da fare al proposito, solo attendere.”
“«Ti ammazzo» disse solamente,
senza alzare la voce, gelido, come chi davvero voglia portare
a compimento il suo proposito.”
Un altro gelido, a confermare la nascita di un nuovo genere
letterario. “Lo svegliarono dopo meno di cinque minuti con
dell’acqua gelata spruzzata
sulla faccia; poi lo trascinarono in
auto, in direzione della Questura. La notte per lui iniziò allora.”
E un nuovo gelata, casomai non fosse ancora chiaro.
“Ma lì c’era l’odore
dell’oceano, così diverso da quello del mare di casa sua. Aveva il
ricordo di un mare incredibilmente calmo e dell’imbarcazione che
fendeva l’acqua grigia e quasi stagnante, circondata da altre
barche la cui esistenza si poteva solo intuire in quel mare di
nebbia, per il rombo cupo dei motori e l’ululato delle sirene. Per
un attimo gli si strinse il petto, poi pensò che qualcosa aveva
preso a muoversi, e che presto quella maledetta nebbia si sarebbe
diradata, restituendo alle cose la propria forma sensibile, come in
Bretagna, quando la costa, dissoltasi la nebbia, era riapparsa
all’improvviso sotto i loro occhi, appena delineata nel diafano
chiarore del sole del Nord.” In
mezzo a tanto gelo, il Villani ci regala descrizioni che lasciano il lettore senza fiato.
“Ora però vedo molto poco, e non
riesco più ad apprezzare i miei quadri come prima. Senza l’integrità
fisica la vita intellettuale ed estetica diventa drammaticamente meno
attraente» proseguì Landolfi”. Landolfi è un senatore, a
conferma che la politica c'entra sempre, nel bene o nel male. Anche in questo romanzo, nel male. Mi devo fermare qui. Però amo osservare che il Villani
riporta in questo passaggio l'unico mio terrore per la vecchiaia.
La perfezione annoia, come dico nei
miei forforismi (piaciatene cortesemente la pagina, Pastorology). Per fortuna il Villani lo sa, così arriva finalmente
un'imperfezione, con una descrizione del cattivo capro espiatorio troppo
lombrosiana per essere ammissibile.
La chiusa del romanzo è tutto sommato
prevedibile, non vi sono colpi di scena finali, forse un tantino
deludente lo spiegone, pleonastico. Divertente invece la citazione
finale, conseguente al titolo, che curiosamente appare in chiusura: Nel
peggiore dei modi
“Ma di qual reato o di qual colpa,
argomentò fra sé, ufficialmente, la potevano punire?”
Carlo Emilio Gadda
Ops, due pagine bianche, poi mi accorgo
che non è il finale. Ed ecco il colpo di scena conclusivo. E non è l'unico. Il Villani si
conferma grande orchestratore di personaggi e parole. Ammirevole la sua audacia narrativa nel preparare il lettore a tutto e al suo contrario. Scoprirò
solo in seguito che è un neurolo e che, in quanto tale, deve essere abituato ai
ribaltamenti.
“Tutto sembrava immobile, e il
mondo gli parve stranamente benevolo. La luce intensa e il cielo
terso gli aprirono i sensi, intorpiditi da settimane di nebbia; il
commissario avrebbe voluto salire in alto, sul Duomo magari o sulla
torre di Landolfi per guardarsi intorno, e vedere, finalmente, la
città semiaddormentata e splendente nell’aria cristallina, con le
montagne innevate a corona. Vivendo in basso, a continuo contatto con
il suolo, ci si dimenticava che il mondo si sviluppa anche in
altezza, e che in alto l’aria è rarefatta, leggera.”
Romanticamente innamorato della sua Milano il Villani. E anch'io,
per il suo fascino discreto.
“La meraviglia degli occhi di un
bambino sarebbe il dono più bello che un Creatore potrebbe fare alla
sua creatura. Se l’amasse.” Le amare considerazioni ad alta
voce di Paola Innocenti, moglie del primo assassinato, specialista in
alcolici, ma anche in autoindulgenza. “Quando si odia, e non si
ha coraggio, l’aggressione non può che essere contro se stessi”
disillusioni preannunciate fin dall'inizio, quando, rivolgendosi al
commissario, diceva: “«È straziante di come cambi il nostro
corpo, mentre tutto il resto rimane uguale. Non lo pensa anche lei,
commissario?»”
“Devo fare di tutto perché la sua
vita non finisca nel peggiore dei modi, come la mia. Come la nostra.
Il sogno che avevamo quando eravamo ancora puri.” Sempre la
Paola. Nel peggiore dei modi. Nel peggiore dei modi.
“L’oceano
è blu scuro. Il cielo azzurro, senza una nuvola. La sabbia bianca e
morbida. La brezza è lieve sulla pelle nuda. La vita è così bella.
Cos’è un istante in una vita intera? Nulla... Nulla.”
Parole dolenti come l'animo tormentato ma sentimentale del Villani,
chiudono la vicenda nel migliore dei modi, proprio come il lettore
vorrebbe.
L'immancabile mia considerazione sulla copertina: da Art Director quale fui negli anni della Milano da Bere, mi porta a conferire al Villani le famigerate cinque stelle sul Social per lettori GoodReads, nel rispetto della glacialità del romanzo.
Consigliato
a lettori di gialli amanti del fascino discreto di Milano, del suo
gelido apparire, ma percorso da violente correnti sotterranee,
consigliato anche a chi crede che ormai nella letteratura si sia
scritto tutto, per rimanere sorpresi da un nuovo genere, il romanzo
glaciale.
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