Vengo a conoscere Floriana Naso grazie
alla pagina Facebook PENSIERO PLURALE mirabilmente gestita dal FreeLance Editor Antonio Di Bartolomeo, in occasione di una rubrica
che aveva intenzione di realizzare circa l'argomento della violenza
sulle donne, a me così caro . Scopro solo in
seguito che è anche autrice fiction e le manifesto la mia
gratitudine proponendole di recensire questo suo romanzo, 700 GIORNI, di cui in partenza appositamente nulla so, perché amo farmi
sorprendere dalle narrazioni.
Avevo di fatto già scritta la
recensione, ma ad un'ultima lettura mi accorgo dell'immane ruffianata
compiuta: era un mero riassunto, tutto uno spoiler, cosa che non
faccio mai. Mi ero auto-censurata impedendomi inconsapevolmente
qualsiasi critica in nome della gratitudine che provo verso questa
nobile signora.
Tuttavia, se voglio essere credibile
come recensora, devo utilizzare in pieno quell'onestà intellettuale
che tante volte mi ha vista rimuovere dalle amicizie di Facebook. Non
è questione qui di essere saggi, è questione di credibilità
personale e di scrittrice. Perciò, l'ho riscritta da capo.
Sulle prime, sembra un romanzo nella
banale scia delle coppie Lui/Lei, secondo la miglior tradizione dei
rosa. Poi la coppia si disfa per volere della protagonista assoluta,
Chloe, una volitiva trentenne torinese, figlia viziatella di papà
gioielliere, e che, in quanto tale, beneficia di una vita agiata. La
ragazza sente il rapporto con l'uomo “stretto”, perché vorrebbe
provare nuove esperienze piccanti con donne. Incapace d'amore o anche
di semplice affetto, lo rivela sia nel lasciare il ragazzo cui è
stata legata tanti mesi con un semplice sms, che nel rapporto lesbico
con un'avvenente signora, sia nel legame online con un ragazzo, che
per quasi due anni, a causa di mero capriccio, non vuole incontrare. Otterrà la relazione
saffica tanto desiderata, ma purtroppo sfocerà in una serie di
episodi di stalking, che la Naso esplora ed espone con cognizione di
causa e perizia non usuale.
La Naso non è molto efficace nella
narrazione delle dinamiche che si sviluppano nelle relazioni amorose,
e nella descrizione delle scene di sesso lesbico avrebbe potuto
andare più in peccaminosa profondità. Il suo registro forse
funziona meglio nei momenti di tensione tra i personaggi, tuttavia
alterna momenti altamente drammatici a pure e semplici descrizioni che, se non
fossero d'impronta balzachiana, infastidirebbero alquanto,
interrompendo il climax.
Ad esempio, quando il papà di Chloe
viene a sapere della saffica relazione della figlia e degli episodi
di stalking cui è sottoposta, in famiglia esplodono i contrasti
peggiori, con liti ignominiose tra padre e figlia, tra moglie e
marito. Il climax di una di queste scena è particolarmente teso, come anche di altre, ma la
Naso lo ammorbidisce con rappresentazioni che, forse, sono superflue,
perché smorzano e non vanno in direzione alcuna. Eccone una su
tutte, al termine di una furibonda lite dove tutti sono straziati e
allo stremo delle forze, coinvolte la protagonista, sua madre e suo
padre. Nella scena a chiusa del litigio sono presenti mamma
(Caterina), figlia (Chloe), zia (Rosanna) e governante (Ada):
“Poi (Caterina) si mise a piangere
tra le braccia della figlia (Chloe), sconsolata. Rosanna assisteva a
tutta la situazione soffrendo molto, soprattutto perché sapeva che
indietro non si poteva tornare ormai.
“Vi preparo un tè” disse Ada
con tono dolce.
Le quattro donne si sedettero
attorno al grande tavolo intarsiato della sala da pranzo. Caterina
tirò fuori un servizio di porcellana inglese di fine '700 color
avorio con decorazioni floreali rosa.”
Non è l'unica, l'intera narrazione ne
è costellata, quasi a volersi interrompere da sola. Ci importa
davvero sapere che il tavolo fosse intarsiato o che le decorazioni
della porcellana fossero rosa, o che il copriletto fosse porpora,
che il letto a baldacchino fosse intagliato, che le pesanti tende di
velluto color ocra operato, o che la stufa per la legna splendida, e
che un divano grigio accompagnato da un comunissimo tavolino, oppure
vorremmo conoscere meglio la dinamica delle relazioni? Forse all'inizio, sì, perché caratterizza l'ambiente vissuto dai personaggi e, quindi, i personaggi stessi, ma dalla seconda metà del libro in poi, ne possiamo fare anche a meno.
Anche le scene d'amore lesbo, per
quanto raffinate e delicate, stuzzicanti e mai volgari, svelano più
l'intenzione di solleticare l'immaginario morboso del lettore
italiano medio che non un vero e proprio intendimento narrativo. Non
portano da nessuna parte, non incrementano il plot, non creano
tensione, se non nelle parti basse degli uomini, almeno suppongo.
Il finale che lascia l'amaro in bocca
tuttavia conferma la perizia della Naso, non volendo scegliere
situazioni scontate. Risiede qui l'unico vero merito del romanzo
breve.
Consigliato a chi cerca nelle
esperienze saffiche la soddisfazione della propria pruderie sessuale
e a chi non sa che le donne sono più capaci degli uomini in fatto di
persecuzioni psicologiche.
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